Romano Moes vittorioso e Morelli secondo nel 29° Ciro di Francia

Romano Moes vittorioso e Morelli secondo nel 29° Ciro di Francia La più lunga ed appassionante corsa ciclistica del mondo si è conclusa ieri a Parigi Romano Moes vittorioso e Morelli secondo nel 29° Ciro di Francia L'atleta più regolare e la squadra meglio preparata e diretta si sono imposti nella competizione che non ha visto emergere campioni di gran classe - Morelli, rimasto solo con Teani a lottare con la possente squadra belga, ha tenuto alto il buon nome del ciclismo italiano che, senza l'avversità della sorte e con una squadra più omogenea, avrebbe potuto conquistare la vittoria più bella Il ritiro di Magne e il disaccordo hanno provocato il crollo della squadra francese (Dal nostro Inviato)' Parigi, 29 mattino. Si è \concluso poche ore fa, nel solito quadro di milioni e miioni di spettatori stesi per un centinaio di chilometri, fuori di Parigi o inverosimilmente pigiai attorno alla pista rosa del Par. co dei Principi e col trionfo finale dì Ronw.no Moes, quello che si può in verità definire il più bel Giro di Francia, almeno da quando il suo creatore ne lia affidato il successo alla formula per squadre nazionali. Credo che ognuno di voi deve, fino a giovedì sera, aver seguito l Tour con l'ansia che sa dare la ncertezza di una grande gara nternazionale, nella quale sono mpegnati i rappresentanti del nostro sport. Per venti giorni, tutti, voi da lontano, noi da vicino, abbiamo intensamente vissuto l'avvenimento, sentendoci passionalmente presi nel vortice delle sue vicende, affascinati dala bellezza di wia lotta quasi senso, soste, tormentati da una attesa che ci lia fatto intravvedere e poi ci ha negato la gioia della Vittoria. Se lo scopo fondamentale delle prandi corse ciclistiche è quello di suscitare attorno a sè questa atmosfera irrequieta ed infuocata, di tenere aiwbtta e spasimante l'anima della folla, nessuna ci e 0iai riuscita, forse, al pari di questo Tour, che, specialmente a noi, lia dato molto più di quello che prometteva alla vigilia. I capisaldi della corsa Prima di partire da Parigi, un esame sereno e completo degli e. lomenti sui quali ogni nazione poteva basare le sue aspirazioni o possibilità dava nettamente favorita la squadra francese, affidava a quella belga il compito di incognita pericolosa, concedeva a quella italiana la probabili, tà proveniente più che dalla grande classe e dall'adatta preparazione degli uomini, dallo spirito che sappiamo animare, in queste circostanze, gli atleti dello sport fascista. Perchè il bilancio consuntivo non comsponde esattamente a quello preventivo'! Quali sono i capisaldi sui quali la realtà ha costruito il XXDC Qiro di Francia? Vediamo. Si è visto subito, fin dall'inizio, che i belgi erano molto più forti di quello che sì credeva. Dirò, poi, il perchè. Essi hanno saputo mettersi in vantaggio siti dalle prime battute, approfittando delle particolarità di percorso della prima tappa, ad essi più che agli altri favorevole. Romano Maes lia ipotecato fin da lAlla la vittoria finale. Inoltre, se si toglie l'ultima tappa dei Pirenei, essi non si possono lagnare della sorte. Il contrario si può dire dei francesi, meno forti del previsto e meno fortunati. La caduta e il ritiro di Magne hanno sconvolto l'andamento della gara e privato la squadra del suo capo materiale e spirituale, lasciandola in balìa di troppi ed immeritevoli aspirali ti capitani. La cattiva forma di Speicher e di Vietto, la sfortuna di Archambaud, l'insufficienza degli altri, il dissidio che rodeva la compagine finirono per sgombrare ai belgi il terreno di quelli che avrebbero dovuto essere ì loro più seri avversari. La minaccia francese a Grenoble stava già dileguando, riprese consistenza a Nizza col solo Speicher, svani completamente sui Pirenei. Una così mortificante rotta non sì era mai verificata da sei anni a questa parte. Il Giro si svolse essenzialmente sul tema del duello italo-belga. A sbaifare il cammino trionfale di Romano Maes si presentarono prima Bergamaschi, poi Camusso, infine Morelli. La caduta del primo, ma più ancora quella del secondo coincidendo con lo smembramento della squadra, e quella di Bertoni furono episodi capitali nello sviluppo