Storia di Torino "città romana,,

Storia di Torino "città romana,, Storia di Torino "città romana,, Tutti sanno che le pubblicazioni lusu Torino non si contano. L'urbe Igquadrata che Tacito non esitò a de-j finire «quasi un'immagine di Ro-IFinai, ha esercitato sempre una po-ìctente attrazione su storici, archeo- j alogi e studiosi in genere. Nei tempi timoderni, la parte tanto eminente e sdecisiva presa dal Piemonte al Ri- 'Fsorgrmento spiega a sufficienza l'ini' teressamento ancor più vivacemente suscitato dall'antica capitale sabauda. Ma un libro che con sintetica chiarezza e con rispetto scrupoloso della documentazione storica narrasse, in maniera colta e ad un tempo a tutti accessibile, le vicende multisecolari di quella che fu una Colonia d'Augusto — e Colonia Julia Anglista Taurinorum per ciò detta —, un tal libro mancava. Oggi c'è — con severa preparazione meditato, costrutto con amorosa e dotta cura, di vigoroso e vivace stile letterario. L'autore è Francesco Cognasso, professore di storia e direttore dell'Istituto Superiore di Magistero del Piemonte, ben noto agli specialisti per ampi, succosi e originali scritti eruditi. In circa trecento pagine dai più remoti tempi ai giorni nostri, nessun fatto saliente trascurato, con relativa e comunque sempre proporzionata larghezza descritti i maggiori avvenimenti e fin anco i più significanti episodi, narra il Cognasso (in una bella edizione del Lattes) la storia di Torino, che è così spesso storia di cruente battaglie, di magnanimi sacrifici, di civili e guerriere virtù. La prefazione di De Vecchi Nella prefazione — che è dovuta ad uno fra i più nobili intelletti della terra piemontese, il Quadrumviro della Rivoluzione.. De Vecchi di Val Cismon — è detto appunto: « Dalla Colonia di Augusto e, prima, dalla resistenza armata ad Annibale, e dal sacrificio, tutto italiano, di un manipolo di Taurini incuneato in quattro capanne fra il Po e la Dora, incomincia in questo libro la narrazione della gloriosa storia di ventun secoli di Torino fedele. Incomincia con uno dei mille « mille sacrifici dei Torinesi nella loro essenziale funzione di baluardo armato della civiltà italiana, della civiltà di Roma. Vi si legge una storia di onore e di nobiltà, che quasi sempre si accompagna, negli ultimi nove secoli, alla storia millenaria della Casa di Savoia.; fatta non soltanto signora, ma ben anche, attraverso uno Stato da Lei creato con linee inconfondibili, madre di questa terra. Vi si legge una storia guerriera. Si tirino le somme da tutta la narrazione, facile lavoro tanto è chiaro il libro, di quante generazioni vanno esenti dalia, guerra; e la storia dirà: nessuna! ». Non per nulla, il Quadrumviro consiglia la lettura del libro a tutti gli italiani, come un'opera che traendo alla luce i magnanimi esempi del passato indica ad ognuno le vie dell'avvenire. Scrive il conte De Vecchi: _ < La Storia di Torino è una pagina del ricchissimo volume della storia d'Italia, leggendo la quale non •possono non uscire forgiati dei caratteri, come da un màglio che lavori sull'incudine la materia incandescente, n nome dell'autore ricorda quello dell'origine della viù bella magnetite del mondo, che esce dalle •nostre montagne le quali furono sempre amare per chi volle violarle. La narrazione, piana e trasparente, ■interessa molto p-iù di un romanzo e pia di quello avvince chi rinverdisce tanta tradizione, attravei-so i fatti più vagliati all'indagine e alla critica, facendolo orgoglioso di appartenere ad una simile progenie di forti, taciturni ed ordinati cittadini e guerrieri. Si leggono pochi nomi: è la storia di tutto un popolo. Si legge U nome di Savoia, sempre in un nimbo di gloria: è il nome più' di uno Stato che di una schiatta. Ricorrono continuamente nomi di guerre e di battaglie: