Due balene a passeggio per l'Oceano

Due balene a passeggio per l'Oceano Due balene a passeggio per l'Oceano Un diversivo durante un volo lungo le coste colombiane -■ Lo spettacolo del Canale di Panama visto dall'alto GUAYAQU IL, luglio. Partiamo d,a Cristobal con le prime luci dell'alba; ormai è finito anche il lusso dei grandi apparecchi a quaranta posti che ci hanno portato in giro per tutto il mar delle Antille e qui c'imbarcano in un piccolo anfibio a cinque posti, una specie di vetturetta utilitaria, che ci accompagnerà fino a Tatara, la regione petrolifera del Perù. Le coste colombiane ed equatoriane del Pacifico, le più squallide del continente, hanno poco traffico, e, più che una linea, qui basta un servizio di collegamento; ritroveremo i trimotori e i Douglas più giù, a Lima e ad Antofagasta, e cosi ritorneremo al Cile da gran signori, per chiudere trionfalmente il nostro aereo periplo del Sudamerica. Uno sguardo su due oceani Intanto, prima di salire a bordo, devo anche qui lasciarmi impacchettare e suggellare la macchina fotografica; ma siccome i Nordamericani vogliono essere sempre precisi e meticolosi nelle oro faccende burocratiche, il piota mi consegna un biglietto stampato dal quale apprendo che l giorno 18 febbraio 1929 (par di eggere un atto notarile) il Presidente Hoover firmò il decreto numero solfi ecc. ecc. per proibire TUMACO (Co'uso delle macchine fotograficheungo tutta la zona del canale diPanama. Più che giusto; ma incompenso il cortese pifota mi con-segna poi un libretto con tutta la storia, i dati tecnici e bellissime 'otografie del canale; una specie di programma illustrato e com-mentato per meglio godere lo spettacolo dei due oceani uniti da questa striscia d'acqua che passa diritta per circa settanta chilo- metri attraverso selvagge monta- gne e tenebrose foreste. Venti mi iuti soltanto, ma solo cosi, dal'alto, uno può a un certo punto salutare insieme le acque dell'Atlantico e del Pacifico; momento oltremodo emozionante, e perchè nessuno possa poi rimproverarsi di averlo perduto, il pilota, che in questi piccoli apparecchi è dentro a nostra stessa cabina, come il conducente di un'automobile a guida interna, ci passa un bigliet-to scritto a lapis per avvertirci di guardare a sinistra e a destra le due meraviglie: l'Atlantico di un bel azzurro chiaro, il Pacifico co-or verde bottiglia. Tutto bello; e mi viene in men te tutto quel che di commovente, di eroico, di retorico si è scritto i proposito di questo canale che unisce due mondi, due razze, dueciviltà; tutti fratelli, tutti uguali,fra i continenti non ci devono es-scre più barriere; ma poi ricordo anche quel che mi diceva una volta uno scrittore messicano:VAtlantico e il Pacifico son come 'olio e l'aceto; metteteli pure in-sieme, mescolateli fin che volete,tutto inutile, non si uniranno mai.Basta dare un'occhiata a quel chesuccede nella zona del canale, aCristobal e a Colon; pochi metri,l nord e il sud sono a contatto digomito, ma è come se fossero di visi da un abisso. Come due enormi scafi Alle chiuse di Gatun e poi piùgiù di Fedro Miguel e di Miraflo-res, la terra sembra tagliata colcoltello; fra il-rosso cretoso delle rive biancheggia il cemento su cui scorrono i carrelli che trascinano^^n^^^tZpiente, tra boscaglie di palme e di atberi del pane; le boe rosse se-gnano la rotta; a momenti la fo-resta nasconde tutto e non si vedeantenne altissime della radio diDarien, i capannoni, le tettoie, iserbatoi di zinco di Miraflores che splendono al sole del mattino co- me giocattoli d'argento, pm gliultimi gradini che discendono verso Balboa, Panama in distan-za, tutta bianca e chiusa come una fo:'.?--r ì finalmente il Pa- cìfica. Un a. • >o solo; dietro, lacosta si è fa ' più scura, la fo-che un luccichio fra il verde da cui vien su qualche filo di fumo. Più in là, dove la selva è più cupa, s'intravede il tetro edificio del penitenziario del Canale; poi le grigia di nebbia: fumo di pira- scafi, vapori di paludi e di pantani. Siamo soli fra il cielo e l'oceano; lo smeraldo dell'acqua è tutto incrinato da righe sottili di schiuma. Il pilota si volta e ci sorride come per chiederci se siamo soddisfatti dello spettacolo, poi punta diritto verso il sole che fiammeggia nel vuoto immenso. Per la prima volta ho l'impressione della distanza, dell'altezza, della solitudine, come se volassimo su un mondo nuovo, alla scoperta di terre sconosciute. Ma ora qualche cosa sta forse per accadere; l'apparecchio improvvisamente discende e il secondo pilota, che si è tolta la cuffia della radio, ci fa segno di guardar giù, davanti a noi, due enormi scafi neri che galleggiano e paiono immobili; sembrano dke barconi capovolti. Discendiamo ancora, una virata brusca, e da cinquanta inetri d'altezza distili nuiamo due gigantesche balene 'che passeggiano tranquille, con le scìl\enc emerse, li per l'oceano, Meno maie; credevo di peggio, dnpo quel che mi avevano detto di questa zona di tifoni e di nau fragi. passate le balene, il pilota laVscia i comandi al suo compagno, allunga una mano verso il termos cn>è dalla nostra parte e si versa Una fazza di cuffelatte, con cai ma, badando di non spanderne neppure una goccia; poi prende anche un pacchetto di biscotti e fa