La Nazione in armi segue le mete segnate dal Duce

La Nazione in armi segue le mete segnate dal Duce Mentre le Legioni partono per l'Africa Orientale La Nazione in armi segue le mete segnate dal Duce Dopo la liquidazione della conferenza di Parigi: il perchè di un fallimento La partenza di Aloisi L'errore fondamentale di Eden Parigi, 19 notte. SÉ Fallita la riunione tripartita dopo cinque giorni di difficili nego. alati, le delegazioni italiana e brl! tannica hanno lasciato Parigi. .Oggi, air Antony Eden»e il barone Aloisi si sono recati al Qual d'Orsay, a prendere congedo dal signor Lavai e ringraziarlo per gli sforzi conciliativi da lui spiegati duante le conversazioni. La delegazione italiana è partita per Roma stasera, col diretto delle 22,10. Alla « gare de Lyon » erano convenuti per salutare il barone Aloisi, il capo del Protocollo in rappresentanza del signor Lavai, Ministro degli Esteri, il R. Ambasciatore Cerruti, il R. Console generale comm. Camerani, il Commissario del Fascio Catalano Gonzaga, le personalità più cospicue della colonia e una folla di connazionali. slSrano pure il conte Luigi Aldro^,Vandi e il signor Montagna, della commissione di arbitrato e condilazione per l'incidente di Ual■ Ual che si è riunita oggi per la prima volta alle 17 all'Hotel Maurice. Lo scacco della riunione di Parigi è ampiamente commentato dalla stampa, che ne sottolinea la , gravità, rendendo in pari tempo omaggio all'opera di conciliazione svolta da Lavai. Marcel Pays suH'.E.rceZsior cosi si esprime: « Trasformando in ultimatum rivolto a Mussolini al di sopra della persona del barone Aloisi, il riconoscimento principale dei tre Jirincipi dell'indipendenza integrae dell'Etiopia, del non ricorso alr'IÌB, guerra e dell'inflessibilità del • patto della Società delle Nazioni, U\ negoziatore inglese ha reso inoperante il suggerimento francese di .un condominio anglo-francoitaliano sull'Abissinia, nella cornice dell'istituzione internazionale di Ginevra. Per colmo di sventura, ia stampa britannica, messa in effervescenza da ritagli di stampa italiana abilmente selezionati, ha formulato delle minacce che dovevano fatalmente incitare Mussolini alla resistenza. Paradossi in serie <V»fc « Come si è potuto concepire in '.iHeno alla delegazióne britannica che il Duce, dopo avere inviato in Eritrea 200 mila uomini, nelle file dei quali sono i suoi propri figli, si rassegnerebbe a ritirare le truppe prima di conoscere le « sicurezze » e le « concessioni » che l'Impero britannico accorderebbe all'Italia in Etiopia ? Non era forse paradossale il voler limitare i negoziati ai « vantaggi economici » ad esclusione delie « condizioni politiche », laddove un'elementare nozione della vita africana dimostra la loro stretta interdipendenza? Si possono immagina' re, forse, trenta o quarantamila operai italiani con le loro squa, :' ;dre di ingegneri e di specialisti lavj.vorare alla costruzione di strade ■ o di ferrovie senza forze di polizia italiane per difenderle contro le incursioni di tribù bellicose che Sfuggono ad ogni controllo delle autorità etiopiche? Dove si è sognato a Londra che quei lavoratori potessero essere « protetti » dalle truppe del Negus? ». Esprimendosi con non minore jjBeverità, Jacque Bainyille scrive p£j|fculla Liberté che il Governo britannico non ha compreso che Mussolini non ha fatto preparativi coal vasti e costosi per non esigere .' ài ottenere senza effusione di san. gue almeno i|na parte di quello che può sperare dall'impiego dei poderosi mezzi d'azione che egli ha riunito nell'Africa Orientale. Vincolati da istruzioni troppo strette, i negoziatori britannici non hanno approdato ad alcun risultato ed hanno fatto naufragare la riunione. Il Bainville prosegue dibendo che se il Governo britan. nlco era deciso a impedire agli Italiani l'entrata in Etiopia, ha commesso un primo errore non dandone l'avvertimento netto e categorico a Mussolini, prima che [uesti preparasse una spedizione, irse il Foreign Office ha pensa¬ to che le sue osservazioni sareb- . bero state inefficaci e che Musso- j lini sarebbe passato oltre ? Allora i non si comprende la missione di ' intransigenza, di cui i delegati in- , gli alla conferenza erano incaricai1 tripartita Conclusione fatale Il Matin osserva giustamente che « la difficoltà incontrata », cui accenna il comunicato ufficiale di ieri sera, consiste soprattutto nel fatto che il diritto si è urtato contro la realtà. Il giorno in cui si pretendeva trattare come un paese sovrano, un territorio che trentanni fa era stato diviso in sfere di influenza, ciò che è agli antipodi della sovranità di un paese; dal giorno in cui si pretendeva fare tabula rasa di tutti i trattati conclusi in passato e redatti, del resto, in termini confusi per valersi soltanto del Covenant; dal giorno in cui, in virtù di principii ginevrini, si pretendeva mettere sullo stesso piede un grande stato civile d'Europa e uno Stato semi-barbaro d'Africa, era fatale che la riunione si inoltrasse in una via senza uscita. Persino il Temps, in un editoriale nel quale cerca di non sbilanciarsi, dopo avere magnificato tutto quello che era stato offerto all'Italia: vantaggi territoriali, larghe concessioni minerarie, agricole e ferroviarie, autorizzazioni di mantenere presso le autorità etiopiche consiglieri tecnici e istruttori militari, cioè averle offerto di che poter rapidamente condurre ad un protettorato di fatto, e che l'Italia ha respinto invocando i pericoli che l'atteggiamento del Governo etiopico fa correre alle colonie italiane dell'Africa Orientale, deve ammetterò che l'Italia, che ha realizzato tardi la sua unità, venuta più tardi ancora nel rango di grande potenza ma profondamente cosciente di quel rango finalmente conquistato, può, a giusta ragione, meravigliarsi di vedersi vietare certi metodi di espansione dalla nazione stessa, che ne ha usato nel modo più largo. « Gli argomenti che l'Italia impiega per legittimare la sua azione in Etiopia — scrive — non sono analoghi a quelli di cui si è servita l'Inghilterra nelle Indie, nel Transvaal e altrove? Come le si può negare, a Londra, l'esercizio di un diritto naturale che Londra ha cosi spesso invocato? E perchè davanti ad essa le Potenze provviste chiuderebbero il libro d'oro del colonialismo? ». La Republique constata che mai, quando si è trattato di questioni europee, ma soprattutto quando si è trattato della Germania, l'Inghilterra aveva messo tanta fretta e tanta febbre nel sostenere i principii del Covenant. Mai essa aveva agitato, con tanto rigore, la minaccia di sanzioni in ternazionali. Alla preoccupazione francese del diritto, essa aveva sempre opposto la sua preoccupa¬ zione della pace e della concilia' zione. Occorre, dunque, che sia unicamente nelle questioni coloniali che l'Inghilterra scopra il principio dell'intangibilità dei trattati? Stamane, poi, Lavai ha ricevuto anche Teclé Hawariate, col quale ha avuto una conversazione abbastanza lunga. LA SUPERBA DIVISIONE XXVIII OTTOBRE A BENEVENTO SFILA DINANZI AL DUCE