Un giorno con gli elefanti

Un giorno con gli elefanti Bgtttstg-lie nella, giungla Un giorno con gli elefanti (dal nostro inviato speciale) Lat. 25 N., Long. 90,40 E., giugno. Tuttavia terrorizzato dal terribile inseguimento dei cani, il giovane bufalo — trovatosi improvvisamente circondato dalle torreggienti masse degli elefanti — cominciò a muoversi adagio adagio col branco dei suoi nuovi protettori. Dopo qualche mezz'ora, cominciò a sentirsi al sicuro in quella fortezza di massicce forme grigie: la compagnia dei mastodonti non gli infondeva quel senso di sicurezza che aveva provato fra le antilopi. 8e ci fosse stato da fuggire, ad esempio, come avrebbe potuto egli correre a balzi in mezzo a quelle gambe grosse come tronchi di vecchi alberi? E gli elefanti avevano delle sentinelle per segnalare il pericolo? E come lo segnalavano? La marcia nel bosco Comunque, per non rischiare niente e finché udiva il latrare dei cani, si tenne ben bene al centro del branco procurando di evitare di dar fastidio ai bestioni e di prendersi da essi un colpo di piede. Là in mezzo non poteva vedere nient'altro che elefanti, ma, ad un certo momento, uno di essi alzò la proboscide aprendo uno spiraglio di visibilità sul terreno circostante, in modo che il bufalo potè vedere i cani allontanarsi dal luogo dove avevano sostato dopo la caccia. Questa manovra non lo tranquillizzò: sapeva che i cani non lo avevano dimenticato e non avevano perduto la speranza che egli lasciasse il branco. Ma era ben deciso a non dare ai nemici famelici una tale possibilità, il senso di sicurezza nella collettività che si era sviluppato in lui specialmente vivendo con le antilopi e la paura della solitudine lo presero interamente: non si sarebbe mosso dal centro del branco. Un vecchio elefante maschio, avanti di anni, monumentale, con la pelle grinzosa e screpolata, faceva da guida lungo un cammino che doveva essere percorso di frequente dagli elefanti giacchè l'erba era calpestata e insecchita: camminavano con lenta sicurezza curandosi poco di quello che succedeva intorno ad essi. Il bufalo rallentò la marcia per tirarsi verso la coda del branco onde vedere se i cani seguissero ancora aspettando l'occasione buona: evidentemente però avevano rinunciato per quel giorno alla carne di bufalo giovane. Questi allora si rinfrancò e cominciò a cogliere qualche boccata d'erba. Superato un tratto di pianura i bestioni si incamminarono attraverso una zona di terreno dove l'erba era tanto alta da coprire quasi anche gli elefanti più grandi: il fruscio provocato dagli steli lunghi e rigidi per lo sfregamento contro i fianchi delle bestie che camminavano all'esterno del branco, mise piti di una volta in sospetto e in spavento il giovane bufalo. Ma questa sensazione non durò a lungo: fece infatti presto a con- vincersi che gli animali coi quali si trovava non avevano paura. Non avevano sentinelle nè esploratori come gli asini selvatici, o le antilopi e le stesse bufale: il vecchio elefante che marciava dì qualche passo avanti ai compagni era piuttosto una guida che una guardia. La perfetta tranquillità e sicurezza era resa più evidente dal fatto che nessuno sembrava preoccupato se i piccoli, giocando, si allontanavano dal branco e ne restavano di qualche poco distanziati: soltanto quando l'assenza si faceva lunga o la distanza un po' troppa, le madri si mettevano a pendolare a destra e a sinistra la proboscide finché questa noti incontrava il piccolo e con una spinta, gentile per essere elefantesca, lo faceva trottare verso la compagnia. Superato il tratto di erba alta gli elefanti raggiungevano un gruppo di grossi alberi dai tronchi fatti lucidi da generazioni e generazioni di elefanti che andavano, regolarmente ogni giorno, a grattare fianchi e schiena contro di essi. L'operazione si svolgeva con regolarità e con disciplino: gli alberi erano cinque, gli elefanti una ventina: cominciò il vecchio maschio insieme con gli anziani, poi le femmine, poi i giovani si grattarono laboriosamente massaggiando testa, fianchi e quarti posteriori. Poi il branco riprese ancora una volta il cammino verso il denso della foresta percorrendo una specie di viale costruito e mantenuto costantemente sgombro a colpi di proboscide finché giunsero a un vasto spiazzo. Al centro di esso il patriarca di guida si fermò, alzò i la proboscide a narici ben dila- tate, distese gli enormi padiglioni ' delle orecchie per raccogliere odo- j ri e suoni di qualche animale che \potesse disturbare la notte. Non ; ci doveva essere nulla giacchè si j lasciò abbasso la proboscide, ri- \ lassò le orecchie e sì preparò a dormire, in piedi e dondolandosi ritmicamente a destra e a sinistra. Le madri si assicurarono che i loro piccoli erano vicini, poi anch'esse chiusero gli occhi e cominciarono a dondolare leggermente i grossi corpi. | gIl silenzio, la quiete, quelle mas- \ se grigie che si muovevano rus-sando, fecero sì che il giovane bu- ' falò si sentisse preso ancora una volta da un vago senso dì paura, Di sotto il corpo dell'elefante più vicino guardò nel bufo della /oJ resta dove gli alberi e i cespugli j assumevano, ai suoi occhi paurosi Incubi della