Il motociclismo italiano all'apogeo

Il motociclismo italiano all'apogeo A CAMPIONATO DEI CENTAURI CONCHIUSO Il motociclismo italiano all'apogeo La stagione motociclistica è pra-. pticamcnte ultimata, con un forte]santicipo equilibratore dei ritardi subiti in anni non lontani, quando in dicembre ancora non s'era disputata l'ultima delle troppo numerose prove di campionato, e non si trovava una società che volesse organizzarla. Quest'anno, le cinque prove valide per l'onorifico titolo son filate svelte e liscie; l'attività sportiva dei centauri sarà ora unicamente indirizzata verso i due ultimi avvenimenti internazionali — la « Sei giorni internazionale » e il « Trofeo della Velocità » di Roma — e verso le sempre numerose ma non eccessivamente significative gare locali: qualche circuito di velocità e molta regolarità. Il bilancio, comunque, può chiudersi sin d'ora. Pigorini, Nocchi e Tenni sono i campioni italiani per l'anno XIV. Netta, travolgente, brillantissima l'affermazione del primo e del terzo, per i quali il campionato era deciso alla terza gara: incontrastata la loro superiorità, meritato il loro premio, Pigorini, su cinque gare, ne ha vinte quattro, e all'ultima, dispu tata il 14 agosto sul Circuito di Pescara, ha segnato il giro più veloce e il miglior tempo sul chi' lometro cronometrato. Quanto a Tenni, egli è giunto a Pescara con tre punti di van taggio sul suo immediato insegui tore Aldrighettì, e con cinque su Bandini. Egli è stato veramente l'asso per eccellenza, il centauro imbattibile dell'anno XIII: piegato talvolta per momentanea insufficienza di macchina, mai battuto con armi pari. Incerta sino all'ultimo è stata invece la superiorità nella classe 350, la cilindrata cenerentola, e appunto perciò la più contesa. Il fenomeno del diradarsi delle file, inevitabile nelle categorie occupate dai colossi — uomini e macchine — verificatosi nelle 500 e nelle 250, dove le velocità divenute oggi abituali hanno tolto ogni velleità ai campioni di secondo rango di misurarsi in isterilì tentativi — questo naturale fenomeno, che suona a lòde e non a sintomo di debolezza del motociclismo italiano, ha riversato nella già negletta categoria 350 il massimo numero di concorrenti. La lotta per il massimo titolo si è tuttavia ristretta, anche qui, tra i pochi veri campioni di grido: è curioso però notare come, tra di essi, il solo Nocchi affrontò l'ultima del campionato con una vittoria, quella di Tripoli, al suo attivo. Tutti gli altri si accontentarono di accumular punteggi nelle posizioni d'onore: e i vincitori delle altre tre gare, Colombo, Rossetti e Chiesa, presero cosi poco sul serio il campionato che neppure parteciparono a quattro delle cinque gare valide pel titolo, condizione pregiudiziale per poter concorrere al punteggio. Ancora una volta dunque la «350 », benché pronosticata da lunghi anni come la cilindrata sportiva per eccellenza che do vrebbe concentrare in un unico campionato assoluto le cilindrate minori e maggiori, finisce senza infamia e senza lode, e soprattutto senza veder rischiarata la situazione. E' la classe dei controsensi. Certo non si può prevedere sul serio un favorevole mutamento di indirizzo, sino a che l'industria ita, liana, oggi esclusivamente concen trata nelle 250 e nelle 500, conti' nuerà a trascurarla. C'è quasi da stupire (ma non da rammaricare, intendiamoci!) che il R. Moto Club d'Italia, dopo d'aver sepolta la classe 175 pur cosi vivace e' battagliera e ricca d'allori, tenga in piedi un campionato nella 350. Ha il bilancio sportivo non può prescindere da un accenno ai corridori che, pur privati della maglia tricolore, han creato quest'anno quasi un nuovo volto al motociclismo italiano, facendolo assurgere a mète ancor vergini, facendolo progredire come non mai nella passione delle folle, che per il primo anno forse hanno sanzionato col loro entusiasmo la definitiva popolarità di questo sport. Mai i ranghi dei centauri di grido, impegnati nelle manifestazioni d'importanza sono stati ristretti come quest'anno: e mai si è avuto un contemporaneo fiorire di grandi « assi », in grado di forma pressoché equivalente, cioè mera' viglioso, animati da sacro fuoco e da travolgente irruenza, indipendente e al di sopra di ogni formazione di squadra, di ogni interes se industriale. Tutte le prove di campionato si son disputate con 6, 8, al massi mo 10 partenti effettivi nelle due categorie vitali, del quarto e del mezzo litro, eccezione fatta per qualche comparsa insignificanteE altrettanto può dirsi delle altre grandi prove di velocità. Tuttavia mai l'Olimpo dei valori massimi è stato cosi degnamente affollatoquando mai si è potuto contare con pari e piena fiducia per qualunque incontro, davanti a qualunque più celebrato campione in ternazionale su qualunque terreno di una rosa di nomi come quella formata dp Tenni, Pigorini. Aldrighetti, Bandini, Serafini, NocchiTaruffi, Secchi. Fumagalli, SandriColombo, Rossetti, Brusi, GambiLami, Cavacciuti. Riva e qualchealtro ancora, per non citar che primissimi? L'anno XIII è dunque stato pemotociclismo italiano un anno trionfale. Nella quasi totalità delle corse classiche si sono migliorati decisamente i primati assoluti e di classe. Si è avuta una avvincente rotazione di vittorie. Sson portati vittoriosamente in terra stranieri i nostri colori. Si sono battuti, nella 250, dei récordmondiali. Si è fatto un sensibiluimcrsmhfcGnThag progresso nelle organizzazioni, i son battute medie più alte con una insignificante percentuale di ncidenti personali. Si è offerto al mondo uno spettacolo senza precedenti di forza e di disciplina. Un bilancio altrettanto roseo corona la partecipazione dell'indù stria italiana alle gare. Per il primo anno le macchine nazionali hanno decisamente schiacciata, in franta la produzione straniera an che nella massima cilindrata. La Guzzi ha trionfato in Inghilterra nella massima prova del mondo, UTourist Trouphy: ed a sua voltaha avuto la vita dura dal nuovoastro, la Rondine, essendone pTe°, _soe.iuuae pre gata a Tripoli e a Pescara. Il che significa che sono almeno due, inItalia, le marche capaci di domi-nare la più agguerrita produzione del mondo. Dal canto suo la Benelli, coi suoi récords mondiali, le sue vittorie e i suoi piazzamenti d'onore, la Bianchì col suo trionfo al Lario, le battagliere, marche emiliane nelle cilindrate e nelle gare minori, han dimostrato di non temere rivali fuori confine. Che si direbbe se in automobilismo potessimo registrare una situazione analoga? Eppure in mo tocicìismo l'Ibbiam MnoùTstatataun paio di anni. Oggi lo sport dewntauri merita un vibrante alalaA. F.

Luoghi citati: Inghilterra, Pescara, Roma, Tripoli