Nella berlina reale tra Dormans e Parigi

Nella berlina reale tra Dormans e Parigi UN TRONO ALLA DERIVA Nella berlina reale tra Dormans e Parigi Latour-Maubourg, amico di Laayette, non è che un'elegante omparsa dell'assemblea. Gerolamo Pétion — destinato a costiuire più tardi con Robespierre e Buzot un triunvirato che non sarà meno celebre di quello Lameth Barnave Duport — non gode anora di quella vasta popolarità che gli varrà ben presto d'essere paagonato a Gesù Cristo, ma è già un uomo conscio, e si potrebbe dir gonfio, della sua importanza di appresentante del popolo e si lacia chiamare con compiacenza il virtuoso Pétion. Posto tra LatourMaubourg e Barnave, momentaneamente associati da un unico copo, salvare il re e il principio monarchico, egli deve limitarsi a osservare e vigilare, funzioni alle quali il suo carattere sospettoso o rende singolarmente adatto. Una geniale finzione E' certo che di questi tre uomini, Barnave è il solo che abbia un compito diverso da quello affidato loro dall'assemblea. Lafayette ha additato l'unico modo di salvare Luigi XVI: alla mattina del 21 giugno, quando la notizia della fuga del re si è sparsa per Parigi, 11 comandante della guardia nazionale, assumendo coraggiosamente una momentanea dittatura, ha emanato e diramato, affidandolo a corrieri improvvisati, l'ordine di arrestare i fuggiaschi. Ora, l'ordine comincia con queste parole: « Les ennemis de la Revolution enlevant le roi... ». Una trovata di genio, tanto più straordinaria in quanto viene da un uomo, come Lafayette, tutt'altro che geniale: il re non è fuggito, d stnfo rapito. E' questa la finzione su cui i Costituzionali, con i « triunviri » alla testa, imposteranno la loro prossima azione intesa a scagionare il re da ogni accusa. Nessuno si chiede che cosa si possa fare d'un sovrano che si lascia rapire, ridotto nelle condizioni d'un fantoccio coronato. Necessità non ha legge: i Costituzionali hanno bisogno di questo sovrano per governare in suo nome e, soprattutto, per fare di lui il palladio della loro resistenza al dilagare dello spirito rivoluzionarlo; perciò hanno deciso di rimetterlo sul trono. Ma è necessario che Luigi XVI e Maria Antonietta siano messi al corrente dello sforzo che i « triunviri » intendono fare per l'estremo salvataggio della Monarchia. E' quindi logico supporre che Barnave abbia ricevuto dai suoi amici l'incarico di intendersi con la coppia reale prima che questa rientri a Parigi. Bisogna dire che questo povero re è notevolmente bistrattato proprio da quelli che vogliono salvarlo. Già in casa di Latour-Maubourg, mentre Barnave si faceva aspettare, la conversazione si 6 aggirata su Luigi XVI e sul trattamento che l'assemblea gli avrebbe riserbato dopo la sua scappata. Qualcuno ha espresso l'opinione che sia opportuno imprigionarlo, altri che convenga rimetterlo sul trono, sotto la tutela d'un consiglio. Soltanto Duport non si è pronunciato. La conclusione su cui tutti si sono trovati d'accordo è che. « quel grosso porco (Luigi XVI) si dimostra parecchio ingombrante ». In viaggio, durante una fermata, la discussione su quello che convenga fare del re ricomincia. « E' difficile pronunziarsi » dice Latour-Maubourg; « è un animale che si è lasciato trascinare... in fondo, è un disgraziato e fa pro¬ psis prio pietà ». Barnave, dal canto suo, riconosce che Luigi XVI è un imbecille. « Voi che cosa ne pensate? » domanda a Pétion. E questi — che ha sorpreso un cenno d'intesa fatto da Barnave al compagno — risponde che neppur egli è alieno dall'idea di trattare il re come un imbecille incapace di occupare il trono. La sua opinione è che gli si debba imporre un tutore, e spiega che per tutore intende un consiglio nazionale. Come si vede, una commovente unanimità riuniva quei tre uomini di partiti diversi. L'agonia del ritorno Intanto i prigionieri regali, chiusi nella mastodontica berlina che de Fersen aveva fatto costruire appositamente per la fuga (quella