Vibrante adunata di popolo a Regolo Emilia per la visita del Segretario del Partito

Vibrante adunata di popolo a Regolo Emilia per la visita del Segretario del Partito Vibrante adunata di popolo a Regolo Emilia per la visita del Segretario del Partito Oltre centomila persone sfilano acclamando al Duce Reggio Emilia, 12 mattino.. Tutta una provincia, tutto un popò o, serrato e fedele, dal monte e dal piano, dalle irrigue verdi disteso della Valle Padana alle balze del1 Appennino ancor bianche di nevi, ha ieri compiuto la sua gioiosa emigrazione, portando all'ombra delle sue bandiere i figli e le donne, i ricordi, le tradizioni, le testimonianze. Fra le case di Reggio la moltitudine ha infine sostato dopo il lungo cammino. L'esodo ha avuto veramente la fisionomia di un popolo in marcia, rivolto ad una mèta, pieno di aspettazione e di gioia: le mille colonne convergenti verso la città del Tricolore, ci han fatto pensare — ammirandole nella notte diaccia convergere alle vaste piazze per la mattutina parata, compatte così nel cuore come nei ranghi — ad un immenso esercito volto alla più bella conquista. Quale aggettivo può dire I imponenza dell'adunata di ieri, il fervore che ne animò gli avvenimenti, e la fede che tutto avvolse e tutto dominò, tutti traendo ad un solo enorme grido, balzante dalla marea degli uomini assediante la persona di Achille Starace, come un'invocazione: « Viva il Duce » ? Incomparabile spettacolo Ad ogni sagra dej Fascismo, per figni appello lanciato dai Capi alle Ifolle del Littorio, è questo spettacoli o mirabile: e l'una tappa sembra l'altra superare, l'ultima pare vincere le prime in fervore ed in unanimità. Così Reggio parve annebbiare ieri nel nostro ricordo la visione deiIle superbe adunate dell'Anno XI: e forse non fu, e soltanto per tutte fu il grande privilegio di toccare il vertice massimo di imponenza e di ardore, concesso a tali manifestazioni. Adunata quasi improvvisa che i Capi ebbero sei giorni di tempo a preordinare l'avvenimento. L'annuncio, infatti, della visita del Segretario del Partito giunse alla Federazione reggiana il mattino dello scorso lunedì: sei giorni, un attimo per mobilitare un popolo, per trarlo dalle baite montane e dai casolari delle pianure nel cuore di questa terra gloriosa e feconda; sei giorni, meno di un attimo, per inquadrare tutta una moltitudine sotto le bandiere e le fiamme di combattimento e portarla al cospetto del Luogotenente di Mussolini, a riconfermare una tradizione ed una fedeltà. Sarebbe bastato un giorno, un nome, un grido e l'esito non sarebbe stato diverso. Il Fascismo emiliano non si smentisce negli anni, ed ogni collaudo è una prova nuova ed insuperata di appassionata unanimità. • Quante le persone ieri radunate in piazza Cavour ed in piazza del'a Vittoria? Cinquantamila, dicono le statistiche dei partenti dalle varie zone della provincia, ma certamente il doppio e forse più, centomila, centoventimila uomini dilagarono ieri come una marea fra le vie e le case di Reggio. Basti dire che la sfilata, lungo la via Emilia, delle organizzazioni del Partito, durò quasi due ore: e si marciava in file serrate di nove, ed i Giovani Fascisti trascorsero a passo di corsa, e così i Bersaglieri ed ^fanciulli delle Avanguardie ed i bimbi dell'Opera Balilla. Fu questo il momento più fervido della giornata, che doveva di poco precedere l'adunata in piazza della Vittoria: nell'uno la visione incomparabile d'una folla immensa, traboccante sull'immensa spianata e tumultuosa ed acclamante ed a volte tacita d'un enorme silenzio; nell'altro la radiosa rassegna di un vero esercito in marcia, composto splendidamente nei suoi ranghi, disciplinato e sicuro al palpitare dei suoi drappi policromi. La città, le case, le vie, le torri, le vecchie mura fastose e gloriose, furon cornice superba alla passione