La follia dei pacifisti britannici

La follia dei pacifisti britannici La follia dei pacifisti britannici punta sempre su Ginevra Londra, 22 notte. I giornali oggi si astengono dal pubblicare commenti sulla situazione, e il Daily Mail è solo a tenere testa energicamente alle manovre dei pacifisti, ricordando a questi e anche al Governo^ come « il porre a repentaglio l'amicizia dell'Inghilterra con l'Italia solo perchè questa intende fare in Abissinia quello che noi abbiamo fatto generalmente sotto una provocazione-molto meno grave in immense distese di territori africani selvaggi, sarebbe il colmo dell'ipocrita follia ». Tutti i giornali, per altro, ripor- tano largamente estratti dell'in- tervista del Duce all'inviato spe-ciale deìVEcho de Paris. Dell'Inter- vista del Duce, tutti i giornali sot-tolineano: 1. le dichiarazioni sul-ia missione colonizzatrice delle na-ve " corrispondente del Times, giù zioni europee; 2 l'affprmnyinnp ieche l'Italia, nel prendere le sue ir- revocabili decisioni, è perfettamente consapevole delle difficoltà che deve sormontare; 3. la frase chel'Europa ha ancora davanti a sè Riferendosi all'ultima frase, Il corrispondente del Times da Parigi scrive che le previsioni del Duce-sulla situazione europea coincidono con quelle dei maggiori sta- tistì europei. Tutti i giornali di ieri e di oggi, nelle loro corrispondenze da Ro¬ ma, scrivono cne inaila consiae-ra particolarmente gravi le dichia- razioni dell'Imperatore d'Abissiniadichiarazionì il cui contenuto, seri-stificano pienamente nell'opinione italiana la protesta che il conte;Vinci ha fatto col riserbo di ogni ulteriore .decisione del Governo fascista. Si bussa a quattrini Alla Camera dei Comuni viene offerto stasera un banchetto al dottor Azaj Martin, il nuovo ministro di Abissinia a Londra, il quale oggi rivela al Daily Express i motivi della sua missione e le linee fondamentali dell'azione che egli tenterà di intraprendere a Londra entro i prossimi mesi. Senza farsi affatto pregare, il dottor Martin ha dichiarato di es-sere venuto a Londra allo scopo di ottenere un prestito per il suoPaese di due milioni di sterline. «Abbiamo urgente bisogno di denar0 — egli dice — non soloper,la condotta della guerra, inaanche Per lo sviluppo delle vaste risorse minerarie ed economiche del Paese ». al corrente di ciò che Il dottor Martin, giunto da poco a Londra, non "dwe" eier~e" certo fin qui è venuta sostenendo l'Abissinia inagli minerarie e naturali in generedell'Abissinia erano una pura m. venzione, e che altrettanto frutto di fantasia erano le voci relative possesso del armamenti in Governo di Abissinia. Il nuovo ministro dichiara per contro: « L'Abissinia è una delle più ricche contrade del mondo poten- zialmente e siamo pronti a farc concessioni di miniere e di pozzi petroliferi a eque condizioni». Con queste parole il rappresen- tante di Addis Abeba, cerca 0v-cerca ov-viamente di attrarre verso le cas- seforti del Negus i due milioni di sterline che gli occorrono. Nel caso che le trattative con i finanzieri inglesi, dessero esito negativo, Martin cercherebbe di intenerire il cuore del banchiere Morgan attualmente in Inghilterra. La missione però di questo diplomatico, è anche — come egli ha confessato — di persuadere il Governo britannico ad appoggiare l'Abissinia e a esercitare pressioni sulla Lega, onde essa, per far piacere al cosi detto Martin, chiuda il Canale di Suez. Inoltre il « dottore » tenterà I di persuadere Londra a rimuovere i'€mbargo sulle armi e le muni zioni. \Jf\Q CJGDrGCSbilB D3ZZÌ3 L'Abissinia però — secondo Martin —non è poi cosi disarmata come ha voluto fin qui pretendere. Egli ha detto ohe, essa ha larghe scorte di munizioni chiuse nella fortezza di Addis Abeba e cosi Pure mitragliatrici, mortai, e an ^e, aIcuni cannoni da campagna di lunga portata e batterie anti aeree. Le truppe del Negus sono , dotate di fucili ultimo modello, 1luln