berlina della quale si disse scherzosamente ch'era « un riassunto del castello di Versailles »), circondati da uno sterminato popolo eccitato dall'ira, dal sole e dall'alcool, difesi da poche guardie nazionali, per Sainte-Ménehoulde e Chàlons, attraverso le verdi colline dell'Argonne e le rosse pianure della Champagne, tornavano a tappe faticose da Varennes verso il tumultuante cuore della Francia. La grande avventura che avrebbe dovuto dare al re, insieme con a libertà, il modo d'imporre le proprie condizioni all'assemblea per il ritorno del Paese alla normalità, finiva miseramente nella unga agonia di quel ritorno sotto l sole rovente di giugno, nel polverone che mozzava il fiato, nel ezzo irrespirabile di una moltitudine in marcia che, ebbra e sudata, si stringeva intorno alla carrozza, simile a una massa oscura, anonima, paurosa nella quale baenavano soltanto gli occhi feroci e i denti abbaglianti. I due bimbi — il delfino e madama reale — passavano dalla curiosità alla paura e da questa 'li nuovo alla curiosità: pur i bambini tutto è, prima d'ogni altra cosa, spettacolo. Ma gii altri, 1 grandi, non avevano più sentimenti, se si eccettui quello della definitiva sconfitta. La notte angosciosa di Varenncs, le ore di terribili alternative tra speranza e sconforto trascorse nella casa del consigliere Sauce, candelaio e droghiere, mentre una folla immensa si stipava nelle strade del paese urlando: «A Parigi! A Parigi!», avevano esaurito in essi ogni possibilità d'emozione. Li teneva ormai una specie di rassegnata apatia, nella . quale aveva certo una larga parte la stanchezza di quei tre giorni di viaggio, su cui faceva spicco il contegno ancor fermo e risoluto di Maria Antonietta. Eppure la morte, sinistra compagna di viaggio, era al loro fianco, cavalcava allo sportello della carrozza e, di tanto in tanto, guardava dentro il grande scatolone arroventato, sobbalzante sul le carreggiate e le buche prof onde I! della strada mal tenuta, come per !j assicurarsi che le sue vittime fos-1isero ancora tutte 11. La morte eraj in potenza nell'esaltazione della /folla cenciosa che scortava trion-fante la Berlina e procedeva tu- ;multuando sotto il sole, lungo lastrada e nei campi; i prigionieri :l'avevano vista scatenarsi improv- [visa quando, il conte de Dampier- j;re, un gentiluomo che li aveva sa-1Sutati rispettosamente all'uscita,•da Sainte-Ménehoulde, era stato, trucidato e fatto a pezzi in un fosso, quasi sotto i loro occhi. . ' . [Giungono 1 commissari ; La tappa Chàlons-Epernay fula più terribile di tutto il viaggio. Nel villaggi scaglionati lungo la 'strada, gli abitanti che vedevano ;passare la berlina circondata dalla ìfolla frenetica, simile a un rotta-1me alla deriva su un mare in tem- !pesta, rimanevano coll'impressio- ne che i prigionieri non potessero 1sfuggire a una prossima strage. !L'arrivo dei commissari dell'as- !semblea dovette quindi apparire zata per la sorte delie guardie del corpo che sedevano a cassetta del- la berlina e già a varie riprese avevano corso il rischio d'essere uccise, fu la prima a rivolgere laparola ai deputati. «Oh! signori !» |esclamò con le lacrime agli occhi,afferrando la mano di Latour- Maubourg e di Barnave. < Ah! si- gnor Maubourg... fate in modo che a nessuno debba capitare una di-sgrazia... che le persone che ci hanno accompagnato non siano uccise!». Intanto Luigi XVI af- fermava, « en parlant avev volti- bilité » — secondo scrive Pétion —, ch'egli non aveva avuto nessu-na intenzione di uscire dal Regno e Barnave, volgendosi a Mathieu-Dumas che gli era vicino, gli sus- surrava: « Ecco una frase che sai-vera il re!». Barnave ebbe subito modo dimostrarsi sotto una luce favore- vole: poco prima dell'arrivo dei commissari dell'assemblea, la ca-naglia che circondava la carrozza si era impadronita del vecchio cu- rato d'un paese lungo la strada e, legatolo su un cavallo, aveva giù- rato a gran voce di scannarlo sot- to gli occhi di