Macrino d'Alba di Marziano Bernardi

Macrino d'Alba Macrino d'Alba Curiosa, discreta, ravvolta d'un suo modesto mistero senza lampi nò procelle, la figura di Macrino ben potrebbe annunziare sul finir del Quattrocento quello clic sarà il destino della pittura piemontese fin die nell'arte italiana la parola « regione » avrà un senso : — un bisogno d'evadere dai conlini della piccola terra, d'arricchirsi d'esperienze limitrofe o financo, talvolta, di tentar l'avventura dei lunghi viaggi oltre i monti ed oltre i mari a ricercare il cosmopolitismo di cui qui, tra il Po e le Alpi, si ha un vago sospetto e insieme diffidenza ; ma nello stesso tempo un istinto casalingo e borghese che vigila sui pericoli d'ogni azzardo e al buon momento suggerisce un giro di timone per ricondur la barca nel porlo provinciale. Su questo compromesso che esclude sia la possibilità d'ingaggiar battaglia su un terreno nazionale (tanto meno internazionale), sia quella di sfruttar soltanto, ma a fondo, le eventuali risorse regionali ; su questa irresolutezza che non vieta però i risultati spesso felici ed i periodi singolarmente propizi (si pensi all'Ottocento fra Fontanesi e Delleani, si pensi al ben arato campiello di Rivara), verte la vicenda artistica del Piemonte; e l'uno e l'altra, anzi, ne costituiscono il pungente — e misconosciuto — interesse psicologico, il dramma umano e popolare. Venezia, Napoli, Milano, Firenze : centri d'altrettante scuole capaci di durare nei secoli ed a distanza di secoli di risorgere come per vecchio sangue che si rinfresca di linfe, ora nel tipico sfumato lombardesco, ora nel neo-primitivismo dei Macchiaiuoli, ora nell'amore palizziano o manciniano per la ma.-, teria ricca, sugosa dei Solimena, dei Giaquinto, dei De Mura, dei Ruoppolo e dei Recco, ora persino nel tiepolismo d'un 1 ito. Non così in Piemonte; e deliberatamente si dice Piemonte e non Torino, non essendo mai stata questa, come non lo è tuttora, atta ad accentrare un movimento artistico. Qui, in questa combattuta terra di conline, è l'arte « di confine » che si svi luppa. Apporti e dispersioni, in terferenze e incroci, mancando le personalità dominanti, che un' Sodoma e un Gaudenzio presto sfuggono spiritualmente all'ambiente, a poco a poco concorrono a formare una tradizione locale non sicuramente definita, della cui esistenza conviene però tener conto, perchè sarà questa vegetazione un po' stenla ed acerba a ricevere più tardi certi innesti vigorosi : Juvara, nel Settecento, per l'architettura; Fontanesi, centocinquant' anni dopo, per la pittura ; Vincenzo Vela, quasi nello stesso giro di tempo, per la scultura. Eia vicenda, fra emigrazioni e immigrazioni, durerà fin suilo scorcio dell'Ottocento; e sarà appunto in quest'ultimo periodo che meglio si rivelerà, a tre secoli e mezzo dagli autonomi Spanzotti e Defendente, la consistenza di quel tessuto pittorico contesto di tanti fili diversi e tuttavia su di una sottile trama « piemontese » : tessuto che per esser sostanziato — Pittara od Avondo, Perotti o Pasini, d'Azeglio o Caklcrini (e cito apposta un vivo tra i defunti) — da un autentico lirismo diffuso e pa cato, da un romantico benchétimido sentimento di natura, dauna patetica aspirazione all'a¬greste idillio, all'affettuoso cotv forto di intimità consuete, da una costante limpidezza di idee, meriterà alfine, malgrado l'ostinazione dei più a disconoscerlo, il titolo di « scuola piemontese ». Ritorni, dopo tante evasioni ed invasioni, da figliuol prodigo. Figliuol prodigo anche Macrino. Volentieri lo prendiamo a simbolo dell'indecisa e spesso combattuta sorte dell'arte piemontese, ora che Alba, la piccola patria di cui il pittore si dichiarava con orgoglio « cittadino » firmando i suoi Santi e le sue Madonne (Macrinus d'Alba faciebàt..., Macrinus de Allodio, C. Alben, facìebat...), ha voluto rievocarlo con una modesta ma bene ordinata mostra allestita dall'architetto Giovanni Oreste Della Piana. Iniziativa esemplare, certo il più serio contributo dato alle recenti celebrazioni dei grapdi