Abissinia dal Belgio, dalla Jugoslavia e dalla Svezia. Il « dot tore » ha PO' aggiunto che le or- dinazioni dì materiale bellico sono state fatte in Inghilterra, specie dl cartuccie per fucile, « I carri blindati — egli ha det to - sono inutili in Abissinia, e le enormi distanze impediscono ti ri accurati da parte dell'artiglie ria. Il solo vero pericolo è quello aere°. ma non vi è §Tran cne Qa bombardare per una aviazione nemica ». Commentando questa intervista il Daily Express, dice che concedere un prestito all'Abissinia sarebbe una follia, ed una ancora maggiore follia chiudere il Canale di Suez. «Il vendere armi alI'Abissinia! sarebbe cosa in piena regola — aggiunge il giornale — ma siamo sicuri che l'unione della Lega delle; Nazioni sarebbe favorevole a questo affare, e basta ciò a metterlo! in luce sospetta ». Delle forniture di armi si è occupato oggi stesso il Gabinetto! britannico in una riunione speciale presieduta da Baldwin. A quello che si riferisce stasera, una de-; cisione in proposito non sarebbe; stata ancora presa, dato che il Governo preferisce attendere l'esito di alcuni importanti scambi di vedute in corso, ma la disamina del! problema sarebbe già stata avviata a tal punto da permettere a sir Samuel Hoare, di fare dichia- ; razioni sull'atteggiamento gover-! nativo nel corso di questa settima-1 na. Nella riunione di oggi del Ga-| binetto, non si è soltanto discusso; attorno al problema molto secon-l dario delle forniture di armi e mu- \ nizioni a Addis Abeba, ma anche,1 e principalmente, della posizione dell'Inghilterra di fronte alla ver-; tenza e alla Lega. E' incontesta- j bile, quantunque misteriose rimangano ìe cause, che un certo inigldimento si sta delìneando nel- ! l'atteggiamento dell'Inghilterra, irrigidimento che conferisce un ca- i rattere nettamente accademico al- j le dichiarazioni che sir Samuel' Hoare fece alla Camera dei Co-1 muni nei riguardi dei bisogni espansionistici dell'Italia. Si crede che la questione abissina sarà sollevata alla Camera dei Lords domani quando Lord Davies presenterà una mozione Il Daily Mail — che, come abbiamo detto, è il solo a guardare in faccia la realtà — in un articolo editoriale scrive: « Una parte della stampa governatiVa insiste perchè il Gover- j no britannico adotti a Ginevra' una ferrea linea di condotta. Que¬ sta è una pura pazzia che implica i l'applicazione ai danni dell'Italia delle cosidette sanzioni che, come Charnberlain ha ammonito l'il luglio, implicano a loro volta l'impiego del blocco che è atto di gueira ». Dopo aver rilevato come Mussolini in una intervista abbia fermamente respinto ogni specie di ingerenza da parte della Lega delle Nazioni, l'articolo continua: « Nessuno in Inghilterra si interessa a ciò che accade in Abissinia: ciò che il pubblico desidera è di essere tenuto assolutamente al di fuori di una disputa che non ci concerne affatto. L'Italia fa sul serio e le attività dei pacifisti che cercano di metterle i bastoni tra le ruote e di incoraggiare il retrogrado schiavista impero etiopico possono essere l'origine dei più gravi pericoli ». Vi è chi pretende che la ripresa di sviscerato attaccamento al leghismo sia dovuta alle posizioni assunte da Washington e da Tokio, ma di ciò nulla risulta in modo concreto, e queste voci vanno accolte con molte riserve. Le mene di Tokio Che a Londra le attività diplomatiche del più puro stile asiatico del Giappone non dispiacciano, sembra ovvio, ma in fondo — benché non sia infondato il sospetto che in esse vi possa essere lo zampino britannico — si presentano in modo così confuso e accompagnate da mosse laterali di carattere così strano, da apparire qui a molti quasi impenetrabili. L'Europa è abituata ormai alle sottigliezze infinite della diplomazia giapponese. Ciò nondimeno non è in grado, come non lo è mai stata finora, di stabilire volta per volta il peso da attribuirsi a alcune mosse