La " Missa solemnis" di Beethoven alla Scala

La " Missa solemnis" di Beethoven alla Scala La " Missa solemnis" di Beethoven alla Scala Milano, 8 notte. « Tutto esaurito », da due giorni, alla Scala. Folla, attenzione, godimento, manifestazioni di gioia e di plauso. Accoglienza degna di un'opera di Beethoven di Milano. Con la cooperazione di un concertaore esperto e diligente, desideroso dele grandi linee e dei contrasti di chiaoscuro più che delle minuzie, d'un maetro di cori qual è Vittore Veneziani e d'un coro addestrato non solo al tearo ma anche al palestrinianesimo com'è quello della Scala, di un'orchestra ottima, di zelanti e preparati solisti, Mafalda Favero, Bruna Castagna, Giovanni Voyer, Duilio Barontl, la Scala ha ottenuto un risultato più che soddifacente, date le difficoltà tecniche e nterpretative della Missa solemnis, più ardue e complesse per gli esecutori itaiani, dissueti a tali musiche. **# Sarà più opportuno di dedicare qualche minuziosa attenzione alle singole parti della Missa, nell'occasione della prossima esecuzione a Torino. Sommariamente può dirsi a chi non la conosca ancora che le analogie artistiche e tecniche con 11 quarto tempo della nona sono numerose. Freme e pulsa l'invenzione, s'espande l'intimo fervore, prorompe la commozione ed esalta. Vi è la sublimità dello stile, sintesi di epoche anteriori, fattasi originale nella coscienza, nella fantasia, nell'arte di Beethoven. C'è anche una bonaria rudezza, fra conviviale e chiassosa, che rispecchia fraternità, popolo e umanità. Vi è il rapimento; nel volo augusto dele immagini, quando idea e materia anno un tutto inscindibile. C'è anche il peso dell'elaborazione, allorchè il congegno della composizione non è spinto dal soffio della poesia. Alla ineffabile armonia delle sfere rotanti succede talvolta come mi grandioso anfanare di meccanismi striduli. Come nella nona, c'è il perfetto e il difettoso, nelle relazioni di Wort und Ton, di parola e suo20. Ma, se si calcolasse il rapporto di durata dell'ode alla gioia e della Missa, questa resulterebbe quantitativamente più perfetta. Soltanto qualchefuga, qualche stretto e qualche altropasso rappresentano l'indetermlnazio-ne, l'esercitazione sul tema. Altrove èa musica alata, come espressione deldramma che era nel cosmos beethove-niano, radicato nell'anima, comprensivo di tutte le potenze e facoltà dello spirito, complessa espressione del Tondichter. Per questo aspetto l'invocazione forte al Kyrie, e quella tenera al Christe; il Gloria e il Credo, possenticon le tante modulazioni delle immagini e dei pensieri; il mite Sanctus con il solare Pieni sunt coeli e il soave Benedictus; il dolce Agnus, seguito dalla drammatica lotta fra l'aspirazione alla pace e i minacciosi, insidiosi pericolicostituiscono altrettante confessioni, aperte, leali, altrettante liriche pensoseristoratrlcl, inebrianti, di quel grande cuore, che cercava il palpito dei cuori fraterni. « Vom Herzen! Móge es voieder zn Herzen gehen! ». *** • i Fra i molti argomenti di discussione, proposti dalla Missa, è specialmente Interessante quello della religiositàcome elemento dello spirito di Beethoven e come riflesso nella Missa solemnis. Occorre distinguere la religiosità specifica, che fu mutevole nel corso della sua vita, da quella che improntò il carattere morale e influì sull'arteD'altra parte occorre considerare la Missa solemnis nella sua primitiva destinazione occasionale e fuori dalle contingenze. E' nota la formazione religiosa di Beethoven giovinetto, nell'ambiente di Bonn, allorchè, frequentando come organista la chiesa, e seguendone la liturgia, potè sentirsi determinatamente cattolico. Più tardi, negli anni viennesiil sentimento cattolico scomparve. Restò intensa la credenza teistica, con un profondo accento cristiano. Contro la frase di Beethoven, nel 1819, riferita dal Blochlinger e di dubbia accezione: « Cristo è niente altro che un ebreo crocifisso », stanno parecchie testimonianze della fede di lui. Lo Schindler affermò con certezza che la concezione di Beethoven riposava non tanto sulla devozione alla chiesa quanto nel teismola religione essendo per lui l'armonia basilare, fuori di ogni discussione. Il suo Dio poteva anche identificarsi con quello di popoli extraeuropei, delle culetterature egli ebbe notizia. Un appunto del 1816 dice : « Dio è immate riale, e perciò oltre ogni concetto. Poiché è invisibile, non può aver formaMa per quanto ci risalita