Agordat : nome fulgido di gloria

Agordat : nome fulgido di gloria Agordat : nome fulgido di gloria Sul campo di battaglia quarantadue anni dopo -- Come duemilacinquecento uomini, al comando del colonnello Arimondi, inflissero la clamorosa disfatta a 12 mila dervisci, famosi guerrieri etiopi (DAL NOSTRO INVIATO) AGORDAT. Anche la ferrovia Asmara-Cheren-Agordat, come già il tratto Massaua-Asmara, costituisce un miracolo della tecnica e del lavoro italiani. Arrampicando a mezza costa sopra burroni scoscesi, rivestiti di acacie nane- e punteggiati dal verde intenso delle euforbie candelabro, la ferrovia risale con risvolti arditissimi fino alla pittoresca valle dell'Anseba, dove stormi di merli metallici, pendolini africani, voli di faraone, falchi d'ogni specie, branchi di scimmiefarfalle multicolori indicano la vicinanza dell'acqua e danno vivacità al monotono ambiente tropicale della stagione asciutta. Sono partito da Asmara all'alba, diretto ad Agordat, al campo di battaglia dove il ZI dicembre 1893 il colonnello Arimondi, al comando di un corpo misto di poco più di 2500 uomini, battè e volse in fuga 12.000 Dervisci, che erano mossi all'attacco dei presidi italiani. Voglio rivivere sul posto il com battimento famoso, modello insù perato di vittoria campale colo niale aspramente combattuta, e imposta di forza mediante la superiorità del concetto di azione e della disciplina delle truppe: i due strumenti fondamentali dì sue cesso, oggi come allora, negli scontri tra- truppe organizzate bianche, o inquadrate da ufficiali bianchi, e orde indigene. La testa mozza di re Giovanni Anche un motivo sentimentalegiornalistico mi spinge al pelle grinaggio al campo di battaglia di Agordat: Arimondi, l'eroe purissimo di Agordat e di Adua, fu uno dei primi collaboratori militari del nostro Giornale e vi è certo chi non ha dimenticato le sue bellissime «Lettere a La Stampa» inviate e pubblicate durante la campagna d'Africa. Sono scortato da un vecchio, intelligente graduato eritreo che conobbe Arimondi e fu presente ad Agordat e ad Adua; lungo il tragitto in ferrovia, che non è breve, la mia guida si è mantenuta sempre silenziosa, ma quando giungiamo a Chcren, nella graziosa cittadina tropicale capoluogo .dei Beni Amcr, l'eritreo si scuote e sporgendosi dal finestrino del vagone mi mostra un'altura brulla e dominante, egli afferma, durante ì giorni che precedettero lo scontro di Agordat e durante la battaglia, funzionò in continuazione un posto di trasmissione eliografica che rese preziosi servizi al colonnello Arimondi. Rotto il ghiaccio, la mia guida impiega tutto il tempo del breve percorso Chcren-Agordat nell'illustrarmi con linguaggio pittoresco le virtù militari dei guerrieri dervisci, quando essi correvano da padroni l'Africa orientale, infliggendo batoste sanguinose a tutti coloro che osavano opporsi alle loro periodiche scorrerie. Effettivamente anche la storia ufficiale dà ragione alla mia guida: i fanatici guerrieri madhisti, sul finire del secolo scorso, in pochi anni avevano cacciati gli egiziani del Sudan, bollato a sangue l'orgoglio inglese a Kartum ed a Kassala, domato il Goggiam e saccheggiata Gondar e, infine, nella grande giornata di Matemma, nel 1889, avevano messo in rotta l'intero grande esercito abissino, uccidendone il condottiero Re Giovanni, la cui testa mozza, sanguinoso e crudele trofeo, era stata inviata al califfo in Ondurman. L'offensiva dell'emiro di Ghedaref In tutta l'Africa nord-orientale ■i Dervisci potevano dunque andare giustamente fieri della loro fama di,invincibilità; punti sul vivo dalle lezioni che gli Italiani avevano inflitto al loro predonaggio, che partiva da Kassala, nei due scontri di Agordat (giugno 1890) e Sarobeti (giugno 1892), i ma- dhisti avevano deciso, all'inizio del 189S, di