Le contraddizioni della politica britannica riconfermate dalle dichiarazioni di Hoare ai Comuni

Le contraddizioni della politica britannica riconfermate dalle dichiarazioni di Hoare ai Comuni Le contraddizioni della politica britannica riconfermate dalle dichiarazioni di Hoare ai Comuni Platonico riconoscimento del diritto italiano all' espansione - Nessun intervento coercitivo isolato dell'Inghilterra - Gli insistenti e assurdi richiami all'utopia societaria La manovra continua Il Ministro britannico degli Affari Esteri ha parlato, ma non si può davvero affermare che abbia portato un chiarimento alla situazione e alla posizione dell'Inghilterra nel conflitto italo-etiopico. Niente tono aspro, desiderio di limitar la polemica ; qualche riconoscimento di principio come il diritto dell'Italia all'espansione. Ma di grazia è un diritto che deve esistere soltanto nelle nuvole? Se la Gran Bretagna che è padrona di immensi territori in tutti i continenti mette innanzi delle ipoteche sulle briciole che restano, dove ci si può espandere ? In un altro pianeta ? Così pure è da notare l'affermazione negativa secondo cui a Londra non si è pensato ad un'azione coercitiva di carattere isolato. Ma evidentemente è troppo poco; perchè dalle dichiarazioni ai Comuni cogli insistenti richiami alla Società delle Nazioni, al suo spirito e alla sua lettera, risulta chiaro lo scopo di mascherarsi sotto il manto ginevrino pei- assumersi delle funzioni particolari di allargamento delle proprie ambizioni imperiali. La manovra continua; con minore baldanza, con metodi più circospetti, il Governo inglese persegue lo scopo di ieri, che è quello di mantenere la Abissinia sotto la sua protezione. Del resto difficilmente crediamo che il Negus e i suoi consiglieri europei avrebbero dimostrata tanta spavalderia nei lavori della Commissione per l'incidente di Ual-Ual sino a determinarne la sospensione delle sedute, qualora non avessero avuto la speranza, se non la certezza, di veder l'Inghilterra favorevole ad una ripresa della questione nel Consiglio societario. E' un giuoco molto pericoloso a cui noi non ci presteremo; al punto in cui sono giunte le cose non si illudano a Lon dra e in qualsiasi altra capitale di rimediare con dei palliativi e con dei compromessi che servirebbero solo ad esaltare la tracotanza di Addis Abeba. Dagli avvenimenti degli ultimi mesi l'Italia fascista ha già tratto le conclusioni inderogabili; le offese vanno pagate; le ragioni di civiltà e di diritto sono dalla nostra parte, e tutte le ipotesi sono state considerate. L'amicizia italiana è un bene così prezioso in Europa e in Africa che nessun Governo di buona volontà vorrà sacrificarla a cuor leggero per la complicità con un agglomerato di tribù negriere. La seduta ai Comuni Londra, 11 notte. Le voci corse durante la giornata di ieri di inverosimili proposte di sistemazione della vertenza italo-abissina, proposte immediatamente smentite nel modo più categorico tanto da fonte britannica quanto da fonte italiana, avevano accentuato la vivissima attesa degli ambienti diplomatici e politici e anche del pubblico grosso per le dichiarazioni che sir Hoare ha fatto oggi alla Camera dei Comuni. Le tribune erano colme e in quella riservata ai diplomatici si notavano gli ambasciatori delle grandi Potenze europee e i rappresentanti di quasi tutte le Ambasciate e Legazioni di Londra. La Lega e l'Inghilterra Le ultime discussioni svoltesi nei giornali inglesi attorno al problema abissino e particolarmente attorno all'atteggiamento assunto dal Governo inglese o a questo attribuito avevano reso necessaria una chiarificazione ufficiale che il Governo forse avrebbe desiderato rinviare alquanto onde poter comunicare al Parlamento qualche cosa di più concreto e sostanzioso di ciò che Hoare ha potuto dargli oggi. La situazione di Hoare era delicatissima perchè gli toccava calmare da un lato alcuni malumori continentali tutti ben fondati e attenuare le polemiche in corso sulla questione abissina. Egli ha chiesto indulgenza alla Camera per questo suo primo ingresso « sul terreno spinoso della politica internazionale ». Ma al tempo stesso ha avvertito che avrebbe esaminato i problemi