Opere e giorni dei "Diavoli gialli"

Opere e giorni dei "Diavoli gialli" Divisione Gran Sasso Opere e giorni dei "Diavoli gialli" psulle propaggini deiialli" ontiibillini (DAL NOSTRO INVIATO) Forca Canapine, 30 notte. Di tutta la Divisiono Gran Sasso, il 225.0 Fanteria, medàglia d'oro (ricordate i diavoli gialli della brigata Arezzo, che da Caposile difesero Venezia, guadagnandosi, in riconoscimento di tanto valore, anzi si mostrano, anche se non lo dicono, contenti di appartenere ad un bel reggimento. L'aria è cambiata nelle caserme, del soldato che fa l'ostruzionismo s'è perduta la pianta, e anche le reclute sentono che imparare a combattere è indispensabile non solo per poter il gonfalone della Serenìssima?), è quello che ha piantato le sue tende più in alto c più lontano. Poiché la scelta dei luoghi per il campo non c fatta a caso, ecco già un indice della considerazione, in cui il reggimento è tenuto. Forca Canapine, o delle Canapine, è una località, sulle propaggini dei Sibittim, a quota 1600, presso la strada che, diramandosi dalla Salaria, collega la valle del Tronto con il piano di S. Scolastica, dove è Norcia. Venuti in voga gli sport invernali, gli appassionati di Ascoli Piceno vi cercarono i loro campi di sci, e un dopolavoro vi eresse un rifugio. Il Club Alpino ve ne aveva già costruito ■ un altro, intitolandolo a Italico Sandro Mussolini. Il primo è oggi la mensa degli ufficiali, nel secondo si è allogato il Comando. In due vaste conche, che digradano e poi risalgono fino alla base del Vettore, e chiamate il Pian Piccolo e il Pian Grande, dilaga, ben nascosta tra il verde, la distesa delle tende. Il panorama è grandioso, l'aria naturalmente purissimo, ma le difficoltà che si son dovute e si debbono superare per assicurare quassù, in questo isola7ncnto montano, quanto occorre alla vita di più che tremila uomini, non sono poche nò lievi. Ascoli, che è la città più vicina, dista una sessantina di chilometri, Aquila più che ottanta. Battaglie sul monte Serra Quando arrivai al campo, il reggimento era già tutto fuori per le quotidiane esercitazioni. Raggiunsi il Comando sul monte Serra, a 1800 metri. Dietro una tenda, che resisteva per miracolo alle raffiche impetuose del vento, il colon-\nello Egisto Conti, emiliano di 'Parma, solida figura di cornati- !dante, combattente di tutte leuguerre (Libia, Somalia, Grande Guerra), due volle decorato di medaglia d'argento, dettava i supposti e gli ordini dell'azione a un gruppetto di ufficiali e sottufficiali accovacciati presso di lui. Scattavano i portaordini, squillavano in sordina i telefonini da campo, la radio trasmetteva ai reparti più lontani la parola del comandante. Poco lungi, tra l'erba che il vento flagellava, luccicavano gli ottoni della fanfara reggimentale. I bandisti erano venutti su all'alba, in testa al reggimento, suonando le\loro marce gagliarde, ma poi, pri-tma soldati che suonatori, avevanoimbracciato il fucile, ed erano cor si a combattere. Il reggimento non si vedeva, eppure c'era, scaglionato su un frollate di due chilometri, e ben nascosto nelle pieghe della montuosa regione. Azione difensiva e con-troffensiva. Portandomi sull'altro versante della montagna, potei as-sistere al contrattacco del secan-do battaglione, comandato dal ten.cai. Bruno, torinese, contro un ipo-tetico nemico, infiltratosi in unsettore tatticamente debole delfronte. Azione mirabile, svolta con fulminea rapidità dalle colonne, che dal rovescio del costone, dove erano al riparo, si precipitarono dall'alto in busso sull'invasore, assestandogli un fendente irresistibile, e ricacciandolo indietro per un lunghissimo tratto. Notai che il colonnello non ebbe troppa fretta di dare l'alt. Egli sa che i suoi fanti hanno i garretti solidi, e grandi riservo di fiato, e ama tenerli esercitati. Tra i comandanti di reggimento è raro trovarne uno di più difficile contentatura, tale almeno è la sua fama. Non che non sia paterno con i suoi soldati, ttltt'iàir-" ma è un padre che vuol vedere '." 'amiglia in ordine, si prec—vi" ' suo presente e del suo ai irenire, pretende che tutti faccia- n, magari con una piccola percentuale di margine in più, il che non guasta, il loro dovere. I soldati non se ne dolgono, \'io trovai persino un disegnatore 'pittore, dal volto ascetico, vegeta ! riano e filosofo, e seppi e vidi che u Un soldato sotto ogni punto di vincere, ma anclie per salvare la pelle. Da ciò deriva il fervore, con cui tutti partecipano all'intenso addestramento, anche nei suoi momenti più duri. Bisogna anche diio che ai soldati piacciono % comandanti esigenti, quando son loro a dare l'esempio, e questo è appunto il caso del colonnello Conti. Giorni fa tutto il reggimento, con le salmerie, la fanfara, e persino il cappellano (il barbuto padre Corsini, cappuccino, già vicario del convento di Pavullo del Frignano), raggiunse la sommità del Vettore, superando in tre ore, per vie difficili, un dislivello di 1000 metri, e il colonnello fu ininterrottamente alla testa dei suoi fanti, a