La libertà dell'azione dell'Italia in Africa Orientale riconfermata senza equivoco sul terreno internazionale

La libertà dell'azione dell'Italia in Africa Orientale riconfermata senza equivoco sul terreno internazionale La libertà dell'azione dell'Italia in Africa Orientale riconfermata senza equivoco sul terreno internazionale Il Negus ammassa truppe alla frontiera eritrea I [DUI mi Addis Abeba, 5 mattino. Ad Addis Abeba si parla ormai apertamente di concentramenti di truppe in tutte le zone della frontiera con le colonie italiane e nell'Interno del paese. Un grande càncentramento è in corso nelle vicinanze della capitale e un altro viene segnalato da Harrar, la città dell'est vicina alla frontiera con la Somalia britannica. Forze abissine poi convergono in direzione di Val Val verso il confine con l'Eritrea, nella regione di Uolla, a Gondar, nel Tigre e nel Gogiam. Negli ambienti diplomatici di Addis Abeba si attribuisce scarsa importanza agli accordi raggiunti a Ginevra e si ritiene che le ostilità siano inevitabili. Si prevede qui che l'attacco italiano sarà sferrato dall'Eritrea e precisamente da un fronte poggiatesi alla ferrovia MassauaAsmara-Agordat. Si crede anche di conoscere quali saranno i principali obiettivi di una azione italiana; in primo luogo si dice che il Comando italiano punterà su Aksum-Adua-Adigrat e secondariamente su Gondar e Makallè. Si dice infine che la conquista di Aksum, che fu un tempo capitale da parte delle truppe italiane, eserciterebbe una influenza morale sugli abissini e permetterebbe agli italiani di estendere immediatamente il loro controllo sulla più fertile regione dell'intera Etiopia. Mani libere Berlino, 5 mattino. I giudizi dei giornali tedeschi sui risultati della sessione straordinaria di Ginevra sono sostanzialmente di un rinvio il quale, mentre è destinato a salvare la Società delle Nazioni, non toglie, a chi vuole, la possibilità di sperare in una soluzione pacifica, lascia indisturbato il corso naturale e storico delle cose e, perciò, in sostanza rappresenta un successo soltanto per quella fra le forze in gioco che sola veramente fa quel che vuole e quel che vuole persegue coi giusti mezzi: e, cioè, l'Italia. Mussolini ha le mani libere; ed in ogni modo, nella discussione dell'imminente periodo — il quale per l'Italia non rappresenta nemmeno alcuna perdita di tempo, date le condizioni locali del territorio — quella che comincia a perdere assai del suo falso terreno diplomatico, è l'Abissinia. « Cosi come stanno le cose — scrive il Berliner Tageblatt — si passa già al di sopra dell'Abissinia. Può essere che l'Inghilterra continui ancora a chiedere e la Francia a desiderare, che l'Italia regoli le sue faccende con l'Abissinia per via pacifica, ma, viste le cose da un punto di vista più storico, è improbabile che questi piani abbiano veramente realizzazione, anche se le tre Potenze rimanessero un intero mese in Conclave. La mobilitazione di ieri di nuovi Corpi d'Armata da parte del Duce e l'aumento delle costruzioni navali, mostrano che Mussolini chiede la più incondizionata libertà di azione; o meglio, non la chiede nemmeno, se la prende » La Boersen Zeitung scrive che fra le tre Potenze principali Francia, Inghilterra e Italia, è stata l'Italia quella che nelle discussioni di Ginevra ha occupato la posizione più forte ed ha saputo ottimamente tenerla. La loquacità solita del Consiglio e per di più l'inserimento da parte del signor Lavai dell'argomento danubiano, nelle discussioni, hanno fatto si che l'Italia è uscita assai rafforzata da tutta la discussione ed è riuscita ad annullare la formula che inizialmente era stata prospettata dagli inglesi. « L'Italia — scrive •— non ha assunto obblighi di sorta i quali possano limitare da qualsiasi lato le sue intenzioni; ed anche nella continuazione prossima delle discussioni fra le tre Potenze la posizione dell'Italia sarà abbastanza forte per poter prevedere che sarà essa che dirigerà le discussioni stesse ». II Lokal Anzeiger scrive che il Consiglio non ha eseguito il suo mandato di chiarimento del con flitto italo-abissino, e per l'assicurazione della pace; esso lo ha soltanto trasmesso all'imminente gioco fra le quinte che si svolgerà fra le Potenze; forse si è pensato, secondo il proverbio tedesco, che tempo guadagnato è tutto guadagnato; ma in quanto a compromessi veri e propri l'Italia li ha respinti tutti. La Frankfurter Zeitung descrive nella sua nota gli sforzi fatti dall'Inghilterra ed anche dalla Francia. « Di fronte a questi sforzi — scrive — la tattica dell'Italia ha sacrificato in ogni modo