Le tigri fanno preda di Leo Rea

Le tigri fanno preda Battaglie Mie Ila giungla Le tigri fanno preda (Dal nostro Inviato speciale) Lati 25 N. - Long. 90,40 E., maggio. La femmina, quella sera, non aveva nessuna voglia di uscire a caccia: il suo compagno — un tigrone di tre metri e mezzo da testa a punta della coda — anziano ma non vecchio, gran cacciatore al cospetto di tutti gli abitatori della giungla, aveva cominciato a mostrarsi irrequieto nel pomeriggio. La notte precedente avevano fatto ottima preda — il capo di un branco di antilopi d'acqua si era lasciato sorprendere all'abbeverata e il pasto era stato eccezionalmente buono e abbondante. Durante i calori del giorno, avevano dormicchiato in uno spiazzo al margine della foresta, fuori del folto giacché avevano con sè ì due piccoli che bisognava proteggere dall'insidia dei serpenti. v Invito alla caccia Un bel poco prima del tramonto il maschio si drizzò impaziente e si pose a guardare verso la pianura: la sua immobilita era interrotta soltanto dal volgere della testa verso la compagna sdraiata, a gambe tese in modo che i cuccioli potessero godersi appieno l'ultimo pasto della giornata. Stava così bene in quella posizione e si sentiva cosi piena di stomaco e contenta nel cuore che ci vollero un paio di miagola imperiosi del ma echio per deciderla ad alzarsi. Pastora i piccoli verso la vicina tana dove avrebbero potuto dormire sicuri, poi tornò verso lo spiazzo donde dovevano muovere per la caccia. Si avviarono verso il fiume: non avevano fame ma, se si fosse pre- gdvtnpsdczebssqddltrcprrtqnvpisSppsentata l'occasione non avrebbero esitato a rifare il pieno. Perciò, !dovendo andare a bere, si dispo-\sera in modo di essere pronti ad\attaccare: il maschio a destra e Ilin po' più avanti, la femmina a|venti metri sulla sinistra e un po' i arretrata. Videro un branco di'asini selvatici: li avvicinarono con i cautela, ma una delle sentinelle- sospettò la presenza delle belve e diede l'allarme. Non se la presero:[la manovra dell'avvicinamento indagguato aveva procurato soddi- ; sfazione alle tigri e la pancia ', satolla non esigeva ancora che'ogni caccia desse preda. j Raggiunsero il fiume si disseta- rono e tornarono al covo senza]dar seccature a nessuno. I nella pianura da solo un po' per spirito di inisiattva un po' perchè a lui la fame cominciava a dar fastidio molto prima che alla compagna. Incontrò prima un branco di antilopi nere, poi uno di cin- Il giorno dopo il maschio uscii ghiali: entrambi gli agguati andarono a vuoto perchè l'allarme venne dato troppo presto e, in tutti due i casi, le bestie fuggirono nella direzione giusta. Giusta per la loro vita — errata per lo stomaco del cacciatore. La seconda volta II tigre si indispettì perchè sapeva che, in tutta coscienza, l'agguato e l'avvicinamento, erano stati eseguiti secondo le buone regole ed era stato persuaso fino all'ultimo che la sua presenza fosse insospettata. Comunque il dispetto e il disappunto non durarono a lungo: non è la caccia di giorno quella da cui si misura la capacità di una tigre: e, inoltre, la sera si sarebbe fatto seguire dalla compagna e allora non c'era dubbio che tra l'orgoglio un po' ferito e la fame, sarebbero riusciti a fare qualche buon colpo. Tornò alla tana a metà pomeriggio: avvicinandosi la sera, le tigri si facevano sempre più irrequiete. La femmina, questa volta, non si fece invitare due volte. Doveva pensare a mangiare per sè e per i cuccioli. Al tramonto, lasciati i piccoli nella tana, le tigri si misero in strada verso la pianura. Si avviarono dapprima verso un piccolo stagno che, in epoca di pioggia, offre sempre possibilità di abbeverata. Quando furono a duecento metri da esso affondarono letteralmente nell'erba: procedendo decimetro per decimetro, sulla pancia più, che sulle gambe perchè gli steli non erano molto alti ed era indispensabile essere ben coperti. Avanzavano, lentamente: il maschio una decina di passi avanti alla compagna ma mai direttamente di fronte a lei. Si muovevano con tanta cautela mcct 6 con tanta abilità che gli steli !delle eroe ondeggiavano poco più \di Quanto avesse potuto fare una \°rezza appena tesa. Quando fu Irono a cinquanta metri dallo Sta|0«° U tigre si fermò e si lasciò i raggiungere dalla compagna. Que'sta aveva capito che quell'alt si i gnificava preda in vista: una an- tilope gialla, un bellissimo eseme piare alto quasi due metri, stava :[bevendo. Appariva però eccessindamente nervosa e inquieta: ogni ; dieci secondi alzava il muso dal ', l'acqua, voltava il collo a destra e e'a sinistra; si decideva a riabbas j sare il capo fino al pelo dell'acqua - per alzarlo di nuovo e di scatto per a]guardarsi tutto intorno. Succhiava I ancora un sorso o due, poi compiva r è r o - vicinasse da tergo. \La tigre si indispetti di tale so- ii un intero