Il battesimo del fuoco a otto giornalisti di Guido Baroni

Il battesimo del fuoco a otto giornalisti In volo con la "Disperata,, su Macallè Il battesimo del fuoco a otto giornalisti 11 nostro inviato Guido Baroni — luomo abbiamo riferito brevemente]slevi — ha compiuto un volo sul li- gre meridionale a bordo di un mi-isparecchio «Mio.. «. Disperata », la | tibsquadriglia di Galeazzo Ciano. Al volo hanno partecipato altri nette giornalisti Italiani e stranieri. Nel dispaccio l'iuiiolcle&rriifieo che adesso pubblichiamo egli ci narra le impressioni di questo interessa lite volo durante il liliale i giornalisti hanno ricevuto, sul territorio non ancora occupato, il battesimo del fuoco. (Da uno dki nostri inviati) Asmara, 25 notte. Ieri mattina la sveglia è stata data di buon'ora: alle sei. Una tazza di caffè, in fretta, e dall'amba Galliano, dove siamo alloggiati, ci siamo diretti immediatamente verso il campo d'aviazione. Un quarto d'ora di corsa veloce con la nostra macchina. Troviamo il campo in pieno lavoro. Gruppi di motoristi si affaccendano attorno agli apparecchi, e ne provano i motori. Le eliche frullano taglienti e veloci, sfiorando l'erba. Coi figli del Duce Siamo impuzienti che venga il nostro turno. Nell'attesa facciamo scattare gli obbiettivi. Due apparecchi della quattordicesima squadriglia, che recano sulla carlinga una testa di Icone, decollano. Bruno e Vittorio Mussolini siedevano ai seggiolini di guida. Tre apparecchi vengono tirati fuori dai capannoni; sono i numeri uno, cinque e otto della « Disperata ». Sulla destra della carlinga spicca il distintivo della vecchia squadra fiorentina, col motto «Credere, obbedire, combattere ». Sono le sette. S. E. Ciano, in tenuta di volo, giunge accompagnato da alcuni giornalisti stranieri,, che voleranno con noi. Viene dato\'il segnale della partenza. Prcndo\'posto nell'apparecchio numerai „„„ ,„ „ .„j_„ì„ a il, ì funo, quello del comandante. Allei- „m . , , .. —'. dsette e un quarto, portati <l\ ap-\,.. „. ', . A ilparecchi contro vento, i «Copro- '. , „ r din » decollano. „ . . vDopo un atro sii Asmara, più - , .,. j • + !„. ctwmo decisamente verso sud. Cut- ... . ... ,. , ino, sorridente e tranquillo, dì quel- „la tranquillità fatta di certezza e decisione, pilota impeccabilmente. ; 'dDietro di noi gli altri due apparec-' nscdavssgdisMmtmtsptcnclanapc7ii seguono, in formazione di rolo. Il capitano Casero mi cede il' suo posto, alla sinistra di Ciano: il posto di secondo pilota. Col capo scoperto, nella mia sommaria tenuta dì pilota, gusto tutta la bellezza del volo. Le eliche lucentissime, lanciano lampi d'argento, ai raggi del sole. Il paesaggio, sotto di noi, tutto eguale, sembra come schiacciato. Oltre il Mareb Puntiamo su Gaza, che sorvoliamo alle sette e mezza. Le tende e i baraccamenti delle nostre truppe punteggiano di bianco e di verde il paesaggio, immenso a perdita d'occhio, superbo, impressionante per la sua vustità. Tutto diventa piccolo in questa solitudine, in questa distesa di terra che appare vergine, eppur ospitale, noti ancora trasformata dall'uomo con le sue armi da lavoro; questa terra dove l'uomo vive impreparato e solo con quello che gii offre la natura. Appare qua e là, solamente qualche campo coltivato a granturco, dura e grano. Poi tutto intorno il tipico paesaggio montagnoso, arido e brullo, mucchiato di cespugli gialli e verdi, di euforbie bruciate dal sole, di acucic, di ombrellifere. Si succedono gole profonde, come solo la poesia di Dante ha saputo descrivere, monti altissimi, dalla cima tronca. Le ambe somigliano a grossi coni schiacciati e tozzi. Poi le montagne, interminabile mare di gobbe. Pareti a jiicco, roccie aride, letti di torrenti asciutti. Qualche magro corso di acqua scorre lento tra le vallate, gira intorno alle ambe, serpeggia stranissimo, si perde, riappare, formando strane figure geometriche che luccicano come colate di acciaio. Dinnanzi a noi sempre monti, monti, 7»onfi. Catene interminabili e altissime, che nascondono l'orizzonte, celano vallate immense. Sono le sette e tre quarti. L'altimetro segna SOOO metri. Passiamo il Mareb, il nostro vecchio .confine. Prendo ora la mia prima ggdgdabaacclimCsd lezione di volo. Alle otto e cinque i fisUmo Amba Augher, che\l ,. * , • ' ' sorvoliamo alla quota di 3200 me-\Ttri. Qua e là gruppi di tukul e di'eindigeni. Branchi di pecore e di ! nbuoi al pascolo. Dull'allo sembra-\t , . , , 'h''t''mcninl slJa d}lafuga.Molt% ''n,"at " ""«">" m {cr>"' 1 eo% ci salutano col braccio. Il fuoco nemico rallenta, poi cessa , _ » del tutto. Proseguiamo verso est , , . . la nostra ricognizione, spitigen , . - ; . , .. .J doci cosi fino ad Addi Aidaro. sor- , , i .. . volando Desso. Tutta questa zona ..... ... 