L'Inghilterra cerca invano solidarietà alla sua assurda politica antiitaliana

L'Inghilterra cerca invano solidarietà alla sua assurda politica antiitaliana L'Inghilterra cerca invano solidarietà alla sua assurda politica antiitaliana Vivaci reazioni Baldwin marte francesi alle pressioni diplomatiche di Londra -- // Governo di llato ai Comuni dalle domande imbarazzanti degli interpellanti Montatura e ricatto La voce di un'iniziativa inglese per il boicottaggio economico dell'Italia decisa nel Consiglio di gabinetto di martedì è stata smentita; ma si confermano le informazioni secondo cui il governo di Londra intenderebbe compiere un serrato sforzo diplomatico per raccogliere adesioni e solidarietà contro il nostro paese. La capitale particolarmente I presa di mira è Parigi ; è facile intuirne le ragioni; non solo la Francia è la terza grande potenza che abbia dei possedimenti confinanti coll'Etiopià, ma senza la cooperazione francese è impossibile ottenere a Ginevra quel nulla osta societario che dovrebbe coprire una direttiva inspirata da ambizioni e interessi nettamente imperialistici. I francesi comprendono benissimo il giuoco inglese a doublé e anche a triple face ; i loro giornali sono densi di ragionamenti che colpiscono nel segno con stretta logica e con punte ironiche; non è quindi il caso di dar consigli al sig. Lavai che possiede tutti gli elementi per giudicare della situazione; noi con franchezza notiamo che l'atteggiamento finora seguito dalla vicina repubblica nella questione abissina è valutato con sincera soddisfazione del popolo italiano che giudica gli accordi del 7 Gennaio come una svolta decisiva e feconda nei rapporti fra i due paesi latini. Allo stato attuale delle cose non sembra che il governo di Parigi possa con> sentire, neppure formalistica' mente, nella linea auspicata dal Foreign Office. Gli altri Stati considerati nel programma diplomatico inglese sono la Germania e gli Stati Uniti, cioè due delle grandi potenze assenti da Ginevra. Come mai queste nazioni, le quali non si sono affatto riscaldate per i begli occhi del Negus, potrebbero essere attivamente solidali colla politica britannica, anche se mutassero il loro indirizzo sul problema? Sono eventualità che ci sfuggono. Tutto lascia ritenere che ci troviamo dinanzi ad una montatura colossale che ha molto il sapore del ricatto; noi forti del nostro diritto e della nostra preparazione non cadremo nell'in ganno. Un dato fermo resterà incancellabile nei cuori degli italiani: l'ostinazione dell'Inghilterra a mettersi sulla nostra V strada per tentare di impedire che l'Italia raggiunga nell'Africa Orientale la posizione di sicurezza clic le è indispensabile, sappiamo che le tradizioni di amicizia, le concordanze di una politica di equilibrio nel /continente, le solidarietà di un minimo comun denominatore di civiltà occidentale sono delle , semplici frasi quando il leone ^britannico sente limitata su qualsiasi fronte la sua insaziabile avidità. Sotto la maschera societaria l'Inghilterra cerca un'influenza esclusiva nell'Etiopia; mille fatti stanno lì a provare che anche in quella zona l'imperialismo inglese ha una vecchia consuetudine da salvaguardare e da potenziare. Altro che sacri principi, altro che rispetto della indipendenza altrui ! Ma questa volta la maschera cadrà. Contraddizioni Londra, 4 notte. ' Una viva animazione è regnata oggi negli ambienti diplomatici di Londra dove si era accolta un po' troppo affrettatamente la voce che il Governo nella sua riunione di ieri pur non prendendo decisioni precise si era manifestato alla quasi unanimità favorevole ad un atteggiamento energico nei confronti della vertenza italo-abissina; ossia ad un passo a Ginevra inteso a mettere in moto il macchinario leghista delle sanzioni