della corsa che si esaurì con la soverchiante superiorità numerica belga sui due nostri superstiti e sugli ormai rinunziatari francesi. In mezzo e al di sopra di quo ste vicende sta la fomna brillante e la ben diretta condotta della squadra belga, e la regolarità e completezza del suo uomo migliore, fattori decisivi di un successo che lealmente dobbiamo riconoscere ineritalo, anche se, a mio avviso, di non eccessivo valore tecnico. Senza grandi campioni Perchè, l'ho già detto altra volta, questo Tour non ci ha fatto vedere un solo grande campione, un vero « fumi classe ». Da questo punto di vista, esso è stato inferiore a molti precedenti. I concorrenti che già conosciamo da tempo non sono certo oggi ringiovaniti o migliorati. La maggior parte delle loro attuali affermazioni è dovuta al relativo valore . degli avversari, ed il contrasto con quelle precedenti e recenti dipende dal buon perìodo di forma imbroccato o meno. Fra i giovani non s'è avuta alcuna clamorosa rivelazione, come, per esempio, quella di Vietto l'anno scorso. Prendiamo gli arrampicatori. E' risultato il miglio:'} "irvaecke che, nel 1934, e*3« tetto, Trueba e Martano davi", ti a sè nella speciale classifica e avrebbe avuto certamente Magne, seqccrtctnldCacpsstnèèsngcs o , o a r e o a o . , è e questi si fosse curato di essa più che di quella generale. Quest'anno il belga è partito col proposito di farsi incoronare re della montagiM e ci è riuso, to per due ragioni: primo: perchè Viotto non marciava all'altezza della sua classe, Magne se ne è dovuto andare alla terza salita e non era neppure lui quello del 1934, Bertoni alla seconda, Camusso all'undicesima, Martano anche prima, come Trueba, e per. che Ruozzi è stato sfortunato propri-io quando stava per decider, si il suo duello con Vervaecke; secondo: porcile egli ha sempre tenuto di mira un obiettivo che nove volte sue dieci ha raggimi to per pochi secondi. Ma egli non è più di un buon scalatole, non è uno specialista di alto rango e tanto meno uno stilista della montagna. Sotto queso punto di vista, mi è piaciuto di più Ruozzi e lo ha superato nettamente Camusso e non gli sono stati infeiiori Ma. gne, Silverio Maes e Lowie. Veniamo ai « passisti ». Magne che era stato il migliore l'anno scorso, ha fatto la fine che sapete. Archambaud, che avrebbe certo preso la sua successione, è stato stroncato dopo la seconda prova a cronometro da un colpo di sole; Speicher non fu, mai lui; Di Paco lasciò il campo anzi tempo. Il vincitore ha agilità, brio, resistenza, ma sono convinto che di fronte a un Olmo o a un Gìier. ra dovrebbe inchinarsi. E finisco coi velocisti. Questi hanno avuto poco campo per distinguersi e mietere allori, perchè nella maggiore parte degli amvi non c'erano più. Altro segno che mancava fra tutti l'uomo veramente completo. E, scartato Speicher per le ragioni già dette, troviamo un Pélissier già in decadenza, un Aerts che non è certo in progresso, un Di Paco che trovò solo una giornata buona. L'uomo del Tour che ha dimostrato la maggiore e vera velocità è stato Le Grevès. Jn complesso, ripeto, il Tour non ci ha fatto vedere un solo campione che all'altezza della classe unisse la pienezza della forma. Siamo stati, è inutile negarlo, nel campo nell'aurea mediocrità e, forse, è per questo che la corsa, è stata magnifica, si può dire, da un capo all'altro. Un campione, un dirigente, una squadra Ha vinto, senza essere un grande « asso » (Romano Maes ha 22 anni e può diventarlo), l'uomo più regolare, completo, fresco, intelligente, meglio sostenuto dalla squadra più omogenea, compatta, ricca di valori e di equilibrio e meglio diretta. Maes è un buon arrampicatore, è risultato quinto nella classifica speciale (mentre Magne, l'anno scorso, fu sesto), tiene bene il pas so, non ha dimostrato di valere gran che in fatto di velocità. Ha U temperamento del combattente; ma è riflessivo e calmo; ha ì riflessi pronti, ma i nervi a posto. Sa essere presente in ogni situazione e sfruttarla al massimo, ha la freschezza di muscoli e di spirito, la saldezza e. la facoltà di ricupero della gioventù e della salute. ' Maes ha capito che bisognava^ subito guadagnare il bastone dicomando della squadra e si è messo senz'altro in vista