Preti sportivi di Vittorio Varale

Preti sportivi Preti sportivi La curiosità avuta il giorno — n'è passato del tempo! — che su una pubblica piazza romana vidi due frotte di preti, sottane rimboccate fino alla cintola e scarpette con fibbia, l'incorrere una palla di cuoio e darle di si furiosi calci che quella rimbalzava qua e là al pari d'un'anima in pena sui tizzoni dell'inferno. Seduta stante seppi che quelli erano i preti irlandesi, e la corsa cui dilettavansi essi stessi la dicevano « fùtboll ». renal'atesicinovenesitrsigrCorrevano gli anni fin de siede arche questo giuoco d'importazione dastraniera appena era conosciuto | vada qualche dozzina di giovanotti |sadelle tre maggiori città dell'Italia !gnsettentrionale (dico Torino, Mi lano e Genova), donde poi esso prese lo slancio che ormai l'ha portato a dilagare dovunque. Pionieri del «football» Giovanotti in prevalenza impie-! ",'gati in ditte svizzere quando noiiìl,alo erano di armatori inglesi o ad cldupevecol'edirittura marinai di quest'ultima nazionalità in vena di scambiarsi quattro calci fra una navigazione e l'altra: ma quelli di Roma erano preti per davvero, e a noi ragazzini importava poco che fossero insegnanti o istitutori piuttosto che allievi del Collegio irlandese, sacerdoti piuttosto che seminaristi. Erano preti che giuocavano a quel giuoco della palla col piedi, e la cosa ci parve, come infatti era, tanto straordinaria e curiosa che non ce la dimenticammo mai. Qualche anno dipoi, morsicati a nostra volta dalla tarantola che c'indusse a metterci in pantaloncini corti e maniche sbracciate chi su un sandolino chi a cavalcioni d'una bicicletta col manubrio bas-1 so chi a trottorellare compunto e I, convinto attorno ai viali delle : hpiazze d'Armi, certo ci venne fatto "_ . ■ i-l di ricordare quei ministri della re cidedigocasudisetee, scblTè avtumauligione (o in via di diventar tali) che, pei primi, ci avevano offerta gratis un'idea e una visione di ciò che s'intende oggi per sport — ma che allora non aveva nome, era privo di stato civile. A monte questo; il discorso ha preso le mosse dai preti sportivi, e dai seminaristi irlandesi che furono i primi a giuocare il calcio in Italia: sportivi dunque, gente della nostra famiglia, da considerare come nostri camerati si forte e schietto è il richiamo che promana dal desiderio della corsa e del salto per la ricerca d'un equilibrio tra fisico e morale ammesso, e non condannato, anche dalle regole ecclesiastiche. Il bestemmiatore punito Giusto qui a Torino, pressapoco in quel tempo, si ebbe infatti occasione di conoscere e — dati i tempi — stupirci d'un glabro e secco perticone che partecipava alle corse podistiche e lo chiama dnAdolarateitè rigpl'ppaosp<-. aRddpddèirann >i ,„.Xs,., -, ti „,.,,„ a„ rviA efosse ordinata sacerdote onnure ^''seguisse gli studf^ divengano i nnn Ri sannva rnn nrerismne: rtrtn dnon si sapeva con precisione: certo è che prete poi lo divenne sul serio, come è altrettanto vero che si chiamava Authemann (non ricordo il nome di battesimo) ed era socio d'un club oggidì scomparso ma a quell'epoca giustamente famoso: l'Audace. Sarà perchè eravamo ragazzi e gli avvenimenti ci apparivano più grandi che non fossero nella realtà, ma è un fatto che per noi le corse di questo seminarista avevano qualcosa di leggendario. Non so come riuscisse ad assentarsi dal collegio ed avere le licenze per allontanarsi anche dalla città; dove si presentava vinceva, e non c'era che un famoso podista della rivale Atalanta, certo Stobblone, che potesse tenergli testa. L'ultima volta che il futuro sacerdote partecipò a una corsa fu nella cosidetta « classica » sul percorso dei 13 chilometri Torino, Stupinigi, Moncalieri, Torino. La rivalità fra 1 due rappresentanti dell'Audace e dell'Atalanta era assurta a vera tensione di animi fra i due partiti, e non rare volte le discussioni finivano a pugni — proprio come adesso fra i « tifosi ». In quell'occasione i favori generali erano per Stobblone, perchè l'Authemann per la prima volta si cimentava su un percorso si lungo. La lotta si circoscrisse subito fra i due leaders, e fu aspra, veemente. A Moncalieri, nonostante i