Le anime dei cercatori d'oro

Le anime dei cercatori d'oro Nel cuore della repubblica dell'Eldorado Le anime dei cercatori d'oro .(DAL KOSTRO INVIATO SPECIALE ) LAGO PARIME' (Guiana. Frane), febbraio. Vi ho descrìtto i volti. Ed ecco, forse, le anime dei... cittadini della repubblica dell'El Dorado. — La polvere aurifera, le pepite, il quarzo che scopro, non sono per me! — mi informa V ex-banchiere Marcel Lorrain — Io sono uno scienziato. Le ricche alluvioni, le rocce à ravet m'interessano come una strana e complicata malattia può interessare un medico. Henry Marchand, cx-anarchicoindividualisla e presidente della repubblica, disprezza l'oro. — L'oro"? Puaf! — esclama. ■— Un po' di metallo giallo, per il quale gli uomini soffrono e si tormentano, ridono e piangono, rubano e uccidono, si roviyiano e finiscono alla Guiana. Il passato e il futuro Lorrain e Marchand sono dei poeti e dei filosofi. Forse, per questo, sono pure un poco pazzi. Mercier, che scioglie in questo momento i blocchi d'argilla nello sluice, è invece, un uomo pratico. — Questo lavoro non mi, rende molto. Nondimeno la mia parte d'oro è buona. Tra dieci anni, quando il mio « caso » cadrà in prescrizione, prenderò il piroscafo per Le Havre e, una volta al mio paese, comprerò una casa con un pezzetto di terra per l'orto: il mio sogno! Il caso di Chantal, suo compagno di fatica, è ben diverso. Ecco un uomo sul quale la giustizia non chiuderà mai gli occhi. — Una ribellione dietro l'altra, un'evasione dietro l'altra portarono i miei iniziali 10 anni di bagno penale a 184. Se fossi rimasto laggiù, a quest'ora, dovrei purgare ancora 170 anni. La mia morte, signore, sarebbe una sfida alla, giustizia umana.— E voi non rimpiangete nulla? li dd — gli domando. — Io?... Sono contento dì. essese qui. — Ma i vostri delitti... — La mia «disgrazia», volete dire? La mia •idisgrazia » consiste nel fatto che non ho mai conosciuto i miei genitori. Orfano, ho vissuto nella strada. Com'è possibile in questo modo crescere onesti? Questi evasi — cercatori d'oro — lavorano, e, lavorando, mi parlano delle loro evasioni, della loro vita attuale, dei vagheggiati p r ogettì futuri. Sui delitti, per i quali sono alla G u i a n a, nulla. « E' passalo tanto tempo! », di l cono. Noli se ne ricordano nemmenoP>ù. Tuffai più, ricordano talvoltater loro vita trascorsa di forzati: la severità dei guardiani, le grigie camerate di San Lorenzo, le fredde cel di San Giuseppe. Quasi lutti esprimono l'intenzione di redimersi. Laurens, il — Triste vita, la mia! Dura da. 4-5 anni. Se getto uno sguardo retro spetlivo sul mio passato, sempre mi te .fcjj««^ "f'^ roccia dell'isola decano della compagnia, infatti, conme si lamenta: ,grado le 73 primavere che gli grava-no sulle spalle. Calvo e rugoso comeun vecchio indiano, eqli ha nel gia-cimento aurifero, una mansione seni-plice: fornire l'acqua da bere ai coni-pagni di lavoro. — Vedete? — aggiunge con un sospiro — L'esperienza viene soltanto con l'età. Si cambia allora spiritoe carattere, e si comprende ch'è as-sai meglio essere onesti. H. i ,|| . , periGOIO 01 IHUOerSI Tali propositi di redenzione rispon-dono ad un sentimento sincero? Non. saprei darti una risposta pre-cisa, lettore diffidente. Ad ogni mo-do è bene che la pietà non c'induca,te e me, ad un'indulgenza fuori po-sto. I cittadini della repubblica del-l'El Dorado sono, è vero, in gran , , ? parte, frusti, logori e vecchi non tanto per il numero degli anni quanto per le sofferenze subite. Lo spettacolo della loro miseria — miseria fisiologica e miseria morale — è cosi vivo e reale da cancellare persino il ricordo dei loro stessi delitti. Eppure basta frugare un po' nel loro passato per acoprire subito orrori, turpitudini, malvagità. Tutti o quasi, essi furono dei magnifici banditi. Soltanto, le privazioni, la fatica, gli stenti li hanno domati. Se adesso sono saggi e docili, è perchè non hanno più la forza e... la possibilità di essere cattivi. Il lavoro, certo, e la triste esperienza, forse, potranno redimerli sul serio. Ma non bisogna farsi troppe illusioni r. neppure generalizzare eccessivamente. Dai penitenziari guianesi evadono, in media, 500 condannati, l'anno. Di costoro, una cinquantina riesce a farla franca