Precisare

Precisare Cronache della settimana Precisare Di buone intenzioni sono lastricate — come è noto — le vie dell'inferno. Ora, nella relazione del Direttore generale dell'E.I.A.R. all'assemblea desìi azionisti le buone intenzioni sono molte, ma tutte generiche. In conseguenza, chi volesse capire quale è il programma dell'E.I.A.R., e quali sono le direttive per organizzare, finalmente, su basi solide e intelligenti le radiodiffusioni, non riuscirebbe a cavare il solito ragno dal solito buco. Consuntivo, non preventivo; passato, non avvenire, elenco di ore di funzionamento per insistere sul tema favorito delle enormi difficoltà, e una breve frase per assicurare che la Direzione dell'Ente cerca con tutti i mezzi di raggiungere quel grado di pregio che giustamente esigono gli ascoltatori. Tutti i mezzi! Tutti sono troppi, bastava dire con quali mezzi si vuol raggiungere non quel grado di pregio che non si sa quale sia; ma il tale livello, fatto così e cosi, pensato così e così, realizzato così e così. E' strano che gente, la quale dovrebbe avere, e senza dubbio avrà, una mentalità concreta, un'abitudine a vedere le cose nei loro contorni precisi, nella lor quadrata costruzione, preferisca in materia attenersi al generico, con un contegno eccessivamente cauteloso che non ha giustificazione, se non ne avesse una evidentissima: l'assenza di idee chiare, e quindi la preoccupazione di guastare le cose sistemate, e il terrore di dover tentare alcunché senza essere sicuri della riuscita. Per venire al concreto, con tutto il rispetto per il nostro glorioso ottocento musicale, e nella speranza che non ci sia il solito scemo che ci accusi di dir male di Garibaldi, noi crediamo che 257 trasmissioni di opere in 365 giorni, siano troppe. Sappiamo benissimo che la cosa più comoda per un Ente come l'E.I.A.R. è la messa in onda di un'opera, specialmente se è di repertorio; non c'è bisogno di perdere il sonno per riempire una serata con un'opera e, credano pure, non c'è nessun merito a farlo, che, se è vero, come è vero, che il vanto maggiore della radiofonia italiana è la trasmissione delle opere, il merito va alle opere, le quali, anche se eseguite male, hanno intrinsecamente il loro fascino, non all'E.I.A.R. Se in Italia non si potessero organizzare, con grande facilità, trasmissioni di opere, vorremmo sapere in quale paese del mondo sarebbe possibile farlo. Senza voler far eco a quell'insolente e povero attore che sere addietro, da un teatro parigino collegato a una stazione trasmittente, fingendo un giro per le stazioni radio del mondo, concludeva, tra il sollazzo di quei signori, la trasmissione di Radio Roma-Napoli, con queste parole : « è finita la trasmissione della radio del dolce far niente >• ; la qual cosa non è vera, e tanto meno spiritosa — vogliamo stabilire, una volta per tutte, che la radio italiana, se vuole veramente essere degna de! clima e dell'epoca in cui viviamo, ha bisogno urgente e perentorio di cimentarsi e di competere con le stazioni estere, affidando la nostra causa, la causa italiana e fascista a espressioni più severe d'arte e di cultura. Per fare una constatazione di attualità, mentre i cieli sono pieni di capolavori ispirati alla « Passione », e Bach, Haydn, David, Lechner, Pergolesi, Reutter, Hasse, Bruckner, Dvorak, Beethoven, Froment, e persino i canti liturgici dei domenicani di Lovanio, gareggiano nel dare il senso dell'ora, che cosa ha fatto la radio italiana, la radio di Roma, centro del mondo, centro del cattolicesimo, ricorrendo il diciannovesimo centenario della Redenzione, per richiamare l'attenzione dell'umanità sull'Urbe? Nulla. Viene freddo al solo pensarci. Sì, hanno dato giovedì un concerto di musica sacra: tre pezzetti di Refice e lo Stabat di Rossini. Con tutta la venerazione che abbiamo per il più grande dei musicisti italiani, non vorranno venirci a dire che lo Stabat, composizione eminentemente melodrammatica, risponda alle necessità spirituali e ai criteri artistici che contraddistinguono la religiosità dell'ora e il carattere delle musiche sacre. Non era questa un'altra delle tante occasioni — che, purtroppo, sfuggono ineluttabilmente alla radiofonia italiana, — per richiamare su Roma l'attenzione del mondo con una di quelle manifestazioni artistiche, preparate di lunga mano, che dovrebbero far epoca negli annali dellarte, della cultura e... della