notte e stanchi, sagome strane e forme spaventose: in qualche caso gli sembrava persino che i tronchi più grossi si muovessero. Restò all'erta, dubbioso se restare o scappare. Ma'non poteva mettersi a correre1 al buio, per la foresta, senza po-\ter vedere dove andasse mentre i iverdi occhi dei felini avrebbero certamente visto lui, e forse là at- ! torno c'era quella terribile e sei- vaggia muta che lo aveva inse-\giato poche ore prima, in attesa,di ripescarlo in un momento in 1 cui fosse isolato. Era molto meglio |restare dov'era, fra quei bestioni che non avevano dimostrato in- tenzioni cattive e che soltanto poco tempo prima lo avevano protetto, anzi salvato, da un pericolo sicuro e terribile. Cercato un posto al centro dei giganti dondolanti, si stese a terra. Le schiene grigie che torreggiavano come montagne intorno a lui, le gambe massicce che lo circondavano come una foresta gli impressero un senso dì sicurezza e di pace che gli facilitò e rese lieve il sonno. si svegliò quando gli elefanti facevano già la loro ginnastica mattutina tirandosi e stirandosi, bilanciando il peso ora sulle anteriori ora sulle posteriori: la femmina presso la quale aveva dormito si mosse ed il bufalo fu costretto a fare un balzo per evitare di essere schiacciato. Si allontanò, brucò un po' di erba, poi raggiunse al trotto il branco dei mastodonti che aveva ripreso il vialone della foresta. Passarono ancora attraverso a quelle erbe alte e frusciarti superarono l'ap- vallamento dove, il giorno prima,, si trovavano quando i cani sta- vano per raggiungere la preda, poi presero verso il fiume. Appena giunti alla riva entra- rono in acqua con una fiducia e con una noncuranza del pericolo che sorprese enormemente il gio- vane bufalo: j bestioni si spruz- zavano giocondamente l'acqua sul- la schiena e poi si sdraiarono ad- dirittura sul fondo come se in quelle acque non ci fosse nessun perìcolo. Il piccolo ruminante, as- setato, si ai't'icind alla riva con '■ prudenza istintiva: guardava le 'strane manovre degli elefanti, nelammirava il disprezzo del pericolo I ma, allo stesso tempo, prima di bere guardò bene vicino e lontano, alla superficie e al fondo. Non c'era nulla, eccettuata verso il centro dell'acqua, qualche cosa che assomigliava a un grosso tronco galleggiante. Tutto sembrava tranquillo e il bufalo piegò il collo e cominciò a succhiare avidamente l'acqua. D'un subito, avvertito da quell'istinto che impedisce agli erbivori della giungla di godersi in pace la gioia dell'abbeverata, alzò la testa. Di fronte a lui l'acqua si muoveva in modo strano eppoi il tronco che galleggiava a eguale distanza dalla riva non era più al posto di prima. Non ™dugiò: per quanto avesse potuto Wpe™ appena vedere il moviment°, dell'acqua, aveva capito cosa c'e,na s°"o; saPe™ che « coccodrillo, il terrore del fiume era ^ N°n ce™ «*« da /«Jfl»™- -E si ferma quando fu a due bm yen di metri dal fiume, deciso ad aspettare lì che gli elefanti terminassero le loro abluzioni tornassero verso la pianura. La fuga del trovatello Ma i pachidermi la facevano lunaa: usciti dall'acqua raccoglievano con la proboscide della sabb,a e se la soffiavano sulla schiena, P0> tornarono a bagnarsi, poi si trattennero ancora sulla riva. Il bufalo cominciò a stancarsi di trova™ solo: sapeva di essere al sicur0 dal coccodrillo ma i cani seivaggi, se lo avessero visto, questa «ff ™" "Uela avrebbero rispar- ^a ~ e se non lo incontravano 1 can*> poteva esserci una pantera a tendergli l'agguato; oppure imndi quelle bestie fredde viscide che si attaccano al collo, vi si arrotolano, stringono, soffocano. Desiderava più che mai di ritrovare il branco dei suoi o almeno uno di antilopi o di asini selvatici — di qualunque animale che avesse abitudini simili a quelle di sua madre. Anche a costo di un nuovo pericolo avrebbe desiderato trovarsi in una compagnia che gli consentisse di correre e di saltare; una compagnia di animali che aves¬sero delle sentinelle sulle quali contare durante la pastura e durante il sonno. Quei colossali bestioni cui si era aggregato, per quanto fossero tutt'altro che cattivi, erano per lui peggio che indifferenti: non avevano paura dei serpenti, non avevano paura neanche del coccodrillo... Come poteva, un bufalo, viverci insieme? Seri'h-ano bensìda riparo, ma soltanto da riparo inanimato. Ecco che gli elefanti tornavano: il bufalo mosse loro incontro e si ficcò nel branco prendendo passo passo la via della foresta. Ma, in vece di camminare in mezzo a quelle masse di carne, si teneva a un lato. Giunti nel mezzo della pianura tutti si fermarono vicino un gruppo di quattro o cinque al beri. Il trovatello della giungla in filandosi fra una femmina e il suo piccolo scorse al disopra delle erbe le punte delle lunghe corna. Dopo cinque minuti di galoppo in quella direzione si ritrovò in mezzo a un branco di antilopi d'acqua e si ac- corse di non essere mai stato cosi felice da quando non aveva più fisfo la madre, Leo Rea lpspasclrgid GLI ELEFANTI PRENDONO IL BAGNO LA PIÙ' RECENTE FOTOGRAFIA DELL'EX KAISER a Zaatvort, In Olanda, in visita al barone von der Heydt.

Persone citate: Leo Rea

Luoghi citati: Olanda