molte volte perdute, sempre vinte alla fine quando occorreva conservare al popolo la sua indipendenza, nella quale consistevano tutte le sue civili libertà, e quando occorreva conservargli i suoi Principi, che tenne sempre, come tiene, cari al di sopra degli averi ed al di sopra della mòrte ». Infine, con garbata arguzia e con superiore spirito critico avverte: « Dalla lettura attenta nasce anche, e chiara, la visione di molli dei ■nostri- immancabili difetti di Piemontesi, di Torinesi. Non è male, perchè ce li dobbiamo togliere di dosso come si toglie la polvere alle buone cose della casa. Del resto l'ottimo Cognasso è così lieve di mano in questo gioco di ombre che, olire che un brillante storino, appare ottimo politico e fornito di arte diplomatica quale non sempre impiegano taluni diplomatici usi alla franchezza guerriera ». La conclusione della pagina de- vecebiana, mentre costituisce un pcQtVtmpduppgMcusacI gslrsgpmcstncifvbpi2anflggsfincddpmpsiimautorevolissimo encomio alla probafatica del prof. Cognasso,. celebra con superba efficacia la missione sto-rica di Tonno: Torino : « Questo libro dà, con la non mai volubile e sempre solenne c mater- na voce della storia, la pro-va del formidabile apporto di questa terra, di questa città, alla vita d'Italia e. più ancora, a quella più vasta — passata e futura — della grande della divina madre Roma ■>. «Il mìo Quartier generale è sui bastioni » La romana virtù dell'appassionato e operante amor di Patria, l'insofferenza delle dominazioni straniere, l'orgoglio dell'autonomia politica ed il senso dello Stato si mantennero nei secoli caratteristiche emergenti del popolo torinese, ed a ragione la piccola città dei Savoia meritò il nome, oltre trecent'anni nome, addietro, di Cittadella d'Italia Centinaia di episodi sarebbe facile, e piacerebbe, spigolare nell'ab- j bondevolissima messe offerta dal1 prof. Cognasso. Ci limiteremo ad uno che ancor oggi riempie di orgoglio i cuori italiani, Millesettecentosei. Il generale La Feuillade, con 44 mila uomini, 110 cannoni e 60 mortai si appresta ad assediare la città. Una audace sortita del Duca Vittorio Amedeo verso Lucente non approda a nulla. La Feuillade bombarderà Torino, ma e ' e i e a a n i è o e o n e a - cesj je città n prima, con cavalleresca superbia, fa chiedere al Principe dove sia il suo Quartier Generale per evitare di attaccarlo. .< Tirate pure — risponde Vittorio Amedeo —: il mio Quartier Generale è sui bastioni ». La morsa di ferro e di fuoco si fa sempre più stretta, ogni giorno assedia n ti e assediati perdono diecine di uomini, ogni giorno scemano i depositi piemontesi di munizioni e la popolazione civile, che ha dato tutti gli uomini validi all'Esercito e alla Milizia Urbana, già si appresta a combattere con disperato coraggio un estremo corpo a corpo con gli assalitori. Il Duca, affidata la capitale al Caraglio e al Daun, uscito dalla città alla testa della Cavalleria pro getta di assaltare alle spalle gli assediane, ma, avvertito, il La Feuillade con fresche forze e preponderanti gli si volge contro, ad altri lasciando di dirigere l'assedio. Epica guerriglia tra ì nostri e i francesi per le contrade e i borghi del Piemonte, finché il La Feuillade, stanco dell'inutile inseguimento, è costretto a ritornare donde era partito. E il Duca, in vedetta, a Bibiana, a. Carmagnola, alle porte della città sempre più minacciata... La indomabile resistenza esaspera i francesi. Essi distruggono, ardono ville, castelli, cascine collinari, bombardano Torino, nulla trascurando perchè il popolo si ribelli e obblighi il Governo alla resa. Ma la notte dal 26 al 27 agosto, dopo un furibondo attacco ai bastioni, le fanterie straniere sono messe in fuga dall'eroico furore dei torinesi. Violentissima lotta dopo la quale i nemici propongono un breve armistizio per raccogliere i morti e i feriti. Torino respinge la proposta. Nuovi attacchi francesi. 