economiche. Vi era fìnanco chi parlava per il caso in cui la Lega si mostrasse restia alle pressioni inglesi, di un'azione indipendente di Londra sulla base di qualche boicottaggio economico o di severe misure finanziarie. Inutile dire che queste voci sono addirittura sprovviste di fondamento. Consultazioni imminenti La sola decisione presa dal Governo britannico è quella di consultarsi entro i prossimi giorni anzitutto con il Governo francese e jioi con quello americano e infine con quello tedesco. Che cosa la Germania possa avere a che fare in questa faccenda è diffìcile dire. Sarebbe anzi del tutto impossibile se non si avesse ragione di credere che fra Londra e Berlino si stanno allacciando rapporti di amicizia ben più intimi di quanto sia sospettato dal mondo. Certo si è che qualunque mossa inglese entro il quadro della Lega o fuori di essa è condannata ad uno scacco completo qualora Londra non riesca a tenere Parigi dalla sua parte. L'accordo navale anglo-tedesco ha però creato tale diffidenza in Francia che non occorre molta chiaroveggenza, chiaroveggenza che fa totalmente difetto alla stampa laburista, per presagire che ad una domanda britannica di collaborazione a Ginevra, Parigi risponderà con un jio categorico. Londra prevede tale risposta e cerca attualmente e cercherà più ancora nei prossimi giorni un'esca appetitosa da lasciar cadere nella Senna onde prendere il pesce francese. L'Inghilterra è talmente preoccupata di trovarsi improvvisamente sola di fronte all'Italia e di aver contro di se per giunta l'intera Lega poco disposta a vedere esplodere una conflagrazione europea per rendere un favore ad un imperatore negro e negriero, che con quasi certezza farà alla Francia proposte concrete entro i prossimi giorni e, se necessario, invierà a presentarle Antonio Eden. Questo atteggiamento dell'Inghilterra susciterà però resistenze in questo Paese, giacchè qui si teme che l'Inghilterra in futuro non possa muoversi sullo scacchiere europeo e fors'anche su quello mondiale senza essersi previamente consultata con la Francia e avere da essa ottenuta l'autorizzazione a muoversi. MacDonald junior in imbarazzo Le difficoltà del Governo sono serie e le ansie sono accentuate dall'atteggiamento della Camera la quale sta trasformando il progetto inglese di cedere all'Abissinia una fetta di Somalia in qualche cosa di cosi mostruoso per la dignità e l'integrità dell'impero come ne sarebbe stato il caso qualora avesse offerto al Negus per lo meno 'l'India. Alla Camera dei Comuni oggi si è parlato quasi esclusivamente di questa offerta inglese trascurando del tutto il problema dei rapporti italo-abissini. Interpellato è stato Malcolm MacDonald figlio dell'ex Primo Ministro,-il più giovane membro del Gabinetto divenuto grazie alla necessità di mantenere ad ogni costo il carattere nazionale del Governo, Ministro delle Colonie. Ancora inesperto nella delicata tecnica dì replicare senza dire niente, e sprovvisto di quella elegante disinvoltura che permette ad altri suoi colleghi di tranquillamente ignorare le domande più incomode il Ministro MacDonald è stato posto oggi in una situazione realmente imbarazzante ad uscire dalla quale è stato aiutato varie volte da Eden. L'attacco è stato sferrato dal deputato liberale nazionale Dickie, un membro quindi della maggioranza governativa. Gli applausi che hanno accolto le sue dichiarazioni hanno rivelato in modo chiaro che egli non solo interpretava opinioni della maggioranza, ma parlava per incarico di essa. Il deputato Dickie ha chiesto a MacDonald di « porre sul tavolo il testo dei Trattati conclusi il 14 luglio dell'84 e il 27 gennaio dell'86 in base ai quali, in seguito al ritiro della protezione egiziana dal territorio della Somalia, i capi maomettani e