del momento con maggior ampiezza di quello che è consentito nei consueti dibattiti parlamentari. Il ministro degli Esteri ha imperniato il suo discorso sulla Lega delle Nazioni e sulla indivisibilità della pace. Da ciò scaturisce l'eguale e sempre sollecito interes¬ spdegecbmsllGiRssshraslcsadèpcdelpnlèa e o o e e o e a e è o e a a l l a a à ¬ samento dell'Inghilterra a tutti i problemi: quello della limitazione degli armamenti di mare, dell'aria e di terra, quello dei patti per la garanzia della pace nell'Oriente europeo e nel bacino danubiano e cosi pure anche quindi per il problema abissino e quello dell'Estremo Oriente asiatico. A tutte queste questioni egli ha accennato dilungandosi però in modo particolare su quello che, a giudizio del Governo, esige un trattamento, immediato, ossia la vertenza fra Roma e Addis Abeba. Anche questo è stato da Hoare imperniato sul leghismo. « Finché esisterà una Lega e un sistema di sicurezza collettivo — ha detto il ministro — l'Inghilterra si manterrà pronta e decisa ad assumere piena parte della responsabilità collettiva. In altre parole, la Lega non va distrutta perchè, caduta essa, scompaiono le responsabilità dell'Inghilterra di fronte ai paesi europei ». Su questo principio il Ministro degli Esteri ha basato l'atteggiamento assunto dall'Inghilterra. « Il nostro dovere — ha detto — è di fare tutto il nostro possibile per impedire lo sviluppo di una crisi la quale possa indebolire o demolire ì principi sui quali venne eretta la Lega e dai quali dipende la sua influenza in favore della pace. Questa è stata la ragione del nostro profondo interessamento alla controversia abissina. E questa è anche la ragione per la quale, anche correndo il rischio di critiche, ci siamo dimostrati pronti ad avanzare proposte costruttive onde evitare una guerra la quale, qualunque possa esserne la conclusione, deve esercitare una ripercussione seria sull'intero sistema leghista ». E' a questo punto che il Ministro degli Esteri ha alzato la voce per accennare al rammarico causato al Governo dagli attacchi ai quali è stato fatto segno da parte della stampa italiana. « Non c'è bisogno di ripetere — ha detto Hoare — le smentite da noi date alle fantastiche affermazioni cirÉa i nostri motivi e le nostre azioni, comparse in alcune sezioni della stampa italiana. Non siamo animati da altri motivi che quelli di una sistemazione pacifica e le affermazioni secondo le quali noi pensiamo ai nostri interessi coloniali e stiamo concentrando truppe nelle vicine colonie britanniche sono totalmente sprovviste di fondamento. Io confido che a questa mia smentita sarà data la massima possibile pubblicità in qualsiasi giornale italiano che ha assunto la responsabilità per queste accuse infondate ». Hoare è quindi passato ad esaminare la situazione abissina e si è affrettato a dichiarare, come d'altronde ha ripetuto varie volte durante il suo discorso, che intendeva affrontare il problema abissino realisticamente. Il diritto italiano all'espansione « Deliberatamente mi asterrò dal riferire i particolari della conversazione svoltasi fra il signor Mussolini e il ministro degli affari le ghisti; la conversazione è stata confidenziale, si svolse dietro no stra richiesta e il ministro Eden l'ha condotta seguendo le istru zioni ricevute dal governo. Sono certo che la discussione aveva valore positivo. Farò solo una osservazione: il signor Mussolini e il ministro per gli affari leghisti non avrebbero potuto parlare fra loro in modo più franco. Desidero poi porre in chiaro il fatto che abbiamo sempre compreso e comprendiamo benissimo il desiderio italiano di espandersi di là del mare. In realtà abbiamo in passato fatto del nostro meglio per dimostrare le nostre simpatie verso le aspirazioni italiane in un modo pratico. « Nel 1925 — ha dichiarato il ministro dimenticando che l'Inghilterra si era impegnata a fare concessioni coloniali all'Italia in base al trattato di Londra e non in base alle simpatie verso l'espansionismo italiano — noi cedemmo l'Oltre Giuba all'Italia e nelle presenti trattative abbiamo dimostrato la nostra intenzione di tentare di assicurare all'Italia qualche soddisfazione territoriale mediante