Armonie sulla laguna

Armonie sulla laguna Armonie sulla laguna VENEZIA, settembre. La musica di Venezia è una musica sommessa, che si fa sentire solo quando tacciono le altre. Vien su dal golfo mistico della Laguna, tutta già formata e intonata e concertata, senza che alcun Serafin o Sciafran o Weingartner la diriga. Chi le dà il la? Gli Invisibili. Non si vede il direttore, e non si riesce a scorgere neppure i flauti e i violini dell'orchestra. Soltanto a fior d'acqua, pei canali magati, come s'udrà il murmurc d'arpa che a quella melodia fa da controcanto, s'arriverà appena appena a percepire un brivido. Il flutto è certo toccato dalle dita dei cherubini, come nelle Allegorie. Quanta musica è mai nata a Venezia, su quel contrappunto elargito dall'eternità! Dal mottetto al madrigale e dagli spiriti monteverdiani a quelli del Ciaiarosa, dai cembalisti dei mosaici ai violoncellisti trionfali del Veronese, dagli angeli cantanti del Cipper ai sonatori in cappa e tricorno, neri come grilli di camino, del Guardi e del Longhi, dai concerti dogali alla banda ih Piazza, dalla barcarola a Malipi ero, dai « Tanti palpiti », o aria dei risi, nata durante un bollore di pentola, al duetto amoroso di Tristano e Isotta, fiorito nei silenzi notturni detta Cà d'Oro, che varietà, che copia, che pompa, che meraviglia di suoni ! Perchè Venezia è musicale in ogni suo tendine, in ogni sua vena. Ogni campiello ha il suo coretto ad ogni ora; e ogni biondina va tuttora, cantando, in gondoletta ; e la fanfara in San Marco è l'unica che resista, in piena gloria, fra le tante passate di moda o confinate ai sobborghi; e non c'è casa che, avendo un nome, non ricordi d'avere avuto anche i suoi musici ; e non c'è chiesa che ancora non porti, figurato al modo barocco sugli sportelli della cantoria, un trionfo di strumenti intrecciati da un pentagramma. Fu tra due misure di ballala che si preparò, sotto i ponti, la fuga di Bianca Cappello ;_fu con un melodico segnale che si appiccò fra gli Arsenalotti, nel nome di Manin, la rivoluzione. Venezia è tutta musicale e canora. Le sue bissone, destinate a sfiorar le corde dei flutti, erano costruite come mandole; e ogni prua di gondola, guardate!, è una chiave di violino. Il lumino del feral, come l'onda rimor<jnora, si direbbe acceso dinnanzi a un ,j«eggìo. Venezia è tutta musicale; e lo ricordano, lo spiegano, lo vantano tutte le testimonianze delle sue pitture. E' la musica dei bizantini, quell'ineffabile, misteriosa musica dei codici melurgici, _ che si scriveva senza righi, e veniva intonata, occhi dolenti e man sul petto, dagli esangui anacoreti nei trittici a fondo d'oro. Eccoli là, i tetri cantori. Li raffigura Carlo Crivelli, gotico e duro. Li effigiano i maestri muranesi, devoti e primitivi. Ma già Caterino Veneziano fa salire le sue orchestre in cielo, perchè si stringano intorno alla Vergine nell'esultante coro dell'Incoronazione; e son viole di gamba, liuti d'amore, insieme a fistole e tamburelli e salteri, che vanno echeggiando per l'etra; intanto che Stefano da Zevio, nel concerto angelico che si conserva al Museo Correr, fa che l'Onnipotente consenta, e quasi vi partecipi, piegando verso i musici una pupilla amabile e una bocca commossa. E questi è Davide, nella più bella tavola d'Andrea da Murano, che fa la sua serenata alla Sulamite, corona in testa e mandolino fra le braccia. Pallidi, affraliti, estatici, questi altri angeli dell'Anonimo udinese si curvano sul cembaletto, per confortare dall'alto d'una nube San Gerolamo che si spegne, tutt'ossa e sguardo, nello speco. Rifulgono gli ori del cembalo. Rifulgono le stimine del Signore. Ed ora mirate il Paradiso, così cristiano