gli abitanti espressero il loro desiderio di porsi sotto la protezione e la giurisdizione della Regina Vittoria. L'interpellante ha poi voluto sapere quali negoziati si fos¬ sero svolti fra il rappresentante dell'Inghilterra e gli abitanti della Somàlia, per il trasferimento di una porzione del territorio somalo sotto la sovranità del Negus. MacDonald ha dovuto riconoscere che negoziati non ebbero luogo a causa del carattere di suggerimento che aveva la proposta fatta da Eden a Mussolini. L'interpellante ha allora chiesto se per caso il Governo avesse avuto l'intenzione di cedere territorio britannico senza il consenso del Parlamento e senza il consenso di popolazioni le quali si erano poste sotto la protezione britannica. MacDonald è rimasto silenzioso, ma i deputati da tutti i banchi hanno gridato: « Rispondete ». Il Ministro delle Colonie ha ripetuto che non va dimenticato chLondra non offriva a Mussolinqualcosa di preciso e definitivma suggeriva una possibilità daccomodamento mediante una possibilità di concessioni. « Circa la questione del trasferimento di territorio — ha aggiunto MacDonald — non sarebbe stato necessario ottenerne il consenso delle tribù interessate, ma certamente saremmo stati obbligati a consultare i loro interessi e ciò avremmo fatto qualora si fosse delineata la possibilità di un'accettazione ». L'interpellante deciso a porre il Governo in cattiva postura ha ripetuto: « Non è un fatto che il Ministro ha riconosciuto che le popolazioni della Somalia non sono state consultate e se le proposte fossero state accolte il Governo avrebbe abbandonato quelle popolazioni alla loro sorte o ricorso alla forza in caso di necessità per spingerle dalla parte dell'Abissinia in violazione di accordi conclusi? ». Fortunatamente lo Speaker è a questo punto intervenuto e la domanda è rimasta senza risposta. Il deputato conservatore Wilson ha poi voluto sapere se prima di recarsi a Roma per sottoporre al Duce la proposta del Governo Antonio Eden si fosse preoccupa' to di ottenere in base alle prero gative della Corona l'autorizza' zione del Sovrano. Il Ministro delle Colonie ancora una volta invitato dalla Camera a replicare con chiarezza ha detto che egli era stato informato da un'alta autorità che la questione delle prerogative di Sua Maestà era di versa oggi da quella che fu in passato. Dubbi su Ginevra Stasera il collaboratore diplomatico del Daily Telegraph si dice in grado di affermare che l'Inghilterra, essendo decisa a rimanere fedele agli obblighi che le derivano dal far parte della Lega delle Nazioni non esiterà ad adempiere alcuno di essi ma solo alla condizione che la responsabilità sia condivisa da altre Potenze. Si tratta di una responsabilità collettiva e « l'Inghilterra non intende essere il solo poliziotto d'Europa ». Le sanzioni economiche sarebbero effettive solo se fossero generali ma non se fossero praticate da quattro o cinque grandi nazioni mentre altre, come ad esempio gli Stati Uniti e il Giappone, non le applicassero affatto. L'Inghilterra perciò cercherà di assicurarsi la cooperazione francese e sarà pronta in tale intento ad « andare incontro in modo considerevole al desiderio di un'intima coordinazione degli sforzi tendenti a ottenere una limitazione degli armamenti aerei e terrestri ». A Parigi, ad ogni modo, avverte lo scrittore, l'Inghilterra incontrerà degli ostacoli, principale dei quali è il fatto che « un protocollo è unito al trattato concluso fra Mussolini e Lavai nel gennaio scorso, protocollo il quale riguarda gli interessi francesi e italiani in Africa. In esso è dichiarato che all'infuori della zona della ferro¬ via Gibuti-Addis Abeba la Francia non ha alcun interesse in Abissinia ». Il giornalista dice che la Italia vede in ciò il riconoscimento da