effettuare un attacco in forze contro l'occupazione italiana di Cheren, con l'orgoglioso disegno di puntare poi su Massaua; soliti a partire per queste spedizioni all'improvviso e senza alcun preparativo, organizzarono con cura meticolosa l'operazione contro l'Italia, affidandone il comando al valoroso Ahmed Ali, emiro di Ghedaref, a fianco del quale fu messo l'emiro Fangialla, pratico della regione e del nostro modo di combattere, perchè presente allo scontro di Sarobeti. Assai bene informato della nostra situazione, Ahmed Ali decise l'attacco non appena seppe che il Governatore dell'Eritrea, generale Baratieri, era dovuto partire per l'Italia, considerando, non senza scaltrezza, la lontananza del comandante titolare come una causa di disagio nel funzionamento del comando. In assenza di Baratieri, comandante interinale era il colonnello Giuseppe Arimondi. La nostra colonia disponeva in quel tempo di scarsissime forze e queste molto disseminate per guardare tutti gli ampi territori da poco occupati e ancora in via di assestamento; il colonnello Arimondi risiedeva a Massaua; egli ebbe la prima notizia della imminente avanzata dei Dervisci ai primi di dicembre; diede ordini fulminei per concentrare tutte le truppe disponibili ad Agordat, dove i dervisci dovevano forzatamente passare per puntare su Cheren, e partì subito da Massaua per portarsi sul campo a prendere personalmente il comando delle forze raccolte. Le truppe disponibili non erano molto: sette compagnie di fanteria, due squadroni, due batterie, ti a i, e a ca el ncoia ef e aao eo, ue ) a- tre bande indìgene: meno di 3000 uòmini in tutto; le informazioni sui Dervisci davano 12.000 uomini con 7000 fucili e 500 cavalli. Il nostro squadrone di Cheren, comandato dal valorosissimo capitano Carchidio, venne inviato incontro al nemico per prendere il contatto e molestarne l'avanzata; ma i Dervisci procedevano tanto celermente che il giorno 20 erano già in vista di Agordat. Lo scontro era imminente. La manovra dei dervisci Ho davanti a me il terreno della battaglia e posso ricostruirne le fasi in ogni particolare; una vasta zona brulla solcata nella direzione est-ovest dal largo corso'del fiume Barcu; sulle due sponde del fiume una stretta fascia di vegetazione arborea a tipo nettamente tropicale; numerosi piccoli corsi d'acqua a sponde nude confluiscono nel Barca sulla riva destra e sulla riva sinistra, presso Agordat, dando al paesaggio un aspetto intricato c sconvolto; alcune al- ture aride, con scarni alberelli iso- lati e macchie di arbusti radi, do- minano la riva sinistra del fiume, elevandosi di 100-200 metri; sulla altura più prossima al corso d'acqua, un fortino in muro a secco prendeva di infilata, col tiro dei suoi pezzi, tutta la valle a est e ad ovest. Terreno insidioso, favore- 0 i i , l ; o o e l l e i e - vole alle piccole e grosse sorprese tattiche ed alla manovra. Il combattimento fu breve ma complesso e violentisismo. Arimondi aveva schierato i suoi, sin dall'alba del giorno 21, sulla linea di alture a sinistra del fiume Barca, tra il villaggio di Agordat e le pendici più basse di M. Uantet, coll'intenzione di sfruttare il domìnio del terreno, in caso di attacco nemico, e la possibilità di manovrare sul fianco dei Dervisci, qualora essi tentassero sfilare puntando direttamente su Cheren. I Dervisci, avanzando da ovest, alle prime luci dell'alba apparvero sulla sinistra del Barca in imponente colonna di marcia. Continuando a tenere ostentatamente formazione dì marcia e procedendo celermente, essi guadarono il fiume quasi secco,-a valle di Agor dat, fuori tiro della nostra batte ria, poi, tenendosi sempre fuori tiro, avanzarono, con ardita marcia di fianco, lungo la riva destra e, giunti all'altezza dei pozzi di Sab derat verso le ore 