La Repubblica tra due nemici

La Repubblica tra due nemici L'ORA GRAVE DELLA SPAGNA La Repubblica tra due nemici MADRID, gennaio. Benché le pitonesse parigine abmano generosamente regalato alla Spagna un 1934 reazionario, siffatti presagi non bastano, naturalmente, a tranquillizzare l'animo di chi osserva le vicende di questo paese — dove nulla è costante, se non l'inquietudine. Abbiamo, sì, di già una reazione di destra; ha i suoi inconvenienti e i suoi pericoli; alcuni insiti nel fenomeno stesso (e ■ che la parola « reazione » basta a suggerire); altri che stanno invece nei fenomeni opposti che esso suscita fin da ora. Insomma, il pendolo della politica spagnola obbedisce a Impulsi così bruschi, che già si teme un nuovo 14 aprile. Il quale sarebbe stavolta assai più grave del primo. Nel '31, le possibilità svariate consentite dalla Repubblica erano ancora vergini d'esperienza, e la stessa incertezza del saggio garantiva da una parte e dall'altra una certa bonarietà tollerante. Le forze che oggi gì disputano il trionfo mirano a scopi ben più precisi. Non riavremo, se le sinistre riprenderanno un giorno o l'altro il sopravvento,- la pacifica repubblica vescovile di Al cala Zamora, e nemmeno la semi' dittatura, traccheggiante fra eccessi verbali più che sostanzialmente ri' formatrice, di Azaria e dei suoi amici. Assisteremmo più probabilmente a una dittatura autentica di carattere rivoluzionario, che sopprima rebbe d'un colpo tanto le guarentigie parlamentari del regime quanto ciò che vi resta dell'economia borghese. Il signor Prieto ha contratto in pieno Parlamento, a nome delle organizzazioni socialiste, l'impegno di scatenare la rivoluzione sociale: nessuno dubita che questo partito, il quale è in Ispagna una forza reale, runica forza politica seriamente or ganizzata, prepari un attacco a fon do al potere e al regime repubblicano. * * Giova a questo punto far due passi indietro, e ricordare alla me' glio come si è venuti alla situazione attuale. La confusione che regna nella mente d'una gran parte del pubblico a proposito della rotta seguita dalla Spagna negli ultimi tre anni è quella del regime spagnolo stesso, il quale è sorto senza una dottrina politica ed economica definita. Tutti sanno che l'avvento della Repubbli' ca coronò l'azione rivoluzionaria di una massa i cui dirigenti erana prevalentemente repubblicani ma che era, essa, prevalentemente socialista. Fin dalla seduta inaugurale della Costituente, il capo del governo provvisorio, Alcalà Zamora, cattolico e conservatore, dichiarava che la Repubblica avrebbe dovuto effettuare « la prima e l'ultima rivoluzione sociale ». Ma questa rivoluzione cozzò contro l'opposizione di interessi potenti e altresì contro la ripulsa d'un vasto settore d'opinione, e fu abbandonata dagli stessi partiti repubblicani dalle stesse sinistre alleate del socialismo, le quali s'accorsero dell'impossibilità d'inserire il marxismo nella Repubblica senza provocare un tale sfacelo economico da esser costretti a un determinato momento a scegliere per davvero fra capitalismo e comunismo. Mentre dunque la destra sopra tutto rurale reagiva contro il socialismo, i repubblicani che ne erano alleati se ne staccavano. E per la prima volta dopo il '31 la Repubblica incominciava a definirsi. Nel momento stesso, cioè, in cui era minacciata da una forte corrente monarcheggiante, essa ricacciava all'opposizione quei socialisti che ne erano stati il più valido puntello. E gli è che antirepubblicani e repubblicani confessavano la comune avversione al rivoluzionarìsmo ad oltranza. In questo senso le elezioni del novembre-dicembre 1933 meritano di essere chiamate tipica mente antirivoluzionarie. Giova in fatti ricordare ebe il socialismo spagnolo è qualche cosa dì