Due teste nel paniere del carnefice

Due teste nel paniere del carnefice Un trono eillet deriva Due teste nel paniere del carnefice A questo punto una domanda si presenta spontanea: nell'ultima ettera indirizzata alla regina, della quale abbiamo riprodotto la hiusa, Barnave aveva manifestao veramente il fondo del suo peniero? La fiducia ch'egli aveva riposto in Maria Antonietta e nella ua supposta volontà di bene, non ra scossa? Ci sono delle ottime agioni di dubitarne. Negli ultimi empi Barnave, pur senza uscire dai limiti del massimo rispetto, non aveva risparmiato alla regi- na rimostranze e rimproveri, La!ignora Campan scrive nelle sue ; memorie che Barnave si rìsolvet- j e a lasciar Parigi quando si fu I eso conto che la regina « non se-1 guiva in alcun modo i suoi con-1 igli ». La signora Campan va più j n là; a darle retta, nè il doppio gioco della regina, nè il vero sco-j po cui tendeva la sua politi-1 ca erano più misteri per Barnave, nfatti, durante l'ultima udienza concessagli da Maria Antonietta qualche giorno prima della sua partenza per Grenoble, egli si era espresso così : « Le vostre sventure, signora, e quelle che prevedo per la Francia mi avevano indoto a servirvi con tutta la devozione, ma mi avvedo che i miei con veva voluto servire la Rivoluzione prima, la Monarchia poi, e l'una e l'altra lo avevano tradito. Si può affermare però che dì queste due delusioni, la seconda era quela che più gli pesava sul cuore. Nella Rivoluzione, Barnave ave- naglia, esposta a tutte le insidie della Rivoluzione? Riteniamo di essere nel vero rispondendo: nulla che non fosse la gioia di servire. I suoi compagni di « triunvirato » Barnave portava con sè una du. plice, profonda delusione: egli ar^r^Tw7^Ho^'ÓV h,'==^Ì i1 non corrispondono ai disegni di Vostra Maestà. Io veggo poche probabilità di successo nel piano che vi fanno se-uire- voi siete roppo lontani da°soccorsi e sarete\perduti prima che giungano sino a voi. Vorrei con tutta l'anima che questi dolorosi presagi non si avverassero, ma sono fin troppo certo di pagare con la testa l'interesse che le vostre disgrazie mi hanno ispirato e i servigi che ho voluto rendervi. Per tutta ricompensa vi chiedo la vostra mano da baciare ». « La regina — conclude la memorialista — gli concesse questo favore con gli occhi pioni di lacrime ». Barnave e la regina La scena è evidentemente di maniera: se fosse stato a conoscenza della doppia parte recitata da Maria Antonietta, Barnave non avrebbe tenuto per sè la sua scoperta, ma l'avrebbe certo comunicata agli amici Lameth e Duport, per metterli in grado di giudicare se convenisse o meno continuare le relazioni con le Tuileries. Tuttavia d'una cosa si può essere sicuri '. lasciando Parigi va cercato, come molti altri, il jsoddisfacimento della propria am- ;bizione giovanile avida di gloria ìe di popolarità. Ma che cosa aveva Icercato nell'aiuto offerto a una re- !gina minacciata, offesa dalla ca-1si erano proposti quali difensoridel trono per ragioni strettamente politiche, ma non crediamo si pos- jsa dire altrettanto di lui. E' certo che, offrendosi come ultimo pala-dino della Monarchia spirante, Barnave si era spogliato d'ogni ambizione: tutta la sua. vita dalla crisi di Varennes in poi sta a dimostrarlo. In una lettera indirizzata nell'agosto a Maria Antonietta, egli aveva scritto: «In questa corrispondenza, essi (i « triunviri ») hanno trovato più che il compimento di un dovere; un sentimento vivo e profondo li ha resi devoti agli interessi della regina ». Quel plurale, essi, non deve trarre in inganno: chi parla qui, è Barnave e non a caso egli scrive « regina » dove, logicamente, avrebbe dovuto scrivere « Monarchia ». Nell'ottobre, quando, come dicemmo, si era espresso nel senso che fosse ormai vano proseguire nella corrispondenza, aveva soggiunto: « diversamente ci ritireremo anche noi con un'impressione meno dolce a serbare di quella che ci rimar rebbe oggi delle nostre relazioni con la regina ». Sono piccoli trat!ti rivelatori: non si può nè si deve ; chiedere di più a Barnave, l'uomo j che « bruciava di dentro ». Inten I diamoci, qui non si vuol dire che 1 Barnave fosse innamorato di Ma1 ria Antonietta, ma soltanto che la j Monarchia di cui egli si era fatto difensore aveva per lui il volto j della regina, di quella regina della1 quale il principe de Ligne — è :1 momento di ricordarlo — diceva che « la si adorava senza osare amarla ». Gli ultimi giorni te della regina in particolare »; una pietà, dunque, aggiungiamo noi, alla quale non era estranea laLa signora de Staèl, con penetrazione tutta femminile, ha espresso assai bene tutto ciò dove iscrive: «Barnave, che si compia- ,. .. .. ___y ceva.01 certi sentimenti compiei 31 »* " cuor!