colazione; tutto un armeggio che lì per lì mi dà qualche pensiero; ma poi capisco che non c'è motivo d'allarmarsi; il nostro ae spianino va benissimo, andrebbe anche da solo; poche comodità, ma tira via come se fosso tan ciato da una fionda, e se qualche volta, addosso alle coste basse e \ grigie della Colombia, lo prende di fianco qualche colpo rabbioso di vento, scatta agilissimo e, ta! gliando di traverso la corrente im petit osa, cerca più in alto di usci- re dall'atmosfera in subbuglio Sotto la pioggia Buenaventura discendiamo pochi minuti, appena il tempo di far benzina e di sgranchirci le gambe; nuvoloni neri ci vengono incontro con furia e bisogna scap pare in fretta prima che scoppi il temporale. Il pilota compeia un grosso casco di banane da un in dio che ne ha piena la piroga (il ',caratteristico bongo colombiano 1 scavato in un lungo tronco d'alìbero) e offre a tutti; sbucciando ', banane riprendiamo il volo; per,cinque minuti ci tuffiamo nelle 'nuvole ma poi riusciamo ancora , nel sole. Il temporale è rimasto laggiù a Buenaventura; noi voliamo nell'azzurro e l'acqua di sotto è tutta verde chiazzata di giallo; par che ci siano dei prati in mez,zo al mare. Sei/uiamo giusto l'or,lo deu„ costa: l'ombra del nostro , apparecchio tar/lia con un'ala la saobia rossa della riva e con Val trn ronda schiumosa che la rica | ma di bianco. ] pnma dl- Tumaco incontriamo \^^^ /^- puota mi passa un biglietto nel i„MaZe mi smega che questa è la\regione deUa china e del cauc. jci£ e che Varia e carica di elettH-cita; sempre così; ci sono ormai abituati; niente paura; giriamo al iarlo, descrivendo un ampio se- miccrchio, e quando ci riawict-uno a terra i nuvoloni si son 'già sciolti in un tendone di pioy-|flto color caffelatte. Sull'apparec- chio è come se grandinasse; uno sballottano fragoroso che par d< ] essere sotto una tettoia di zinco; ì tutto livido; sparito il verde, spa- [rito il giallo; anche il mare ha il color della terra, come se tutto ribollisse e venisse sù dalla su-'perfide di questo mondo sconvol-'to e primitivo una densa schiuma ' di tenerci bene aggrappati ai se- DI COCCO dili negli sbalzi; non ce n'è bisogno; siamo lì rannicchiati, con tutt'e due le mani strette ai braccioli, come quando da ragazzi si andava sull' otto volante. Finalmente la tenda bigia si'schiarisce un poco; laggiù s'intrav e d e qualche cosa; un villag gio di casette di legno che sembrano scatole di fiammi feri; è Tumaco e si scende. L'acqua è dura e par che gli scafi urtino contro dei paracarri; ma la manovra è perfetta e ci fermiamo giusto alla boa rossa presso una garitta verde issata su palafitte. Per essere un idroscalo è poco, ma per il paese è anche troppo. Un signore serio Mettiamo il naso fuori della cabina; tutto gronda, il paesaggio intorno è tetro e melmoso; piove sempre, acqua calda che fuma, goccioloni che picchiano e rimbalzano; abbiamo l'impressione di essere anche noi a bagnomaria. Tutte le case sono costruite 3U palafitte e donne e uomini, negri e indios corrono lungo la riva con indosso soltanto una camiciola; da un barcone stanno scaricando delle enormi noci di cocco; gli scaricatori sono immersi nell'acqua fino alle coscie, ma non ci fanno caso; pare invece che ridano di noi. Un signore vestito di nero, col panama bianco, l'ombrello e una grossa borsa di cuoio sotto il braccio, ci viene incontro in barchetta; mentre l'apparecchio- fa benzina, lui non finisce più di tirar fuori registri, inzuppati anche quelli; par niente Tumaco, pare il paese abbandonato dal diavolo, ma ci sono anche li le solite pratiche, le solite carte da bollare e da firmare. Il pilota sorride, ma il signore vestito di nero è serissimo e fa di tutto per riparare con l'ombrello i suoi preziosi scartafacci; una volta la settimana gli tocca darsi quasfautorità da direttore dei servizi aerei di Tumaco e non vuol perdere neancne un gesto; poi guarda ad uno ad uno anche noi, come fossimo i suoi scolari, e ci saluta con degnazione, toccandosi l'ala del panama. Mi dicono che qui una volta si trovavano per poco delle bellissime cabezas reducidas, cioè delle teste di indios, teste vere, di carne ed ossa, ridotte con arte difficile e quasi magica alla grossezza di una noce; ma ora anche questo mercato è in crisi; scarsezza di teste, mitezza di costumi o altro, fatto sta che da qualche tempo in qua le cabezas re¬ ducidas sono rarissime; bisogna andarle « cercare nei negozi di argenterie delle capitali, ma al- terra, su boscaglie folte che dall'alto danno l'impressione di gran- lora si pagano a peso d'oro, senza contare che si corre il rischio di portarsi a casa una testa di scimmia invece che una testa d'uomo; bel gusto! Lasciamo Tumaco e in pochi minuti siumo un'altra volta fuori della pioggia; ora voliamo su di tappeti di muschio; il nostro apparecchio ha tirato su le ali e ha messo fuori le ruote; punta diritto verso i monti come se volesse scavalcarli, infila la via giusta lungo il Rio Guayas e scende sobbalzando come un carrello sulla pista sassosa del campo di Guayaquil. Ettore De Zuani TUMACO (Colombia) — VENDITORI DI NOCI DI COCCO

Persone citate: Colon, Di Cocco, Hoover

Luoghi citati: Antofagasta, Cile, Colombia, Fedro Miguel, Lima, Panama, Perù, Sudamerica