ripetuti scatti nervosi dello Stobbione, l'avversario era più che mai in forze, e procedeva con serena imperturbabilità. Tentò, nondimeno, l'« atalantino » un ultimo sforzo, ed appena infilato il vialone che conduce a Torino cercò di staccare l'avversarlo. Ma questi respinse l'attacco e si riportò subito al suo fianco. Stobbione, impermalito, usci allora in una di quelle... esclamazioni cosi abituali ndtrdnscMmdfvlmdGcVdcsl1drpftppnitCcBPMdvsTdcnei giovani, specialmente torinesi, i ne che troppo stridevano colle con-1 zvinzioni religiose e l'educazione | fdel futuro sacerdote. Senza smet-1 ftere di correre, allora l'Authe- i smann rispose: c— La vittoria non può non es- lsere mia. Stobbione sarà punito econ la sconfitta da chi ha ricevuto 11l'invettiva. j pDetto ciò si dà come un forsen- Hnato a un passo micidiale per il;pbestemmiatore, mentre attorno au due si elevavano i clamori dei nu- merosi simpatizzanti. La corsa se-; gno una clamorosa vittoria del- : l'Authemann I preti in bicicletta Altrettanta possibilità di partecipare alla vita sportiva in veste diversa da quella di semplici spettatori, non sempre, pero, hanno avuto i prelati. Esclusion fatta per quelli che si « sfogano » nella caccia e nell'alpinismo, è un fatto ■ che soltanto da pochi anni l'uso | della bicicletta è concesso ai pre- ti di campagna. E non per parte- eipare alle corse — Dio ce ne scampi — ma unicamente come mezzo di locomozione, e per rendere più solleciti certi servizi del sacro ministero. La prima apparizione del cavallo a due ruote non fu certo salutata troppo entusiasticamente dalla stampa cattolica, e proprio in questi giorni, datomi a ricerche storiche per altri scopi, mi son venuti fra le mani curiosi documenti di quell'epoca e di quelle polemiche. Già nel 1870 un giornale milanese di parte Invocava nientemeno che fulmini, saette ed altre bazzeccole del genere perchè si rendesse impossibile l'effettuazione della prima corsa su strada disputata in Italia sul percorso Milano-Lodi, e dei « velocipedisti » iscritti alla gara si parlava sprezzantemente definendoli * volgari pagliacci ». E faccio grazia del resto... L'avversione durò per decenni: era un curioso paese il nostro, a quei tempi, o se non avveniva (tolgo da un opuscolo « Il clero e la bicicletta » edito a Firenze nel 1897) una diuturna logomachia di parole, una controversia in tutta regala, un po' di zuffa nei giornali e finalmente l'intervento dell'autorità, non eravamo ben contenti. E così un fatto semplicissimo come quello dell'uso della bicicletta da parte dei prelati, che non avrebbe neppure dovuto diventare una questione, fu attratto nell'orbita della disciplina ecclesiastica, assurse a profonda controversia casistica e se no fece persino oggetto di consulta alla Congregazione romana! La polemica ardeva; certi Vescovi, autorizzati dal Non sunt inquietando chiude vano un occhio e lasciavano che i sacerdoti, specialmente di campagna, inforcassero il cavallo d'ac ",'/) chc sacerdote della calil,agna milanese — appassionato claio; ma altri rimanevano irreducibilmente ostili, minacciando di pene severe chi dei loro sottoposti venisse sorpreso sul « diabolico corsiero ». Fu di quel tempo (era l'epoca pressapoco. del Mola Bu , Ma lo .aPort ch.e masgiormente h^,attrat?°.}.|'\ela"-f^e"^ "el,t' possibilità lasciategli da loro i-l <-« »!■»»•» fu ari iS rnrrnf a l nini. ciclista — divenne collaboratore della verde e ormai scomparsa e dimenticata Bicicletta, e sull'argomento del giorno scrisse infuocati articoli, fino a stemperare le sue buone ragioni in un poemetto di ben scttantaquattro ottave. Ma sebbene si celasse necessariamente sotto l'anonimo, fu identificato e, a scanso di gravi sanzioni disciplinari, dovette fare una pubblica ritrattazione. Povero don Turconi! L'ho conosciuto vecchio; è mancato qualche anno fa. dopo aver raggiunta l'ottantina, ed era tuttora fresco e arzillo, e più che mai « ciclomane », come amava autodefinirsi. Alpinisti della Val d'Aosta (sNimcvssmrtefocsladpTdoveri — fu ed è tuttora l'alpi nismo. In ogni vallata delle nostre Alpi si contano numerosi sacerdoti che nelle ascensioni ricercano la gioia serena