In una piccola scuola di Addis Abeba dove suona la dolce lingua italiana

In una piccola scuola di Addis Abeba dove suona la dolce lingua italiana In una piccola scuola di Addis Abeba dove suona la dolce lingua italiana Roma, 1 notte. La stampa Internazionale, e gli stessi Governi di tutta Europa, non nascondono l'ansietà Bempre più viva da cui sono presi per la aorte degli stranieri che vivono ad Addis Abeba e in tutto il territorio etiopico. Il privilegiato « piccolo mondo bianco » delle Legazioni non sembra rassicurare nessuno. Si sa bene quel che valgono le convenzioni ufficiali in Etiopia. B' di ieri la notizia della squadriglia aerea pronta nel Sudan per ogni evenienza. Certo è che la vita presente delle Legazioni europee ad Addis Abeba non deve essere proprio una di quelle capaci di conciliare • i buoni sonni. Non dovrebbe bastare questa «istintiva» sensazione di pericolosità per radiare il Paese che la ispira dal ruolo delle terre civili? Il romitaggio delle Legazioni Le Legazioni sono sotto là collina d'Entotto. Un fitto bosco di eucalyptus le 'fascia, le nasconde l'una alla vista dell'altra, e ugualmente le rende del tutto invisibili da qualunque punto della città. Per nove decimi della popolazione indigena, le Legazioni rappresentano altrettante arabe fenici. Tutti dicono che ci sono, ma nessuno le ha mai vedute. D popolo d'Addis Abeba non è autorizzato, ovvero non si sente autorizzato (che un divieto vero e proprio non esiste) a passare il torrente Kabana; Sarà superfluo dire che, come da Addis Abeba non si scorge nemmeno uno spigolo di tetto d'una Legazione, cosi da nessuna Legazione è possibile scorgere un palmo del barbagliante oceano di lamiere, di sciamma, di polvere, in cui consiste Addis Abeba veduta dall'alto. Veduta, cioè, dall'imperiale colle d'Entotto; che è il solo osservatorio a cui essa interamente si dlscuopra. L'espressione « oceano » non deve essere considerata come un'iperbole rettorica. Addis Abeba ha uno sviluppo di circa sessanta chilometri quadrati, il che significa che vive su di un'area quasi uguale a quella di Parigi. Una favolosa Baraccopoli che non accoglie, e non potrebbe accogliere, come popolazione stabile, più di cinquanta-sessantamlla persone; e che, invece, serve ottimamente da campo, e ne avanza, nei giorni di festa o di mercato (cioè quasi tutti i giorni) a una folla di ospiti che non è punto esagerato calcolare a tre quarti di milione. Ha si parlava delle Legazioni, e del romito colle dove esse si sono appartate e aggruppate, entro inebrianti trincee munite di tutti i più bei fiori del mondo. Menelik volle che le rappresentanze estere andassero ad allogarsi lassù per poterle, all'occorrenza, meglio difendere da eventuali subbugli xenofobi scoppiati in città. Almeno sino ad ora, il valore strategico della posizione non ha avuto modo, e cosi sempre sia, di sperimentarsi. Ma l'esperienza trionfalmente riuscita, esperienza di tutti i giorni, è quella della valida difesa che questo colle rappresenta per gli europei contro ogni assalto della nostalgia. Casa nostra, in fondo, non è che un fiore e un colore; e un po' d'ossigeno in quella certa dose. Non si sa come sia, ma anche il clima che circonda le Legazioni d'Europa è diverso da quello di tutto il paese vicino. Sarà perchè il bosco è più folto, sarà forse perchè anche il clima non è, in definitiva, che uno stato d'animo, sarà per quello che volete, insomma, ma sta di fatto che tra le margherite, i geranii, le rose, le violette, le ginestre, le mente, le bandiere bianche rosse e verdi, della Legazione d'Italia, il cuore stesso è meglio a posto, e non fa più i salti e i tuffi che sono, invece, la sua continua ginnastica di Addis Abeba. Eppure il quartiere diplomatico