nipponiche in quanto che a Tokio un momento si ode la voce degli ambienti militari, ed un altro quella degli ambienti civili le cui fortune e la cui autorità sono variabili come il tempo. Si pensa per ora che Tokio sia soltanto preoccupato di calmare le inquietudini di alcuni ambienti commerciali e industriali, le quali dimostrano che le mire nipponiche in Abissinia non erano poi così vaghe come molti a Tokio hanno voluto far credere al mondo. L'atteggiamento di Tokio è perciò la più evidente e la più logica giustificazione di tutto l'atteggiamento assunto dall'Italia. Si riconosce nel contempo dai giornali londinesi, che la situazio- : ne nella quale si trova il Governo j britannico, non solo è di una deli-1 catezza e difficoltà estreme, ma • minaccia di divenire la più diffiCile nella quale l'Impero britan- ; nico si sia trovato dall'agosto de) '14 ad oggi. Come dice un giornale della sera, il Governo è obbligato a risolvere un problema matematico insolubile: quello consistente nel fare coincidere l'indipendenza abissina con l'espansione coloniale dell'Italia, un problema che certamente non ha soluzione, ma che Londra si sforza di risolvere, credendo di poter abbinare una soluzione solo perchè lo impianta in modo ben diverso di come lo pre-1 sentano i giornali, e cioè quale una ricerca del modo migliore disalvaguardare gli interessi impe-! riali senza destare reazioni trop-i po vive a Roma e a Addis Abeba. Cecità volontaria L'Inghilterra — sempre a quello che affermano i collaboratori diplomatici dei giornali londinesi, rimane fermamente decisa a ricercare, malgrado le riconosciute difficoltà, una base per una sistemazione pacifica della vertenza italo-abissina, e ciò prima che si raduni il Consiglio della Lega quantunque i corrispondenti romani di tutta questa stampa, avvertano che gli eventi precipitano verso una situazione la quale, come dice ad esempio il corrispondente del Daily Mail, porrà il problema dell'Africa Orientale su un terreno ove non potranno più esercitarsi ingerenze esterne. Il Governo di Washington, pur dichiarandosi favorevole ad una soluzione che rispetti il patto Kellogg, dichiara invece che intende rimanere rigorosamente neutrale, e annuncia ufficialmente che non tollererà prese di posizioni da parte della pubblica opinione le quali possano in un modo qualsiasi compromettere l'atteggiamento di imparzialità che esso intende adottare. La Commissione senatoriale degli Affari Esteri sarà ricevuta anzi dal Presidente Roosevelt alla Casa Bianca nel corso di questa settimana per discutere su alcune importanti misure legislative destinate appunto a rafforzare la neutralità degli Stati Uniti. Il collaboratore diplomatico del Daily Telegraph, contrariamente alle voci correnti, afferma stasera che nella riunione di gabinetto il governo ha oggi deciso che non esistono motivi di impedire a ditte britanniche di esportare materiale bellico in Abissinia. Il governo ha riconosciuto che il rifiuto di autorizzare le esportazioni costituirebbe un'infrazione di impegni di trattati, pregiudicherebbe la decisione del Consiglio della Lega e negherebbe alI'Abissinia « la possibilità di legittimi preparativi pei la propria difesa ». R. P. Le manovre di Londra presso il Governo di Tokio Parigi, 22 notte. Le voci di manovre giapponesi e americane per creare imbarazzi alla politica africana di Roma, e i dispacci giunti in serata sulla decisione del Gabinetto britannico di impegnare a fondo nel conflitto la Lega delle Nazioni, producono qui una certa impressione ancorché gli organi maggiori preferiscano astenersi da commenti al riguardo. Le sfere ufficiose hanno la sensazione che gli avvenimenti procedano a ritmo accelerato e che la probabilità di uno scioglimento pacifico si faccia di giorno in giorno più esigua. Vecchie responsabilità In alcuni ambienti indipendenti non si è lontani dal rilevare come parte dalla responsabilità della