soltanto terreno di nessuna importanza, ed ha mantenuto in tutta la sua solidità la sua grande posizione strategica. L'Inghilterra non abbandona la speranza in un regolamento diplomatico sulla via di qualche sorta di protettorato sull'Abissinia, come risulta anche dalla discussione svoltasi l'altro giorno alla Camera dei Comuni. Tuttavia, a parte la i'Olontà, dell'Italia, bisogna anche tenere presente che ^wmwso iVquwto »e:rito dovrebbe sempre avere il con- senso dell'Abissinia, la quale, in questo caso, si trova di fronte alla questione che una volta Bismarck ha caratteristicamente formulato con la domanda se sia possibile scansare la morte col suicidio ». * Può darsi — scrive in fine il giornale — che sia possibile localizzare la guerra fra l'Abissinia e l'Italia; in ogni modo non sarebbe mai possibile circoscrivere le ripercussioni che avrà nelle relazioni fra l'umanità bianca e l'umanità di colore ». Il che è, secondo il giornale, una delle principali ragioni degli sforzi quasi disperati della diplomazia inglese. Un altro lato delle discussioni svoltesi a Ginevra, al quale tutti i giornali accennano con sospettosa sensibilità, è l'inserimento nella discussione di elementi che si giudicano estranei e, cioè, della questione danubiana ed in genere di tutto il sistema collettivo, contro cui si rivolgono, come è noto, tutte le prevenzioni della pubblica opinione tedesca. In questo inserimento da parte dell'Inghilterra e da parte della Francia, i giornali scorgono la tendenza di servirsi della Germania come spauracchio per distrarre l'Italia dai suoi fini africani. « Simili sviluppi — scrive caratteristicamente il Berliner Tageblatt — secondo le esperienze di tempi passati, nascondono sempre la tendenza di trovare nella Germania il capro espiatorio dei contrasti altrui ». G. P. Il ritorno di Eden a Londra Londra, 5 mattino. Il Ministro Eden ha fatto ritorno ieri a Londra. Egli vi è giunto in aeroplano, e direttamente dal campo di aviazione si è recato nella villa di un amico a trascórrervi il week-end e a riposarsi. I leghisti ad oltranza che avevano protestato per l'accordo raggiuntò a Ginevra, si consolano oggi perchè viene loro detto che l'accordo, dopo tutto, valorizza la Lega: la Commissione di Ual Ual è un germoglio dell'istituto ginevrino e la controversia italo-abissina dovrà tornare alla Lega nel caso di un fallimento dei negoziati fra le tre Potenze. Il Ministro Eden, del resto, al quale venivano mosse fra le righe accuse di resa a discrezione, si è difeso con li suo discorso alla radio nel quale ha sottolineato sabato sera la parte sostenuta dalla Lega nell'attuale contingenza, ed ha affermato che « se alla data fissata le trattative non verranno condotte ad una sistemazione pacifica, il Consiglio dovrà assolvere agli obblighi impostigli dal Covenant ». Senonchè la stampa dimostra ancora una volta che non tutti in Inghilterra condividono gli entusiasmi societari di Eden. L'edizione domenicale del Daily Mail lancia addirittura un allarme, dicendo che la frase sopraeltata del Ministro, implicante la discussione di misure militari, navali e aeree, « in fondo, significa guerra ». Importante è anche questa settimana l'articolo che Garvin pubblica nell'Ooseruer. L'autorevole giornalista conservatore dichiara che il Governo di Londra, con la sua politica societaria, sta giuocandosi l'amicizia dell'Italia, senza al contempo accrescere il suo prestigio ad Addis Abeba, dove la politica inglese incomincia ad essere sospettata e perfino odiata. « Una stampa male informata — egli rileva — ha voluto prestare servizio di grancassa alla critica missione di Eden a Ginevra, ed ha voluto far credere che egli fosse riuscito a trarre Lavai dalla parte dell'Inghilterra, mentre è in verità il contrario, cioè che Lavai si preoccupa soprattutto del problema europeo e non vuole rischiare l'amicizia dell'Italia ». L'articolo di Garvin è come al solito un richiamo alla realtà. Egli nota che è insensato credere al significato leghista delle conversazioni a tre che avranno luogo fra breve. Mussolini non ne vuole sapere di ingerenza della Lega, ed ha imposto il suo punto di vista. « E' bene — dice Garvin — prendere sul serio Mussolini, poiché egli dice quello che pensa e fa quello che dice. Il suo atteggiamento nei riguardi della Lega non è nuovo, ma vecchio di anni, e l'idea dell'eroismo e del sacrificio in una guerra patriottica è stata sempre l'anima della sua dottrina. Mussolini ha aderito alla Lega condizionatamente, e potrebbe domani abbandonarla, ciò che sarebbe un disastro per l'istituto, nel quale rimarrebbero