subalpinialmeno per quanto riguarda gli artisti. E diciamo per inciso che se in questa circostanza Alba ha speso, oltre il resto, più di diecimila lire per un'accurata e sontuosamente stampata monografia che riassume i moderni risultali della critica macriniana (tj. O. Della Piana, Macrino d'Alba, pubblicato sutto gli auspici ilei Municipio di Alba, Torino, Industria Grafica Fedetto), altrettanto almeno si sarebbe potuto e dovuto fare in altre città piemontesi ma soprattutto a Torino, e per lo Spanzotti, e per Defendente Ferrari, e per iSodoma, e per Gaudenzio (tacendo dei minori come il Molineri o il Moncalvo), e, nelle sue grandi linee, per tutta quanta questa cosi poco studiata e capita arte piemontese. Ad Alba, di Macrino, insieme con altri quattordici dipinti dequali una diecina sono certamente suoi,, è giunta, anche, la pala della Pinacoteca Capitoli-na, quella che nell'àtteggiàmen-to di scuola leonardesca delBimbo è affine alta pala dellaR. Galleria Sabauda di l'orino,e che fu già attribuita a un se-guace del Ghirlandaio. Potessestarle accanto il trittico del Memoria! Hall di Filadelfia, la prima opera mar ri ninna datata e firmala (1494), avremmo soll'occhio la dimostrazione di quanto con logica cosi serralaha sostenuto Anna Maria Bri-zio : che la prima ■educazione ar-tislica di Macrino è influenzatadall'arte lombarda e particnlar-mente del Poppa, fatto natura-le, del resto, per un pittore delPiemonte orientale che nascenella seconda metà del Quattro-cenlo; e che la presenza nellapala capitolina, in quella torinc-se, nel trittico di Tortona di el menti umbro-romani derivali « da scuole più avanzale sotto 1' aspetto rinascimentale », se convalida l'ipotesi di un soggiorno di Macrino a Roma, non è però tale da giustificare slip posizioni più o meno romanzaledi viaggi a Firenze, in Umbria,a Venezia, a Ferrara con relati-ve assimilazioni da quelle scuri-le, e tanto meno, l'elevazione, !implicitamente sostenuta dal Fleres, dalla Ciaccio, dal We- ber, dal Venturi e dal Berenson, del modesto pittore provinciale !« all'importanza di un rapprc- sentante eclettico, nella sua re- gii me ritardataria, delle princi-jfia; determinalo eh izc umbro-romane pah correnti del Rinascimento italiano ». Stabilita dalla Brizio la priorità della pala così chiaramente lombarda-foppcsca «li Filadelinfluensvanenti l nel trittico di Tortona (1499) culminano nell'ambiziosa e con fusa .Madonna di Torino ( 1498) :ma non durano più di un lustro; il preleso araldo del Rihasci mento in Piemonte rientra nel jdestino degli artisti suoi conter ranci : un destino fatto di spiri tuali evasioni forse un poco pre¬ tensiose, e. tosto, di rinsavunenli che lentamente, e magari malinconicamente, inducono il venturoso alla via di casa. A « l'erudita scuola del Vinci » accenna il vecchio Lanzi parlandoci di Macrino che per lui « è in queste bande il primo artefice che sì avvicini al moderno stile». Gu riosifa lombardesche^ dunque ; : poi più acute ambizioni che 'spingono probabilmente a Ro- ma l'oscuro figlio delle Langhe. E qui il provinciale tenta (Tas similare, spesso di secondale ter za mano, i frutti che gli appàio no meravigliosi. Ma nostalgia della terra natale lo punge: vi torna a lavorare per il suo ve scovo Andrea Novelli, da Alba a Crea, da Tortona a Xeviglie ed Asti. Le esperienze non sono state vane, ma il senso della provincia lo riprende, e con esso quello della semplicità. Nascono cosi queste Madonne un po' nuli e paesane ma intensamente religiose, questi quadri sacri dove gli schemi sòn ripetuli persino con ingenuo plagio, da parie del pittore, di se slesso, ma solidi, onesti, e tanto migliori quanto più tradizionali: repertorio, ha ben notato la Brizio, artigianesco. Oli Sodoma, un Gaudenzio, con altre ali voleranno più lungi ; ma « spiemontcsizzati ». Egli, irresoluto, dopo i tentativi idealmente rimpatria: si rifa casalingo e provinciale, e quindi realmente piemontese. E aggiunge così un filo a quel tessuto della nostra incerta ma non sprezzabile tradizione pittorica. Marziano Bernardi