delle altezze e una ragione di avvicinamento all'Eterno, e nella storia dell'alpinismo italiano più d'una gloriosa pagina è proprio scritta da essi. Facile riuscirebbe una rievocazione dei grandi fatti alpinistici di cui fu protagonista quel bibliotecario dell'Ambrosiana, monsignor Ratti, poscia salito al fastigi della suprema cattedra: la «via» da Lui aperta in discesa dal Monte Bianco oggi è percorsa normalmente per salire dal versante italiano alla più alta vetta d'Europa, e l'altra <-. via » tracciata dalla Sua cordata al Colle Zumsteln nel massiccio del Rosa risulta tuttora un capolavoro di tecnica e d'ardimento. E' una tradizione delle più radicate e simpatiche quella dei preti valdostani instancabili corridori delle loro belle montagne, e di qualcuno di essi la fama anche è divenuta nazionale — come del C e aivenuca nazionale — come ae ^''Abalc Henry * Vagelline, mem i d°no''c del Club Alpino Acca- demiCO. Uno straordinario grim- e — i i a e i i i i ncur — proprio questa è la parola dettami sul luogo — fu ai suoi tempi il famoso Abate Chanoux, rettore per più di mezzo secolo dell'ospizio al Piccolo San Bernardo. Effettuò molte prime ascensioni, e fu lui a battezzare due cime vergini coi bellissimi nomi di Miravidi (« da dove mirai cose meravigliose ») e di Doravldi (« da dove ho visto la Dora »). Ma il più famoso di tutti, quello dì cui nelle valli si parla tuttora come d'un leggendario alpinista, e lo chiamavano affettuosamente « l'Ours de la montagne », fu l'abate Araé Gorret, confidente e compagno del celebre Jean Antoine Carrel di Valtournanche — il conquistatore del Cervino. Fu Infatti l'abate Gorret che accompagnò il Carrel in alcune delle successive tappe propiziatrici della vittoria, fino alla decisiva del 17 luglio 1865. Uomo dai garretti d'acciaio e dalla forte volontà, raggiunse innumeri cime per le vie più aspre; ebbe penna esperta e forbita, tanto che nella nostra letteratura alpina conquistò un posto preminente. Al par di lui, nel tempo eroico dell'alpinismo valdostano ebbero fama altri prelati, quali il canonico Georges Carrel di Valtournanche. il curato Balthasar Chamonin di Valgrisanche, il vicario di Pré St. Didier, abate Jean Bonin — che fu compagno del Papa nella storica ascensione al Monte Bianco e qualche anno dipoi celebrò la messa sulla stessa vetta suprema, interessando la stampa europea e financo il grave The Graphic che all'avvenimento dedicò la propria pagina doppia centrale. Sei preti sul Campanil Basso E di quanti altri preti-alpinisti dovremmo ricordarci, ae l'elenco , i non dovesse occupare troppo spa -1 zio. Nel tempo la tradizione ha e | fatto nuovi proseliti, e chiunque -1 frequenti le nostre vallate avrà - i sovente incontrati questi gagliardi che, ultimato il loro ministero re- - ligioso, afferrano corda e piccozza o e partono alla conquista di altezze, o 11 giovani non sono da meno dei j precursori ed è certo che l'Abate - Henry, studioso raccoglitore di l;preziose notizie, starà anche del u giovani preti alpinisti valdostani - tessendo la precisa cronistoria: -; quando si farà altrettanto per - : quelii delle aitre regionii flno aIia Valtellina che ancora aspetta il diradarsi del mistero attorno alla at—glplmtcsvrtibgrcfnpislairsglfìLe o r o ■ hanno recentemente scalato il ver o | tiginoso Campanil Basso di Bren- ta, e chiunque abbia una certa di- mestichezza col Rosengarten può e indicarvi le « vie » fino al quinto e grado aperte dalla guida alpina scomparsa del valentissimo sacerdote Buzzetti avvenuta due anni fa durante un'ascensione; fino alle Dolomiti, sui cui picchi appuntiti tante volte risalgono i parroci dei paeselli di fondovalle? Sei preti, divisi in due cordate, el an aiari ni e 0 ni, eiTita Sorarouf. Lo salutiamo con un * Buon giorno, Reverendo » quando ci avviene d'incontrarlo da quelle parti, viso cotto dal sole, gambe arcuate alla cavallerizza e matassa di corda attraverso le spalle, e non c'è da stupirsene perchè la « guida patentata del C. A. I, » riveste altresì le funzioni di parroco di Miazzln, là nella meravigliosa Val di Fassa — cosi verde e accogliente sotto gli spettrali Monti Pallidi. Vittorio Varale