I nostri carri armati dal Mareb al Tacazzè di Giovanni Artieri

I nostri carri armati dal Mareb al Tacazzè I nostri carri armati dal Mareb al Tacazzè (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) AXUM, novembre. Sono già tre giorni che vivo con i carristi, in Un recinto all'entrata di Axum. Ogni mattina dalla soglia della tenda assisto al risveglio dei quindici mostri di acciaio, ancora patinati dall'umidità Jiof-!turna. Allineati protesi i musi cur vi e i corni delle mitragliatrici cominciano a scuotersi, a sgranchire i cingoli, a lanciar scoppi e sbuffi, uno si rivoltola ancora impigrito dal sonno, un altro esce dall'allineamento e fa quattro passi per la spianata, rigando la polvere con la doppia impronta nastriforme, girando violentemente sul suo asse, impennandosi contro un macchio. Scoscende in un fosso, risale dall'altra parte, lancia un rauco suono di tromba elettri- ca, accende e sperine i due occhi a globo de' fari, come quegli ani-\mali nittalopi che non sopportano\la luce del sole. _ . UOVe non CI SOnO Strade Lo squadrone « Esploratori Aito Nilo» è questo: le quindici veloci tartarughe di ferro vennero chiamate ognuna con un nome italiano di viaggiatore, mercante, scienziato, guerriero che segnò una traccia del nostro coraggio verso le sorgenti del Nilo Azzurro. Leggo nomi che solo adesso gli italiani cominciano a conoscere e farebbero bene a conoscere meglio: Alitinoli perugino; G. B. Messedaglia veneziano, Romolo Gessi ravennate, Piaggia lucchese, Mattateci ravennate, Massari napoletano, Miani rodigino. Tutti questi uomini di avventura andarono verso le sorgenti del Nilo e adesso, per un singolare destino, la marcia delle macchine coincide con i loro itinerari. L'abissino non conosce la ruota come veicolo. Questo spiega la totale mancanza di strade in tutto l'Impero. Egli trasporta a salma, sul dosso del mulo, dell'asino, del cammello. Le unghie degli animali a stento tracciano piste larghe cinquanta centimetri che le grandi pioggie cancellano o sprofondano. Chi ha percorso la cosidetta grande via imperiale o strada dei ras dal Mareb a Macallè sa quale aspetto queste tracce pietrose che serpeggiano per monti e conche, presentino. Massi, ciottolati, detriti alluvionali invadono quella striscia rossastra e scrostata che riga i fianchi delle montagne e le pianure coltivate. Il sasso non è d'impaccio al passo delle carovane ma utile al contadino. Costituisce ciò che nelle nostre campagne vien detto « pacciamatura »: coronamento di pietre attorno alle piante che conserva l'umidità e alimenta le radici. Quante volte io ho visto soldati nostri soffermarsi stupiti ad osservare i ciuffi di dura, di taf}, di lino, di orzo spuntare rigogliosi tra le pietre. L'aspetto sassoso di certa campagna abissina è un segno di previdenza e non di incuria a gricola. I capi abissini supponendo che il carro armato non potesse procedere che su piste levigate o solo minutamente acciottolate contavano sulla particolare configurazione del terreno per alimentare la certezza che i paurosi strumenti non potessero mai comparire neiìloro territori. «Si perderanno do- po il Mareb », dicevano. L'ignoran-\za assoluta delle possibilità enor-\mi di un carro armato, avrebbe po-. tro suggerire a chiunque una si- mile affermazione. La verità è.che questo micidiale strumento di guerra si è rivelato nuovo al costruttori e ai piloti stessi. Diciotto capitomboli Vedo, stamattina, il « Casati », caro sicuro scatolone di acciaio che mi ha portato di notte sulla'fronte del Tacazzè, far prova di'cingoli. « Ha messo le scarpe mio--ve», fa un meccanico. Il carro'percorre una decina di metri e «il ferina di botto, poi ripiega e s'av-\ via ad un vallonccllo di pendenza superiore al sessanta per cento. Qui i cingoli vengono liberati dal\ , blocco del motore: si vede spaven- tosamento rotolare il carro come un gomitolo di lana, prima lento poi rapido: le giravolte fanno apparire e sparire la torretta e le due mitragliatrici puntano dritte a|/C dita contro noialtri che faccia- i a e e e n o i mo da pubblico. Il carro è voltolato diciatto volte su se stesso ed eccolo adesso appiè dello scosccnj dimenio coperto di polvere. Il pilota che ne esce issandosi a braccia dal boccaporto, oltre adì una