dalle sue opere potremmo concludere che è eterno, onnipotente, onnisciente, ovunque presente ». Precedentemente, nel notissimo testamento di Heillgenstadt1802, si era affermato teista, con un accento spiccatamente cristiano. Il Cristo all'Oliveto e i Lieder su i cantspirituali di Gellert sorsero nel 1802E del 1802 è la soia risposta a un editore di Lipsia, che gli chiedeva una « sonata rivoluzionaria » : « Avrei una Afisso prò sanerò Maria a tre voci o un vespro... o piuttosto vorrei prendere il pennello e scrivere a lettere cubitali un Credo in unum ». E questpensiero può intendersi come reagentall'illuminismo e al rivoluzionarismo dmarca francese. In sostanza, un teismo, che, per il profondo amordella natura e dell'umanità, pel senti mento etico dell'uomo e dell'arte, quass'ampliava in panteismo, senza pe raltro disperdersi in fantasticherie. In talp stato relio-lnsn <i'ftrrin«fl allin tale stato religioso s accinse allmessa, che doveva accompagnare solenne insediamento del cardinale arcivescovo di Olmlitz nel 1819. Gida tempo vagheggiava un'altra operad'argomento religioso, e ammirava Palestrina sembrandogli lo stile a cap nella il più proprio alla chiesa. Ma i sinfonista non rinunciò ai vasti mezz orchestrali, egli che già aveva nell'animo il finale della Nona. Cominciata per accompagnare la liturgia e la festa, la Missa in re abbandonò in seguito la destinazione occasionale, etrascurate le condizioni di luogo e dtempo, sj svolse con l'ampiezza e lalunghezza e con la ricchezza chi eran divenute necessarie all'intime necessità dell'opera. Il testo liturgico della Messa non fu un vincolo, ma uno stimolo alla creazione. Leggendolo con cuore di credente, Beethoven lo interpretò perso „ , . . nalmente, artisticamente, ne rivisse concetti, i pensieri, i sentimenti. Una libera interpretazione, la sola condì zione per l'opera d'arte; non 11 tema obbligato e il più obbligato sviluppo Egli potè conoscere non molto, ma abbastanza di Handel, che ammirava, per trarre insegnamenti proficui dagli oratorii di lui, da quelle persone e da quelli eventi biblici rivissuti in fantastica libertà. (S'è parlato sovente della grande messa di Bach e di questa di Beethoven. Ma più opportuno sarebbe ricordare non la anessa, in cui Bach si piegò ad accettare le formule del culto cattolico, e riusci sovente freddo, ma le passioni, nelle quali Bach luterano ripensò a suo modo la trar gedla di Gesù, e, cantando l'umanità e sè stesso, raggiunse un'altezza drammatica forse non mai superata in tal genere di composizione). La più stu-' diosa lettura del latino liturgico, che Beethoven volle gustare in ogni particolare etimologico e linguistico gli giovò, come è proprio dell'alta lettura, a penetrare lo spirito, a far sue le parole, a riempirle della propria religiosità. E, chi sa?, quel testo lo ravvicinò talvolta al cristianesimo, forse anche al cattolicesimo, nel senso della universalità. E nel più grandi penaleri della bontà e dell'umanità potè sentirsi cristiano e cattolico. Le prime voci, che «gli levò con tanta fede al Signore e al Cristo, recano infatti un accento più determinato, sembra, di quello che avrebbe improntato un'implorazione a celesti forze innominate e fantastiche; un accento che riecheggia più volte, nel corso dell'opera. *** Infine, che si sa della finalità devota della Arissa.? Una sola lettera allo Streicher, trattandosi di una esecuzione della Corale di Zurigo, vi accenna: «Il mio scopo principale fu quello di eccitare e di rendere durevole il sentimento religioso nei cantori e negli ascoltatori ». (E, guarda ili caso, soltanto la firma è autografa, in quella lettera). « Sentimento religioso » non indica proprio questo o quel culto. In sostanza, esagerano, sembra, tanto coloro che considerano eretica questa messa, quanto coloro che la tengono per essenzialmente cattolica e inclinata al dogmi e ai misteri. Essa deriva dall'animo istesso che nel quartettistico canto di ringraziamento di un risanato e nel Busslied, nella se sta e nella nona sinfonia, e in cento pagine cantò l'uomo e Dio, con reli giosa fede, con pura morale, con co scienza virile. Afissa solemnis è dunque un titolo; il titolo di una sinfonia con cori, di un dramma oratorlale, da eseguire in concerto. Mit Andacht, com'egli ammonì nella prima pagina. Certamente. E quale opera di Beethoven non è da sentire con raccoglimento, con devozione? a. (1. c.

Luoghi citati: Bonn, Milano, Ton, Torino, Zurigo