„e la Passi0ne Polltlca sl agitano all'unisono, pro\^ l|^„ri!p!^tosa,?ie^S**™ forza d'attrazione emanante dalla squisita femminilità di Maria An tonietta; un sentimento che sarebbe assurdo chiamare amore, perche l'amore, per essere tale, presuppone la coscienza di sè, ma che non impegnava meno per questo il cuore e lo spirito di Barnave.Si comprende perciò come dei due fallimenti della sua carriera politica, il secondo gli pesasse di più.Il contatto con la terra natale lo rappacificò. « Rivedo il miopaese dal quale mancavo da quasi tre anni » scriveva a un'amica di Parigi, « ho ritrovato la mia famiglia a Grenoble... e appena uscito da cotesto centro di rumore e di corruzione nel quale si pensa esi agisce in fretta e dove non c'è un solo momento per sentire, ho ritrovato la mia anima tutt'intera »; e poco tempo dopo: « Le confesso che considererei come un penosissimo dovere la necessità in cui potrei trovarmi di riavvicinarmi agli affari ». Non v'erano più per lui nè ambizione nè amore di gloria. E infatti in un'altra lettera affermava: « Il faut servir Ics hommes pour eux et non pas pour SOI ». La vita di Barnave trascorreva tranquilla tra Grenoble e una casa di campagna ch'egli possedeva a pochi chilometri dalla città. I ìcampi, i boschi, i nitidi paesaggi del Delflnato gli erano benefici: si sa quale potere, per insospettati tramiti letterari, esercitasse la na- 'tura sui figli spirituali di un Rousseau, e Barnave, non ostante il midollo plutarcheo di che s'era nutrito, pel sentimento apparteneva alla grande famiglia del Ginevrino. Frattanto, le sue convinzioni sull'ulteriore svolgimento della Rivoluzione si modificavano profondamente per effetto del suo commercio quotidiano coi contadini. Lo spirito rivoluzionario, non era più lecito dubitarne, aveva , completamente permeato di sè gli | ; o a a e - e strati più bassi della Nazione. « II popolo e le campagne » scriveva Barnave « sono tutt'interi per la Rivoluzione », e si mostrava con vinto che ormai fosse assurdo spe rare di poter governare contro Giacobini che nelle provincie personificavano la Rivoluzione stessa Queste e altre cose che Barnave scriveva a Parigi insieme con qualche prudente consiglio politico, dispiacevano ai suoi amici, tanto che essi diradarono la corrispondenza con lui. D'altronde, era fatale che i Lameth e Duport, vivendo in piena battaglia, dimenticassero quel solitario perso nei boschi del Delflnato. Dal maggio del 1792, con grande rammarico di Barnave, ogni relazione tra | Grenoble e Parigi era rotta. Intanto gli avvenimenti precipitavano. Non sappiamo quali fossero le reazioni di Barnave alla notizia della sommossa del 20 luglio; le Tuileries erano state invase, il re oltraggiato, Maria Antonietta minacciata di morte e tutto ciò non era che il preludio del 10 agosto e della caduta definitiva di quel trono di Francia che egli aveva inutilmente cercato di salvare. In carcere Il 10 agosto portò con sè anche l'imprigionamento di Barnave. Un documento trovato nello scrittoio di Luigi XVI, nel quale figuravano il suo nome e quello di Alessandro Lameth, bastò per provocare il decreto d'arresto. Alessandro Lameth era già in salvo oltre la frontiera. Barnave fu arrestato a e o . il 19 agosto alle quattro del mat-tino nella sua villa di San Roberto e chiuso nella cittadella di Greno-ble. Le sue carte vennero seque- strate e inviate a Parigi. Egli ri- masè per circa dieci mesi a Gre- noble, poi venne trasferito per al- tri tre mesi al forte di Barraux, all'ingresso della valle di Grési-e . e o i i e e vaudan, e, infine, dinanzi al pericolo costituito dall'avanzata dell'Esercito Sardo, fu trasportato - a San Marcellino. Dapprincipio non si preoccupò e passò il tempo scrivendo, in attesa che la sua innocenza fosse riconosciuta. Ma più tardi questa bella sicurezza fu alquanto scossa. Alla Legislativa si era sostituita la Convenzione: Luigi XVIaveva lasciato la testa sul pati è o n ù i s bolo, il Terrore si annunciava. Al-lora il DrWoniero si rivolse ad ai. lora u prigioniero si rivolse ao ai cuni amici per ottenere la liberta. Teodoro Lameth, con pericolo del-la vita, si recò d notte da Danton,, ch'era allora ministro della giusti: zia nPr nreirarln di salvarl Bar-zia, per pregarlo di salvare Bar-nave. Danton, non si sa bene per■,. iì , i ■ quali ragioni, era molto legato ai F.euillants; è probabile che, aven-do accettato danaro da Alessandro Lameth quando questi era dispensatore della lista civile, temesse qualche rivelazione pericolosa da quella parte. Fatto sta che promise. Barnave aveva molti nemici alla Convenzione; ex deputati della prima assemblea ai quali egli aveva fatto sentire il peso della sua superiorità morale ìe politica. Danton riuscì ad am «>ansirli: Barnave avrebbe dovuto soltanto scrivere alla Convenzione ^chiedere d essere posto in li ^ Rlfi"to- «Chieder loro giu- ' stizia » scrisse a Teodoro Lameth a e a e e n o « sarebbe come riconoscere la giustizia dei loro atti passati, ed essi hanno fatto perire il re %. Tuttavia Barnave rimase ancora per parecchi mesi nel Delflnato e potè illudersi di essere stato dimenticato. Lo zelo patriottico d'un rappresentante del popolo in missione nel dipartimento dell' Isère provocò nell'autunno del 1793 il suo trasferimento a Parigi. Il viaggio da San Marcellino a Parigi, cominciato il 3 novembre, terminò il 18 dello stesso mese: Barnave fu richiuso alla Conciergerie d'onde, meno di due mesi prima, Maria Antonietta era uscita per andare al supplizio. Il 27 comparve dinanzi al Tribunale Rivoluzionario insieme coll'ex-mìnistro Duport-Dutertre. La ghigliottina Il processo, durato due giorni non differì gran che dai molti processi di quel tempo. Le accuse contro Barnave furono quanto mai vaghe: complicità nella fuga di Varennes, partecipazione a un complotto contro la sovranità del popolo, ecc. ecc. Fouquier-Tinville non aveva in mano nessuna prova che valesse a dare un minimo di verosimiglianza al suo atto d'accusa: la corrispondenza di Maria Antonietta e di Barnave era già al sicuro in Svezia, e dal canto suo, Barnave affermò sul suo o nore di non aver mai avuto nessun rapporto con la corte e di non aver mai messo piede alle Tuileries. Questa era, noi lo sappiamo, una menzogna, e se Barnave l'avesse pronunziata con la speranza di salvare la propria vita, essa ci stupirebbe come ha stupito altri scrittori, a cominciare da Saint Beuve. Ma Barnave sapeva che la sua situazione era disperata, che la sua condanna era scritta in anticipo nel cuore dei suoi giudici. Nelle sue parole noi dobbiamo quindi vedere la ferma decisione di tenere il nome di Maria Antonietta estraneo al dibattito e di jnon dare nuovo alimento alle dice \ «e infami che correvano sul conto 1di lei- Una simile manifestazione di rispetto e di devozione per la regina che da due mesi dormiva ùi una fossa ignorata del Cimite !ro della Maddalena, risponde bene j.secondo noi, al carattere cavalle1 resòo di Barnave, I" La condanna a morte era inevi- oratoria di Barnave, che pronun- tabile. Per un momento la foga ciò un lungo e ordinato discorso in propria difesa, parve aver ragione dell'ostilità dei giudici. Ma Fouquier-Tinville ed Herman, accusatore pubblico l'uno, presidente del Tribunale l'altro, vigilavano e la sentenza fu quale essi la vosero, quale certamente l'avevamposta i padroni della Conduzione. Barnave fu riconosciuto , colpevole « di cospirazione contro uberta e Ia sovranità del popo , ""cll<* c *= ~ ia" ™ !i° e E?1*™ ,a sicurezza generale !de"° St,ato" e condannaio a morte. Era la mezzanotte del 28 no'vembre- Ricondotto alla Concier:. Barnave attese tranquilla■£,,*;Ì~ iL, "° .oiù/S, imente lalba del suo ultimo gior Questa sorse eri-ia e nebbio l"0, ^uesca sorse Bn=la e neDD1° sa, una vera alba autunnale. Alle dieci Barnave venne fatto salire sulla carretta con Duport-Dutertre e altri cinque condannati. Proprio in quei giorni il carnefice c i suoi aiutanti avevano ottenuto dalla Convenzione un aumento di stipendio, giustificato dal grande lavoro che dovevano sbrigare giornalmente. Le strade erano cosi piene di folla che la carretta non potè giungere in piazza della Rivoluzione prima di mezzogiorno. Ma qui le cose andarono in fretta. Pochi minuti dopo l'arrivo della carretta ai piedi del patibolo, la testa di Barnave cadeva troncata nel paniere. La grande avventura cominciata in un lontano giorno d'estate su una soleggiata strada | di Francia, tra Epernay e Parigi, era finita. Cesare Giardini I capitoli precedenti sono apparai su «La Stampa» dei giorni 4. 8, 11, 15. 18. 22 e 25 aqosto. La fiera espressione del giovane tribuno Barnave in un busto di Hudon (Museo Carnavalet).