Le direttive per l'impiego delle grandi unità

Le direttive per l'impiego delle grandi unità Le direttive per l'impiego delle grandi unità Di queste direttive noi abbiamo parlato ai nostri lettori per primi, quando esse non erano ancora state pubblicate. Oggi torniamo a parlarne perchè soltanto oggi sono possibili alcune considerazioni di natura extratecnica. Dopo la pubblicazione, avvenuta da poco, tutti i collaboratori militari dei grandi giornali italiani hanno rilevato l'importanza, la novità, l'interesse, la persuasiva efficacia delle direttive e tutti, senza eccezione, hanno mostrato di averne compreso perfettamente lo spirito e gli scopi; avvenimento, quest'ultimo memorabilissimo e insolito, poiché, per inveterata consuetudine, ogniqualvolta compaiono alla luce di tali fondamentali manifestazioni del sapere militare e dell'arte del comando, si ripete quasi sempre il biblico fenomeno della torre Babele; e, naturalmente, non soltanto fra i cosidetti letterati militari, ma, quel che è peggio, anche tra i militari incaricati di applicare praticamente tali direttive, o norme, o codici, o regolamenti. Quando nell'interpretazione di disposizioni tattiche si verifica confusione, incertezza, contrasto, ciò costituisce, per lo più, la migliore prova e controprova dello scarso valore delle disposizioni stesse. In una occasione non lontana la confusione fu tale che l'autorità che aveva emanato le direttive dando loro carattere categoricamente prescrittivo, sentì a un certo punto il bisogno di dichiarare che le prescrizioni dovevano essere bensì imparate a memoria, ma, poi, digerite e dimenticate, dando, con tale uscita peregrina, ragione a quel popolare adagio veneto secondo cui, talvolta, « el tacon xe pezo del buso ». Quelle tali prescrizioni che andavano prima imparate a memoria, poi digerite e poi dimenticate, consistevano in un voluminoso ri cettario e furono per qualche tempo croce e delizia dei direttori di manovra di debole personalità e di scarse risorse; tutti i casi vi erano considerati e tutte le soluzioni indicate, tranne i casi reali e le soluzioni pratiche, che nessun ricettario potrà mai prevedere. Rappresentavano una cura eccellente per preparare tutta una gerarchia di comandanti teorici, impacciati, miopi e svilirizzati. Fortunatamente la nostra gerarchia militare è sana e dimenticò quelle direttive prima di averle imparate a memoria. E' quindi inesatto dire che le direttive attuali sostituiscono le precedenti: esse occupano semplicemente un posto vuoto. Le direttive attuali non vanno uè imparate a memoria, nè dimenticate; vanno ponderate e meditate; chi ha animo di comandante, dopo averle ponderate e meditate, le sentirà spontaneamente come cosa propria. Esse non hanno la insana pretesa di insegnare a fare la guerra ad alti ufficiali che non la sappiano fare, ma vogliono soltanto richiamare l'intelletto e il cuore di tutti i quadri elevati a qualche constatazione coraggiosa, realistica e fondamentale sull'arte di ben preparare, dirigere e comandare i proprii uomini in guerra; constatazioni di natura profonda, ma di indole generale, che ognuno è libero di elaborare, adatta 2 e applicare secondo la propria personalità e secondo il caso concreto. Nessuna pastoia, nessuna prescrizione rigida, nessun vincolo, tranne l'invito perentorio e continuamente ribadito a coltivare, nel proprio intimo di comandanti, l'orgoglio del carattere, della volontà, della personalità, della responsabilità. Senza questo orgoglio non si comanda e non si sanno impiegare nè grandi unità, nè piccole unità. Sintomo dei nuovi tempi la esaltazione delle virtù del carattere fatta ad ogni pagina delle direttive. E speranza che ne deriverà l'ostracismo definitivo alla coltivazione abusata e intensiva, dell'ufficiale di facile comando, se le direttive osano affermare che, per il comandante privo di coraggio morale, <: non valgono ordini e direttive, non servono intelligenza e cultura, egli sarà un vinto prima d'impegnare battaglia ». • E1 confortante, per chi è soldato e italiano, leggere così esplicitamente proclamato, in un altissimo documento militare ufficiale che il coraggio morale costituisce oggi una virtù positiva e non un insidioso attentato alla disciplina. Carattere dovunque; anche negli Ufficiali di Stato Maggiore; essi non dovranno più essere freddi e distaccati traduttori della volontà del comandante, ma collaboratori forniti di « lealtà e coraggio nel prospettare le situazioni come sono nella loro nuda realtà ». Auguriamo che nella prossima costituzione del nuovo Corpo di r Stato Maggiore si tenga conto di questo criterio. E' chiaro che le nuove direttive mirano dunque, anzitutto, al « clima », quale fattore fondamentale del nuovo nostro indirizzo morale militare; che affidano alle alte gerarchie il compito di creare un clima salutare, un clima potentemente ossigenato di onestà e di coraggio; un clima dove la disciplina non soffochi la iniziativa, dove la norma rigida non mortifichi mente e carattere, dove il superiore elevato non eserciti le sue funzioni comprimendo, disossando e spersonalizzando tutta la media e bassa gerarchia. In questo clima ogni comandante troverà la capacità di bene impiegare le grandi unità dipendenti e le grandi unità troveranno il dinamico vigore che porta al successo. Sono cioè queste, le prime direttive, fra tutte quelle che noi abbiamo letto in Italia e fuori, che racchiudono un valore filosofico e realizzatore insieme, in quanto mostrano di avere finalmente veramente inteso che cosa sia lguerra, come la si conduca, con quale strumento essenziale, unicoa si prepari e la si vinca, e con quale delicatezza, con quale sovrano riguardo questo strumentoche è poi lo spirito dell'uomo, vada rattato, perchè una speciale atmosfera militare lo fortifichi e nono indebolisca, perchè lo renda ato a trionfare negli urti supremdi opposte volontà e a respingere gli assalti dell'istinto di conservaione nelle ore solenni che hanno per posta la vita e la vittoria. Chi consulta le nostre direttive per l'impiego delle grandi unitàomprende perchè esse siano realmente nuove e geniali e italiane nella ispirazione, nel concetto, nela densa brevità e nella formaquando, in calce all'ultima pagina, legge la firma di Mussolini. Giacomo Carboni

Persone citate: Giacomo Carboni, Mussolini

Luoghi citati: Italia