Da Jeftic a Stojadinovic di Italo Zingarelli

Da Jeftic a Stojadinovic Da Jeftic a Stojadinovic Il colpo di grazia recato a Belgrado contro l'ex presidente del Consiglio da Mons. Baner - Macek ha vinto o è sulla via della vittoria? - Si parla di nuove elezioni VIENNA, luglio. I Levoluzione politica in corso iniaiJugoslavia non è ancora chiaria sima e chi volesse risolvere il quesito dove siano da ricercare i vincitori e dove i vinti, si troverebbe in imbarazzo. Ha vinto veramente Macek, che ha determinato la rarità caduta del gabinetto Jeftic, eppure 'siamo, col gabinetto Stojadinovic, ad una soluzione di compromesso suscettibile di sorprese e di complicazioni ulteriori? Dal giorno della morte a Marsiglia di Re Alessandro, che spirando affidò ai successori il compito di conservare la Jugoslavia da lui per larga parte creata e quindi per lunghi anni governata, sono oramai passati nove mesi, ricchi di fatti che è utile ricordare sommariamente. Il signor Jcftic, ministro degli Esteri al momento della tragica fine del Sovrano, ebbe subito come avversari! i più autorevoli fra i suoi stessi colleglli, e soprattutto il presidente del Consiglio Uzunovic, un rappresentante di vecchi gruppi politici, che reclamò invano, per sè ed i suoi amici, il privilegio d'interpretare il pensiero politico del Re scomparso: dichiaratisi i Reggenti, con alla testa il principe Paolo, in disaccordo con Uzunovic, il potere fu interamente affidato a Jeftic, che si vide nella necessità di convocare i comizi elettorali, per formarsi una sicura maggioranza. In quel periodo, fra coloro che ritennero suonata l'ora di riprendere la parola, vi furono pure i croati, i quali, auspici degl'intellettuali che trovarono appoggio a Belgrado, fra gl'intellettuali serbi, compilarono un memoriale che il Consiglio della Reggenza si rifiutò di ricevere: volontà del Consiglio, o volontà di Jeftic? Jeftic si diBse in chiare lettere dell'avviso che se anche egli si decideva a sciogliere la Scupcina, non Intendeva affatto tollerare una campagna elettorale basata su tesi di autonomie regionali, separatismi, eccetera, in quanto i punti fondamentali della vita nazionale avevano da tempo finito di formare oggetto di dibattito. Ma ecco l'opposizione serba tendere la mano alla croata, e nascere un blocco d'opposizione che per un istante fa riflettere i governanti sull'opportunità di rinviare le elezioni a miglior epoca. Appare fuor di dubbio che Jeftic gioca una carta grossa: queste elezioni vengono tardi. Chi si era illuso, credendo che in sei anni il malcontento croato si fosse sedato, deve ricredersi. Nemmeno era cessato il malcontento sloveno, tanto vero che Monsignor Korosec, l'ex-presidente del Consiglio tenuto al confino sino al 9 di ottobre e graziato per avere inviato alla regina vedova un telegramma di condoglianze, proclama un astensionismo che i suoi elettori praticano compatti. Alle elezioni il Governo stravince, non a motivo del numero dei voti riportati, ma perchè il meccanismo della legge elettorale fa si che candidati governativi i cui nomi hanno sedotto appena duecento votanti tolgono alla Scupcina il posto a candidati dell'opposizione dai nomi più che noti — basterebbe citare Trumbic — che hanno raccolto diecine di migliaia di voti. Il blocco Macek ha pieno diritto di cantare vittoria col milione e più di voti datigli dall'intera Croazia e anche dalla Serbia: che il Governo, sebbene la legge elettorale fosse fatta ad usum delphini, e sebbene autorità amministrative e di polizia si fossero prodigate nello sforzo di ricavare dalla legge tutto quello che il potere centrale se ne attendeva, avesse raccolto 1 milione e 700.000 voti, non era per nulla impressionante: al contrario. Conosciuta l'assegnazione dei mandati, Macek dichiara che in una Scupcina cosi poco rispondente all'espressione della volontà