parte della Francia del suo diritto di estendere illimitatamente la propria sfera d'influenza in Abissinia. Da ultimo il collaboratore diplomatico sottolinea ancora una volta la paura che un conflitto in Abissinia sollevi il mondo intero. « Il governo sud africano — egli dice — ha un particolare interesse nella situazione ed è perciò tenuto accuratamente informato di ogni mossa britannica ». R. P. ò e l r a a e o e a Un ant-aut di Londra a Parigi? Sfiducia e diffidenza per la politica ingleseParigi, 4 notte. L'Inghilterra intensifica senza ombra di riguardo 1 tentativi di pressione per indurre la Francia ad associarsi alla sua politica anti-italiana in Abissinia alternando la promessa del suo ritorno pronto e completo al fronte di Stresa con la minaccia di una conversione definitiva alla politica dell'isolamento. Da oggi all'll luglio, data prevista per il prossimo Consiglio dei Ministri britannici, la Francia dovrebbe, secondo Londra, scegliere una volta per sempre fra la collaborazione con l'Inghilterra e l'abbandono dell'Inghilterra. Questo aut aut indispettisce le sfere parigine più di quanto non le impressioni. Politica senza bussola Anzitutto la pretesa londinese di praticare a volontà la politica della collaborazione o quella dell'isolamento per premiare o punire la Francia fa loro l'effetto di una cosa poco seria. Se Londra è cosi poco convinta della necessità dell'isolamento da essere disposta a sostituirvi la collaborazione con la Francia, ciò significa realtà questa collaborazione s'im pone. Se s'impone, cioè se ringhi! ssqlsfRdchemin [dterra ne ha bisogno, perchè la Francia dovrebbe ripagarla con compensi su altri terreni? Di rimando, se Londra è cosi poco convinta della necessità della sua collaborazione con la Francia da es- ttgrOrsere disposta a ritirarsi nel prò- tprio isolamento, come fidarsi del-1 pia sua promessa di non farlo? La'pstessa promessa il Governo britan- nico l'ha già data, scritta e codi-!eficata a Parigi un infinito numero I zdi volte. Ciò gli ha forse impedito di rimetterla in questione al primo pretesto? Che avverrebbe di questi nuovi ci di solidarietà il giorno Francia avesse dato a Londra il proprio consenso a un'azione inconsiderata contro l'Italia e non potesse più tornare indietro? Il sentimento dominante la Francia nelle attuali circostanze non è il disinteresse per le sorti une avverreDDei—impegni britann Bil giorno che la i _eatdel patto societario nè l'antipatia I lper l'Etiopia nè un'esagerata sim patia per la causa di vitale importanza che l'Italia vuol far trionfare nell'Africa orientale; il sentimento dominante la Francia è la sfiducia nell'Inghilterra. L'opera diplomatica di sir Samuel Hoare fondata più sull'intimità con la Germania che non sulla solidarietà con la Francia, la conclusione del patto navale, le manovre per tenere nascosto a Parigi il programma di costruzioni del Reich in modo da impedire alla Francia di modificare il proprio in conseguenza e trarla in inganno sulla realtà della nuova situazione, l'incidente del corridoio di Zeila: tutto questo insieme di circostanze prodottesi nel giro di pochi giorni hanno fatto nascere a Parigi nei riguardi del gabinetto Baldwin un senso di diffidenza in- ncrrtpzvtqalncènspmdrt dubbia. La linea di condotta seguita nell'affare abissino, le incessanti contraddizioni affrontate difendendo o offendendo il patto societario a seconda dei propri interessi del momento, danno qui la impressione, come riconosce lo stesso Journal des Débats, che la politica inglese vada innanzi alla cieca, senza bussola, verso le peggiori tempeste. Se Lavai pescasse negli archivi In ogni caso, secondo lo stesso giornale, la scelta tra Londra e Roma è di quelle cui la Francia deve rifiutarsi assolutamente. Parigi deve parlar