11,30, ripassarono sulla sinistra del fiume, puntando ai pozzi con l'evidente piano di tagliare alle forze italiane la via di comunicazione e di ritirata. Il fulmineo contrattacco II colonnello Arimondi, dal suo posto di comando, aveva continuamente seguito la marcia dei Dervisci senza far sparare un colpo, nè eseguire spostamento alcuno; egli appariva attento e sereno; quando vide i Dervisci puntare ai pozzi, con prontissima decisione e intuito geniale lanciò il suo attacco. L'intera ala, destra dello schieramento italiano, al comando del tenente colonnello Cortese e seguita da una delle due batterie, si mosse silenziosa e compatta, attraversò velocissima il torrente Damtoi, prese posizione e apri un fuoco violento e ravvicinato sul nemico, che aveva occupato e sorpassato Sabderat e Algheden. I Dervisci, ottimi guerrieri, raccoltisi prontamente attorno ai loro emiri, sostennero per pochi minuti il fuoco italiano, poi in massa ondeggiante e compatta, si lanciarono di corsa al corpo a corpo. Si accese una mischia accanita; i nostri sostennero magnificamente l'urto, ma, poi, sopraffatti dalla enorme preponderanza numerica, dovettero cedere terreno, a poco a poco; la batteria, che aveva appena aperto il fuoco, non ebbe il tempo di ricaricare i pezzi sui muli, che vennero tutti uccisi, e dovette abbandonarli sul posto. II torrente Damtoi venne ripassato dai nostri ordinatamente, e le truppe, al comando del capitano Galliano, ripresero posizione sulle alture di sinistra del torrente e aprirono un fuoco micidiale sulle orde madhiste, che esitarono; erano le ore 13, i Dervisci erano ormai a contatto dell'intero fronte e la battaglia, impegnata in pieno, era giunta al suo istante critico, a quel momento in cui è l'azione dei capi quella che decide della vittoria o della sconfitta. Il colonnello Arimondi era sempre calmissimo al suo posto di comando, bersagliato dalla fucileria madhista; consultò brevemente il suo Capo di Stato Maggiore, maggiore Salsa, fece appiedare i due squadroni poiché il terreno non consentiva l'impiego a cavallo, unì ad essi una compagnia e, con queste unità, rinforzò l'ala destra ordinando l'immediato contrattacco; il Damtoi venne ripassato e la mischia si riaccese furiosissima su tutto il fronte, sostenuta dal fuoco della batteria del forte che sparava con tutti i suoi pezzi a celerità massima. I Dervisci, colti di sorpresa dall'improvviso assalto, cominciarono ad indietreggiare, i nostri incalzavano senza dare respiro, i pezzi della batteria perduta vennero ripresi, Arimondi gettò nella fornace le suo ultime riserve ed i tefrmlcldqfsdlI c| rpCltSPvlfnfnafrrmaLllafmccpS- [Dervisci attraversarono il fiume\ Barca in piena rotta. Alle 15 la battaglia era finita. Sul campo di battaglia giacevano Ahmed Ali ed i quattro emiri morti, oltre mille cadaveri, 12 bandiere, migliaia di urini e circa un migliaio di feriti. Arimondi seppe completare la splendida vittoria con un inseguimento che minacciò i Dervisci fino a Cassala e tolse loro ogni velleità e possibilità di rivincita. Un piccolo corpo d'esercito italiano aveva così frantumato in poche ore la solida fama di invincibilità dei valorosi guerrieri madhisti. Al vincitore di Agordat venne decretata la promozione a generate per merito di guerra. Nella storia delle guerre coloniali la giornata del 21 dicembre 1893 rifulge come esempio luminoso di battaglia campale con vittoria completa e decisiva; e giustamente è stato detto che ad Agordat, più che in qualunque altro episodio coloniale, emerse la superiorità intellettuale dei condottieri, marcando il distacco che anche la guerra segna tra una stirpe civile e progredita e una popolazione rozza e primitiva. Giacomo Carboni. L CAMPO DI BATTAGLIA DI AGORDAT: CIGLIONE OCCUPATO DALLE NOSTRE TRUPPE. CAMPO BATTAGLIA AGORDAT