nella prima tappa, quella del suo pavé, prendendo la maglia gialla per non più lasciarla: impresa che è riuscita solo a Bottecchia nel 1924 e a Franta nel 1928. Da questo momento, Steyaert, pur non sacrificando tutti gli altri suoi uomini, ha avuto fiducia in Roma no.. A. Evian egli mi diceva «gpVdspslutfdludnmecstemzgrdnfvqvvnreritdnsiicctsdptrdlavs «Maes non sarà inferiore a Magne sui monti; cederà di poco sul passo, ma è molto più giovane. Vincerà ». Oggi postiamo dire che il condottiero del ciclismo belga non solo aveva ragione, ma ha gran parte del merito della vittoria dei suoi colori. Anzitutto si deve a lui la formazione della rappresentativa, poi la preparazione e, infine, la direzione. Opera organica, dunque, di un uomo che ha una lunga esperienza di conidore, di dirigente, di giornalista, dì organizzatore, che ha, insomma, in mano tutti i segreti del mestiere e del Tour; autorità, passione e competenza. Libero da preoccupazioni di Ca se, il selezionatore belga ha potuto fare la squadra come voleva ed ha trovato nomini relativamente freschi, più giovani che anziani, ma tutti animati da una gran voglia di /are e di guadagna nmfszsczpmre, tutti con quel morale s-peciale\die ci vuole per U Tour e cheìnaturalmente si rafforza al soffio della vittoiia. Ma bisogna dire -he egli aveva materia abbondante fra la quale scegliere ed ha potuto trovare giovani come Lowie e Neuville, i due Maes, Digneff, Danneels e De Caìuwé. Il Belgio deve avere una generazione ricca di valori, se non eccezionali, certo in netta via di ripresa di quel primato che per tanti anni fu suo. Il contrario si dovrebbe dire della Francia, se non si sapesse che parecchi dèi suoi «omini debbono alla forma il rendimento che ha deluso, che il morale è in ribasso quando te cose vanno male e che la mancanza di un'autorità direttiva ha tenuto sempre la squadra in uno stato di orgasmo e di dissidio deleterio. Ma anche a metter da parte Magne, per quanto sia tutt'altro che da giubilare, corridori come Vietto, Speicher e Archambaud sono ben al disopra dei posti che loro ha assegnato la classifica. La Federazione francese dovrà anche essa preoccuparsi in avvenire di conciliare l'attività dei suoi corridori con le esigenze del Tour (anche Magne ha detto che non si possono fare troppi chilometri prima) e di eliminare le influenze che gli interessi industriali possono avere sulla formazione e sul funzionamento della squadra nazionale. 1 tedeschi non hanno ancora il campione di gran classe internazionale e con quelli che hanno presentai) hanno fatto una dimostrazione di assieme, di buona volontà e di disciplina. Metà degli spagnuoli, e la migliore, se l'è squagliata per tempo. Degli svizzeri è elemento notevole HAmberg, più dea'Hartmann e dello Stettler. Gli individuali hanno finito di adempiere quasi tutti al loro rrdmxto e brillante; Gianello, più che. discreto sui monti, Chocque, bei- compito di riserve; è rimasto il ; solo bizzoso Pélissier che ha...\vinto, così, la sua categoria. In <quella dei turisti-routiers si è af-, fermato Ruozzi, il più regolare e il migliore in salita; ma mi sono piaciuti anche Cognan, robu- lo ed efficace in piano. Un'occasione perduta E' inutile riandare alle discus- sioni e ai fatti che hanno prece-,luto la nostra sesta impresa nei'Tour, anch'essa, come le prece- denti, non riuscita come avr&m- mo desiderato. E questa volta il\rammarico è maggiore perchè mai mi è sembrato, fra tante me- <iioc?ifà, che fosse meno difficile raggiungere l'agwjnata mèta. Biallora è necessario e doveroso 11- < cercare le ragioni per le quali .non l'abbiamo raggiunta iLa prima, la fondamentale è la:inconci'iraoiKta da noi proclama-; fa mi queste colonne, fra il Giro d'Italia e il Tour, se si vuole, 1 inelio grande prova internaste-j na7e, come deve essere, e questo si considera, come è attualmente, la maggior corsa del mondo, impegnativa di fronte alle folle del nostro buon nome sportivo, anche se, come è capitato finora, noi non ci mandiamo la nostra squadra migliore. Sappiamo che i gerarchi si sono interessati del problema, sottoponendolo all'esame di Desgrange, decisi, questa volta, ad ottenere una soluzione che non ci obblighi ogni anno a venir qui a farci battere. Dopo il