Sullo schermo: Il testamento del dottor Mabuse, di F. Lang.

Sullo schermo: Il testamento del dottor Mabuse, di F. Lang. Sullo schermo: Il testamento del dottor Mabuse, di F. Lang. j mobili Una volta tanto daremo ragione ai cartelloni. Presentano II testamento dal dottor Mabuse come « il capolavoro di Fritz Lang ». E' esatto. Non che si tratti d'un capolavoro cinematografico, intendiamoci; ma siamo certo dinanzi al miglior film del regista dei Nibelunghi, di Metropoliti c de II maledetto. Non è poco. Avviso a chi tocca, anche perchè l'attuale edizione, sia per alcune amputazioni, sia per le voci aggiunte (diligenti, ma sempre voci aggiunte) non presenta il film in tutta la sua fredda allucinata potenza. Qualche spettatore frettoloso lo definirà, in quattro e quattr'otto: film giallo. La definizione è comoda, ma arbitraria. Vi è una tessitura da romanzo poliziesco, che viene sovente in primo piano; ma è questo il traliccio sul quale si profila o si conclude il dramma del dottor Baum, di questo alienista ossessionato dal caso del dottor Mabuse, un nobile psichiatra vittima d'uno sdoppiamento di personalità che l'ha ondotto a commettere delitti abbominevoli, e ad essere rinchiuso nel manicomio criminale diretto per l'appunto dal dottor Baum. Il Baum raccoglie e interroga i molti fogli che il demente Mabuse infaticabilmente scrive. Fra quelle frasi convulse e caotiche, crede di rintracciare, di scorgere sempre più vivido le. faville geniali che illuminarono la vita dello scienziato; e di quei fogli si fa un testamento spirituale. Man mano che la follia s'impadronisce anche di lui, sempre più vuole attuare quei precetti (la redenzione dell'umanità attraverso il dolore, la distruzione!; eccolo diventare il temuto e misterioso "apo d'una banda che non sarà eccessivo chiamare d'anarchici; fin quando nella stessa cella che ospitò il dottor Mabuse vegeterà un povero demente, che già fu il dottor Baum. L'assunto, la vicenda (dovuti a Thea von Harbou, la soggettista di Metropolis) non sono certo di quelli che s'incontrino a ogni passo; e procurerebbero uno scivolone nel ridicolo a qualsiasi regista meno scaltro e intelligente dèi Lang. Ne è invece venuto un film che raggiunge una sua atmosfera, un po' d'incubo, un po' di dramma della malavita, un po' di caso patologico; un film sempre guidato e sorretto con mano salda, e interpretato da un gruppo d'attori ottimi In ogni istante. (Jim Gerald, Thomy Bourdti'.le, Monique Rolland, Rudolf KlemRogge; l'edizione è tratta da quella francese). La sapienza delle inquadrature è tale da rasentare talvolta la civetteria; l'illuminazione trae sovente ogni possibile effetto dai bianco e nero; il montaggio è dùttile, rapido, si giova d'accostamenti immediati, d: trapassi sottili, sempre aiutato da un montaggio sonoro che sa ottimamente sfruttare gli elementi di sfondo; e un brano da citare tra virgolette è l'inseguimento notturno delle due auto- Che cosa manca, allora, a questa film, per poter percorrere trionfalmente la sua via? Sono proprio alcune delle sue doti migliori, che lo danneggiano; e unicamente perchè non sono_ riuscite a mostrarsi nella loro luce più viva. Anzitutto il soggetto, troppo folta; troppo ricco di vicende che s'intersecano, e che sono talvolta accennate da Scorci Iroppo rapidi, troppo concisi; assunto questo ritmo, questa stile, occorreva saper rinunciare, saper limitarsi. Poi. ben conoscendo tutti i pericoli e le malinconie del parlato, il Lang s'è prefisso di dare, soltanto, dei dialoghi, ie Ujattute essenziali; ma sovente il film gi rrantuma; c se non si disperde, è per U, nerbo cjie y Lana- ha saputo donarj „ InXine queu'alone sovrannaturale, d'incubo e di mistero, poteva essere ottenuto rinunciando alle sovrimpressioni, o sempre trattandole con la necessità e VintelUgenza di quelle che appaiono in un delirio di Hoffmaré: pa|gina impressionante, ottimamente nar'rata. Cosi, invece, queste sovrimpressioni appaiono per lo più posticce, artificiose : e danno la tentazione di gridare al fantasma. Opera comunque assai notevole, che esige una vigile attenzione per essere apprezzata nei suoi elementi migliori, fra oscurità apparenti e reali, fra svolte, improvvise e non necessarie, questo film è tipicamente di Fritz Lang, sia come ispirazione che come interpretazione (già nel 1922 girò un Mabuse, naturalmente muto); la sua smània di considerare casi abnormi, fra brume di sfondi più o meno sociali, non 1 ha for se ultimamente condotto a girare M, |Un film ispirato — se così si può dire [ — dalle gesta del mostro di DUssel- dorf? Probabilmente non potremo vederlo; ma pare non sia il caso d'averne rammarichi. La visione de II testamento del dottor Mabuse è vietata ai minori di anni sedici. in. g.