più e di meno che il socialismo classico; è qui, essenzialmente, giacobinismo. Oltre a situarsi alquanto più a sinistra del socialismo d'un Leone Bluin (per un insieme di ragioni storiche e psico logiche locali su cui è lecito sorvo lare, tanto sono evidenti), il sociali smo spagnolo è, strano a dirsi, meno impregnato di essenze economiche e più carico invece di succo politico (un succo abbastanza acido) di quel lo d'altri paesi. Se ne darà l'idea dicendo che accoppia un autentico spi rito classista con un sedimento di reazioni passionali quali le si poteva no osservare 50 anni fa nei vecchi radicali francesi. Non ha, insomma superato lo stadio del puro politicismo. Se altrove i socialisti si sentono più o meno indifferenti al problema religioso in quanto tale (e ciò avviene, ner non andar lontano, nella stessa Catalogna), nella vecchia Spagna ancora tormentata dalle grandi questioni di forma e di principio, attuali nel 1934 come un secolo fa, sono essi che dirigono la persecuzione anti cattolica. Abbiamo visto delle mobi litazìoni socialiste per protestare contro l'uscita d'una processione o del santo Viatico, cosa che in ogni altro paese sarebbe considerata un anacronismo assurdo. Altrove, i « proletari » si preoccupano sopra tutto di salari. Qua, la loro ossessiona è ancora il prete, di cui temono l'influenza sulle donne, e fra l'occupazione d'una fabbrica e l'accensione d'un rogo sacrilego intorno a un confessionale non esitano un istante; la Chiesa merita le loro preferenze non solo perchè le sue rappresaglie sono materialmente meno temibili, ma anche cerche scaricano su di essa un pesante residuo di odi accumulati da molte enerazioni, e sui quali force Freud avrebbe da dir la sua. Nella pratica, e salvo l'abbozzo dì grandi riforme di tipo collettivista che avevano anch'esse un carattere piuttosto astratto e intellettualistico, si sono occupati relativamente- ptsdreuvncscIpicdsscbm e- poco degli aspetti economici concreti della vita operaia. Custodi dello spirito rivoluzionario della Spagna di sempre, dicono di essere essi i veri e i soli repubblicani in Ispagna, e intanto non sanno più che farsi di un regime che « non rovescia tutti i valori », come essi ambivano. Lasciamo andare certe aspirazioni, di cui difficilmente chi le enuncia comprende o lascia comprendere il significato preciso, e vediamo quale è, oggi come oggi, la realtà delle cose. E' assai crudele per i repubblicani. Essa dice' semplicemente che in Ispagna esistono due grandi forze politiche e sociali, che si contendono il sopravvento: l'una è conservatrice, attaccatissima alla tradizione, diffidente verso le novità di qualsia si genere, profondamente religiosa (diciamo « religiosa » più che cattolica: chi ha assistito a un rito come una processione a Siviglia sa che co sa vogliamo dire), convinta che in questo mondo ci debbono essere dei signori che amministrino e comandi no e che non si può evitare che vi siano dei poveracci; è una Spagna che guarda manzonianamente alle cose, umane con una sorta d'ironia bonaria e con una sommissione relativa, sì, ma efficace, e consiglia di non urtare il potere di questa terra e di raccomandarsi intanto a quell'altro; l'altra è la Spagna della rivolta e dell'estremismo in qualunque campo, dell'estremismo, diremmo, perchè tale, carica di odi sociali che si riflettono nelle parole calcolate e dure di Largo Caballero, che va lieta alla distruzione dell'ordine esistente, considerando ogni altro scrupolo come vile e femmineo. Non si esce di lì: vedete le gioventù repubblicane unirsi entusiasticamente a Largo Caballero piuttosto che a un liberale come Lerroux, e la gente d'ordine mandare alle Cortes una maggioranza di monarchici piuttosto che fidarsi, essa pure, di Lerroux. Così