situazione attuale ricada in realtà sulla Francia, la quale, per parecchi anni, onde stornare la pressione dell'espansionismo italiano dall'Africa mediterranea, non cessò di consigliare a Roma di spostare le proprie aspirazioni verso l'Africa Orientale, ed in particolare verso l'Abissinia. Si citano oltreché svariati episodi diplomatici e dozzine di articoli della stampa. Chi evoca tali incresciosi ricordi, ammette che il Governo di Parigi, dopo avere incoraggiata indirettamente e direttamente la politica abissina di Roma, non dovrebbe ora limitarsi a restarsene inerte spettatore delle reazioni più o meno aspre che essa suscita attorno per il mondo. L'Inghilterra — si dice — sta procedendo febbrilmente e non senza successo, ad una vera e propria mobilitazione morale contro l'Italia. Quegli stessi Stati che normalmente si dimostrano meno rispettosi degli interessi britannici, sembrano voler fare ostentatamente il giuoco di Londra avendo scoperto che la questione abissina offre loro una eccellente occasione per rendere un servigio agli inglesi senza rimetterci nulla del proprio. Come si spiegano per esempio le dichiarazioni contradditorie dell'Ambasciatore Segimura e del Governo di Tokio? In un modo semplicissimo. Il Giappone ha fatto, attraverso il suo ambasciatore a Roma, una dimostrazione verbale favorevole all'Italia per dare all'Inghilterra l'occasione di deplorarla attraverso il suo ambasciatore a Tokio, e procurarsi il piacere di accogliere i desiderata britannici facendo immediatamente una dichiarazione ufficiale consona alle tesi di Londra. Bizantinismi oziosi II Governo nipponico, con poca spesa, si è dato così l'aria di rendere agli inglesi un servigio da amicp'. Potrebbe domani Londra non^jjiUrsi obbligata a chiudere ano#rsriYneglio gli occhi in occasiona dp una eventuale, ulteriore avanzata giapponese in Mongolia ? Ora, davanti a manovre di questo genere, ha la Francia, in coscienza, il diritto di sostenere che la sua stretta neutralità sia tutto quello che di meglio c'è da fare per mostrarsi solidale di Roma? Qui, parecchi se lo domandano con un principio di inquietudine. Vero è che in talune sfere parigine dove l'antica mentalità non ha del tutto abdicato, non si rinuncia ancora a considerare come un grosso successo per la Francia, il fatto che il peso delle ambizioni territoriali italiane abbia cessato di gravare sulla Tunisia e sul Ciad, per spostarsi sul Mar Rosso, cioè verso la sfera di influenza inglese. Presa tra i due fuochi: dell'ostilità germanica sulle Alpis e delle ostilità inglesi in Mediterraneo, l'Italia è costretta — secondo queste sfere — a puntare oramai sull'amicizia francese ad ogni costo e senza contraccambio, fattore ideale del giuoco diplomatico europeo di Parigi. Ma politici di vedute meno corte si rendono conto che confinarsi in questa soddisfazione egoistica potrebbe essere un coltello a doppio taglio e di fronte alla intraprendenza della campagna antiitaliana dell'Inghilterra e alla indecente montatura filo-etiopica che viene perpetrandosi sotto la spinta del Foreign Office e dell'Intelligence Service vorrebbero vedere Lavai e il suo giornale fare qualche cosa di più efficace che non limitarsi a osservare il silenzio. L'accademico Bainville, a corto di pazienza, scrive nella Liberté che il Negus si guarderebbe bene dal resistere all'Italia se non si sapesse appoggiato dall'Inghilterra, che questo stato di cose deve finire, che quello che Mussolini vuol fare in Abissinia è quanto hanno fatto la Francia in Marocco ed in Tunisia e l'Inghilterra in Egitto, che il miglior servizio da rendere al mondo e allo stesso Negus è quello di appot tare ad Addis Abeba consigli di rassegnazione e di buon senso. Senonchè, anche a giudizio di Bainville, questo consiglio non lo può impariire se non l'Inghilterra. C. P. NON CE' PEGGIOR SORDO La S. D. N. — John, accorrà John Bull. — Quali grida? ! Non senti le grida?