degli uomini. La terra che, prima, diede al vento i tre colori d'Italia, s'ammantò in un delirio di bianco, di rosso, di verde nella fantasmagorica parata. Bandiere e bandiere ad ogni finestra, sorridenti ad ogni balcone, garrenti dalle cuspidi dei campanili, tese a festoni tra casa e casa, fascianti ed ondeggianti su interi frontali di palazzi, e, sulle bandiere, o scritte a cubitali caratteri sui muri, o elevate a monumento sui tetti, o disegnate a mosaici bianchi fra le aiuole dei giardini e tracciate sul suolo, ovunque, in ogni spazio, su ogni foglio, sui manifesti, sui cartelloni indicanti la provenienza dei vari reparti, quattro brevi parole: Vogliamo il Duce a Reggio! Fu questo il grido, la preghiera, la invocazione che, sola ed altissima, seppero ieri le Camicie Nere ed il popolo d'Emilia esprimere a Starace. Tutta la fede di questa gente si compendiò in queste poche sillabe che furon gridate in un crescendo continuo di ardore: spettacolo indimenticabile, se non inimitabile. II Segretario del Partito ne fu visibilmente commosso e le sue parole rivolte alla folla dall'alto del balcone del Teatro Ariosto, tradivano la sua intima e gioiosa soddisfazione. L'arrivo di S. E. Starace La manifestazione ebbe inizio in primo mattino con l'arrivo di Achille Starace; mattinata fredda e grigia, cielo scuro e agitato da nuvoloni neri che dovevan poi rovesciare, fortunatamente, per brevi minuti, uno scroscio di pioggia. Lo schieramento delle forze fasciste era predisposto lungo tutto l'itinerario che Achille Starace avrebbe dovuto poi seguire: partiva dalla Stazione e, seguendo la strada di circonvallazione, per Porta Castello, via Ariosto e Corso Garibaldi, imboccava poi la via Emilia ove doveva avere luogo la sfilata. Il Segretario del Partito scese dal treno alle 9 precise: ed ebbe subito, "con 1 alala delle Camicie nere assiepate sul piazzale, il deferente saluto del Prefetto S. E. Montani, del | Segretario Federale dott. Bofondi, i • P5desta Prof- Borettini, del Preside della provincia on. Muzzarini e di tutte le Gerarchie del Partito, dei (Sindacati e della Milizia, delle Autorità Militari e Religiose. Breve il saluto e poi, rapidissimo; si svolse la rassegna delle rappresentanze, delle Associazioni, delle Camicie Nere, scaglionate lungo il percorso. , ,Di tratto in tratto il Segretario del Partito sostava nella veloce marina ed era per rivolgere una parola I ed una domanda a qualcuno dei popolani che si assiepavano oltre le schiere fitte delle forze inquadrate. Si giunse così, in pochi minuti, sulla via Emilia alla tribuna da cui Achille Starace avrebbe assistito alla sfilata. Durante il trascorrere del Segretario del Partito per le vie della città, fu un continuo piovere di fiori dai balconi, un policromo volteggiare nell'aria di manifestini, un irrefrenabile clamore di folla. Verso le 10 ebbe inizio la sfilata delle organizzazioni del Partito. Achille Starace vi assisteva dall'alto della tribuna, avendo a lato il Prefetto ed il Segretario Federale, attorno le innumerevoli altre Gerarchie. Nella via, oltre i cordoni tesi per frenare l'irrompere della folla, la moltitudine, la fervida, magnifica gente di questa terra, non paga mai di dire il sentimento che, sovrano, regna nel suo cuore. Magnifica parate che durò, come abbiam detto, quasi due ore. La stilata Aprì la marcia il gagliardetto dela Federazione dei Fasci, scortato da un manipolo armato di Milizia: poi vennero i cento e cento drappi scoloriti e sdrusciti dei Fasci della provincia; quindi le Camicie Nere di Reggio, con alla testa i loro labari dedicati alla memoria dei Martiri della Causa: Maramotti, Germini, Giaroli, Tedeschi, Ferrarmi, Saccani. H vecchio gagliardetto vigiliare aveva a scorta d'onore un gruppo di feriti fascisti e di squadristi, i temerari, magnifici campioni della Idea all'alba della Rivoluzioi.