popolare lui ed i suoi si rifiutano di entrare, mentre l'ottuagenario arcivescovo della Croazia, dottor Bauer, va di persona a Belgrado, per informare la Reggenza In merito agli abusi, agli assassinii, agli arresti ed alle distribuzioni di bastonate che le sue diocesi hanno dovuto, nel periodo elettorale, subire. Quando Jeftic assunse la presidenza del Consiglio, noi seguimmo la sua azione iniziale con un interesse ed uno spirito d'imparzialità che oggi gioveranno, ci lusinghiamo, al credito delle parole che stiamo per dire: perchè mai Jeftic ha chiamato il popolo alle urne, se risoluto a non mutare metodo e conscio delle difficoltà alle quali andava incontro? Oggi egli potrà forse invocare a suo beneficio la scusante che, assorbito dalla politica estera, non ebbe, negli anni trascorsi, il tempo necessario per imparare a conoscere intrighi e uomini politici, ma la scusante avrà valore relativo, tanto più che tutta la sua politica internazionale risenti, giorno per giorno, delle influenze degli avvenimenti interni. In ogni caso, sta di fatto che dopo le elezioni e dopo il viaggio a Belgrado di monsignor Bauer, Jeftic ha perso di colpo la fiducia del Consiglio della brsenaalsateMMciziStgltoegmavrarecisitadel'ainevtelabrlucodidelocovdii ndbaaledcsshugpmgvvcedsGfgtazlplmagoBrrsmgdqdvscnmrnGsrvtnKpGiplsrplstdcsrlLmthtlsReggenza, quindi la collaborazio- ne dei croati decisi ad entrare j nel suo Gabinetto e perfino quella del potentissimo ministro della Guerra, generale Pera Gifkovic, | l'uomo che ai 6 di gennaio del 19291 Instaurò, auspice Re Alessandro la dittatura militare e che a Jeftic è legato da vincoli di parentela. Il generale Gifkovic, prima di lasciar cadere il parente, ha ricevuto in udienza l'arcivescovo Bauer e il dottor Macek, che sotto il suo regime, processato per alto tradimento, ebbe la fortuna di vedere ridursi a poetai anni di carcere una pena che secondo le previsioni avrebbe dovuto essere di morte. Durante la conversazione col mlnir'.ro della Guerra, il capo dei cror'.i pare abbia insistito sui pericoli che per la compagine dell'esercito presentano le disarmonie nazionali. Ai 24 di giugno, caduto Jeftic, ai quale restano fedeli i soli mem a bri delle cooperative agrarie (che secondo la concezione del dimissionario avrebbero dovuto assolvere al compito di attirare l'intera massa contadina), forma rapidamente un nuovo gabinetto il dottor Milan Stojadinovic. Ha vinto Macek? Uomo di cultura europea, specializzatosi nelle questioni finanziarie ed economiche, il dottor Stojadinovic ha tenuto il portafoglio^delle finanze nel Governo elettorale Jeftic, ed è notorio che se egli, con una legislazione rapidamente concepita ed attuata, non avesse raddolcito gli animi dei rurali, lo scrutinio primaverile sarebbe risultato, per la lista ufficiale, ancora meno lusinghiero. Al signor Stojadinovic è anche dovuta una coraggiosa stabilizzazione del dinaro, realizzata sopprimendo l'artificiosa differenza fra corso interno e corso esterno, e tuttavia evitando un nuovo crollo. Durante l'intero regime dittatoriale. Milan Stojadinovic è rimasto nell'ombra; spesso si sentiva indicare in lui l'unico serbo che in mutate condizioni avrebbe potuto tentare di rimettere in equilibrio la nave dello Stato, e altresì se ne sentiva lodare la fede democratica, intesa con le opportune restrizioni, e la visione politica estera, alquanto diversa dalla visione che ispirava i governanti, non perchè rivoluzionaria, diremmo, e capovolgitrice delle antiche posizioni, ma perchè basata sul principio che odii ed amicizie pregiudiziali nuocessero alle esigenze del paese. Una cosa però non conosciamo, e sarebbe l'esatto punto di vista di Stojadinovic nella questione croata: ed ecco perchè al quesito se Macek abbia o no vinto non ri' spandiamo. Forse Macek, per ora, ha riportato un successo parziale, una