solo tre grandi Potenze ». Lo scrittore conclude che necessariamente Mussolini dovrà ricorrere alla guerra se per i primi di settembre non avrà ottenuto la resa diplomatica dell'Abissinia. « Questi sono i fatti — continua Garvin — e di fronte ad essi la politica britannica non può essere scusata, se rischia nuove umiliazioni. Il Governo britannico è animato dalle migliori intenzioni, ma finora non ha saputo scoprire il metodo giusto di trattare il prò-blema », L'articolo è seguito da una nota del collaboratore diplomatico, il quale scrive che il Trattato di Versailles ha lasciato tre questio- ini insolute: la sicurezza francese l'uguaglianza tedesca e 1 espan- sione coloniale italiana. La prima Uè stata risolta con il Trattato di Locamo; la seconda con l'abolizione delle riparazioni e la proclamazione dell'eguaglianza militare tedesca; rimane da risolvere la terza, ed è questo il compito che hanno di fronte gli uomini di Stato di Ginevra. R. 1». Le risoluzioni di Ginevra vagliate a Parigi Parigi, 5 mattino. La soluzione adottata sabato dal Consiglio della Società delle Nazioni è in generale approvata dai giornali parigini che la presentano soprattutto come un successo personale di Lavai. L'ufficioso Petit Parisien constata che quella soluzione ha il merito di accontentare tutti: gli italiani perchè hanno ottenuto soddisfazione nell'interpretazione dell'arbitrato di Ual Ual, interpretazione che esclude il problema delle frontiere e perchè non è questione nella mozione approvata di non ricorso alla forza, ciò che lascia aperta a Mussolini la possibilità di un'eventuale azione militare e infine perchè l'Italia, grazie alla divisione della mozione in due parti conserva le mani libere per quello che concerne la questione generale dei rapporti tra l'Italia e l'Etiopia nella nuova riunione del Consiglio fissata per il 4 settembre prossimo. Gli abissini sono soddisfatti perchè l'affare è stato messo sotto l'ala delle tre Potenze, ciò che fa cessare il pericolosissimo testa-a-testa italo-abissino; gli inglesi perchè il litigio, malgrado qualche concessione di forma, rimarrà nella cornice della Società delle Nazioni; infine i francesi pel lavoro di conciliazione compiuto da Lavai che ha dato prova di abilità e di pazienza nel mettere tutti d'accordo. Marcello Pays, felicitandosi del risultato acquisito, scrive suH'Bo:celsior che sarebbe vano dissimularsi che degli equivoci sussisto' no. Mussolini non si è certo lasciato legare le mani. Il contrario sarebbe sorprendente dopo lo sforzo militare compiuto dall'Italia nell'Africa Orientale. Ma è fuori di dubbio che la pace ha guadagnato dei punti e che la guerra ne ha perduto in questi quattro giorni di negoziati di cui Lavai ha confessato che furono eccezionalmente aspri. L'Ere Nouvelle è soddisfatta che si sia guadagnato del tempo, ciò che permetterà all'emozione pubblica di calmarsi, e il problema italo-etiopico di uscire dal periodo effervescente e torbido, per entrare ormai nel campo dei negoziati prudenti e avveduti, cosicché è lecito sperare che si potrà evitare la scintilla che avrebbe rischiato di mettere fuoco alle polveri. Una crisi evitata Il Journal trova da parte sua che una manovra che riesce a prevenire una crisi internazionale costituisce già per sè stessa un bel risultato. L'inizio di una grande politica sarà ancora meglio ed è In questo che risiede il merito principale dell'operazione realizzata da Lavai a Ginevra. Col trattato del 1906 l'Inghilterra, l'Italia e la Francia si sono riservate delle sfere di influenze economiche a titolo di precauzione contro certe eventualità dell'avvenire. E' appunto questa garanzia che si tratta ora di far funzionare, per impedire agli italiani di precipitarsi in un vespaio e agli inglesi di spingervili, ciò che è il risultato più certo di manovre brusche, anche se compiute con le migliori intenzioni del mondo. Tuttavia, l'articolista deve convenire che se la volontà di far ritorno a una saggia politica di intesa è indubbia, la possibilità di riuscita è disgraziatamente più incerta, non trattandosi soltanto di riconoscere i bisogni di espansione dell'Italia, ma di trovare i mezzi di soddisfarli. L'« Echo de Paris », per il quale la soluzione di Ginevra è semplicemente equivoca, ritiene che la crisi si riaprirà fra un mese. « Il 4 settembre — scrive «Pertinax» — se i negoziati a tre non saranno riusciti, raggiungeremo l'istante decisivo, sia che Mussolini si rechi a Ginevra per imporre la sua politica (di recente Egli ne ha lasciato scorgere l'intenzione), sia che si distolga da Ginevra, come da una città pericc