Il «Coriolano» a Roma sullo sfondo del Palatino

Il «Coriolano» a Roma sullo sfondo del Palatino Il «Coriolano» a Roma sullo sfondo del Palatino Roma, 9 notte. La Tragedia di Corìoìano è l'ulma delle grandi tragedie di Gulielmo Shakespeare. Scritta inorno al 1609 è il supremo sfogo he aveva suscitato in lui la traica avventura del conte di Essex. ramai la vita non gli serbava iù nulla che lo eccitasse e lo ineressasse al lavoro. Raggiunta la loria, ottenuta la ricchezza, olrepassata la gioventù, che cosa oteva- chiedere oramai alla Foruna se non il riposo e la contemlazione ? Il grande Will stava già er trasformarsi nel grande Propero e — dato un addio a tutte e vane lusinghe di Londra — ritiarsi nella sua bella casa di Straford da dove — come l'eroe della ua Tempesta, avrebbe gettato in ondo al mare il libro del comano e la bacchetta della magia che anti morti della storia aveva reuscitato e tante figure della legenda fatto vivere. D'altra parte tempi erano oramai propizll a uesto ritiro. La ribellione del cone di Essex aveva disperso o uccio quasi tutti 1 suoi amici. Egli veva veduto la plebe infiammarsi lle rappresentazioni del Biocaro li, applaudire la deposizione el Re, incoraggiare la rivolta alla irannia dei suoi ministri. Poi, a ivolta scoppiata, aveva assistito lla indifferenza di quella stessa lebe che aveva lasciato sopraffae, senza muoversi, coloro che pue aveva- prima incoraggiato col uo contegno. E finalmente era tato presente al volubile mutamento di quella medesima plebe he dinnanzi alla spietata represione si era agitata contro gli eseutori di essa tanto che Walter Reilegh e Francis Bacon — conigliere l'uno e giudice l'altro dela implacabile applicazione della egge — erano dovuti fuggire per imore di peggio. DI qui l'odio per la « bestia dalle mille teste » empre pronta a mutare secondo gli ultimi suggerimenti e il ranore serbato contro la grande Eliabetta che si era mostrata spieatissima nel punire. Di qui la saira atroce della folla nel Giulio Cesare e la tragica amarezza del Coriolano. Il quale è si il grande aristocratico, nutrito di tradizioni avite, di orgoglio ereditario, di ambizioni ' militari, di brama di dominio: ma è anche e sopra tutto l'uomo che sa quanto si possa fidarsi della plebe, la quale dopo aver esaltato Bruto alle più alte altezze, si precipiterà ciecamente alle sue case per trucidarlo e dopo aver cacciato Coriolano come tiranno, si piegherà ai suoi ginocchi per supplicarlo come nume. E la tragedia di Coriolano è tutta qui. Perchè è bensì vero che la di- mhtspmcsdapdnmvscal1Tcmft~èirir nnrtp dpi dtornrqi maSBi°r parte q,ei discorsi remo cosi — storici, sono a pena una parafrasi alla prosa di Piùtarco: in ognuno di essi vi ha aggiunto quel tanto che è tutto SUO, di Guglielmo Shakespeare, cioè, ed è = tnnto „hp lAx ,oro .. ' ed è quel tanto che dà loro una vita più durevole e li rende immortali. Inoltre nella tragedia shakespeariana vi sono due caratteri che, in Plutarco si veggono a pena accennati:' quello di Volumnìa e quello di Menenio Agrlppa. Ma sono a punto quei due caratteri che trasformano una pagina di storia in un'opera di sublime poesia. Senza Volumnia non si capisce Coriolano e Guglielmo Shakespeare l'ha creata tutta d'un pezzo come una infrangibile matrice da cui uscirà l'infrangibile spirito del guerriero. « Io mi compiacqui di fargli ricercare ilpericolo » ella dirà fin dalle primebattute « là dove avrebbe potuto trovare la gloria. Un giorno lo mandai ad una sanguinosa guer ra da cui tornò con la fronte co ronata di querce. E bene io ti as- sicurp 0 figlia che il. giorno in cuivoua cnemi dissero per la prima mi era nato un figlio maschio, nonprovai tanta gioia come quando seppi che egli si erti, dimostratoun uomo ». To be a man: essere un uomo è il supremo orgoglio dello spirito anglosassone. In quanto a Menenio Agrippa — che nella narrazione di Plutarco apparisce soltanto per l'apologo! del ventre e delle membra — egli|ne ha fatto il contrasto vivente d, coriolano: non ambizioso per sèma per la gloria del suo amicoduttile, persuasivo pieghevole tanto, quanto questi e rigido ed inflessibile. E lo difende dinnanzi asenatori e lo spiega al popolo e cerca di