accordi ragionevoli e legittimi con l'Abissinia. Non si suggerisca dunque in Italia, in vista di questi segni aperti e visibili della nostra simpatia, che noi siamo sordi alle aspirazioni italiane. Noi ammettiamo il bisogno dell'espansione italiana, ammettiamo anche la giustizia di alcune delle critiche mosse al governo abissino. Ma il fatto che l'Italia ha bisogno di espandersi e le critiche mosse al governo di Addis Abeba sono motivi sufficenti per precipitarsi in una guerra? Noi abbiamo certamente provato nel passato che è possibile sistemare richieste e divergenze di questa natura senza fare ricorso alla guerra e anche in questo momento non intendo rinunciare a una qualsiasi occasione la quale possa presentarsi per impedire ciò che io ritengo debba essere una calamità, sia questa una occasione venuta dal macchinario del trattato 1906 o dalla Lega o, se è necessario, da tutte e due ». Hoare ha quindi pregato la Camera di non prestar fede alle voci secondo le quali il Governo di Londra aveva chiesto a quello di Parigi di associarsi in un blocco contro l'Italia e di non credere neanche che l'Inghilterra « si propone di adottare qualche forma isolata di coercizione a danno di un Paese che è stato amico nostro fin dal Risorgimento ». Il ministro ha quindi soggiunto: anpssnlmvEmtf e i a e i o e o a s r i l e a a a ò a l e i i i o e a i : «Noi siamo per la pace e non' abbandoneremo nessuna occasione ragionevole di contribuire alla prevenzione di una guerra disastrosa ». Hoare è quindi passato a giustificare la condotta del Governo nei riguardi della concessione all'Abissinia di territorio della Somalia e del porto di Zeila. Il Governo non ha a chiedere scuse. Esso segue la strada che considera giusta in quanto si è reso conto che doveva contribuire in modo costruttivo al mantenimento della pace minacciata dal conflitto in Abissinia. Il Governo sapeva che le proposte sarebbero state criticate e il ministro si è dichiarato orgoglioso che tali proposte siano state fatte, convinto che la pubblica opinione, in caso di successo delle trattative, avrebbe approvato l'atteggiamento del Governo. Con questo accenno alla recente polemica sulla visita di Eden a Roma sir Hoare è passato bruscamente ad esaminare gli altri problemi internazionali del momento. Le dichiarazioni sull' Abissinia hanno lasciato alquanto delusa la Camera. Interpretate però alla luce di alcuni accenni giornalistici al patto tripartito del 1906 le parole di Hoare potrebbero apparire più ricche di contenuto concreto di quello che appaiano a una prima lettura. L'accordo navale Anche sugli altri problemi il ministro ha proiettato una luce realistica, come egli stesso l'ha definita, la quale tuttavia non è riuscita a rimuovere le molte oscurità che li avvolgono. Sull'accordo navale anglo-tedesco egli ha sostenuto che il problema degli armamenti navali è stato sempre considerato quale indipendente da quello degli armamenti aerei e terrestri. Nell'interesse della sola pace il Governo ha colto l'opportunità offertagli dalla Germania di introdurre una limitazione della flotta tedesca. « Abbiamo visto negli ultimi 15 anni — ha soggiunto Hoare — tante opportunità perdute e seguite da timori, nervosismi e accresciuti armamenti. Ci è stata offerta una possibilità che poteva non ripresentarsi più mai di eliminare uno delle cause principali di risentimento tra due paesi e di eliminare se non altro per ciò che concerne la Germania l'uso illimitato dei sottomarini contro la marina mercantile. Ci siamo trovati di fronte alla possibilità di concludere un accordo il qtìale tornava manifestamente a vantaggio di altre Potenze navali inclusa la Francia. Per ciò che riguarda quest'ultima l'accordo assicura alla flotta francese un grande e solido vantaggio in confronto della sua posizione di ante guerra. Con la flotta francese approssimativamente alle proporzioni attuali con la nostra l'accordo ha dato alla Francia una superiorità permanente sulla flotta tedesca del 43 per cento; vantaggio importante se si pensa che la flotta francese era inferiore del 30 per cento a quella tedesca prima della guerra ». Il Governo dunque, secondo Hoare, non ha scuse da chiedere a nessuno