Un progetto caduto nel ridicolo

Un progetto caduto nel ridicolo Un progetto caduto nel ridicolo Londra, 6 notte. La stampa londinese è di giorno in giorno più delusa per il contegno della Francia di fronte alle esortazioni britanniche di cooperare col Foreign Office nella politica favorevole a una soluzione leghista della vertenza itaio-abiasina. Oggi si ammette che gli approcci compiuti mercoledì scorso dall'Ambasciatore a Parigi, sir Giorgio Clerk, hanno avuto un esito più negativo di quanto fosse lecito sospettare al primo momento. A Londra si attribuisce grande importanza alla visita che sarà fatta in questa capitale la prossima settimana dal Segretario della Lega delle Nazioni, Avenol. In proposito il Daily Mail riceve dal suo corrispondente ginevrino che Avenol verrà a Londra per discutere col Governo britannica certe proposte che potrebbero condurre a una soluzione del problema africano e rileva, senza dire quali saranno tali proposte, che negli ambienti ginevrini si notano crescenti simpatie per l'Italia nei riguardi di questa spinosa questione e che a Ginevra si spera che potrà essere data soddisfazione all'Italia senza compromettere i principi! generali su cui si basa la Lega. « L'idea di sanzioni economiche contro l'Italia — prosegue il corrispondente — è messa qui in ridicolo; e anche i più fervidi fautori della Lega ammettono che 'Abissinia ha mancato completamente di adempiere agli obblighi dai quali dipende il suo diritto a far parte della Lega delle Nazioni. Molti dei Paesi rappresentati qui — egli nota — vedono ora con favore una espansione dell'influenza italiana in quella parte dell'Africa. In altre parole, la maggioranza degli Stati membri della Lega vedrebbe favorevolmente la messa sotto tutela dell'Abissinia, a condizione tuttavia che ciò possa essere fatto senza violare il Covenant ». H « News Chronicle » pubblica una intervista avuta da un suo collaboratore con un « nobile abissino» in visita a Londra, il quale si trova in Europa per un giro attraverso le fabbriche d'armi del continente. L'intervistato ha dichiarato che i suoi connazionali sono coraggiosi, ma hanno appreso dalla esperienza che il solo coraggio non basta a difendere un Paese. « Noi sappiamo che la guerra scoppierà in ottobre — egli ha detto — e dobbiamo essere pronti pei quell'epoca, se vogliamo salvare il nostro Paese. La prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di organizzare le tribù e oggi abbiamo un esercito di prima inea di 750 mila uomini istruiti nell'arte della guerra da alcuni de- migliori generali europei ». Egli ha quindi spiegato che il ipo di guerra da adottare in Abissinia è la guerriglia « un genere di lotta nella quale gli abis sini eccellono e possono impiegare quasi un milione di uomini bene allenati ». Tutti i giornali in corrispondenze da Washington pubblicano il esto della risposta americana al'Abissinia. La risposta, osservano i giornali, corrisponde ad un rifiuto da parte dell'America di aderire alle richieste abissine. Il corrispondente del « Times » da Washington scrive che il pubblico americano è talmente intento ai problemi interni del Paese che vedrebbe con sfavore qualsiasi Inervento del suo Governo in usa questione che non implica nessun interesse americano. D'altra parte il ricordo dell'inutile evocazione del patto Kellogg fatta da Stlmson in connessione con l'attività giapponese in Manciuria sembra sconsigliare la ripetizione di quella azione da parte del governo. R. P.

Persone citate: Giorgio Clerk