farne comprendere la grandezza per attenuarne i difetti. In una parola egli è il libro — lo definisce cosi Coriolano stesso — dove ogni sua azione è felicemente amplificata. In quanto a tutto il resto ci troviamo di fronte alla più feroce requisizione che un poeta — e, aggiungerò, un filosofo — abbia mafatto contro la folla. Tale una re quisizione che non erano vera mente le esagerazioni e i tagli più o meno suggestivi, onde l'anno scorso il riduttore francese credette bene — per opportunità politica — di presentarlo al pubblico parigino. Perchè — e qui rientriamo nevivo della questione — è assolutamente assurdo accentuare il chia! roscuro di un poeta come Gugliel • m0 Shakespeare. Voler adattar - la figura di un eroe — cosi comH***™ ^ * cent-° anm fa — a questo o a quel l'uomo politico dei giorni nostri ¬ . e n cercare di deformare certi avvenmenti storici che già erano statdeformati una prima volta, pefarli aderire alla nostra propricronaca è sciupare un'opera d'artsenza ottenere lo scopo prefissoGuglielmo Shakespeare si era servito di Coriolano per creare la figura di un eroe, quale lo avev. no» le varie località. Direttore dscena è stato anche questa voltDomenico Tumiati, eccellente attore ed eccellentissimo conoscitordel teatro inglese. Del..Concitanconcepito a traverso le pagine dPlutarco e per dar sfogo a cersuol sentimenti personali quali erano fermentati in lui da fatti recenti dell' Inghilterra elisabettiana. Questo e non altro. E fa sorrdere oggi nel leggere quante mabelle cose gli esegeti moderni trovano nell'opera del grande poetinglese. La rappresentazione di questsera, ha spostato il suo luogo dazione. Invece dei tre archi laterali della Basilica di Massenzi | come scenario, si è avuto lo sfon-1d0 del Palatino: il che, per untragedia quale è il Coriolano, sprestava di più. Inoltre invece deTamberlani, abbiamo avuto com" ! regista il De Cruciati, ottimo eiedel teatro inglese. Del .Coriolanl d'altronde, si aveva già dato varh anni or sono una magnifica ed^ «™ * cui egli sostenne la part del protagonista. Peccato p .questa volta, abbia avuto eleme iti inferiori. Come per il Giii/„,, esare, salvo uno o due elementi ra 1 «*uali è t,a "bordare il Tarn erlani che — a parte certi suoi tteggiamenti troppo visibilmene ruggeriani — ha avuto momenti veramente felici, gli altri hanno fatto quel che hanno potuo; poco. E poi, in queste rappreentazioni bisognerebbe curare di più i costumi. Pur troppo ci siamo trovati, tutte e due le sere, con certi romani di fantasia, i cui vetiaril erano evidentemente tolti da qualche magazzino teatrale di altri tempi. Ah, quelle mantelle di percallina rosso-bandiera che ondeggiavano sulle spalle dei legionari! E quei popolani con certi maglioni verde veronese che facevano pensare a un circuito cicli stico di provincia! E quei senatori con certi laticlavi che volevano ad ogni costo battere il rècord del e mantelline militari! Quando nel 1910, la Compagnia Stabile del Teatro Argentino mise in scena il Giulio Cesare, Duilio Cambellotti che era incaricato dei costumi e degli scenari pensò prima di tutto a darci un insieme di colori intonati che armonizzavano perfettamente col fondali. Qui non si è fatto nulla di tutto ciò e si è avuto torto. Non bisogna dimenticare che Guglielmo Shakespeare compensava la schematica nudità della scena, con la magnificenza dei costumi, molti dei quali acquistava dalla guardaroba reale, fra quelli che erano serviti per le cerimonie di corte. Ma qui si entrerebbe in un altro campo che ci costringerebbe a dire che come si hanno dei « quasi romani » si ha anche un « più quasi Shakespeare » e questo non è compito mio, tanto più che le rappresentazioni dal punto di vista del « successo » sono state trionfali; nè si deve dire che certe pecche si trovano anche nei teatri delle altre nazioni. Se altri popoli fanno male, noi dobbiamo far bene e se fanno bene noi dobbiamo far meglio e se fanno meglio noi dobbiamo fare benissimo. Si tratta di un ambiente unico al mondo che potrebbe essere — come i concerti della Basilica di Massenzio — una delle grandi attrattive di Roma estiva. Diego Angeli AMnnmtsdpBesgtt

Luoghi citati: Inghilterra, Londra, Menenio, Roma