maschera di polvere spessa' qualche millimetro, rigata da gocce di sudore, non presenta altre tracce'della gagliarda fatica. Chiede una sigaretta, l'accende, guarda il « Casati » adesso riposante sulla spessa coltre di terra rossa, un poco di traverso, stravaccato. Ha fatto un grosso sforzo. Dice il pilota: « Meglio adesso ». Il comandante dello squadrone raccoglie quella bruna occhiata di intesa, sorride. La storia e questa: Il quattro ottobre, venerdì, il X squadrono « Esploratori Alto Nilo » muove da Enda Mai Baria con la colon-\ na di sinistra del II Corpo d'Ar-\ mata. L'ordine di operazione dice che i carri per Mai Ceu debbono ' raggiungere la testa delle colon-, ne malgrado qualunque difficoltà !v'è un iole d'inferno che batte a martello sui macigni e le grame euforbie dei passi. I motori gridano tormentati, gli uomini pietrificati nelle torrette giocano la vita ad ogni giro di cingolo. Il terreno è terribile, spuntoni, slavine, massi che occorre addentare rischiando di rotolare nei borri fiancheg gianti implacabilmente la rotta. Non è più strisciare sulla solida terra ma navigare a mezz'aria tra colpi di potenti invisibili marosi. Spesso il carro arranca con un cingolo sul ciglio del monte e l'atro sospeso nel vuoto. Qual\c,le motore rifiuta di battere. Bai\za a term il meccanico, schioda * rivestimenti, tuffa le mani tra t congegni ardenti. Qualcuno sof- /oc« km grido di dolore. Le mas «e metalliche tentano una ribel- ìosservazione degli aeroplani il co mandante adesso guarda il fondo \dcl burrone. Sente lentamente sci \volare le piastre della corazzatu. ra contro la pietra. Sono millime tri, ma la sensibilità acutizzata-dei .due feriti ne avverte la terribile liane. Un caporale, Carlo Caccia, triestino, riceve sulla testa la spinta di un cingolo. Il sangue gli lava la faccia. Vien medicato, ma rifiuta l'ospedale. S'incappuccia egualmente le bende bianche col casco di cuoio e torna nel carro. Attimi emozionanti Una notizia passa lungo la fila arrancante: « Il Comandonte è rotolato». S'è visto il «..ìessedaglia » smottare sul ciglio del burrone, crollare per il pendio in una nuvola rossastra. Ha fatto tre giri sul fianco, nel primo ha abbattuto un sottotenente del Genio fracassandogli una spalla. S'è fermato ad uno spuntone di roccia, sottosopra come uno scarabeo. In alto centinaia di soldati già lanciano stragli per agganciarlo. Dall'interno non si ha nessun segno di vita. Pare di vivere l'affondamento di un sottomarino. Alcuni piloti si offrono: scendeianno per il precipizio sino al carro rovesciato per tentarne il rimorchio in alto. Progetto scartato: ai rischierebbero altre vite e un altro carro col pericolo che il peso dell'uno affretti il crollo dell'altro. Perchè il « Messedaglia » scivola lentamente sul liscio dente di basalto che ancora lo sostiene. Si teìne di udire d'un tratto il fulmineo stacco e il tonfo. «Il comandante e il tenente saranno già morti: suppongono angosciati i carristi ». Una corda è già stata agganciata, altre due dopo tentativi infiniti lo saranno tra breve. Un fante rischia tutto e arriva sino alla torretta quasi sospeso nelle ganasce del burrone. Batte sulla corazza, cerca le viti che la saldano dall'esterno ma esse non funzionano. Durante le azioni di guerra i carristi si chiudono dall'interno. Cosa è avvenuto nella breve cassa di acciaio? Il serbatoio della benzina, sfondato dall'urto, ha invaso la cabina. Le esalazioni abbattono in un lungo svenimento il comandante e il tenente mitragliere. Riprendono la coscienza litro vandosi capovolti. Dopo qualche sforzo sono a testa in sic. Nessuna ferita grave. Dallo spiraglio posto sulla testa del pilota per la lunghezza. Non si muovono per non urtare il superstite equilibrio del loro terribile bilico. Dal nottolino antiaereo i due ufficiali misurano la profondità del burrone e si preparano al salto. Si pongono i cuscini a molla sulla testa, 'cercano di prevedere la caduta di 'sessanta metri. Di fuori però (cs-si non lo sanno) le corde di acciaio 'hanno sicuramente agganciato il l carro. Uno strappo violento e la \ pericolante cassaforte con le due \ preziose vite è salva. Giovanni Artieri ['Ii .g'i i ; > I | ! I |

Persone citate: Carlo Caccia, Massi, Miani, Piaggia, Romolo Gessi