chiaro al Governo inglese e fargli comprendere che l'unione delle tre Potenze occidentali non deve essere turbata dalla vertenza abissina, se non si uol fare il gioco della Germania. La Francia ha bisogno dell'Inghilterra, ma l'Inghilterra ha bisogno della Francia: non è quindi il caso di speculare sulla minaccia di eventuali ricatti. Anche altri giornali, e fra questi VEcho de Paris, la France Militane, VInformation e la République espongono considerazioni analoghe. LInformation, in particolare, dice di sapere che il progetto inglese di colpire l'Italia con sanzioni economiche sarebbe stato sottoposto non solo alla Francia, ma anche agli Stati Uniti e alla Germania, circostanza quest'ultima che all'organo finanziario sembra un vero capovolgimento del fronte di Stresa a vantaggio del Reich. Secondo l'Oeuvre, per chiudere la bocca agli inglesi, Lavai non dovrebbe fare altro se non pescare negli archivi le lettere scambiate dai Governi di Londra e di Roma nel dicembre 1925 e nel gennaio 1926, dopo i colloquii Chamberlain e Mussolini per intendersi sulla divisione dell'Abissinia fra l'Inghilterra e l'Italia. In via generale, insomma, l'atteggiamento francese non sembra sin qui infirmato dal nervosismo di [Londra. Non bisogna, tuttavia, nascóndersi che, conformemente a quan- to avvertivamo in principio, lo stato d'animo di Parigi dipende dal grado di fiducia o di sfiducia ispirato al Quai d'Orsay dal Foreign Office/ Se la fiducia, a torto o a ragione, dovesse rinascere, un mu- tamento di tattica nei riguardi del 1 problema abissino non sarebbe inv'possibile. Il Temps, per ogni evenienza, !evita accuratamente di pronun I ziarsi, C. P. i— , . BOlCOttagglO i __ e «giuoco onesto» Giornali di Londra accennano alla possibilità che la Gran Bretagna reclami a Ginevra, contro I l'Italia, il boicottaggio economico nel caso di operazioni militari contro l'Etiopia. Si tratta di misure per impedire l'entrata, nel paese che si è reso colpevole di violazione di trattati, di un certo numero di prodotti essenziali per la produzione delle armi e dei preparativi di guerra. Di misure atte a troncare l'approvvigionamento di qualsiasi merce, esclusi i generi alimentari necessari alla vita della popolazione. Infine di pressioni finanziarie come il rifiuto di crediti. Il caso non ha precedenti. Non è stata applicata questa sanzione, anzi neppure discussa la possibilità, quando il Giappone occupò la Manciuria e quando la Germania spezzò le clausole militari del trattato di Versailles. Si ignora perfino come tali misure potrebbero essere applicate, anzi è stata formata recentemente una sotto-commissione per studiare il problema. Se anche Londra portasse a Ginevra una-tale proposta, essa dovrebbe essere approvata all'unanimità, ipotesi che si può senz'altro escludere. Quanto al boicottaggio economico isolato della Gran Bretagna, le conseguenze sarebbero limitate. In questo campo i Dominii sono indipendenti dalla Metropoli e dall'Isola noi importiamo una sola materia prima indispensabile: il carbone. I primi a protestare sarebbero i produttori di Cardiff, quando noi dirigessimo i nostri acquisti di combustibile verso la Ruhr e l'Alta Slesia polacca. Boicottaggio, si legge in tutte le enciclopedie, è parola di origine .inglese, dal nome del capitano Giorgio Boycott. Era costui un tale sgherro, quale amministratore in Irlanda delle terre del Conte Erne, che i contadini si ribellarono, lo misero al bando e lo costrinsero ad andarsene. Il boicottaggio divenne più tardi un mezzo di combattimento dei nazionalisti irlandesi contro l'Inghilterra. Uno dei mezzi severamente condannati, allora, dai britanni come arma sleale ed in contraddizione alle abitudini di un popolo gentleman clic deve Sem\pre seguire le regole del «giuoco onesto »,