mezza vittoria, dopo la quale gli vorranno chiedere se non sia più ragionevole che anche lui diminuisca un poco le pretese e venga incontro. Il signor Stojadinovic non può essere interamente favorevole alle richieste del capo croato, per il semplice fatto che egli, oome dicevamo, all'indomani della morte di Re Alessandro, è stato un collaboratore di Jeftic nel Governo che appunto voleva difendere lo Stato jugoslavo integrale contro le tendenze separatiste, le velleità di autonomie ed altre più o meno temute aspira zioni. Membra autorevolissimo dell'antico partito radicale serbo, egli potrà nell'intimo del cuore forimilare riserve, a simiglianza del suo maestro Pasic, sul vantaggi che alla vecchia Serbia ha recato l'in' grandimento in, direzione nordovest invece di quello in direzione Bud-est, ma, come Pasic,' anche lui rispetterà e difenderà il fatto storico compiutosi. E sulla lista dei suoi ministri non figura per primo, al dicastero della Guerra, il generale Gifkovic, che, presidente del Consiglio, emanò la legge la quale punisce chi parli di Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, esistendo soltanto la Jugo> slavia? Non dovremmo, per caso, dire che Macek ha perso?' No. Continuiamola a leggere, la lista dei ministri. Se il dicastero della Guerra è importante, quello degl'interni ha il suo valore, specie se il Gabinetto Stojadinovic pensa sul serio, come da varie parti si asserisce, a sciogliere la Scupcina invisa ai croati e ad indire per l'autunno nuove elezioni: orbene, ministro degl'Interni è Monsignor Koroscez, che le vicende della vita politica chiamano al fianca del Gifkovic, che lo fece esautorare e internare. Ad un terza dicasteropure importantissimo, quello delle comunicazioni, che permette di soddisfare imprenditori, costruttori ed elettori alla ricerca di posti, presiede il bosniaco Mehmed Spallo, un avversario del regime alessandrino, per sette anni tenuto tentano dal potere e che alle elezioni di primavera, affrontate-col blocco Macek, ha raccolto 15.000 voti, senza con questo riuscire a varcare, a motivo'del meccanismo della legge, la soglia della Scupcina. L'andata di Spaho al Governo, mentre Macek non esce dall'attitudine di riserbo e di critica, può magari sembrare inizio dello sgretolamento del blocco dell'opposizione: ma sia Koroscez che Spaho hanno un passato politico il quale tutt'al più autorizza a ritenere che l'uno e l'altro abbiano teso la mano a Stojadinovic col proposito di affrettare il ritorno alla vita normale, dove per vita normale s'Intende una cosa che non molti saprebbero bene definire. Che il nuovo Governo abbia subito soppresso la censura preventiva dei giornali, a Macek non basta: fino a quando la Scupcina non sarà stata disciolta, e non sarà stata pubblicata una legge che permetta elezioni veramente libere, lui deplorerà che si sia tenuto scarso conto delle proposte che ha fatte nel corso delle conversazioni dovute all'iniziativa del Reggente principe Paolo. Il gabinet- to stojadinovic gli sembra, d'altro e j cant0i troppo serbo-radicale nel a cccmo senso; gg pero a'è sbagliaa to aggiunge, tanto meglio, e ne | sara lode al signore. Stiamo al91 ]ora a vedere anche noi se Macek si sia sbagliato o no, o dopo accerteremo s'egli abbia vinto. Soltanto consideriamo fin da ora non vero che il Governo Stojadinovic rappresenti, come qualcuno ha scritto, un ritorno al passato puramente formale, dato che in sei anni, dal 1928 in poi, uomini, animi e partiti di Jugoslavia si sarebbero trasformati di sana pianta: la riprova negativa ce l'han fornita giusto le elezioni. E se Stojadinovic vuol tornare a farle per addivenire ad altro risultato che Jeftic, gli toccherà tenerne conto, LLvlacnczlaptamdndsvrmqnommdruplemptoPbudmmnclpfrgdmci o o o i e o i e Italo Zingarelli

Persone citate: Bauer, Pera Gifkovic, Re Alessandro