Fantastici compromessi nelle ipotesi e nei voti francesi

Fantastici compromessi nelle ipotesi e nei voti francesi Fantastici compromessi nelle ipotesi e nei voti francesi Parigi, 13 notte. Le riserve formulate dalla stampa Italiana nei riguardi del discorso del Ministro degli Esteri britannico suscitano qui mediocre gradimento, ma gli organi più autorevoli si astengono dal rilevarle preferendo attendere l'esito delle conversazioni che, a detta dei corrispondenti londinesi, sarebbero in corso fra Londra, Parigi e Roma per la ricerca di una transazione « onorevole > che con senta all'Italia di rinunziare a far parlare il cannone. In che debba consistere tale transazione non è chiaro giacché ogni giorno essa assume un aspetto diverso. Alla ricerca di una formula L'ultima formula escogitata consisterebbe, a quanto pare, nel'a proposta di trasformare l'Etio- pia da Stato indipendente in Stato a sovranità limitata come l'Iralc, affidando all'Italia nei suoi riguardi mansioni analoghe a quelle attualmente esercitate dall'Inghilterra nel territorio del defunto Feysal. Non si tratterebbe, vale a dire, di un mandato ma di un regime giuridico intermedio fra il mandato e l'autonomia, regime che fin qui eravamo soliti considerare come l'anticamera dell'affrancamento da ogni vassallaggio, mentre secondo il progetto in questione diverrebbe da ' ora innanzi, al contrario, un mez zo per dare uno sfogo territoriale : agli Stati che hanno bisogno di ; espandersi senza però offendere i i principii e gli scrupoli della Lega Ideile Nazioni. Per rendere la no| tizia più verosimile si aggiunge | nientemeno che l'Emiro Saud, di cui i lettori ricordano la recente visita a Roma e che trovasi attualmente a Londra, verrebbe incaricato di recarsi in persona a Addis Abeba per indurre il Negus Tatari ad accettare la combinazione. C'è forse bisogno di dire che se si pensa già di ricorrere ai buoni uffici dell'Emiro dell'Heggiaz per far approdare il disegno è perchè coloro stessi che l'hanno ideato sono perfettamente consa- ! pevoli della nessuna probabilità che esso riceva il gradimento del Governo abissino ? Figuriamoci poi quale genere di #fiducia dovrebbe essere riposta nei risultati pratici di uno stato, di cose il quale per essere efficace e comportare qualche vantaggio per la Potenza protettrice dovrebbe venire accolto di buon grado dalla Potenza protetta e non già subito come una retrocessione giuridica e politica! La ragione per cui il regime in questione ha potuto essere accettato volentieri dall'Irak è che di fronte al protettorato e al mandato integrale esso rappre |senta un miglioramento e una ■ promozione. Ma chiunque capisce j che nel caso dell'Abissinia diame ! fralmente inverso del primo, esso 1 non sarebbe che il pretesto di con1 testaziom senza numero e di una e guerriglia interna di tutti i giorni. Il progetto ci sembra, dunque, di attendibilità discutibile. La stampa francese evita, infatti, di pronunziarsi in merito. Ma l'atteggiamento generale dei suoi organi maggiori resta, come notavamo ieri, polarizzata sulla necessaria ricerca di un compromesso. Gli assi in mano I collaboratori diplomatici non vanno per le lunghe nel significarci che al punto in cui stanno le cose il meglio che l'Italia possa fare è prestarsi gentilmente a tale ricerca. Secondo il « Paris Midi » Mussolini ha « tutti gli assi in mano se vuol negoziare ma molte carte cattive se tenta una spiegazione ». Secondo l'italofilo Bailby l'opinione francese si rifiuta a credere che il linguaggio odierno dei giornali italiani rispecchi la vera situazione, cioè che effettivamente l'Italia stia per impegnarsi sopra una strada dove nessuna forza umana potrà fermarla. A giudizio del direttore del « Jour » l'attentato di Ual Ual è stato un « colpo sleale » e costituisce un'offesa premeditata che bisogna riparare, ma la Francia è la Potenza più indicata per intromettersi a Roma in vista di un arbitrato, e, del resto, il trattato tripartito del 1906 è lì apposta per fornire una base di discussione. Vero è che il corrispondente romano del « Temps », più a contatto con la realtà della situazione, invita i suoi lettori alla prudenza e scrive che le possibilità di guerra sono oggi novanta per cento, ma a Parigi le sfere che contano hanno la loro idea e battono concordemente sul tasto del compromesso, senza mostrare molta curiosità di sapere se un compromesso sia o non sia ancora possibile. Purché l'accordo si faccia e la ristabilita cordialità dei rapporti franco-britannici non subisca nuove eclissi, il resto non ha se non un'importanza relativa. E, quasi a meglio illustrare la tendenza che viene prevalendo, l'accademico Pierre Benoit nell'« Intransigeant » piglia le difese dello schiavismo abissino, ammo- nendo il pubblico a non credere che il problema sia così semplice da comportare giudizi sommari e condanne affrettate, e mettendolo in guardia contro un « sentimentalismo che par soprattutto destinato, a Ginevra o altrove, ad assecondare il gioco di molti ipocriti e di molti furfanti ». L'Abissinia ha perduto De Monfreid ma ha trovato Benoit, il quale attraversa nei suoi riguardi una crisi di cuore che ci ricorda quella subita dal povero Pierre Loti ai tempi della guerra italoturca. C. P.

Persone citate: Benoit, Mussolini, Negus, Pierre Benoit, Pierre Loti