davvero. Ma non tutti finiscono qui. I più arrivano nelle cit-\tà sud-americane — Caracas, Belen, Rio de Janeiro, San Paolo, Assunzione, Montevideo, Buenns Aires — do< ,ve abbondano le «bellezze facili » \ sempre alla ricerca, di impresari n-Lsoluti e abili nella gestione degli af-\fan, che immaginate. Se i municipi]di queste città effettuassero il cen simento degli individui senza scru poli, che sfruttano e fanno prosperare il commercio dei sorrisi, constaterebbero che gli evasi della Guiana francese costituiscono i tre quarti di tale popolazione. Il caso dl Wilsin Molti altri evasi si appostano lungo i fiumi, che portano ai giacimenti aurìferi — il Maroni, il Mano, il Sinnamary, il Conte, l'Oyapok — e lì nei punii strategici tendono agguati. Sono gli * uomini tatuati di azzurro -, dei quali i piroghieri, Boni hanno tanta paura. Alcuni di co- j , storo, piùforti, più furbi e meno paz-\',zi di Henry Marchand e di Marcel'\Vien% n racconterà il fatto tra una \palata e l'altra. Lorrain. arrivano persino a- vivere,\sfruttando ali stessi compagni di sventura. Il caso Wilsin insegni.UVuoi conoscerlo? Chinati sulla irin-\ cea dell'oro, lettore, c Bennett, che lavora in fondo e chiacchiera volen-\ Il nominato Wilsin dirigeva un icampo di evasi nella crique Amaca-1'' ''""^ '"' «w!\™™>cfrtS„tS "CC0*>'se con !e oracela aperte. \\ « —Giungete al momento buono!('— « disse. — Due compagni nvhan-^\ E'a "» buon giacimento, il suo. \Dopo tre mesi, avevamo messo da [parte due chili d'oro. Non l'avessimo ,maì trovato! Durand, il mio compa- gno, un giorno interpellò Wilsin: c — Vorrei andarmene! — glidis- \se. — Mi devi 500 grammi. Metiia.mo a 10 franchi il grammo e faccia' mo cifra tonda: 5000 franchi, «— Benissimo! — l'altro rispo\se — Ma qui non ho soldi. Accom'pagnami ad Hermine. addietro, con un compagno d'eva- lasciato, giorni fa, per imbarcar-1si ad Albina sul corriere olandese,;con l'oro guadagnato nel mio giaci- ììI « La sera, Wilsin ritornò col vol-to tumefatto di lividure e gli abiti abrandelli. « — E' un mascalzone, quel Durane! Pretendeva 12 franchi il gram-mo, 6000 in tutto. Siamo venuti alle mani. « Questo discorso non mi convin se molto. Tuttavia continuai a lavo rare fino al giorno in cui, traccian-do un solco per l'acqua, scoprii unpiede umano. Scavai ancora, e il ca-davere di Durand apparve. Non c'era più alcun dubbio. Wilsin faceva la-vorare i compagni affamati e poi,quando costoro chiedevano il conto,li spediva all'altro mondo. Credo inu-tile dirvi che scappai la sera stessa,senza pretendere nulla. Ed ora ecco mi qui... Qui si lavora, si vive e si possono fare, con un po' di buona volontà, economie sufficienti per lasciare definitivamente, prima o poi, terra maledetta e raggiunge-rc 'c grandi citta «Lavora più in trotta più forte» Vedete! Lavorano per fuggire on cora e per non morire di fame. Du- te rintera giornata ìa, scMenaL, h mmcoU tesi> essi continua-no soUevare l'argilla aurifera e agettaria neUo s\u[ce con regolarità dmacchine. A tali gesti corrispondonogli effetti previsti: l'acqua die pas-sa, scioglie il caolino bianco e taghiaia rossa, lava la terra e disgregal'oro; mentre i pappagalli variopintvolano starnazzando e sputando sucapo degli uomini incomprensibili ingiurie; mentre le scimmie appollaia te sugli alberi vicini seguono con occhietti attenti il movimento febbrile; e, dietro le foglie delle palme pinotil grido d'un uccello ordina, imperativo, di non cessare il lavoro. I cercatori d'oro hanno tradoiloin linguaggio umano il grido osses- sionante dì quest'uccelletto dalle aliblu e rosse e dal capo sormontato da un ciuffo bianco, ricadente sulle o-vecchie, come il casco coloniale d'unsorvegliante. — Voyons! Voyons!... (Su, Uavora!). — Voyons! Voyons!... (Su, non bisogna addormentarsi!), — Voyons! Voyons!... (Su, più in fretta e più forte!). su su. A'ei penitenziari, guianesi, a dire iluero,i sorveglianti non sono cosi esi- 1 lc\vori imtm ~ ad tempio,il trasportare, oggi, da un punto a/-!