propaganda? E' sperabile che lo facciano... nel 2034 !Dei programmi del Venerdì Santo poi, di quella sottospecie di frittomisto di sacro e di profano di cui non riusciamo a renderci ragione, è meglio non parlare : essi costituiscono la prova più evidente del disordine spirituale che serpeggia e si propaga per tutte le vene dell'organismo senza che ci sia possibilità di arginarlo, per quanto apparentemente conchiuso in un ordine formale e tutto esteriore che può essere anche bello a vedere... Perchè noi ci rifiutiamo di credere che, per esempio, un uomo della cultura e dei gusto di Alberto Gasco possa, senza ragione e senza giustificazione, prepararci simili intrugli e intristire nell'ordinaria amministrazione; noi ci rifiutiamo di credere che competenti e uomini pienamente qualificati non sentano la necessità istintiva e imperiosa del loro snirito di elevarsi in più spirabil aere : è la sopraffazione degli incompetenti che li costringe a esercitare non più un'arte, ma un mestiere, a tenere un impiego non ad esplicare ordinatamente, le loro intelligenti attività. La confusione dei poteri genera il caos: l'E.I.A.R. soffre di questo male costituzionale. A nessuno verrebbe mai in mente di affidare la direzione di un giornale all'ingegnere che ha costruito le macchine e ha impiantato una bella tipografia: il giornale lo fanno i giornalisti, non gli ingegneri. Noi ammiriamo il magnifico sforzo che la E.I.A.R. ha compiuto per dotare l'Italia di impianti meravigliosi: i tecnici hanno assolto il loro compito e meritano le più ampie lodi, e si può anche spiegare che, in un primo tempo, essi abbiano avuto il sopravvento; ma oggi, no. Oggi gli ingegneri debbono ripiegare in una posizione subordinata, i ragionieri debbono fare i ragionieri, gli amministratori debbono amministrare non dirigere : bisogna dare una testa, un capo alla radiofonia italiana, un realizzatore intelligente che abbia idee chiare, perchè l'ora degli esperimenti, l'ora dei confusionari per incapacità, impreparazione, ignoranza è finita, e non si può perpetuarla senza rischio mortale. Questo è il problema più urgente della radiofonia italiana: togliere la radio dalle mani degli ingegneri, riportare i tecnici alla loro funzione naturale, che è, ripetiamo, funzione subordinata, nondirettiva, e affidare la direzione dell'organismo a uomini di talento che non abbiano, naturalmente, la testa nelle nuvole, e che con un programma chiaro stabilito preciso in tutti i particolari, concretato e scritto, non generico e nebuloso, offrano garanzia e affidamento di variare ricreare elevare il tono • delle radiotrasmissioni e tendere, con opera costante metodica graduale, alla conquista di quel primato che è un delitto non assicurare all'Italia di Mussolini. Questa è la verità solare che, pri-ma o poi, finirà con l'imporsi. Se le nostre ragioni sono buone— e se non sono buone ce lo dicano, che discutere un problema iquale interessa così vitalmente laNazione, e un problema, sotto certaspetti, nuovo, è un dovere perchiunque abbia da portare argo-menti alla chiarificazione — non spuò, prima o poi, non agire in conseguenza. Comprensione, ordine edisciplina, dunque. Il vero ordine ela vera disciplina, prima di esserenella forma, debbono essere nellasostanza: sono difatti impliciti nellacomprensione in sè, e scendono, na-turalmente, senza fatiche d'Ercoleper U rami. Nella relazione, il Direttore generale dell'E.I.A.R fa cenno partitamente delle varie attività della radio, e confessa, per esempio, tanto per citare un caso in cui il riconoscimento viene dalla stessa parte interessata, che il problema deteatro radiofonico non è ancora risolto. E dice come vorrebbe risolverlo: nella peggiore maniera chemente umana possa concepire. Ne discuteremo la prossima volta. Dei programmi della settimana abbiamo implicitamente detto; aggiungiamo che dare nella stessasera, dalle stazioni principali, dueopere nuove di due autori nuovi, i« Dibuk » e «Maristella», ognunadelle quali offriva per se elementi dinteresse e di curiosità, significa livragare e gli autori e le opere, ostacolarne il contatto col pubbliconuocere alla propaganda nazionale e internazionale delle nuove affermazioni dell'arte italiana... Tenera e graziosa la fiaba musicale« La Pasqua di Topolino » del noto e apprezzato trinomio Nizza-Morbelli-Storaci. Auditor.

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