Nazionalisti, antisemiti e monarchici di Italo Zingarelli

Nazionalisti, antisemiti e monarchici CONCLUSIONI SULLA POLONIA Nazionalisti, antisemiti e monarchici (Dal nostro Inviato) VARSAVIA, giugno. Chiuderemo la rassegna delle forze che sulla vita della Polonia contemporanea esercitano Influenza palese o occulta, illustrando correnti di valutazione approssimativa, data la sterilità della loro azione politica e dato il fatto che la riforma costituzionale costringerà l'opposizione entro limiti ancora più angusti, dovendosi ritenere che nella prossima Camera essa avrà al massimo qualche rappresentante isolato; Pure bisognerebbe fare un cenno delle forze di sinistra, ma l'individuarle è oltremodo difficile, e del resto non c'è motivo di considerare inesatta l'opinione ufficiosa che il marxismo abbia perso quasi tutto l'antico prestigio. Uomini di cultura, in grado dì lottare sfoggiando energia ed argomenti, troviamo nel campo nazional-democratico. Con una certa Ironia i capi di questa massa o frazione affermano che Pilsudski dovesse la sua « leggenda » proprio alla sinistra, la quale nel '26 non esitò ad aiutarlo a rovesciare un Governo basato sulla destra e sul centro: la sinistra credeva che 10 scopo consistesse nello strappare il potere alla destra, viceversa le toccò poi vedere i suoi capi o in fuga o processati a Brest Litowsk. Quella marcia di Pilsudski su Varvasia non è tuttavia paragonabile alla marcia di Mussolini su Roma — osservano i nazional-democratici — giacché mentre Mussolini ha fatto del Fascismo un sinonimo del nazionalismo, Pilsudski ha qui creato una situazione diversa al punto da rendere possibile, anzi.necessaria, la esistenza d'un partito nazionalista. 11 maresciallo era innegabilmente un patriota, però non era un nazionalista, Lungi dal proclamare 11 diritto della Nazione a pronunziarsi sui propri destini (sono sempre gli oppositori che parlano), egli diceva che la Nazione ha bisogno di esser governata. Del resto, fra Italia fascista e Polonia pilsudskiana esistono anche diffe^ renze di natura etnica e religio sa. L'Italia è omogenea, la Polo nia no, e sebbene la religione na zionale sia qui la cattolica, è inne- gabile che certe provincie hanno subito l'influenza ortodossa, mentre in certe fortissima è l'ebraica, Gli oppositori, commentando la ideologia del maresciallo, assicurano che egli pensasse di approfit tare d'uno sgretolamento della Russia, per rifare l'antica Polonia, il che era compito superiore alle sue forze. Egli voleva realizzare un programma imperialista attraverso una confederazione composta del ducato di Lituania, con capitale Kowno, a nord, della Russia bianca, con capitale Minsk a est, della repubblica ucraina, con capitale Kieff, a sud, e della Po lcnia, con capitale Varsavia, a ovest. Per tradurre in atto il prò gramma egli non poteva quindi accentuare le differenze nazionali, nè poteva, come dimostra la sua politica del dopoguerra, tenore a stabilizzare le frontiere. In nome del federalismo, aggiungono i na zional-democratici, Pilsudski perde di vista che il merito della nasci ta dello Stato polacco indipendente era tutto della Nazione polacca, la quale aveva perciò il diritto di dominare. E cosi, avendo opposto il concetto dello Stato a quello della Nazione, creò la possibilità dell'esistenza, affianco alla ditta tura, di un nazionalismo di opposizione. Che li maresciallo fosse sorretto dalla universale fiducia, viene dagli oppositori ugualmente contestato: fra l'altro essi dichiarano che le forze produttrici del paese mai gli diedero il loro incondizionato appoggio e osservano che la agricoltura ha qui sofferto della crisi più che altrove, essendosi la crisi aggiunta alle pressioni esercitate dallo Stato per far cadere i prezzi. I proprietari polacchi, quale più, quale meno, versano tutti in condizioni precarie, indebitati e oppressi da ipoteche, e di ciò l'erario approfitta, espropriando con l'aiuto del fisco e delle banche. Lo Stato è in tal modo diventato padrone di aziende le quali non lavorano con deficit, perchè non pagano imposte. Alle correnti religiose abbiamo accennato in un precedente articolo; resta da dire che mentre nel campo governativo le opinioni in materia divergono, la destra vorrebbe veder crescere l'influenza religiosa, considerando superficiali i buoni rapporti intrattenuti con la Chiesa. Per risolvere il problema dei rapporti con la Chiesa — essa dice — Mussolini ha fatto l'impossibile; qui, viceversa, non s'è fatto nulla. Quanto all'elemento semita, fra il XIV e il XV secolo la Polonia ha dovuto accogliere gli ebrei provenienti dell'ovest e quelli cacciati dall'interno della Russia. Oggi