Cesare Balbo

Cesare Balbo I Grandi piemontesi Cesare Balbo Cesare Balbo Ad assegnare a Cesare Balbo un posto eminente nelle prossime celebrazioni dei grandi Italiani del Piemonte basterebbe il vanto di essere stato il primo storico italiano che abbia concepito e tentato di scrìvere una completa Storia d'Italia in senso nazionale. A cosi nobile impresa ebbe il Balbo le qualità più adatte: tradizioni gloriose di famiglia, ingegno sveglio, coltura profonda, senso acutissimo dell'orgoglio nazionale. Nato a Torino nel 1189, condusse la prima, giovinezza fuor del Piemonte, vita randagia che gli schiuse la mente a più larghi orizzonti; rimpatriato nel 1302, contrasse amicizie che furono decisive per il suo orientamento spirituale. Fu nella sua cameretta che due anni dopo si iniziarono le adunanze di quell'Accademia dei Concordi che accolse nel suo seno la gioventù più sveglia del tempo, l'Ornato, il Provana, il Grimaldi, Roberto d'Azeglio, il Vidua ed altri valenti ingegni. Non fu quell'Accademia il solito ritrovo per sterili esercitazioni letterarie, ma palestra viva d'italianità che si distinse dalle altre, come il Vidua ricordò, per quel po' d'onore, di gloria nazionale, di aborrimento a far la scimmia ed a copiare ser vilmente dagli stranieri. In essa il Balbo fu tra i più attivi e ferventi; in versi letti un giorno rivol gendosi all'Italia le rammentò gli anni pieni di gloria, di splendore, e di impero e la incitò ad accen dere il petto di quelle ghirlande d'alloro che un tempo l'avevano adornata. Egli stesso nelle sue pagine autobiografiche così alluse a quei conversari: « Molto si parlava tra noi dell'Italia. Era una ragazzata, lo so, ma di quelle che mantenendosi poi diventano opinioni ». Copri impieghi sotto Napoleone, spinto più dall'ambizione di servire il Paese come gli era allora possibile, che da intime convinzioni; sfogò poi nel suo diario questa debolezza con rimordimenti di coscienza. Caduto l'impero, si diede alla milizia partecipando alla breve campagna di Grenoble. Dimessosi, si diede tutto agli studi, verseggiando, ideando, e scrivendo drammi, imbastendo persino un romanzo storico sulla Lega Lombarda che, pur mancando di vitale soffio d'arte, costituisce sempre il primo tentativo di romanzo storico che scrittore italiano abbia mai affrontato. Figlio spirituale anch'egli dell'Alfieri, accarezzò col Santarosa, Provana, Ornato, il sogno di una patria italiana indipendente dallo straniero e vagheggiò con essi desideri di gloria. Alla vigilia del '21 dissenti dal Santarosa di cui, lasciò scritto, non ebbe amico più caldo di cuore, più compagno nelle consuetudini, più intimo nella fiducia, più, d'accordo in occupazioni, gusti ed opinioni. Balbo, nemico delle sètte, desiderava pure innovazioni politiche ma voleva prudentemente lasciar tempo al tempo aborrendo perciò da qualsiasi moto intempestivo; Santarosa, più sentimentale, insofferente d'indugi, non era alieno da un rivolgimento pur di raggiungere il fine. Il Balbo difese gli studenti dagli eccessi provocando su di lui i primi sospetti; durante il moto tenne condotta leale, disapprovò i rivoluzionarii, accettò missioni per metter pace, ma senza frutti. Ma la reazione non lo risparmiò; si difese, non fu ascoltato; subì l'esilio per due anni finché ottenne di rimpatriare, ma confinato in villa trovò pace e conforto nei ripresi studi. Approfonditosi negli studi storici diede i primi /rutti nel 1830 pubblicando due volumi della « Storia d'Italia ». Mancava ancora una storia generale scritta da un italiano. Qualche straniero vi si era cimentato; storici italiani avevano studiato periodi particolari. Intendeva il Balbo scriverne tredici libri; ne scrisse due soli trattando le dominazioni barbariche. Grandioso il soggetto; molti i pregi; parecchie le manchevolezze. Scrisse poi, tra l'altro, una « Vita di Dante » oggi ancora tra le migliori, e le « Meditazioni storiche » erudite e vibranti di caldo sentimento verso l'Italia. Ma furono « Le Speranze d'Italia » a dargli la maggior fama. Prima del « Primato » il Balbo aveva amorosamente frugato tra i gloriosi fasti della storia d'Italia per affermarne il diritto al sue risorgimento; dopo le smaglianti pagine del Gioberti egli scrisse oon lo stesso fine nazionale ma con un più vivo richiamo alla reaU la. Pur accettando col Gioberti naea della Confederazione previ.ette la pregiudiziale dell'indipendenza dallo straniero. Ed addita la soluzione del problema italiano in Oriente, idea che balenerà più tardi con, maggior fortuna al genio di Cavour. Secondo il Balbo lo sfacelo dell'Impero turco avrebbe offerto all'Austria ur. compenso all'abbandono delle sue Provincie italiane. Con le riforme e con lo Statuto Cesare Salbo s'immerse nella politica militante consigliando, scrivendo, stimolando. Carlo Alberto gli affidò le redini del primo ninfa nistero costituzionale, ministeri di coalizione che egli diresse abiU mente pur tra scogli tempestosi. Ebbe più tardi delicate missioni politiche e partecipò attivamente ai lavori parlamentari portando in ogni questione i lumi della sua dottrina, e del suo senno politico. Nel giugno del '53 mori tra il profondo rimpianto di tutti gli Italiani che, esaltandone i meriti di storico e di cittadino ricordarono, tra gli aneddoti caratteristici della vita, quel giorno di aprile del '48 in cui egli, lasciate le cure della Presidenza dei Ministri, volò sul campo di battaglia e ■partecipò con cinque figli alla battaglia di Pastrengo, fiero di poter annoverare quella giornata fra le più belle della sua vita. Adoifo Colombo tareseunqucincucute dedeciaiertoatsidstri dmglloril l'ii draramzinegrfrdurel'anilocognzonel'aviriCandaamvolapveranrilevsoncoFceFLl'TSuGdtvtrsbpFuloaApsdgPdGpqndLdscsqddlvcltCcmloL