-e. Seguirono quindi i Gruppi Rionali, ognuno preceduto da una fanfara; quante le fanfare, ieri, lietamente sonore, nell'immensa adunata? Forse cento, forse più. Le note di Giovinezza dominarono per tutta la giornata, a volte sommerse dal clamore della folla, a volta balzanti, dai lucidi ottoni, più forti delle grida, in un impeto non mai sopito. Dopo i Grunni Rionali sfilarono i gonfaloni dei Comuni della Provincia ed il gruppo dei Podestà: quindi, acclamatissime, le Associazioni dei Reduci, dei Combattenti, dei Mutilati ; i Mutilati procedevano in testa : camicia nera, elmetto di guerra, le decorazioni sui petti. Commovente rassegna di valorosi, che strappò alla moltitudine, irrefrenabili, altissimi applausi. I Grandi Mutilati giunsero adagiati su autocarri; il rombo dei motori dominò il silenzio sceso sugli uomini raccolti attorno al Segretario del Partito; in molti occhi brillò una lacrima; da tutti i cuori proruppe il riconoscente saluto. Poi fu la volta dei decorati al valore: fitta, numerosa schiera testimoniante la fedeltà alla Patria, in ogni tempo ed in ogni luogo, del popolo emiliano. Quindi vennero le innumerevoli Associazioni d'arma, gli Arditi, i Granatieri, gli Artiglieri, il Genio, gli Alpini. Qui la sfilata ristette un attimo: brevissima pausa che da lontano giunsero al nostro orecchio le garrule, prorompenti note della .fanfara dei Bersaglieri: poi, i veliti neri proruppero come un torrente nell'ondeggiare delle loro medaglie, passarono come in un volo di fronte ad Achille Starace, lo sguardo rivolto fieramente al Capo, il braccio teso nel saluto romano. Quanti Bersaglieri ha questa terra rapida e generosa! E quanto valore sui forti petti, e quanto orgoglio nei fedeli cuori! La corsa ce li portò via come un fulmine e non avemmo, dopo, negli occhi che una visione indefinita di bellezza. Ebbe quindi inizio lo sfilamento delle organizzazioni giovanili del Partito. Chi ieri dimostrò di essere soldato più esperto e provetto: i veterani del Piave e del Carso o i giovanetti, meravigliosamente- inquadrati nelle legioni nere ed azzurre dei Balilla, in quelle nere e bianche degli Avanguardisti, in quelle giallo rosse dei Giovani Fascisti ? I bimbi di 10 anni sfilarono con una tale perfezione — e così i fanciulli di 16 ed i giovani di 20 — che, al loro trascorrere, veramente si manifestò al nostro sguardo, nella sua più sicura evidenza, il miracolo della Nuova Italia. Macchine e uomini della terra In testa ad ogni legione il gagliardetto, il comandante, il cappellano: nei ranghi, una commovente severità di atteggiamento, una sicurezza ed una compostezza di passo che il cuore non sapeva se più compiacersi o la mano applaudire. I Giovani Fascisti — diecimila provenienti dalle località più lontane della provincia, dalle montagne di Ligonchio e di Collagna, e da Brescello, colonia romana, e dalla grassa Guastalla; figli della pianura e delle cime, abitanti delle baite e dei casolari, delle bonifiche di Moglia e Bentivoglio — irruppero di corsa, con baldanza bersaglieresca. Le loro fanfare suonavan gli inni dei « piumati », la loro giovinezza era, come il loro passo, tutto un impeto. SullelFiamme ardite, il vecchio motto, nostro della lontana, inobliabile vi-1 gilia « Me ne frego ! ;> ; e, pure di corsa, giunsero gli Universitari fascisti. Fu, al loro apparire, come un guizzo di mille abbacinanti colori: i berretti goliardici stesero per un attimo, sul grigio degli asfalti, un giocondo, luminoso arcobaleno. Poi vennero gli aeroplani, gli apparecchi per volo a vela, trascinati da fanciulli dai colori di Rama; su ogni carlinga era un Balilla, rigido, sull'attenti, immobile. La parola del Gerarca Intanto un altro rombo, più vasto e più fondo di ogni sorgente rumore, dominò l'atmosfera: fu un attimo e cento, duecento motociclette