Giro d'Italia, con parecchi uomini, e i migliori, o malandati o immaturi, con gli occhi fissi al campionato del mondo, la dctigivtzione era quanto mai difficile. A renderla ancora più tale, si fecero sentire le influenze degli industriali e degli organizzatori ; vennero fuori, così, le coppie di Marca e si insistette, pur di avere un gran nome, su Martu-no, che aveva tuti'altra voglia e non era in condizioni di fare un bel Tour. Fu, poi, insufficiente il periodo di preparazione (neppure una decina di giorni) ed il suo sistema, che, invece di far fare conoscenza, con le Alpi e i Pirenei, i nostri furono concentrati in un paese simpatico e grazioso, ma assolutamente inadatto dal lato tecnico. Infine, la direzione della squa dra fu affidata a persona capace di condurre un velocista al campionato del mondo, ma troppo all'oscuro del complicato meccanismo del Tour e degli elementi tattici, logìstici, meccanici di una simile corsa a tappe. Verri non poteva fare miracoli, improvvisarsi direttore sportivo di una squadra di « routiers », diventare da un giorno all'altro un Steyaert o un Pavesi. La sua opera, quindi, anche se volonterosa, non ha potuto essere altrettanto efficace ed utile. La punta non va direi ta a lui. ma a chi lo ha designato alla carica. Mentre si sta indagando sulle responsabilità di coloro che hanno lasciato il campo, trovo doveroso astenermi da ogni considerazione a loro riguardo. Si può nosidoradimfctusiamrippTLchGadi56did261dL. , mdire, però, che le condizioni fisi- vche hanno influito sul morale di! qcos-toro e che la fatalità ha dato,-, vcoj! le cadute di Bertoni, Berga- smaschi, Gestri, Vii/noli, Cannoso! me Martano, a colpo di grazia allal*saldezza della squadra. Particolarmente gravi per noi sono stati gli incidenti di Bertoni e di Camusso, che, con Monelli, avrebbero potuto costituire un trio formidabile sui Pirenei. Credo, invece, che Martano e Bergamaschi avrebbero, nelle condizioni in cui si trovavano, ceduto alla distanza. Senza la sfortuna, dunque, con un po' più di buona volontà da ; parte di qualcuno e, quello che \più conta, con uomini già non <piovati dal Giro, avremmo po, fitto essere noi { primi a r.om pere la serie delle vittorie fran cesi, MdlacmicSapete perchè Morelli, dopo essere stato sul punto di minacciare seriamente la « maglia gialla », ha dovuto lottare disperatamente per non perdere anche il secondo posto. E vi ho anche detto altra volta le virtù di [ questo corridore non eccezionale, ,ma vero «tipo Tour de France*, 'se così posso esprimermi per si-j gnìficare un complesso di doti fi.\ siche e morali che sono indispen-; \sabilì in questa prova; cioè, con-- tinnita nello sforzo, complesso di mezzi, capacità di saper soffrirei e mai cedere, volontà di costruir-' isi in un mese una vita, in una < corsa una fama. Non ripeterò, I .quindi, l'elogio di Morelli che or-i igi ^eU^lo ditutti^ come* :PW simpatico e ammirevole deiI ; rappresentanti che abbiamo man- dato a questa prova. \ 1 Di Teani dirò che, dopo essersi | j sacrificato per Di Paco—e netto] stesso tempo essersi risparmiato più degli altri — egli si è trovato alla fine con le maggiori ri serve disponibili e che ha potuto\ mettere in risalto le sue interne 1 qualità di arrampicatore ed esse- \ re utilissimo a Morelli Con un secondo posto - tan-\i . , . :r , t . j .1 to vicino e pur tanto lontano adii primo in classifica generale — e sei vittorie di tappa s-n ventiset- j te, si chiude il bilancio di questo nostro Tour. Non è quello che desideravamo, ma, siccome, in fendo, non è meno di quello che c'era da attendersi, possiamo anche dirci soddisfatti, se tanto abbiamo ottenuto nelle condizioni d'in- fcriorità nelle qufìci siamo P^Ìtufi. Onoriamo l'atleta che, qua-1si solo, lia saputo evitarci ««ajamarri mortificazione, ma prepa- riamoci, se crediamo ne valga Ja!pena, per tempo e con cura per.prendercì una solenne rivincita. |Giuseppe Ambrosini. || Morelli e Teani, superstiti della squadra Italiana, compiono il giro d'onore. (Servizio speciale telefotografico de LA STAMPA per il Giro di Francia) Romano Maes conquista, al suo arrivo a Parigi, la più bella vittoria della sua carriera. (servizio speciale telefotogbafico de LA STAMPA per il giro di francia)