" Molti nemici, molto onore ,,

" Molti nemici, molto onore ,, " Molti nemici, molto onore ,, E' la vigilia della battaglia di Liegnitz, e Re Federico annusa tabacco, deliziosamente, da una delle cento finestre di Sans Souci. Si gode il chiaro cielo, ripensando l'ultima parlila a scacchi, o Tuli imo epigramma del signor di Voltaire. E come il caprifoglio, per tre lati, dà l'assalto al davanzale senza raggiungerlo, sorride paragonando il triplice attacco vegetale a quello che Russi, Sassoni e Austriaci tentano invano, da tanti anni, contro il concupito Regno di Prussia. Invano il signor di Hochwildt, ornato e acciglialo consigliere, tenta di ammonirlo che l'ora è grave. Federico risponde che ogni buona guerra va considerata come allegra — venturoso aggettivo che un tardo nipote ripeterà senza fortuna — e che i nemici, come i malanni, non si debbono contare, ma affrontare soltanto. «Molti nemici, mollo onore!». Molti anni innanzi un grande italiano, Carlo Emanuele I di Savoja, aveva fatto, quasi con le stesse parole, la stessa affermazione impavida del prussiano senza paura. Ma la posizione di Carlo Emanuele era stata, a più riprese, anche più calamitosa e gloriosa di quella di Federico. Mezza Europa guatava, con l'avidità d'uno stormo di poiane che senta crescere e fervere la cantante vita d'un nido, il piccolo Piemonte che andava maturando plenarmentc, stupendamente le sue messi, le sue leggi, la sua anima, il suo vigore. Austria e Francia e Spagna ammiravano, insieme, ed invidiavano. L'elogio del Piemonte veniva pronunziato da un politico spagnuolo insieme a una dichiarazione di guerra — così come nell'anno 1935, insieme a una minaccia di sanzioni, sarà pronunziato l'elogio dell'Italia da un ministro d'Inghilterra — e il più grande uomo di Stalo francese salutava nel Savoiardo, convintamente, il più grande dinasta del suo tempo. Ma l'ammirazione del nostro simile va per cicli : e può passare con un processo che le circostanze sono sempre in grado d'accelerare sino al pur tragico assurdo, dallo stato di maggior rispetto a quello di peggiore avversità. Così fu di Carlo Emanuele, e della sua pericolosa eccellenza. Il grandeggiare d'una nazione ha sempre il suo punto di crisi, come la crescita d'un uomo. Al momento cruciale in cui tutti i nembi di guerra furono adunati sul, Piemonte, il suo sire non si perse d'animo. Molti erano i nemici : e l'an nunzio di guerra gli fu portato mentre egli era alla caccia Semplice fu il commento del sovrano: — Una lepre — disse — non può resistere a dieci cani ; ma un cignale sì. — Il de slino era certo. La caccia con tinuò. Non so perche oggi mi tenti no, fra tanti ricordi d'anime prodi, proprio quei due. Sono tanti e poi tanti i fasti storici che ci provano come i molti nemici, o i molti diavoli, non in terrompano mai una sorte giù sta, cioè naturale, più che i sassi una corrente ! Non è la molteplicità degli avversari ad una causa che deve atterrire; ma solo la fragilità di questa, quando l'animo non ne abbia certezza. Ben difesi nel proprio essere, per resistere alla canizza non occorrono le proporzioni del cignale. Bastano quelle del riccio. Le cinquanta armate contrarie alla Prussia erano pe ricolo assai più grave dei _cinquanta voli ginevrini ostili al l'Italia; e la piccola Savoja co nobbe ben altra minaccia alle sue sorti ! Ma. se il cuore è saldo, l'essere è sicuro. Non ditemi che questa verità è troppo comune : reperibile, com'è, in tutti i sillabari della terra. E' appunto quando le verità diventano proverbiali, che meritano d'essere ripensale: sia pel rischio di confondersi coi proverbi veri e propri, i quali non sono tutti intelligenti benché consacrati dai secoli, che per quello di logorarsi, con l'uso, come monete. Rinsaldiamocela dentro, dunque, quella convinzione. Siamo noi che contiamo : non i nemici nostri. Intanto, avverte il biologo, quando il corpo è sano i diversi bacilli che l'insidiano si eliminano a vicenda : verità che par tanto certa in medicina come in politica. Ma in politica c'è poi l'elemento morale, che in fisica non conta. C'è quell'onore, cioè, che può crescere col crescere dei nemici, e che può valere più della stessa vittoria, più dell'esistei! za stessa. L'onore: cioè la vittoria, la vita di domani ; il diritto, anche nella sorte più infausta, di risorgere. Poesia? No. Pratica. Tant'è^ vero che non una, nè due, nè cento, ma milioni di leggende nel mondoin tutti i tempi, a tutte le latitudini, rifanno la morale eroica dei nemici che non si contanoCarlo Emanuele e il vecchio Fritz non sono che due esempin una moltitudine. La torre non co::fi i turbini che l'investono, : la diga i flutti che la flagella, o. La resistenza, è allora tutta una questione di fonctdlN (lamenta. Quando moki siano contro di noi, le nostre misure non vanno prese in estensione, ma in profondità. Come ogni nomo, dicevo, oirni insicme d'uomini ha la sua cri- conoscono i popoli. Ogni attimoche passa, per tanta giovinezza,è un aumento, uno splendoreInevitabile. Cer-'si di sviluppo ta. Com'è certa la folgore, ad ogni saturazione d'elettricità. Cresce il sangue, crescono gli umori. Gli sguardi ardono: e sono, insieme, attraenti e perniciosi. Ognuno di noi ha conosciuto questo punto pastinale di giovinezza in cui avrà riscosso, insieme, tutte le simpatie e tutte le antipatie. Ci si detesta, aiora, per la stessa ragione che :i si considera; e quasi nel inulto medesimo; per quella fatalità che fa, d'ogni primavera, un dramma. Si : drammatica, ineluttabilmente, è questa fermentazione di vita che richiama, unanimi, i consensi e le gelosie. La conoscono gli individui. La vittorioso; ma nello stesso tempo pare, ai riguardanti, che siano imperdonabili i suoi menomi difetti: l'ilare orgoglio, la franca baldanza ; qualche noncuran- za, forse, o grossezza, o intem | Chi, torno a domandare, non I rll'ha conosciuta a quell'età? Di t'minuto in minuto, il coro dcglila| pesti vita. La" verifica di queste!'piccole mende, dà all'invidia se-jsedicctgrela il pretesto di prevalere sulla considerazione palese. Sanno bene gli invidiosi che ognuno di quei difetti è sintomo d'una forza, poiché non c'è orgoglio senza fede, rudezza senza schiettezza, negligenza senza generosità : ma ii casus belli è trovalo; e il lupo. 0 i lupi, altro non chiedono all'occasione. Stimano, ma avversano. Ammirano, ma colpiscono. Forse anche 1censmqrbil ministro francese non ammi-lnrava il Re di Piemonte a cui mfaceva guerra? E' un'avversità!enaturale, fatale, che tocca a tilt-1 le le collettività, del pari che a mtutti i singoli, in sui venl'anni.Id rigerati. Insomma capita, a velit'anni, che non badando proprio a nessuno si finisca per trovarsi '' passo, il tratto, lo sguardo an- sioso, i capelli al vento. Mostra |elogi diventa la congiura dei dispelli; che se a quell'istante il giovine dovesse essere giudicato a Ginevra, avrebbe, di sicuro, almeno cinquanta voti contrari. Tutto infastidisce di lui: 1 denti per letizia, e pare sia per]crudeltà; parla alto per salute, e pare sia per villania. J più benevoli vedono in lui il cucciolo. Vallungò; i più malevoli, il discolaccio o la fiera. Un semplice mutar d'occhi, a una spinta dell'anima gelosa, ed ecco per ogni riguardante lo spettacolo di quella giovinezza in fiore, da irresistibile, diventa insopportabile. Tutte le comari del vici- nalo, e anche tutte le zie di famiglia, sono contro di lui. Si enumerano le sue mancanze, rappresentate come delitti, e, moltiplicate l'ima per l'altra, si denunziano all'alleanza dei mo- I onore. | punto in guerra con tutti : avversità tanto più grottesca in quanto può derivare, come ho detto, dal rovesciamento subitaneo d'una simpatia. Ma non bisogna crucciarsene. Molti nemici, molto tumultuosi onori, apio si rendono ad ogni r] primavera. Chi non ha finito per inebriarsene, dopo esserseneLmagari amareggialo, tra 1 vent'anni e i venticinque? Nessun omaggio più grande alla rivelazione di forza, all'affermazione di potere. Si direbbe che il destino ce la tenga in serbo, quell'ostilità numerosa ed istantanea, come prova d'energia pel dtiro, tremendo, sacro passaggi" dal niisiro dovere di servir In vita al nostro diritto di servircene Molti nemici, mollo onore. Poesia? No. Storia. Che si ripete e si rillumina, ogni volta che ai nemici incalcolabili I opponga un'anima certa, un Clio re di vent'anni. Marco Rampeiti. : : c' i i; i1 : si Ii:

Persone citate: Carlo Emanuele I, Re Federico, Savoiardo, Savoja