saettarono di fronte al Segretario del Partito, guizzante, nera centuria del Fascio Giovanile e del Motoclub. A questo un'altro rombo subito si aggiunse : e fu quello delle macelline agricole, delle trattrici, delle aratrici, delle falciatrici, precedenti le colonne dei Sindacati agricoli ed industriali. Il clamore, un'enorme ondata azzurra di fumo,avvolsero por un attimo la via PPL Ldiradatasi la spessa nuvola gh or- digm apparvero, imponenti nella \loro pacifica fisonomia; su ogni ™™-\china una striscia di tela bianca ^- 'portava una frase del Duce: sta è la guerra che noi preferia mo » ; « Verso la terra devono rivolgersi le speranze e le energie di tutti i popoli » ; « L'Italia deve avere una forte agricoltura, che è la base di tutto ». Ai volanti erano Giovani Fascisti in divisa. Dopo le macchine vennero gli uomini che quelle adoperano, i lavoratori della terra, gli iscritti ai Sindacati agricoli, preceduti dalla selva ondesrgiante delle loro verdi bandiere. Nel cuore dell'interminabile colonna, due contadini reggono un enorme ritratto del Duce, tracciato a pastello su una tela. Così, via via passano tutti gli altri Sindacati, e la superba sfilata è chiusa dai battaglioni sportivi del Dopolavoro. E' quasi mezzodì quando dalla | via Emilia il Segretario del Partito raggiunge Piazza della Vittoria, ove, intanto, si erano andate ammassando le rappresentanze che avevan preso parte alla rassegna. A quelle si aggiunse la folla: tutta la folla di Reggio; la moltitudine delle dorine, dei bimbi, dei vecchi. In breve la piazza ne fu colma e riboccante anche la vicina, vastissima piazza Cavour e le vie che vi sboccano ed i balconi che vi si affacciano ed i tetti che li sovrastano. Gli alberi spogli si son mutati in grappoli umani; così le antenne ed i monumenti e le colonne dei portici: era uno spettacolo grandioso, che la mente non sa descrivere, ma soltanto il cuore può ricordare. Dalla loggia del Teatro Ariosto, il Segretario del Partito e le Gerarchie ammirano per qualche istante l'enorme adunata. Dall'alto parvero gli uomini come una distesa di mare ondegigante e, di tratto in tratto, improvviso, il fiorire sul nero dei colori di Roma, agitati dai diecimila Giovani Fascisti delle Legioni reggiane. Ad un tratto uno squillo di tromba, che i microfoni ripercossero di angolo in angolo, ordinò il silenzio: allora il Segretario Federale Bofondi chiese il saluto al Duce: l'« A Noi! » che ne rispose ebbe la potenza del tuono. Quindi, subito, il Segretario del Partito prese la parola, rivolgendo un elogio ai Gerarchi ed ai gregari, per l'attività svolta sempre in perfetta armonia con le direttive segnate dal Duce e con quello schietto entusiasmo che è spiccata caratteristica delle Camicie Nere e del popolo emiliano; rilevò la fusione degli spiriti che è in atto tra i veterani ed i giovani, espressione di forza posta ài servizio del Duce e della Rivoluzione, ed il significato della brillante rassegna che valse a dimostrare, ancora una volta, la efficienza del Partito nella Provincia e delle organizzazioni che inquadrano le forze del Regime. Conchiuse inneggiando al Duce, suscitando al suo indirizzo vibranti manifestazioni da parte delle Camicie Nere e del popolo, manifestazioni che si ripeterono poi, mentre le colonne lasciavano la piazza. Il rapporto del Fascismo reggiano Due altre rapide cerimonie chiusero quindi la fervida mattinata. Lasciata la Piazza della Vittoria, il Segretario del Partito, seguito dal corteo interminabile dei Giovani Fascisti e della folla, si recò a visitare la Casa Littoria, dove sostò ad esaminare l'organizzazione dei vari reparti : poi si recò al Palazzo Municipale ove, nella storica sala del Consiglio, che vide il primo garrire del tricolore d'Italia, ebbe l'omaggio del Vescovo Principe Brettoni e l'acclamante saluto dei podestà