A Cuba tra una bomba e l'altra

A Cuba tra una bomba e l'altra A Cuba tra una bomba e l'altra Una vita sociale ideale: quando uno esce di casa non è molto sicuro di ritornarvi -- Capipopolo, partiti, programmi in continua lotta feroce I cubani, insomma, presi uno per uno sono tutte persone eccellenti, messi insieme costituiscono un grosso perìcolo - Quattrocentomila disoccupati e (Dal nostro Inviato) L'AVANA, giugno. Partito Machado, pareva che dovesse cominciare la cuccagna a Cuba. Invece accadde proprio quel che avevano previsto i partigiani della dittatura poco prima dei moti rivoluzionari dell'agosto del 'SS. « L'attuale regime non va, — dicevano — ma è preferibile all'anarchia. Se il Presidente Machado dovesse essere deposto, il Paese entrerebbe in un tragico periodo di guerre civili ». Quando entrò In scena Batista / partiti che nelle lotte violente dell'ultimo anno- erano riusciti a mettersi d'accordo, almeno apparentemente, e ad unirsi in un fronte unico per scacciare il « firanno », si ritrovarono subito divisi non appena si trattò di assumere le responsabilità del Governo. Era molto più facile andar d'accordo nelle battaglie in piazza; ora bastava che uno si facesse avanti per rimettere un po' d'ordine nel caos della vita pubblica, perchè le opposizioni gli si scagliassero contro violentemente. Si ebbe persino un» Presidente, l'ingegnere Carlo Hevia, che rimase al potere soltanto nove ore; il direttorio dei cinque descontentos (la parola dice il loro programma politico), ai quali apparteneva anche Gran San Martin, non durò che quattro o cinque giorni, e il vecchio diplomatico Emanuele Cespedes, uomo eccellente ma di scarsa autorità, pur avèndo avuto il riconoscimento diWàshinqton, dovette andarsene dopo soli diciannove giorni di yo-verno; eppure la folla lo aveva oc- clamato davanti al palazzo del Congresso come un salvatore. Ma il conflitto più-grave, com'è noto, fu quello che scoppiò in senoall'esercito; gli ufficiali, che ave- vano appoggiato il Governo diMachado fino all'ultimo momento e lo avevano poi abbandonato solo quando si erano accorti che gii Stati Uniti non lo sostenevano più, {credevano di potersi così salvare J." 1 . _ £..Z —..1.1.7.- . e n a e ù e e i , a r i a o è o e e o - di fronte all'opinione pubblica; ma il loro tradimento suscitò invece lo sdegno di tutti ed essi apparvero quel che erano effettivamen te: degli egoisti senza fede che avevano cercato soltanto di met- tersi al sicuro quando avevano in-sto che Machado era ormai flHÌtoe che tutto andava allo sbaraglio. Di qui il colpo del 4 settembre alquale presero parte i militari, glistudenti e i rivoluzionari più ac-cesi sotto il comando del sergentestenografo Fulgenzio Batista alquale venne subito conferito ingrado di colonnello. Gli ufficiali sirinchiusero nell'Hotel Nacional ainviarono un ultimatum a Batista,ii quale, per tutta risposta, fecepuntare i cannoni contro l'alber-go. La battaglia fu accanita e ilmaggior numero di perdite si eb-be fra gli assedianti, ma gli uffi-ciali non poterono resistere a iun-go al bombardamento dei rivolto-si che sparavano coi loro cannondal mare e dall'Università; si ar-resero quando non, ebbero più mu-nizioni; una decina erano cadut durante il combattimento, altri renta vennero trucidati quando i soldati irruppero nell'albergo. Baista avrebbe potuto impadronirsi del Governo e proclamarsi Presidente; ma non volle stravincere c gli bastò restare a capo dell'esercito. Verso la fine del '33 era al potere il professore Grau San Marin che rappresentava il partito degli studenti e dei rivoluzionari; ma egli era più, che altro un teorico, un demagogo