29 agosto: Pietro Micca impedisce l'invasione di un reparto nemico facendo scoppiare la mina che seppellisce i francesi e lui medesimo. 31 agosto e 4 settembre: due attacchi francesi, due vittorie piemontesi. Ma la resistenza è ormai allo stremo: i viveri scarseggiano sempre più, mancano le munizioni. Sta per suonare la grande ora. A marce forzate e sfuggendo alle imboscate tese dal duca d'Orléans, il grande Eugenio raggiunge a Carmagnola (29 agosto) il cugino Vittorio Amedeo. I due eserciti si uniscono, ma anche le forze dell'Orléans si uniscono ora con quelle del La Feuillade. pmsllugiptverznrmpIpamRsafuDFFrprIl colle della gloria sabauda Il 1° settembre Vittorio Amedeo ed Eugenio passano in rivista le truppe a Villastellone, il 2 settembre salgono sul Colle di Superga. « Qui — promettono — sorgerà un tempio alla Vergine protettrice delle armi sabaude ». Gli Augusti innalzano il voto mentre sotto i loro ocelli si distende la massa delle forze nemiche. Il 6 settembre l'esercito sabaudo si schiera di fronte alle linee francesi, fra la Dora e la Stura, dalla Venaria a Collegno, intanto che il bravo Daun organizza una sortita in grande stile per sorprendere il nemico alle spalle. La battaglia comincia verso le 10 del 7 settembre. Dice il Cognasso che fu « violenta e rapida. Il Duca aggirò la destra del nemico, il Principe Eugenio sfondò il centro. La sinistra francese, energicamente so: stenuta dai cannoni del castello di Lucente resistette; fu rotta a sua volta dall'entrata in campo del presidio di Torino. Alle tre pomeridiane i francesi in rotta fuggivano verso la Val di Susa e Pinerolo. I due Principi entravano trionfalmente in città e si recavano in Duomo a ringraziare il Signore ». Nella battaglia durata meno di cinque ore, dalla parte dei Savoia 900 uomini morirono, 2000 caddero feriti: dalla parte francese 2000 fu rono i morti e 500 i feriti. Il prode maresciallo francese Marsin, ferito, fu fatto prigione e il giorno dopo spirò. Duecento pezzi di artiglieria, bandiere, armi, cavalli, salmerie furono il bottino dei vincitori. L'assedio era durato 117 giorni e la sera della vittoria i magazzini di polveri erano letteralmente vuoti. Il popolo di Torino — che diede generali come il Daun, martiri come Pietro Micca e sacerdoti come il Beato Sebastiano Valfrè — fu degno del suo Duca. E questo è il più alto elogio che possa essere fatto e del Principe e dei sudditi. , _ Lasciamo la parola al Cognasso: « La battaglia del 7 settembre 1 < 06 decise le sorti dell'Italia intiera. Scomparsi i due eserciti francesi che tenevano la penisola sotto il predominio di Luigi XIV, il principe Eu- .. . • :r,;,;arr,nniremo e Vittorio Amedeo iniziarono'delle operazioni per togliere ai Iran-e fortezze che ancoraqua e là occupavano. Ed il Re Sole,fu costretto il 13 marzo seguente aa ! jgma^una convenzione che l'impc--,gnava a sgombrare tutta »Sl periore. La guerra era quasi.decisa. i t Giustamente°a Torino si coniò in ri-- iCOrdo della battaglia una medaglial , . — i raffigurante la caduta di Fetonte con la scritta: Mergitur Eridano : ifLndo sonno ctail mondo sanno cne j sta"g"uàrda al domani 1 Gli Italiani e gli anni non hanno offuscata ma rin verdita di nuovi lauri l'antica tradizione di gloria. Il 23 ottobre dell'anno X il Duce ha consegnato alla storia questo magnanimo giudizio: « Torino è una citta roma: a non aia e non soltanto perche fu ricostruita da Giulio Cesare, ma e romana per la sua tenacia, e romaiia per il valore che ha dimostrato durante i secoli in assedii e battaglie memorabili, è romana perche ha dato la fiamma e il sangue al Risorgimento della Patria,-,. . Con romana volontà Torino fasci-C. A. A VENATI