giro su se stessa per as- .sicurarsi che nessun nemico la av-- spettoso atteggiamento e menò un ' paio di colpi di coda: il maschio']con una zampata la ammonì a non n muoversi e la invitò alla calma\che il minimo nervosismo avrebbe compromesso irrimediabilmente il boccone. Ma non era di loro che Vanti- lope sospettava: il suo udito at- tento e fino aveva raccolto un qual- che rumore: e, appena fu sicura che questo si faceva sempre più vicino, spiccò un salto e via a coda alta, senza curarsi di sapere chi si avvicinasse, lasciando lo stagno fra sè e le tigri. Queste, dopo la fuga dell'antilope, restarono appiattite fra le erbe per vedere chi e cosa stava capitando: ora udivano anch'esse un rumore che si avvicinava: un minuto dopo scorsero la sagoma di un rinoceronte che trotterellava verso lo stagno. Le tigri se ne andarono: la pozzanghera non presentava alcun interesse per loro giacché, per quella sera, col rinoceronte che beveva e che si rotolava nel fango, nessun animale sarebbe venuto là per dissetarsi Attraversarono un tratto di terreno aperto dirigendosi verso la boscaglia che si stendeva lungo il fiume. Il tigre infilò dritto il primo dei sentieri aperti nel fitto degli alberi dagli erbivori che dovevano recarsi, due volte ogni giorno, a bere: la tigre rallentò la marcia; dopo un poco entrambi piegarono a sinistra per mettersi sotto vento e procedettero parallellamente — il maschio a pochi metri, la femmina a duecento passi dalla riva del fiume. La posta buona La tigre senti davanti a sè un;galoppo: avanzò rapida e silen- ziosa verso un altro passaggio che TZ?Z?™t!ZVa™LUtCJ?^ — che si affrettavano, esploratore] in testa, verso il secondo sentiero, Prima di entrare nel corridoio aperto nella boscaglia la guida s' fermò puntando in ogni direzione occhi e narici: la tigre si tenne immobile e chiuse gli occhi che avrebbero potuto, nel buio ormai fitto, svelarne la presenza. Li ria- perse quando udì le bestie incam- minarsi, ignare dell'agguato, di nuovo verso il fiume. Quando le scomparvero alla vista, avanzò,quanto più celermente è silenzio-.samente poteva verso il sentiero: ! a due metri da esso si appiattò \à. Se un altro branco di asini 0\ di gazzelle fosse passato di lì'.pronta a lanciarsi contro qualun- - que animale che fosse passato di ' avrebbe potuto fare un colpo si'] curo: ma la belva non pensava nemmeno a questa eventualità. \Uno degli asini che erano passati due minuti prima, stava per esse re sua preda certa. Fra poco il branco sarebbe ripassato a galop po disperato: forse nel branco in fuga ci sarebbe un individuo di meno giacché era molto probabile che il suo compagno, sulla riva a l a i i i del fiume, fosse già in posizione di poter attaccare con profitto. Gli asini avevano frattanto quasi raggiunto la sponda: ancora pochi passi e avrebbero potuto affondare i musi nell'acqua. Ma di colpo, una voce terribile — fra il miagolio di desiderio e il ringhiare di rabbia — usci dalla gola del ti- „,, gre troppo lontano dal branco per„„t*_ r„ j~n-\ spiccare un salto. La testa della belva era posata a terra e la sua voce correva e si spandeva in modo strano: sembrava provenire una volta da un punto una volta da un altro: gli asini, esitarono per un secondo, poiché non capivano se il terribile nemico si trovasse sulla destra o sulla sinistra, o se fosse di fronte a loro sull'opposta riva. Giudicarono che l'unica via di salvezza era alle spalle e di colpo si gettarono al galoppo verso la boscaglia per riguadagnare il terreno aperto. Il banchetto Allora, quando il primo di essi giunse all'altezza della tigre appostata, si vide una agile e sottile forma giallo-striata saet tare l'aria 9 cadere sulla schiena dell'animale, affondare una seriedi artigli sulla spalla e l'altra sulnaso della vittima, costringendolaa piegare sempre più il collo af-n;finché le vertebre fossero ben di - varicate in modo che i denti en e trassero facilmente nella spina e\^ i^Svaricate in modo che 1 denti en-e] cadeva sulle ginocchia: la tigre , lasciò il collo per attaccarsi alla o gola. ' Un minuto dopo il maschio giune geva sul posto: avvicinandosi alla e compagna e alla preda miagolò e qualche suono di approvazione e i di elogio. Si sdraiò, puntò una - zampa sulla schiena dell'asino e - affondò i denti in una coscia: lai tigre che leccava ancora il sanguee sgorgante ben caldo dal collo, era ò,cosi eccitata che ringhiò contro il .sopravvenuto. : ! Ma poi, banchettarono in buona ò Pace Per un'ora. Quando si senti 0\in<Uetr° non'si curarono delle jeneì'che contendevano ai cani selvaggi- rono be" pieni si diressero al fiume i Per °ere e Per lavarsi: tornando a . i resti lasciati da loro, i padroni della giungla. Leo Rea La femmina stava sdraiata e a gambe tese in modo che I cuccioli potessero succhiare comodamente.

Persone citate: Ilin