** strade? L'ho già detto: alla Guia >« non esistono strade e non se ne fanno La impervcrsa a„chc a!. ^ Gu[ana: cHsì dei lranl .pre3Ìosij je! tefa^'/eàtt^rdX'del caf/è II lavoro utile quindi manca { g00'0 jorzati se ne'stanno'così nei cortili dei penitenziari, pancia in su, re godersi il sole che non manca mai. Per guadagnare qualche soldo, onde provvedersi di sigarette e tafià, ciascuno si arrangia • per conto proprio. La febbre e la morte Sono forzati in corso di pena, costoro! I cercatori d'oro dell'El Do-rado sono forzati, che hanno riacqui-stato la libertà e, per mantenerla, la-vorano, s'affaticano, si sfiancano neZ- le trincee di terra rossa, umida e fu mante, dove fermentano tutti i vele ni della terra. Non tutti resistono alcaloie, alla fatica e aUe zanzare. ti s'ammalano con facilità e sovente muoiono. A volte, con un colpo secco che fa sprizzare il fango di cui tutti sono vestiti, un uomo si schiaccia le zanzare sul ventre. A volte, le brac-eia di qualcuno non hanno più la for za di sollevare la pala, e, allora, mal grada il sole che scortica la pelle,che fa salire il sangue agli occhi, l'uomo batte i denti, esce dalla trin- cea, beve un soffio di tafià e si ar rotola in una coperta, sotto l'ombrel lo delle palme pinot, pronunciando frasi e parole incomprensibili: lafebbre! — Ne muoiono molti? — domando ad Henry Marchand. — Moltissimi! Il mese scorso, ci sono stati quattro decessi. Morì per primo Ben Sala, un algerino taciturno, che, nel deserto verde, rimpiangeva di continuo il giallo deserto sabbioso della sua infanzia. SubitodoV° ««me la volta di Rodine, un vecchio di scssant'anni. Segui Pipoz, l'n ragazzo allegro, forte come un buJalo: cadde stroncato m un giorno sol°- '»/*«e, Danil, che la febbre li4uld° *» giorni. Tutti e quattro ora d°rmono nel seno di questa ter\ra equatoriale, che hanno tante volte mos™ e rmiossa, voltata e rivoltata, e che n01 abbiamo di nuovo nvanga-ta per seppellire i loro corpi. Alle cinque, la fatica dei forzati dell'oro cessa. Lo sapete. La notte tropicale è puntuale: cade esattamente alle sei. Il sole dell'El Dorado non concede, per finire la giornatala dolcezza del crepuscolo. Gli uomini, quindi, debbono affrettarsi perracco9liere il frutto del lavoro quo tidiano. Marcel Lorrain, il grand ar-crnr,t;ny ì,_. 7«o_;„._ ia *_>_ gentier, ha lasciato le fosse di pros- pection c già si. trova qui per atri- gere le ultime *■ rlpJir-ntp n-npm ie aeucuie opera-izioni. |—- Alt! L'acaua rallen- tr, AWnAn ^r. Ita-, si aiiaaa, 'i-s-jna lo sluice di piccoli fili arqen- tei mota mitra e tei, sosta pigra e infine cessa, aeitutto: sul fondo,contro le arialie ««r,n,-^„« ^Ì,,™;appaiono grumidi mercurio e/qua e là. mwc-l'hipft; Hi niPtruy cnieui ai pietruz- ■ naia, oggi! —esclama For-ie n'avremn npr.'. " ° ' più dimetto. Con una niinu- vmla wnn» pnli scoiti scopa, egu putisce te tavole d\ fondo e le gri-i<llic spingendone• il contenuto mun secchio pienod'acqua, che, aze e sabbia fine. Marcel Lorrain, allora, si china sullo strumento: — Buona gior ™« volta, vien versato nella batea,^ric0Pcrta d'uno straccio. Lo sfraevto.jGe delica. parte .. „,„„i_„_,,j„ i>„,.r, „,„,,r,-,,, nmantenendo loro amalgu-]cspremuto con precauzione tezza, lascia filtrare una mercurio. di i 'asmoto. Sì, l'oro amalgamato è precisasamente questa pasta fluida d'un bianco vischioso. Il fuoco è pronto? — domanda il grand argentier. a (i^>><0 P"«*° , "10n °- « * -l,oc° f"cal"""e s sGdudfdsicsidI ri | a\ s"-"■««-•■dchiati- uftorno.alla fiamma e guarda- fli» l'ha acceso il persona, Henry Marvermesoperazione: rio. no iti fondo al recipiente, dal «merleun no' tìi fumn nern v'innnl.zn p iln-: lun po ai jumo ncio s innalza, e, ao hir, lentamente e gradualmente, 1 oro:ssi rivela, si precisa col suo freddo: splendore si concretizza ma d un frutto giallo, rugoso, granu-lsloso- Gli occhi di- Questi uomini han-\'°vntfnlnfnr.^auiiu jui apotrà redimerli, e no sguardi acuti eli desiderio le >•«-!glie da loro volti tremano di febbre.,nFra la loro anima oscura e il metal- nlo brillante, passano strane correnti,\,. , ' ' . , umagnetiche: per causa sua, essi han- dno rubato ed ucciso, si sono rovinati ne sono finiti qui, nella terra inuma-■ ^, i > —nno; per mezzo suo, essi sperano drtripartire per sempre verso un nuovo ldestino ! dL'oro, che li ha corrotti e perd«rij|salvarli? PAOLO ZAPPA ln . L'ULE' MARES, IL FIUME DALLE RIVE D'ORO

Luoghi citati: Buenns Aires, Caracas, Lago, Le Havre, Montevideo, Rio De Janeiro, San Paolo