della provincia. Il prof. Borettini, podestà di Reggio, gli offriva quindi, dopo avergli rivolto un breve saluto a cui il Segretario del Partito cordialmente rispose, tre simbolici doni: un volume degli antichi statuti del Comune, alcuni volumi di Lazzaro Spallanzani ed un «album » riproducente le opere del reggiano Antonio Fontanesi. Contemporaneamente, il Podestà annunciava ad Achille Starace il dono da narte del Comune di 50 mila lire a favore dell'erigenda colonia marina della Federazione Fascista. Nel pomeriggio si svolse la seconda grande manifestazione, dopo quel- lla di Piazza della Vittoria, cioè il « rapporto » del Fascismo reggiano, 1 Proveniente dal Campo Sportivo, ove aveva asistito alla partita di calcio, il Segretario del Partito giun ,fe m atmosfera nelln le sl Lvo[se 0 ni accenno ul Duc'e fll rac. K ffl„ avpassionate acclamazioni \chs ohiaraiZnte (listerò quale sia \rattaccatnénto delle Camicie Nere rfi ReggÌQ Ma persom (H Mussolini 'e l'ardente desiderio di accoglierlo nella loro terra generosa e fedele. se verso le 16 al Teatro Municipale, la splendida sala che è giustamente l'orgoglio di Reggio. Anche qui, al l'arrivo di Achille Starace, una enor me folla e scroscianti, vivide accia mazioni. Sul palcoscenico le bandie re, i labari, i gagliardetti : su due fi le, in piedi, le gerarchie e le autorità. Sorse primo a parlare il prefetto Montani che espresse al Gerarca, a nome di tutta la popolazione della provincia, la gioia di averlo ospite, sia pure per breve ora. Quindi il Segretario Federale lesse la relazione sull'attività svolta, ponendo in evidenza i risultati conseguiti in ogni settore del Partito e delle organizzazioni dipendenti. Poi prese la parola il Segretario del Partito il quale ampiamente commentò la relazione del camerata Bofondi e la approvò, rinnovando al capo del Fascismo reggiano il suo plauso e ringraziando anche il camerata Montani per l'attività svolta in tutte le branche della vita fascista della provincia. Nella calda atmosfera nella La moltitudine poi lentamente sfollò. Achille Starace si recava quindi a visitare le Officine Meccaniche, ove fu accolto da brevi parole di saluto del presidente della Società e dagli «alala» delle maestranze adunate sul vasto piazzale. Dopo una'rapida visita al vicino Fascio di Mancasate e al Dopolavoro della Società Emiliana Esercizi Elettrici, il Segretario del Partito, soffermatosi nei nuovi luminosi locali del Dopolavoro « Ardisco non ordisco » ritornava al Teatro Comunale per assistere all'adunata delle forze femminili fasciste della provincia. Occorrerebbe a questo punto maggiore spazio di quanto non ci sia permesso, per dire degnamente dell'ardente manifestazione, che coronò la giornata e diede ad Achille Starace la prova magnifica della mirabile efficienza delle organizzazioni femminili fasciste. Il Teatro ancora una volta ci apparve rigurgitante di folla, la platea invasa da centinaia di fanciulle vestite dai tradizionali costumi delle terre reggiane, i palchi e le gallerie colmi e fervidi di donne fasciste, che acclamarono al Duce con inesausta passione. Mentre telefoniamo un imponente entusiastico corteo percorre le vie cittadine. Migliaia di Camicie Nere si dirigono alla Società del Casino, ove è il Segretario del Partito, e ognuna ha in mano una fiaccola. L'immane fiammata trascina sulla sua scia di fuoco la moltitudine che. ancora non è paga di canti e ancora vuol dire al Luogotenente del Duce la suo nroromoente fede. La visione è superba. Nella notte fonda la città nare trasformata in un grande rogo, incendiate le case e illunina+e le tor- :r, gjno ai loro vertice. Nel divampar dei bitumi, sullo scricchiolìo delle fibre arse, s'elevo gagliardo il ritornello dei giorni di battaglia: « ...siamo giovani - abbiam vent'anni i'avvenire non temiam! ». ANGELO APPIOTTI.