si è dato il paradosso che un uomo, il quale è sconfessato dalla destra e dalla sinistra, abbia preso il potere per simboleggiare appunto la soluzione di ripiego che gli uni e gli altri intimamente ripudiano. Ma in «alta, manca una zona di resistenza, un cuscinetto ammortizzatore fra le due forze contrarie che si dilaniano la Spagna; lo stesso Azaria, per voler rimanere nell'ambito parlamentare e legalista, è abbandonato dai giovani che lo seguivano, quali ingrossano le file dell'estrema sinistra. E mentre alle Cortes il blocco delle destre detta le sue volontà, nella strada un altro, blocco si forma : è l'alleanza, che si sta negoziando in questi giorni, fra i socialisti, ormai fuori della Repubblica, i comunisti e gli anarchici. I poveri repubblicani di sinistra rischiano di essere schiacciati fra due rulli compressori. Non hanno un partito organizzato, sono divisi in numerose frazioni politiche, nelle quali militano pochi intellettuali; alla loro destra preme la reazione rurale e cattolica, alla sinistra quella cittadina e operaia dei socialisti. Meno che mai la Repubblica può dirsi solida. Essa appare oggi come uno di quegli individui il cui organismo è profondamente minato e di cui i medici dicono che può morire da un momento all'altro, ma che può anche, coltivandosi la sua malattia, campare un bel pezzo. E' alla mercè d'un'avventura che può capitare anche domani. Nutre nel suo seno due forze politiche importanti entrambe le quali si trovano, ci si perdoni il paradosso, al di fuori di essa. L'estrema sinistra cerca ora d'unirsi in un blocco che può contare su tre milioni di uomini decisi, quelli inquadrati nella Confederazione nazionale del Lavoro, di tendenza anarchica, e nell'Unione generale dei Lavoratori, di carattere socialista. Vi riuscirà? Segnaliamo come un indizio interessante della gravità di ciò che si tenta, la ribellione d'uno dei più potenti gruppi dell'Unione dei Lavoratori, il sindacato dei ferrovieri, il quale biasima apertamente, in un manifesto pubblicato or ora, il fronte unico e la minacciata rivoluzione bolscevica. Una scissione fra i socialisti è alle viste: unico elemento confortante di una situazione alquanto oscura. Fino al settembre 1933 furono, ben più che la polizia, le masse disciplinate dell'Unione dei Lavoratori quelle che stroncarono, col peso della loro forza, i cinque tentativi rivoluzionari di destra e di sinistra che minacciarono il regime nel breve spazio di due anni. Ma già in occasione dell'ultimo di questi tentativi, quello del dicembre scorso, le cose sono cambiate; in una nota ambigua, lo stalo maggiore dell'Unione dei Lavoratori affermava semplicemente che sarebbe scesa in campo al momento opportuno. Non più condanne, non più deplorazioni — neppure per il selvaggio attentato criminalp contro il treno da Siviglia a Barcellona, che costò la vita a trenta viaggiatori — non un'espressione, sia pure convenzionale, di fiducia nella vittoria del regime costituito, che più non l'interessa. E' lecito temere che, facendo l'ultimo passo che ancora le manca, l'Unione dei Lavoratori si metta una prossima volta, ufficialmente o no, dal lato dei ribelli. Non si allude, con ciò, a vaghe e arbitrarie ipotesi : cinque insurrezioni in due anni hanno dimostrato che il pericolo è immanente, che le forze dell'ordine non sono capaci a prevenirlo. Che accadrà se quello che fu fino a ieri il più solido bastione della Repubblica passerà al campo degli attaccanti? Alle profezie delle pitonesse parigine s'intreccia sinistramente quella di Lenin, il quale pretese, come tutti ricordano, che la Spagna sarebbe stato il primo paese d'Europa che avrebbe seguito l'esempio russo ccddgevRICCARDO FORTE

Persone citate: Cortes, Freud, Lenin, Leone Bluin, Prieto, Zamora