e veneziano, di Jacobello del Fiore. E' tutto un concento. Non è che canto e suono; e tutti sono là radunati, ad ascoltare ; e i limbi sono sparuti come i palchetti alla Fenice o al Malibran, con tanti beati pen ciascuno : mentre i posti d'onore sono riservati, naturalmente, a Dio ed alla Vergine, cui debbono far capo tutti i raggi, e tutte le vibrazioni. Musica! Non è più che musica, pel genio dei Maestri, nel cielo e sulla terra. Musica per la grandezza di Dio. Musica per quella della Città. Musica per il Doge che sposa ;1 mare ; musica per Fran ecsco che ^osa l'Indigenza; musica sulle galere che vanno incontro al Morosini vittorioso; musica sopra il Golgota, dove a Cristo spirante già discendono i serafini. I trii e i quartetti celesti diventano, nella pittura veneziana, rituali, così come lo diventano in ogni casada che si rispetti. Cantano gli angeli del Palma. Cantano i cherubi del Previtali. In una tela dello Squarcione, poi che la Vergine Madre è corrucciata, il Bimbo ch'ella tiene sulle ginocchia le addita un ribechino. E guardate là, ne La presentazione al tempio del Carpaccio, quello strano angioletto silofonista. Guardate, nel Concerto di Giorgione, le labbra dei concertisti : vi sembrerebbe di capire la modulazione, e d'intonarvi la vostra. Certo, siamo in bemol: riconosco, nell'adombrato sguardo del più giovine, la contrizione di chi è appena passato «in minore». Ma che è? Nelle Nozze di Cuna del Padovanino, non sono uomini, ma donne, che attendono agli strumenti ! E così Venezia precàie, di almeno tre secoli, le dame viennesi delle orchestrine Schramel, di almeno quattro le timpaniste americane di Paul Whiteman. E come dàn nei cantini, come soffianonei legni, come picchiano nei sistri le mdglecoMvcomMtii chVvLi vcopcndorcl'csnspOanmahqsntrsms"rnQcsogcaccslcmgldccsnslhpcunstcspPbltedPhmbmdiddcvdvtusc0dzsMdivescnmbscg o i i , i l i o i i n . d e o o l a a , e e e l n . i i a e a , o a i a a ao o o, e e e o e n, e ui tù i, a e n a al il à ra ita. n a il a e el o o ioa. o, ogiullarette di quelle Nozze! Ora non c'è quadro dove musica non si faccia. Ogni pretesto è buono, ogni ambito è opportuno. In un arazzo di casa Querini si assiste a un concertino sino alla presenza di Gesù incatenato, mentre Pilato si lava le mani ! Il mastro liutaio di Paris Bordone risponde al cembalista trasognato di Palma il Giovine; mentre le cene di Bonifacio si popolano di coristi e violinisti; e Bartolomeo Montagna, nel trio d'angeli sonanti, visibile nella Pinacoteca di Brera, crea il suo proprio capolavoro, mai ottenuto prima d'allora con argomenti assai più spaziosi e solenni. Meno musicale, perchè più drammatico, è il Tintoretto; nè troppo ama i musici, nei suoi quadri, il Tiziano, che pure li amava nei conviti. Ma il Veronese dà loro i più fastosi convegni in casa dell'Epulone, in casa di Levi : e i moretti reggono i leggìi ; e i paggi tirano calci ai mastini, che vorrebbero rispondere ai clarinetti, con un guaito ; e le bionde dame imperlate sorridono, se pure di sottecchi, ai cantatori. Tube splendenti, nei soffitti tiepoleschi, sono puntate di qua, di là, per ogni nembo, per ogni stella, riempiendo l'empireo di raggi, di squilli, di clamore, di felicità. Finché è la decadenza, così per l'arte dei suoni come per quella dei colori che la celebra : e qualche musicante non passa più, sconsolato e neroyestito, che da ramingo pei paesaggi dello Zuccarelli, o da pedagogo per le aule patrizie di Pietro Longhi. Ora la musica è zingara; e zingara ancora la ritroviamo, nel popolo veneziano, mentre le sale dei gentiluomini non s'aprono più ai quartetti di archi, che gli alberghi del Consorzio han sostituito col