1 ... c ricchissima di immense distese ,. . *„„ iti terra con culture varie. Alle „ . tomismo su Macallè, 'dovevsiamo nUovamente faM ,e. ocpgpdno immobili come figurine da presepio. Sulla zona nemica Ultimo ora in piena zona nemica. Dritti verso Macallè, la città • odi ras Gugsa. La nostra pattuglia ì aerea prosegue regolarissima il volo. Alle otto e venticinque passiamo il fiume Sullo. Il paesaggio si fa di nuovo enorme e pianeggiante. Una visto magnifica ci è davanti agli occhi. La terra rossa e fertile, le coliivuzìoni ricche, la vegetazione superba. Avvistiamo in fondo, Manille, addossata alla parete montagnosa. Siamo a tremila metri. 1 motori rallentano; planiamo sulla città alle otto e quaranta. Sorvoliamo a duecento metri i tetti delle case e lo chiesa, che sembra un padiglione cinese. Il palazzo portoghese di re Giovanni domina la sinistro della città;\ nella destra vedo la villa di ras Gugsa, e qualche altra costruzione. La città è graziosa e ordinata e ben tagliata. Da una piccola altura boscosa comincia un fuoco di fucileria; il nemico, appostato fra i cespugli, non si vede. Risaliamo qualche centinaio di metri e torniamo sull'abitato. Alcune mitragliatrici antiaeree ci prendono di mira, Gli altri due apparecchi seguono le manovre agili, direi quasi acrobatiche, del nostro. Spariamo per snidare il nemico, che imme¬ lsalRgno a colpi di fucile e di mitraglia. Alle nove e mezza, riprendiamo quota e incrociamo in lungo e largo lo città, che appare ora disabitata. Poi giriamo a destra, attraversando la zona del Tembien, verso il Takazzè. Lasciato alla nostra sinistro monte Mobit, alto 2215 metri, che passa fra due gole boscose- a raggiunglamo il corso del fiume ricco di acaua ^, , , , ,-,letto dcl fiume fino al guado diL' imamente. Sorvolando una fitta e magnìfica foresta, segniamo ili d'i Celo Ceccanu. In qualche jsorge qualche tukul, circondato! dal caratteristico muro di sassi. Ili fiume raggiùnge in alcuni punti la larghézza di 60 metri. A Mai , J. ■ , . Tinchet abbandoniamo ri Takazze e puntiamo su Alcsum. Il capito- no Coserò mi offre una tazza, di tó caldo. Il vento, violentissimo, ora, fa ballare l'apparecchio. Faccio alcune fotografie. Siamo sopra la città santa. Essa è più grande degli altri paesi; conserva però la caratteristica abbondanza di tukul. Sulla sinistra scorgo i tre obeijschi di vietra. Bandiere al vento La popolazione ci saluta sventolando bandiere, radunata nelle strade. Vedo colonne di autocarri e di soldati, e le tende dei nostri avamposti. Sotto di noi incantevoli coltivazioni, a perdita d'occhio. Eccoci ora nella conca di Adua. Riconosco le mulattiere da me percorse i primi giorni dell'avanzata; ma oggi esse sono trasformate in strade larghe e dritte. Operai che lavorano agitano i cappelli in segno di saluto. Qua e là i uostii accampamenti, che si perdono nella vastità del paesaggio. Girando a sinistra puntiamo a nord, verso Asmara. Sorvoliamo passo Gasciorchi, dove la colonna Maraviglia disperse la resistenza avversaria, Amba Sebat, dove il ventitreesimo superò la più bella battaglia dello nostra avanzata, Darò Taclè, dove cadde Mario Morgantini. Alle 11, discesi di quota, la nostra pattuglia aerea è di nuovo in volo su Asmara. Sulla prua sventola ora il vecchio gagliardetto della «Disperata » che i piloti issano dopo le azioni di guerra. La fiamma si irrigidisce al soffiare del vento delle eliche. Il secco teschio e il giglo rosso che sono su di essa mi rendono orgoglioso. Oggi sento difatti di aiutartene j ijre alla squadriglia che porla ((n-|coro il nostro vecchio gagliardetto, che sventolò sulle piazze di Firenze, Livorno, Carrara, Arezzo, Sai-zana, Pisa e che passò vittorioso dalla Toscana fino a Roma, ovunque il Fascismo combattè lesile più belle battaglie. Oggi esso ancora sventola sulla macchina di guerra, segno di volontà e di vittoria nelle mani dei nostri piloti. Ciano, che per quattro ore ha pilotato ininterrottamente, rallenta i motori. Planando a basso regime, mentre i tubi sca ppa m en to scoppietta no i ijjfoc chiamo"'ternt, metZndoci'ui linea,. . ,. . ,. f ,J df'oUo apparecchi dcl c""ll>0' atterraggio e avve-nuto in modo impeccabile. Sram-biamo saluti dulie carlinghe; i /o-tografi scattano gli obbiettivi, i ca- meraticiacclamano.il Vermont, chc S. E. Ciano ci offre, chiude ,se-Lemmcnte u hcfla 'matnnata} mentre nelle orecchie mi ronza an cora il rombo dei motori, Guido Baroni.

Persone citate: Casero, Ciano, Duce, Galeazzo Ciano, Guido Baroni, Mario Morgantini, Vittorio Mussolini