Fierezza di Re

Fierezza di Re Fierezza di Re La Storia imparziale — quella cho scriverà un Tito Livio forse non ancor nato — stabilirà le responsabilità del Comando francese nel mancato tempestivo rinforzo dell'esercito belga di fronte all'invasione germanica, il cui progetto era noto dà tempo. Importa qui soltanto notare che, dopo le successive eroiche resistenze ed anche in conseguenza del ripiegamento francese dalla frontiera nord, l'esercito belga fu costretto ad abbandonare il territorio nazionale. Non ne conservò che una striscia, larga appena qualche chilometro, a contatto del mare, quasi simbolo della Patria temporaneamente perduta. Là Re Alberto, comandante effettivo dell'esercito, e la Regina Elisabetta, tutta dedita alle opere eli carità, rimasero fino all'ora della vittoria liberatrice. Al quartier generale di Houthem il Re dirigeva le operazioni; sulla spiaggia di La-Panne, dolce e sorridente nella sua malinconia, sempre in compagnia della Regina, spesso coi suoi bambini, ]jasseggiava « sopportando — scrive il Poincaré — con un'eroica forza d'animo il prolungarsi indefinito della prova tragica volontariamente accettata per patriottismo e per lealtà ». Patriottismo, lealtà, fierezza, che rifulsero in ogni circostanza, anche a guerra finita. Caratteristico di queste doti del Re defunto è Tepisodio seguente, che è opportuno ricordare, anche per l'analogia con un altro episodio da noi non dimenticato. L'11 novembre 1926 il Matin pubblica un'intervista di Stéphane Lauzanne col maresciallo Foch, nella quale quest'ultimo racconta parecchie cose e, tra l'altro, delle relazioni coi comandanti alleati e del funzionamento del famoso comando unico. Il 24 luglio 1918 — dice il maresciallo — che è il giorno in cui furono prese le più grandi decisioni della guerra, convocai a Borabon Pershing, Pétain, Haig ed il rappresentante del comando belga, per esporre loro la necessità dell'offensiva generale. Tutti affacciarono difficoltà ed obbiezioni, che io eliminai. Ai belgi promisi di dare, insieme, truppe inglesi e truppe francesi, che sarebbero state poste agli ordini di Re Alberto; e siccome mi si obbiettava che il Re non aveva il brevetto d'ufficiale di stato maggiore, risposi: Gli invisrò un capo di stato maggiore francese brevettato, il generale Degoutte. Così ciascuno, preso mediante l'orgoglio o la logica o la persuasione o messo semplicemente in presenza delle responsabilità, finì per accedere dì buon grado alle mie idee. Più oltre il Foch ricorda le giornate del novembre 1914 sull'Yser quando, non avendo in tasca la nomina di comandante degli alleati ma essendo semplice generale, ottenne che tutti resistessero sul posto anziché ripiegare. Per quanto riguarda il Belgio, l'intervista dice testualmente : Dal canto suo, il Re dei belgi, nei conciliaboli che avevo con lui, mi diceva : — In base alla Costituzione io so- . '»o responsabile dinanzi al mio pa\Polo di ciò che resta del mio eserci\tol non posso sacrificarlo. Ed a ciò rispondevo: — Sire, pensate precisamente alla vostra responsabilità e siate certo che voi sacrificherete il vostro cser- lcito se ripiegate. j Ad entrambi (cioè ad Haig ed " : Re Alberto), lasciai due note redatte j;H fretta sa un angolo di tavolo e [concepite in termini pressoché iden: /jc» : : Si resterà sul posto... si \.iife„deranno le lince occupate...». \Non erano ordini; erano consigli. Li [persuasi così bene ch'essi diedero gli ordini in conseguenza. Il 15 novembre (del 1926, s'inten-> de), i giornali di Bruxelles pubblicavano quanto segue: « Il Re Alberto I ha indirizzato al maresciallo Foch questa lettera: Bruxelles, 13 novembre 1926. Signor Maresciallo, Ilo letto con sorpresa la relazione, che pubblica nel Matin Stéphane Lauzunne, d'una conversazione che voi avreste avuta con lui. Risulterebbe dall'opinione, che vi è attribuita da questo articolo, che nel mese di novembre 1914 avrei avuto la, intenzione d'ordinare il ripiegamento dell'esercito se voi non foste opportunamente intervenuto. ■ Non posso, per l'onore di esso esercito, lasciar spargere una simile interpretazione degli avvenimenti. Mi permetto di ricordarvi che il 16 ottobre, quando ebbi l'onore del'.a vostra prima visita, l'esercito belga conosceva già da tre giorni il mio proclama, ai termini del quale « doveva essere considerato come traditore della Patria chiunque pronunciasse la parola ritirata » ed aveva ricevuto il :;iorno pi ima l'ordine di .-. tenere ad ogni costo la linea del- l'Yscr::. Le sanzioni più rigorose erano state annunciate contro quei capi milU'tri, ike avessero dato ordine di ripiegare, qualunque fossero le cir•••.»•-'*. ed infatti per tutta la, dv■< dilla bai taglia nessun ordirle di tirata è stuto dato. ;\ e r o ! ■/ -1 a! -• dire n vero, nella giornata del e 26 ottobre le circostanze molto cri-\liche, nelle quali si dibattevano le .jrKypc, avevano condotto il capo di .sfttfo riaqqior0 a considerare il riò >'«0«;ncntb sunna posizione via ar vetrata, ma voi non ignorate cae que sto progetto non ha ricevuto la mia «/)"rovazio)ie e che io mi sono seni r>re opposto alla sua presa in consir

Persone citate: Alberto, Alberto I, Elisabetta, Haig, Poincaré, Sire, Tito Livio

Luoghi citati: Belgio, Bruxelles