jazz-band. Ma per quanto povera e funambolesca, questa sopravvivenza salva la tradizione. Benvenuto allora Vasco l'« incitatore», quando ricapitò in Giudecca a risvegliare col suo estro funambolesco i cori delle osterie; e benvenuta magari la « Stella », la nana chitarrista, mentre ripassa in Frezzeria con "e sue romanze d'amore, pronta a rompere la chitarra sulla testa a chi non l'ascolti col dovuto rispetto. Questa soltanto, dunque, è la musica rimasta in Venezia? Oh, non questa sola : e lo sa chiunque trovi una ora, o anche un minuto, per raccogliersi ad ascoltarla. NLo sapete voi, amico Lualdi; voi che con tanta intelligenza d'amore avete atteso a questo Festival musicale, fra tutti i celebrati in Venezia certo il più corrisposto e il più riuscito; lo sapete voi tutti, dirigenti della Biennale, quale concorrenza faccia l'aria veneziana alle melodie dei maestri convenuti a quest'autunnale gara di canti. Non è la « Stella », e non è Vasco l'incitatore, e non è neppure la banda in Piazza o il jazz-band del Lido che riempia quest'aria di una musica così importante. Ma nei mattini sereni, come nei meriggi attoniti e nelle streganti notti, la Città ha quel suo spiro occulto, quella sua invisibile orchestra : ed è tutto. Venezia non ha bisogno, come le città eolie, d'ap pendere una cetra ai suoi tetti perchè i muri risuonino. Essa è tutta uno strumento sensibile, da cui il menomo soffio può trarre, a regola musicale, un incantesimo. Magnifici tutti, questi operisti e sinfonisti ora convenuti in laguna. Ma Venezia può superarli ancora tutti. La più fina, la più leggiadra tramatura d'archi d' Pizzetti appena s'accosta allo scia bordio che si frange alle zattere nelle sere di luna. Sottilissimo ricercatore d'effetti armonici è Milhaud : ma egli non ha ancora scoperto certe sor dine d'oboe che ho sentito ai Tre Ponti, certi flautili chiaroscuri eh ho sorpreso a San Trovaso. Gioiosa, maliosa festa di suoni è nella Sarabanda di Mortari : ma uno sbarco d merlettaie dal vaporetto, o un frullo di colombi in Piazza, può riassumere in un solo- istante quell'audizione di mezz'ora. S'avvertono singhiozzi d'acque, fra i Sospiri e Palazzo Du cale, ancora più ferali dei fiotti del vino, nella cupa sinfonia antibacchica del Berg; e che l'ottimo maestro viennese, per quanto esperto, non po tra trascrivere mai. Strawinsky ha un bell'inventare dissonanze : ma non saranno mai così varie e iridescenti come quelle d'un mercato a Rialto 0 d'una baruffa in Merceria. E Kadosa, e Martinù, hanno un bello sbiz zarrirsi in colpi d'orchestra: li lascierà sempre indietro il martello dei Mori, o il cannone di mezzodì. Che dico? Lo stesso Verdi della Messa impallidisce, in San Marco, se inter vengano i rombi della Marangona; e lo stesso Mozart ha meno grazia, se l'orecchio resti intento all'onda dei canali, allora che la cadenza il po nentino. Per fortuna dei maestri morti e vivi, quest'attenzione è riserbata ai solitari, e, in tempo di Festival, rarissima anche per loro. Per che nessuno potrebbe lottare contro gli invisibili musicanti dell'etra veneziana: neppure quelli dell'orchestra viennese, che sono pure tra i primissimi della terra, e con la musica di Così fan tutte quasi ci fan sentire la voce di Dio. Nelle cene del Veronese, nei Concerti del Tiepolo, nei Paradisi di Caterino e di Jacobello, 1 Maestri non tentarono che di darcene un'idea. Mentre, come si diceva, per intendere in tutto il sito fascino la musica di Venezia, è proprio necessario quel raccoglimento ch'è l'assurdo premio della pigrizia, o, se preferite, il giusto compenso della melanconia. Marco Ramperà BcsmncndvlSltlbftudcdscsbvIbrigctcsacsbmniibTsmbtlèhricdccsdMtltsSqprs