nel commercio essi figurano per il 75 per cento, nelle classi dei medici e degli avvocati per il 50, nelle facoltà universitarie per il 40. A poco a poco, ragionano i nr.zional-democratici, essi scacciano i polacchi dai vari rami della.vita sociale e s'assicurano il controllo dei traffici, degl'istituti di educazione, delle banche e via via. Occorre che la Nazione si renda conto del pericolo ebraico prima che sia troppo tardi. Il Numerus clausus vige, però viene applicato lentamente, nè sarebbe possibile usar violenze, trattandosi di un elemento che costituisce un decimo della popolazione e che s'è infiltrato in larghi strati. Gli ebrei di Polonia, inoltre, stentano ad amalgamarsi, in quanto nel periodo della soggezione ai Governi russo, tedesco e austriaco, essi avevano fortemente ' sentito quelle disparate influenze. Un paio d'anni fa, sorse qui un partito nazional-sor;?.iistr., con un programma rivelati- dai motti che citiamo: « Popolo polacco, svegliati! La Polonia ai soli polacchi! Comperate soltanto da cristiani!». Il verbo in Germania predicato da Hitler e dai suoi apostoli, in Polonia l'hanno predicato due o tre persone di molto minore fama, che hanno, si, trovato dei proseliti, ma non sono riuscite ad eleggersi un capo. O il capo non c'è. oppure manca la concordia: e comunque stiano le cose, per il movimento è un male. Il nazional-socialismo locale ha il suo focolare nella Slesia polac ca, dove un paio di decine di mi-1 gllaia di volenterosi — non di più — indossate delle camicie bianche con risvolti rossi, si sono dati a svolgere un'attività non troppo feconda dal punto di vista propagandistico, che culmina nei pellegrinaggi alle tombe degli eroi nazionali nel castello di Wawel, a Cracovia, un Pantheon che i polacchi visiterebbero, e visitano, anche senza bisogno di stimoli. Naturalmente in Germania il movimento viene seguito con interesse, ed esaltato, perchè l'affinità delle ideologie permette di considerarlo una garanzia di più per la rotta tedesca della politica estera polacca, ma chi giudica senza lasciarsi suggestionare dalla considerazione dei proprii vantaggi, deve riconoscere che, oggi come oggi, il nazional-socialismo locale non è un'idea alla vigilia del trionfo. Il programma del partito comprende dieci punti che per molti versi collimano con i postulati nazional-democratici, e così assistiamo allo spettacolo che, propugnando uguali principii e metodi, promettono benessere e felicità al paese uomini desiderosi di marciare affianco alla Francia ed uomini che definiscono Hitler il capo ideale. E i monarchici? Che strana cosa! Forse l'ideale della monarchia sonnecchia in fondo all'animo di ogni polacco, e la ricerca delle insegne reali della Polonia è argomento che appassiona studiosi ed opinione pubblica, ciò nonostante un Regno di Polonia non lo Vediamo sorgere, nè lo sappiamo immaginare. Le tradizioni storiche sembrano lontanissime, sembrano diventate ricordo ed eroica visione, e per infondere loro nuova vita, per render possibile la ripresa della continuità interrotta, occorrerebbe qualche cosa di più della vaga speranza di aristocratici in parte impoveriti ed in parte esautorati, di contadini sperduti nelle vaste campagne che si accontentano di manifestarsi sorpresi di un «Governo di signori non comandati da un Re » e di qualche intellettuale. Anche dopo che Pilsudski ebbe compiuta la marcia su Varsavia e fu diventato l'arbitro dei destini della Polonia, s'è avuta varie volte l'impressione che l'avvento della monarchia non fosse proprio da escludere: so ne parlò nell'inverno del 1927, e si considerarono probabili candidati al trono un principe inglese o il principe Sisto di Borbone Parma (fratello dell'ex-imperatrice d'Austria Zita), se ne riparlò nel '32, allungando la lista dei candidati, non si sa bene come e perchè, col nome del prin cipe Nicola di Rumenia, mentre era pur chiara l'assurdità dell'idea di un Re straniero. A un certo momento, a Vilna, fu lanciata la proposta di fondare una dinastia Pilsudski, e questa oggi sarebbe già spenta, essendo il maresciallo morto senza lasciare eredi maschi. Due anni fa, lo Slovo, organo dei grandi proprietari di Vilna, sostenne una campagna per convertire il maresciallo al realismo, quindi smise, o perchè le forze erano venute a mancargli, o perchè il maresciallo ebbe cura di far capire ch'era tempo perso. E adesso ch'è morto l'unico che avrebbe potuto imporre una cosi radicale trasformazione del regime, meglio è passare agli atti la romantica pratica, mancando chi voglia e possa costruire il trono, e mancando ugualmente colui che sul trono dovrebbe quindi assidersi. Italo Zingarelli