L'avventura è finita di Francesco Bernardelli

L'avventura è finita L'avventura è finita I temperamenti lirici e fantastici devono andar cauti e circospetti a scrivere romanzi. Certo ogni romanzo — ogni arte — è pura fantasia, e nuclei lirici sono alla radice dell'espressione, di qualsiasi espressione poetica: ma noi intendiamo un certo « compiacimento » lirico, un certo « soggettivismo » fantastico, che si rivelano pel continuo e intempestivo intervento della persona dell'autore nella serie degli avvenimenti narrati, tra i personàggi del racconto. Quando Cesare Meano, or è qualche anno, scrisse Questa povera Arianna, accennammo a tale sua tendenza come a una vera e propria contaminazione che intaccava l'integrità di un'opera d'arte, pur fresca, viva e delicata. Oggi Cesare Meano ha scritto un altro romanzo — L'avventura è finita. Casa Editritrice Giuseppe Gambino — e certo il suo temperamento, la sua natura poetica, son rimasti fondamentalmente quelli ; ma egli ha ottenuto su di se una bella vittoria, è riuscito a dominare le tentazioni aberranti e indiscrete, e a immedesimare il tono del suo spirito con la specie del racconto, facendone un tutto ben diversamente omogeneo, e per dir cosi obbiettivo. Obbiettività gonfia di venti primaverili, ossia di aspirazioni e sogni e malinconie, ma che ha pure una sua misura, una consistenza riconoscibile; l'afflato soggettivo e liricheggiante diviene, a suo modo, realtà romanzesca, tenera e commovente. Innanzi tutto lo stile: s'è fatto più robusto, meno indulgente ai vezzi, alle civetterie, alle graziette -v- ora è aderente alla narrazione, sciolto e agile. Anche nelle variazioni — frequenti — nei brani descrittivi, inseriti un po' ovunque, esso procede con una speditezza lieve che è di per sè assai piacevole, che costituisce di per sè una ragione d'interesse; il lettore è trascinato da questa scrittura abile e patetica, come in altri libri lo sarebbe da stimoli di ben più immediata curiosità. E approfittiamo del momento per osservare che l'interesse non manca al romanzo del Meano, ed è spesso vivace, ma non nasce dagli eventi, dalla concatenazione dei fatti, bensì dalla concatenazione degli stati d'animo, da una segreta partecipazione cui siamo indotti, dalla pietà, dall'affetto per questi personaggi cosi fragili, cosi gentili, o meglio dalla connivenza con i loro turbamenti, e le gioie e i dolori. Si parlava dello stile ; aggiungeremo ora che anche nella creazione del mondo del romanzo il Meano ha raggiunto — a suo modo, si è detto prima — notevole concretezza. A suo modo, poiché questi personaggi non tanto sono mossi da interessi e ragioni di vita, quanto da emozioni, e non tanto da emozioni, quanto da fantasie. Ma l'importante è che questi conflitti chimerici, questo muoversi sulle ali, questa iridescenza spirituale, abbiano trovato i propri limiti, si siano realizzati in adeguata narrazione. L'importante è che la fantasia di Meano si sia creata una sua favola, e che questa favola non ab- ■_ Wa p0i bisogno di troPPe sollecl 'taZÌonÌ 0 ^"amenti. E' vero: si l a e o a e , . a o . . e a . ha un po' la sensazione che l'autore conduca l'opera dove vuole lui; a libro chiuso si ha anzi la certezza ch'egli, malinconico ottimista, l'abbia proprio condotta a un finale obbligato; ma ciò non toglie che il racconto si svolga in una sua tipica atmosfera, ed abbia una sua vita morale e sentimentale, delicata, spesso intensa. La psicologia è fissata appena nei suoi tratti essenziali, nei dati inevitabili; poi s'apre sui margini amplissimi e talvolta arbitrari della fantasia. Psicologia pittoresca, colorita; ed ecco la ragione di tutte quelle divagazioni, quei quadretti, quelle varietà descrittive, che sono in sè garbatissime, ed hanno il compito di illustrare stati d'animo e sentimenti; di qui la possibilità nei personaggi di sfiorare la vita, la più crudele e aspra vita, senza esserne divorati, o di superare i momenti difficili del dubbio, del sospetto, della gelosia, dell'inganno, con un volo tanto leggero che pare un sogno, o anche di mutare di punto in bianco il proprio tormento in rassegnazione e bontà, come il signor conte, che da quel personaggio appassionato e doloroso ch'egli era — e per questo vecchio innamorato il Meano ha scritto alcune delle sue più belle pagine, di un accoramento rintuzzato, sospeso, che vi punge il cuore — si muta in compiacente nonnino, in benefico mago che conduce tutta l'avventura a buon fine. Cosi si comportano i personaggi, tra il capriccio e la rassegnazione, mentre gli eventi si fanno favorevoli; ma non è poi gran male, attesoché con questa fantasiosa esistenza simpatizzano e commuovalo. Concludendo, se per questo genere d'arte, sospesa tra vita e fantasia spesso con palese artificio — arte tanto diffusa oggi formuliamo, in genere, tutte le nostre riserve, nel caso particolare riconosciamo con piacere, che questo giovane scrittore ha composto un libro cui misura e dignità d'arte non mancano, nè manca ispirazione gentile, nè quella tenerezza che dà scorrevole impulso ai racconto. Al centro v'è Diano*, l'ingenua, bontempelliana Diahora: creatura che vive mezza in terra e mezza in cielo; e in- e : a . oani i, e- eia- - | torno uomini e cose: e a tutti cose e uomini, ci si vede attraverso, per trasparenza. E questa è la grazia lirica dell'autore. Che si rivela anche molto abile e bra¬ vo; per quanto in certe pagine il suo fare sia poi meno sicuro e un po' stanco. Quando il grosso dell'avventura si addensa pare ch'egli divenga più incerto e vago, ri contatto della realtà, della greve realtà, non sempre giova al Meano; ma egli, che già in questo volume dimostra gran progresso d'arte, saprà affrontarla ancora e meglio, non per abdicare ai doni della sua natura lirica; ma per trovare nel romanzo, e in quanto romanziere, uno sfogo anche più dissimulato e segreto della fantasia. Francesco Bernardelli

Persone citate: Cesare Meano, Giuseppe Gambino, Meano