Capeto e della sua famiglia. Barnave insorse in di- fesa di quel povero diavolo gri-dando ai forsennati che si prepa-ravano a ucciderlo: Tigri, avete dunque cessato di essere urini- ni?...» insieme con altre cose nel- lo stile oratorio del tenipe che ot-tennero l'effetto voluto. Poi, sem-pre Barnave, in piedi a cassetta della berlina, lesse tra grandi ac- clamazioni il decreto dell'assem- blea e Mathieu-Dumas cercò di in-si rimise in moto verso Dormans. dove i viaggiatori dovevano pas-sare la notte. L'avventura d Barnave e Pétion resto del viaggio nella re, offrendo certo, insieme con la . „,.. l return compirono il la berlina delfamiglia reale, uno degli spetta-,. , . V, t coli più smgolart della storia: quello, cioè, di due mondi avversi, ostili, irreconciliabili chiusi insieme in un'angusta scatola mobile. La regina al primo momento aveva mostrato desiderio di offrire un posto nella berlina a Latour-Maubourg, ma questi le aveva spiegato che bisognava guadagnare I alla causa reale Barnave; che il ! fatto di sedere nella carrozza del 1 re avrebbe lusingato la sua valnità, e che perciò egli, Latour iMaubourg, si sarebbe adattato a i viaggiare in cabriolet eoa la si gnora Brunier e la signora de i Neuville, le due cameriste che avevano partecipato alla fuga. [ Nel primo momento, quando la j berlina si era mossa, tra quei viag1 giatori cosi vanamente assortiti, , c'era stato un po' d'imbarazzo, , Barnave sedeva nel fondo della carrozza, tra Luigi XVI e Maria Antonietta, Pétion sul davanti tra [Madama Elisabetta e la signora ; de Tourzel. Il delfino aveva preso Posto sulle ginocchia di sua ma dre> madama reale su quelle della ' fonante. Ben presto però, trar ; quelle otto persone si stabili una ì sinfolare ana dl familiarità. La1 regina, che dapprima si era tirata !11 vel° sul viso' lo rialzò e prese Parte alla conversazione. 1 Fu questo, per Barnave, il mo-! mento del « coup de foudre ». Il ! Blanc, riassumendo, per cosi dire, m una frase il punto di vista della ' tenuata, la leggenda della perico- losa seduttrice, della perfida Circe — nata, come vedemmo, dalle fantasie mostruose degli scrittori '* libelli - che si perpetua. Non | troviamo forse in un pamphlet1 apparso nel 1793 l'asserzione che non soltanto Barnave. ma anche Pétion, il virtuoso Pétion, si era lasciato soggiogare dalle graziei dell'Austriaca? In realtà Pétion, che durante a [ viaggio nella berlina si sforzò di tenere un contegno severo, fatto, per usare delle sue insostituibili j espressioni, di « dignité sans du-lreré» e di «douceur sans affé- j ferie », riuscendo soltanto a essere 1 villano, ebbe anch'egli la sua pie- cola avventura, alla quale, però, i la regina fu estranea. Infatti, al- I cuni più o meno fuggevoli contatti icon la sua vicina, inevitabili in una carrozza nella quale stanno Pigiate otto persone, fecero si! ch'egli s'illudesse di aver destato un tenero sentimento nel cuore di madama Elisabetta. I primi pen- sieri di Pétion dinanzi ai supposti tentativi di seduzione compiuti nell'ombra complice della carroz- i za dalla sorella di Luigi XVI fu- rono, bisogna dirlo, pieni d'una - giusta diffidenza, naturale in un 'uomo chiaroveggente per il quale gli intrighi delle corti non avevano misteri. «Non potrebbe darsi » pensò «che madama Elisabettaifosse decisa a sacrificarmi il suoj onore soltanto per indurre me a sacrificarle il mio?». Ma poi la vanità maschile ebbe11 soprawen- to, Pétion si persuase di essere , amato e desideralo, e la cosa lo ! nanzi alla storia. Questa fu yav. jventura di Gerolamo Pétion. | Quanto al caso di Barnave, esso j merita d'essere esaminato più mi- 'mitemente. Cesare Giardini l u<uu"" 1 1 Precedenti capitoli sono apparsi i su 4 La btampa-> dei giorni 4 e 8 | ag0sto. « L'ARRESTO DELLA FAMIGLIA REALE A VARENNES (da una stampa popolare dell'epoca - Biblioteca Nazionale) GEROLAMO PETION (dis. di Labadye - Bibl. Nazion.) e Dsuve

Luoghi citati: Francia, Parigi, Varennes