e non aveva lasufficiente energia per dominare, una situazione oltremodo difficile., Aveva un'oratoria facile e gonfiai e al popolo piaceva appunto per^ certi suoi atteggiamenti teatrali da\ gran tribuno. Si racconta che una volta, mentre parlava alla folla radunata in piazza davanti al paazzo del Governo, vennero a dirgli che lo chiamavano al telefono da Washington, dalla Casa Bianca. « Cittadini — egli disse allora senza scomporsi. — Jlfi chiamano al telefono da Washington; ma io credo che anche il Governo degli Stati Uniti possa aspettare quando il Presidente parla al popolo di Cuba ». Parole grosse, ma il Paese intanto era in preda all'anarchia e dappertutto in città scoppiavano bombe. Era cominciato anzi un vero e proprio commercio; chi voleva vendicarsi di qualche avversario, si rivolgeva a uno dei tanti centri rivoluzionari e ordinava una bomba per il caso suo; ce n'era per tutti i gusti: bombe da cin- \ 0""»*11 dollari, da dieci, da cinque; bombe per massacri e bombette Pe'' /«'' soltanto un po' di paura; bomoe da scagliar dietro le auto¬ mobili e bombe da mettere nei ne- aozi 0 davanti alluselo di casa. *-" vita degli uomini politici era semPre in pencolo e quando uno sedeva a tavola, doveva prima assumarsi che sott° la ,sedm cl fosse qualche pericoloso ordigno ad orologeria; se poi non erano esplosivi, erano spesso veleni nei cibi e nelle bevande. Inutile far bene Preoccupato di questo stato di cose, il colonnello Batista offerse la Presidenza al suo collega Carlo Mendieta, uno dei tanti persegui(ati dal passato regime ch'era tor nato daH'esiiio subito dopo la cadJuta di Machado. Mendieta, che pareva veramente l'uomo adulto a rimettere un po' d'ordine nel caos, anche perchè godeva le simpatiepopolari e la fiducia del Governo di Washington, accettò, a pattoperò che la sua Presidenza non durasse molto. Sei mesi dopo era già in grado di presentare al po- polo alcuni benefici frutti della sua politica che, specie nei rapporti internazionali, era stata condottacon molto accorgimento: aboiteio- ne del Platt Amendment (dirittod'intervento degli Stati Uniti), untrattato di reciprocità commercia-!e con Washington e notevoli mi- glioramenti nel mercato dello 2uc- chero. Nessun altro avrebbe potuA fo far meglio di lui, nelle attuali difficoltà; eppure l'opposizione, an-[zichè disarmare, gli si scagliò con- tro con più accanimento. Grau San Martin, che dopo la sua caduta si era rifugiato nel Messico, tornò nel maggio dell'anno scorso e si rimise alla testa di tutti i malcontenti, comunisti, operai e studenti universitari (questi ultimi sono sempre i più battaglieri e i più ir | riducibili) e la lotta si riaccese più [l'iva che mai. Mendietu. che prima \aveva il favore di tutti, ora è appoggiato soltanto dai nazionalisti e dall'esercito; tutti gli altri e in particola!- modo l'A B C e il partito rivoluzionario di Grau San Martin, lo combattono in tutti i modi accusandolo fra l'altro di voler riaprire lo porte ai partigiani di Machado. C'è insomma a Cubatimi vera anarchia di partiti; programmi e programmi, ma in realtà tutti sono delusi e sfiduciati e gli stessi capi si accorgono ormai di essere vittime della bufera ri-Ivoluzionaria che hanno scatenato nell'isola. li caos intanto continua, le bom-be scoppiano come prima, pe<igiodi prima. Le vie sono percorsegiorno e notte da pattuglie di sol- dati e marinai armati; ogni tantosi ode il fragore di qualche espio-sione; nei giornali c'è la rubrica delle bombe, che qualche volta oc- cupa intere colonne, come c'è larubrica dei teatri e dello sport; onon soltanto all'Avana, ch'è la cit-ta più ardente dove son piovuti