piedi, tenendo mirabilmente il loro ritmo giovanile di marcia. Contadini e operai In altri tempi, un reggimento come il 225.0, quale è oggi, si sarebbe detto un reggimento difficile, almeno dal punto di vista della disciplina. Per il 90 per cento, è composto di richiamati, che vengono dalle città di Ascoli, Pavia, Verona e Milano, e i milanesi sono la stragrande maggioranza. L'elemento cittadino è dunque in enorme prevalenza su quello rurale. Conseguenze? Nessuna. I contadini restano sempre dei soldati magnifici, ma oggi gli operai reggono ottimamente il confronto per zelo, buona volontà, disciplina. Sorprendente è il comune adattamento ulle fatiche più rudi. Milanesi, che prendevano il tram per recarsi da piazza del Duomo al Foro Bonaparte, fanno oggi bravamente, come se niente fosse, i loro trenta chilometri di marcia quotidiani con le pesanti mitra'lliatrici sulle spalle. Al reggimen- vista ottimo. Annotai questo fat to, che mi parve un seguo dei tempi aver trovato la fisolofia e l'arte in abito cosi guerriero. Il 225.0 raccoglie anche circa 120 alloglotti, altoatesini e slavi, in nulla dissimili dagli altri soldati, e perfettamente fusi con essi. C'è del resto un sentimento, che tutti accomuna: il desiderio di partire. Nelle mani del colonnello Conti, il reggimento è divenuto un poderoso strumento di guerra, ogni soldato ne ha coscienza, e \vorrebbe vederlo in funzione dove tgU interessi della Patria sono in ] giuoco. Più che ogni parola, va rà a dare una idea dello stato d'a nimo dei ragazzi del 225.0 un episodio, di cui fui testimone. Al ri torno dall'esercitazione sul monte Serra, l'aiutante in prima, mug giare Todini, mostrò al colonnello \una lettera delle autorità superio -, ri, che richiedevano personale \ adatto per le mansioni di scritta \rale nel deposito. La cosa aveva \la massima urgenza, personale ca\ pace ce n'era ad esuberanza, fuirono subito interpellati alcuni sorl tuffidali e soldati. Una tale desti- r e a i e o n n a e a n , nazione significava, per i componenti di un reparto mobilitato, ciò che unti volta si chiamava imboscarsi. Ebbene, nessuno si trovò che accettasse, e il Comando dovè riservarsi di destinare di autorità gli elementi richiesti. Ufficiali Il reggimento è pieno di ufficiali che hanno un magnifico passato di guerra. Ho ricordato il ten. col. Bruno, comandante del II Battaglione, ma debbo anche far menzione del maggiore Garro, siciliano, comandante del I, e del maggiore Balestra, napoletano, comandante del III. E' da notare che il II Battaglione venne qui, il primo luglio, che già aveva fatto 20 gioliti di campo, tra Salerno e Avellino, per le promozioni a scelta dei tenenti colonnelli, e s'era comportato in modo da meritare l'alto elogio del generale Tua, presi- dente della commissione di avanzamento. Numerosi sono gli ufficiali richiamati a domanda, autentici volontari, che costituiscono una nota caratteristica di tutti i reggimenti mobilitati. Il capitano Dannali, bresciano, bel volto giovanile incorniciato di capelli, argentei, è chiamato affettuosamente « el vedo ». Ha //7 anni, ha fatto tutta la guerra nei bersaglieri, e ora è qui, volontario, che scala le montagne in gara coi ventenni. Il capitano Centofanti, vicentino, ispettore scolastico a Trieste, è un altro che non è più un ragazzo, ha fatto la guerra in primissima linea, ha moglie e figli: eppure non ha esitato mezzo minuto, ha fatto la sua brava domanda, è partito per il campo, e domani partirà, ardente di entusiasmo, per l'Africa Orientale. Nel capitano Guarino la passione della vita militare ha congiurato con' la nostalgia della colonia: a fare domanda lo ha spinto anche il desiderio di tornare in Eritrea e Somalia, che egli conosce, e dove visse a lungo. L'avv. Chaprot, napoletano, ha chiuso lo studio, ha salutato la famiglia, e ha avvertito i clienti che se ne riparlerà al suo ritorno. Intanto procurino di non leticare. Non già che la toga non gli desse delle soddisfazioni, ma ha preferito la divisa di ufficiale, e non gli si può dar torto. Troppe altre figure dovrei ricordare, ma è ora di concludere. C'è però un codicillo per te, lettore torinese. Il II Battaglione del 225.o, quello comandato dal torinese ten, col. Bruno, non ha gagliardetto. Ne fanno parte parecchi ufficiali piemontesi. Ricorderò il capitano Ferreri, il sottotenente Bonasso, il sottotenente Caligaris, il sottotenente Mestrallet. Nulla sarebbe più gradito a questi ufficiali, che ricevere da Torino, in dono augurale, il gagliardetto. Come dovrà essere? Tricolore da una banda; campo azzurro dall'altra; frangia gialla. In oro, la seguente scritta: « II Battaglione - 225.0 Reggimento Fanteria ». Sull'azzurro, andrebbe anche bene un motto, ma per il motto vedano gli offerenti. Sarà comunque un auspicio di vittoria e di gloria. Enrico Matte! DIVISIONE GRAN SASSO: 225.o Repjg. Fanteria Arezzo, Medaglia d'oro. - Il comandante, colonnello Egisto Conti, dà gli ordini dell'azione. Forse non abbiamo lo stesso colore, ma abbiamo talmente lo stesso appetito!...