è di quasi duecento metri più alto della capitale. La nostra piccola scuola La Legazione d'Italia! C'è anche, in mezzo a tutti quel fiori, la scuola elementare per i bimbi indigeni; per i bimbi dei servi e degli ascari. E' questo lo spirito « non amichevole » di cui il Negus parla a nostro riguardo? La scuola è situata in una rustica baracchetta, poco lontano dalla residenza ufficiale del Ministro, e con intorno tutto un mosaico di praticelli smeraldini e di aiuole festose. Sulle pareti, i ritratti del Re, della Regina, del Duce, l'Italia fisica e l'Italia politica, e grandi cartoni a colori di botanica e di zoologia. Dieci panche, gremite di sveglissimi musetti néri: cinque femmine e ventidue maschi. La prima fila rappresenta la prima classe; le altre, la seconda. Al banco di comando è la signora Forino, moglie del Cancelliere della Legazione e insegnante ordinaria della Scuola della Consolata. Questo lavoro è un di più; una fatica supplementare che la signora offre in dono all'amor di Patria e all'amore del prossimo. Le ore che passa qui rappresentano la sua ricreazione. La Scuola della Legazione è un po' sua figlia adottiva. Il Ministro l'ha'pensata e voluta, e l'assiste in tutte le forme possibili. Lei se l'è tirata su a bocconcini di pane. L'inaugurazione avvenne il 28 ottobre del 1933. Una persona reduce da poco dalla capitale etiopica cosi racconta una sua visita, una « sorpresa », fatta alla scolaresca della Legazione insieme al Ministro Vinci: <Alla inattesa apparizione del Ministro tutta la scolaresca scatta in piedi, a braccio levato, anche prima che la maestra abbia gridato l'« attenti! », Il Ministro sorride, risponde al saluto, e fa rimettere tutti a sedere. Poi prega la signora Forino di continuare la lezione come se non ci fosse nessuno. — Sarà un po' difficile signor Ministro... — risponde là maestra col chiaro sottinteso della ambi¬ zione che già brilla negli occhi di tutti i suoi alunni. — Meglio cosi, — risponde il conte Vinci — vada avanti... . Lezione eccezionale E la lezione ripiglia, Ventisette visi appuntiti, tutto un panorama fiammeggiante d'occhi ansiosi, di labbra pronte a scattare. Qualcuno dei più piccoli tende le manine per far meglio notare la propria smania d'essere interrogato. — Calma, calma, tranquilli... — deve raccomandare, quasi per pietà, la maestra. E incomincia a far venire qualcuno alla lavagna. — Come si chiama il Re d'Italia? Dieci, vènti voci esplodono, tutte insieme, da tutti i punti della classe: — Vettorio! L'alunno che doveva scrivere il nome del Sovrano sulla lavagna si volge e commisera. Poi scrive risolutamente, a grandi lettere un po' floscie ma sicure di sè: — Vittorio Manuele... Allora, è la scolaresca che lo punisce con una risata. La signora Forino Interviene, severa con chi ride, indulgente con chi ha sbagliato. — Emanuele... Emanuele... E mette a posto l'è mancante. H bambinello nero si caccia, per rammarico e confusione, tutto il gesso in bocca. La maestra spiega: — Signor Ministro, un anno fa, questo ragazzo ha veduto per la prima volta l'alfabeto italiano! Poi alla classe: — Chi è il Duce d'Italia? — Mussolini! Mussolini! Mussolini! E riscattano tutti in piedi, con tutt'e due le braccia tese. La lezione continua. Lettura e dettatura, aritmetica e geografia, declamazione e canto. Il Ministro sottolinea ogni saggio con gesti di vivo compiacimento; e i ragazzi ne sono indescrivibilmente inorgogliti. Qualcuno ha gli occhietti lustri lustri. E più penoso che mai, si vede aggiungere, è che vi sieno ancóra al mondo paesi ai quali il bene bisogna farlo per forza sempre ricompensati a moneta di maliziosità e di disprezzo. %B%

Persone citate: Duce, Forino Interviene, Mussolini, Negus, Vittorio Manuele