per questo suo contributo alla pace. Il dovere di un Governo è di utilizzare come meglio può le situazioni esistenti e quando sarà più spassionatamente esaminato l'atteggiamento dell'Inghilterra si riconoscerà che essa ha seguito non solo la via più saggia, ma la sola che le era aperta. Invito ammonitore a Hoare ha quindi parlato del patto aereo, « accompagnato da limitazione degli armamenti aerei »; egli ha riconosciuto che il problema è complesso, dato che alla elaborazione di un trattato partecipano cinque Potenze e che una connessione esiste tra il prò blema dell'aviazione e le altre questioni. Il ministro ha quindi affermato che il Cancelliere tedesco ha oggi la possibilità di recare un contributo reale alla causa della pace, un contributo che rimuove i motivi di apprensione di molti governi non solo dell'Europa centrale e orientale ma anche dell'Europa occidentale. « Io vorrei scongiurare il Cancelliere — ha detto Hoare — a offrire questo contributo e io ritengo che così facendo egli servirebbe anche la propria causa. Egli ha parlato con grande franchezza nel suo discorso del. 21 maggio e Sono convinto che non sarà ri sentito se io parlerò con altret tanta franchezza. Noi, e in realtà tutto il mondo, siamo stati turbati non solo dal programma tedesco di riarmamento ma anche d'alcuni altri fenomeni della Ger-mania moderna (applausi) però abbiamo preso in parola il Cancelliere e di ciò abbiamo dato prova concludendo con lui l'accordo navale. Abbiamo così compiuto un passo innanzi sulla via della riconciliazione. Compia egli ora il passo necessario e contribuisca al successo dei negoziati per i patti orientale e danubiano dando in tal modo un forte impulso alla conclusione del patto aereo che io so essere desiderato da lui ». tHsvrsmcntsedrdntpstHitler Per il patto danubiano Più importanti e più decise sono state le dichiarazioni del Ministro degli Esteri sull'Auiitria. « Il Governo inglt 3e ha ripetutamente dichiarato — ha detto Hoare — che l'Austria occupa, a suo giudizio, una posizione di chiave strategica ed economica in Europa e che un cambiamento del suo statuto demolirebbe le fondamenta della pace europea. Noi continueremo dunque a dedicare il nostro più profondo e cordiale interesse ai coraggiosi sforzi che il Governo e. il popolo austriaco stanno compiendo per mantenere e rafforzare l'esistenza indipendente dell'Austria ed è per questo che il Governo britannico deside rerebbe veder concluso un patto danubiano di non aggressione e di non ingerenza nell'Europa Centrale. Il Governo britannico desidera veder sistemati tutti questi problemi e si augura con questa sincera intenzione di sistemazione di veder iniziate trattative simultanee su tutti i problemi. Un patto aereo non può essere completato senza un quintuplo accordo; nessuno quindi è compromesso iniziando trattative ». Una rivelazione di Lloyd George Per i due oratori successivi Lloyd George e Austin Chamberlain o la Lega affermerà non solo la sua autorità ma la stessa sua esistenza discutendo la vertenza abissina, o essa cesserà di esiste¬ re. Lloyd George non ha realmente recato alcun contributo alla discussione. Soltanto, rispondendo allo accuse mossegli quale uno degli artefici del Trattato di Versailles, ha destato un'enorme sensazione nel Parlamento dicendo che il Trattato di Versailles venne approvato all'unanimità dalla Camera; senonchè dopo i 203 deputati conservatori di allora gli inviarono un telegramma nel quale, in termini energici, protestavano contro il Trattato il quale non era sufficientemente severo pI iicG! li jiverso la Germania. t_ L » TV ,. ^ j - (« In testa alla lista dei firma-1 tari di questo telegramma, era il nome di Samuele Hoare l'attuale Ministro degli Esteri ». Chamberlain, come sempre "amaro, ha dichiarato che non si deve supporre che si possa insultare la Lega, ripudiare i suoi metodi, ricorrere ad una politica di forza e di conquista, e che la Lega aceptti tutto ciò perchè si tratta d'Africa e non d'Europa. Se ciò avvenisse il principio della sicurezza collettiva sarebbe distrutto non in Africa ma in Europa. Se l'Inghilterra rinunzierà ad intervenire in base ai suoi impegni, la Lega cesserà di esistere. R. P.