iosa e lanci 1 suoi soldati all'assalto degli altipiani. In entrambi i casi la Francia, che vuole consolidare se possibile il suo riavvicinamento con l'Italia, ancora incompleto e fragile, che desidera pure vedere un'Italia più forte che sia possibile in Europa, ma che non può consentire che sia fatta violenza ai trattati internazionali, si troverà in una posizione difficile ». Il « Temps » e il « Débats », che già se ne erano occupati sabato, non hanno dedicato ieri nuovi commenti alla decisione ginevrina, 1 Ma gli altri giornali del merig- gio, accennando al discorso pronunziato dal Duce a Eboli ai quattro battaglioni di Camicie Nere in partenza per l'Africa Orientale, diramato ieri mattina nel suo testo autentico dall'* Havas », e all'annunzio di nuove misure mi- Uitarl in Italia, ne traggono la con- a a r e a è a i i i l a i e à a o clusione che questa si prepara più che mai a risolvere con le armi il conflitto con l'Etiopia. « L'Italia rimane sulle sue posizioni — scrive il «Paris Midi». — Secondo un metodo noto, essa accetta delle conversazioni dirette, ma nessun obbligo internazionale. Ed è al cospetto della Società delle Nazioni e firmando un accordo che questa ha dovuto ignorare che l'Italia ha rotto di fatto i legami che l'univano a Ginevra per non essere contrariata nella sua politica di espansione ». E Paris Soir afferma che, mettendo due altre divisioni sul piede di guerra e mobilitando il resto della classe 1912, l'Italia mostra chiaramente la sua intenzione di continuare ad agire da sola e a tenersi pronta a ogni eventualità. « Queste misure — scrive il popolare organo della sera — indicano in modo evidente che l'Italia intende conservare la sua libertà d'azione e che, parallelamente ai negoziati diplomatici, essa accelererà i suoi preparativi militari Ciò fa pensare che si mostrerà abbastanza intransigente alla Conferenza tripartita ». Questa Conferenza, secondo giornali parigini, si riunirà subito dopo il 15 agosto. Notevole poi una corrispondenza da Roma al Temps che mostra come la posizione anti italiana dell'Inghilterra eserciti una influenza sensibilissima siili" opinione e sul morale della penisola: Una guerra nazionale « In larghi strati della popolazione, essa ha suscitato una reazione profonda, istintiva; si può anzi dire che essa sia servita di nuovo stimolo al sentimento nazionale. Essa ha avuto come effètto di cambiare il punto di vista di numerosi borghesi e industriali che fino a oggi non comunicavano che in debole misura nelle passioni nazionaliste, coloniali e fasciste. Difatti l'atteggiamento della Gran Bretagna strin- f;e vieppiù le masse italiane atorno al Duce e se il popolo inglese crede poter indurre l'Italia a resipiscenza, si inganna profondamente. Esso non fa che rinforzare la resistenza del popolo italiano alla pressione britannica. Questa reazione spontanea di 43 J' itall.a?.U)r?Y.a. che lat"milioni di teggiamento dell'Inghilterra toc-ca nel vivo e profondamente la vita nazionale, aiuta a compren-derc fino a qual punto la guerra eventuale sia accettata dall'opi nione italiana. Questa guerra, non esitiamo a dirlo, è popolare, ciò che non significa però che venga .salutata con esaltazione e con entusiasmo. Nessun popolodà volentieri il suo sangue e il suo denaro sia pure per delle con-?uiste. La guerra del Marocco è orse stata popolare in Francia? Ma quello che si può dire è che questa guerra coloniale, se scoppierà, sarà più popolare di quanto sia stata qualsiasi guerra coloniale. Essa non sarà quella di una classe, di una corrente politica, di un Governo, di un Ministero. Essa sarà, se si vuole, quel la del Duce, ma del Duce cornerappresentante della volontà, del l'energia, della tenacia e del senso della realtà del popolo italiano. Essa non sarà una guerra di politicanti, di funzionari, di coloniali o di militari: sarà la guerra della Nazione ». Uria dimostrazione ad Harlem New York, 5 mattino. Una dimostrazione è avvenuta al quartiere negro di Harlem composta in prevalenza di donne e bambini, di rappresentanze delle chiese protestanti e delle organizzazioni socialiste e comuniste. La folla era composta in maggioranza da bianchi. Sono state spiegate bandiere coi colori dell'Etiopia e scritte condannanti la guerra in generale. Stante la vicinanza delquartiere italiano, la polizia aveva preso grandi precauzioni. La di-mostrazione si è svolta pacifica-mente senza incidenti. I ir::-.. mmm. REPARTI DEL 225.0 FANTERIA AREZZO (medaglia d'oro) di ritorno da un contrattacco durante lo svolgimento delle esercitazioni alle quali partecipa la Divisione Gran Sasso.