imalcontenti da tutta l'isola, maanche in provincia. Pure che ormai i Cubani si siano abituati alla vi- ta pericolosa e al terrore e non ne !possono più fare a meno. L'Uni-\versità è sempre il centro della ìlotta; basta uno studente arre- stato per provocare scioperi e tu- multi. Non si può entrare nei ne- \gozi e specie nei grandi magazziniidei centro senza essere prima ri-: golosamente perquisiti; ed è natii- \rale, perchè in questi ultimi tem- jpi le bombe sono esplose con mag-^gior frequenza proprio nelle bot- 'teghe e nelle ore di affollamento.ÌQualche mese fa una signora che 1stava facendo delle compere insie-|me con la sua bambina, è stata Asfracellata dall'esplosione di una potentissima bomba ad orologeria, I rivoluzionari accusano il Gore»--'no di usare le stesse misure re- pressine della porrà del tempo di vMachado; ma d'altra parte le autorità sanno benissimo che se allentassero anche di poco i freni, il Paese ricadrebbe ancora negli orrori della guerra civile. Il caos — Ma almeno mettessero bene in chiaro quel che vogliono — mi diceva un Cubano tranquillo, uno che assicura di non aver mai tocrato una bomba. — perchè così Non è piti possibile vivere. Si esce Mi casa e non si è mai sicuri di poter ritornare. Se niente niente imo ha avuto qualche carica pub hlica durante il Governo di Ma chado, non ha più pace; meglio che faccia le valigie e se ne vada. Purtroppo la crisi economica che travaglia il Paese da quattro o cinque anni a questa parte, non si può risolvere nè con le bombe nè con le battaglie in piatita. Di chi la colpa se il prezzo dello zucche- ro è ora disceso dai prezzi favolosi del decennio 1920-30 a 57 centesimi di dollaro la libbra ? Se le esportazioni, che fino al 1930 erano di 17S miliardi di dollari, sono cadute in questi ultimi tempi a lf2 miliardi? Colpa se mai del nostro sistema di monoproduzione che ufi fidava la fortuna del Paese sol tanto allo zucchero; problema vec- Wiio che non si può certo risolvere in quattro e quattr'otto e in piena tempesta rivoluzionaria. Si grida, si protesta contro l'ingerenza nordamericana nella vita politica ed I economica dell'Itola, ma bisogna j riconoscere, e in questo son d'uc-,cordo anche gli estremisti dcl-\ l'A B C, che la nostra c una Repubblica giovane, senza economia propria, situata, piaccia o non piaccia, dentro l'orbita economica degli Stati Uniti. Tre mesi fa /launo emesso anche i primi biglietti di banca nazionali in sostituzione dei dollari nordamericani che pil¬ m« erano i soli a circolare per Cuba; belli, c'è anche l'effigie di José Marti, l'eroe dell'indipenden **V ma il pubblico li guarda con "™ certa diffidenza. Chi ci crede? Chi può pensare a ricostruire, a mettersi a lavorare con serenità] se la situazione invece di chiarir si si oscura di giorno in giorno sempre più? E il problema più \Brave è che abbiamo ora 1,00.000 j disoccupati; cifra fantastica per j"» paese che, se tutto andasse in ordine, non dovrebbe conoscere neppure di nome la disoccupazio| C'è quasi da pensare che que \sta sia una vendetta del destino che ora ci tocchi pagare il fio dei 'te cuccagna dell'immediato dopo guerra, quando qui si buttavano via i dollari come spiccioli di po] chi centesimi, \ E' un fatto che i Cubani, a prenderli a uno a uno, sono per sone eccellenti, piene di buon sen^so, i primi a riconoscere le loro magagne; hanno orrore del san\gue, non ammazzerebbero un ca ne; metteteli insieme, scaldateli ,un poco, montategli la testa con qualche discorso incendiario, e si butteranno allo sbaraglio come forsennati, ! ' Ettore De Zuani TUMULTI NELLE VIE DELL'AVANA UNA DELLE TANTE BOMBE RINVENUTE DALLA POLIZIA