L'agonia del favorito di Riccardo Forte

L'agonia del favorito PAGINE DEL SEICENTO MADRILENO L'agonia del favorito Rodrigo Calderòn dalla vita brillante al cilicio espiatorio -- 244 capi di imputazione -- Dalla condanna a morte all'esecuzione -- Le scuse del boia^ e a l e MADRID, giugno. Figlio di un vecchio capitano che ha girato per le province di Spagna e di Fiandra guerreggiando, Rodrigo Calderón è collocato a Madrid nel palazzo del duca ili Lerma. E' un ragazzo sveglio, vivace, intelligente, ma rozzo e nuovo alla vita di Corte. I paggi lo scherniscono; il duca, che nota in lui buona volontà, lo protegge. Il ragazzo cresce e, quando è adulto, dà al suo benefattore una prova impareggiabile di gratitudine: ne sposa l'amante. Avventure e delitti Con questo non. grande sacrificio Rodrigo ha coronato la sua fortuna; una pioggia di benefici cade sul suo capo. Il duca di Lerma è il più potente uomo del regno, quasi un altro re; Rodrigo, il cui nobile ha riscontrato doti di intelligenza e di furberia, sarà l'uomo di fiducia del ministro, il favorito del favorito; a poco a poco egli acquista un'influenza immensa sulla Corte. Perfino il vecchio ufficiale, suo babbo, che lo ha redarguito per la superbia messa su, accetta titoli redditizi ottenutigli dal figlio; e i gazzettieri vantano Rodrigo come l'uomo di maggior talento che possieda la Spagna. Un talento forse non di gran volo, ma efficace. Sa ricevere senza ascoltare, imporre lunghissime anticamere senza necessità, non risponde alle lettere e non re¬ 'amàscVieWsite.'n'd^ca 'd]"Ler-\ma gli manda tutti quei sollecita- tori che si debbono sbrigare sen-\za concludere, stancare senza dir \di no, umiliare senza irritare. Tcr-\minate le visite, Rodrigo va a ca- jvallo in via del Nunzio, nel palaz- \zo dov'è oggi la Nunziatura, e do-\ve allora abitava sua moglie, do-\ria Inés de Varga, bigotta e frigi-]da ormai, la cui casa odorava, secondo il marito, « d'incenso e di cadaverina». Poi venivano le cac- ce al Pardo, i giochi e gl'intrighi [nei salotti di Filippo III; e di notte le avventure nelle vie tortuose del vecchio Madrid, dove sempre una mamma solerte o una mez- zana ben provvista aspettavano ilcavalicre sulla soglia d'una casa.Ma queste conquiste fucili non appagavano don Rodrigo; egli fa ceva imprigionare i mariti che co stituivano un ostacolo al soddi sfacimento dei suoi capricci, e molte giovinette dovettero nascondere l'affronto patito nei conventi già numerosi di Madrid. I suoi crimini ne accrescevano l'aureola: Calderón divenne conte dell'Oliva, cavaliere dell'abito di Santlago,\commendator d'Ocana, capitanodella guardia tedesca capo della polizia di Valladolid, marchese delle Sette Chiese, esattore generale di Siviglia, cariche che rendevano pingui prebende senza essere occupate; e finalmente ebbe il massimo titolo, la «grandezza», cioè il diritto di coprirsi dinanzi al Re. In disgrazia Un bel Igorno, senza, che se ne sia saputo mai il motivo vero, Calderón è destituito e sottoposto a processo. Nel 1621 muore il re; pare che egli fosse propizio, negli ultimi tempi, all'assoluzione; sotto Filippo IV Rodrigo è condannato a morte dai favoriti rivali e gelosi piuttosto che dal giudice. E incomincia il martirio di Calderón, quella pagina del Seicento madrileno, semplice come un canto funebre, e che ancor oggi non si legge senza sentirsi soggiogati. Prigionia nel lugubre castello della Mota, a Medina del Campo, poi a Madrid, nella sua ultima ca dtnusmdzsa, non più palazzo sontuoso dopai zla confisca dei beni; torture la corda, l'imbuto —; confessioni, lamenti, sofferenze morali e fisiche, abbandono di tutti gli amici, e finalmente la sentenza che lo assolve da molti dei 244 capi d'accusa, ma non da certi assassina e prevaricazioni e la condanna a morte. Rodrigo dà atto della sentenza con grandissimo coraggio: — Sì, l'odo, — dice, e volto a un crocifisso: — Siate benedetto, mio Dio! — Egli, che anche in prigione dormiva in letti di damasco, si stende su un materasso mIsdimbdplche ha gettato in terra, spogliali- dosi un giorno su tre per mutar di camicia; prende un po' di lesso e di brodo fra i sei piatti di carne che gli vengono presentati a ciascun pasto e butta via i bocconi ma-condendoli nel cavo della mano per non esser visto; passa le notti leggendo i libri di santa Teresa d'Avita, della quale fu sempre devotissimo, e ogni giorno legge e medila la vita d'un Santo; passa lunghe serate in ginocchi, piangendo. Un cilicio lo fa sanguinare abbonduntementc. Si tratta con un'asprezza aliena da ostentazione e pari all'arro lianztt di «•» tempo; il confessore »°>l ha conosciuto un penitente così contrito nei suoi ventidue uniti di sacerdozio. il 19 ottobre 1621, martedì, il [ frate si reca alla cella che il fa vorito occupa nel proprio palazzo, e intraprende con lui una delle consuete conversazioni su temi teologici; allorchè don Rodrigo esclama che sarebbe lieto di dare non una, ma cento vite ai suoi nemici, il gesuita lo riprende per quell'espressione indegna d'un cri stiano; e Calderón ritira premu roso la parola « nemici ». E II fra te gli sorride: Per ringraziare Vostra Ec- cellenza di queste sue disposizioLj( ,7 siqnore verrà domattina steSsa da Lei. — Sia fatta la sua volontà, risponde don Rodrigo, e torna a mettersi il cilicio che s'era tolto \ su invito del religioso per riposare le carni flagellate. , L'ultima notte Molti conventi della Madrid di oggi, dove si dicono ancora or/ni| giorno delle messe, furono fonda-] ti da Rodrigo in quei giorni di tri- j bolazione, ma alcuni lo erano stati prima della sua caduta in disgrazia: quando fu decapitato, il ribaldo praticava già da sei anni\l'esame di coscienza quotidiano. Le suore e i frati dei « suoi » con venti gli mandarono una commis- j sione nell'ultima notte, per informarlo che le une gli cedevano sei mesi di meriti, e gli altri digiuni, rosari e mortificazioni. Con quanta consolazione furono ricevuti questi doni spirituali. Don Rodrigo era raccolto, cortese, umile; via via che s'avvicinava la morte, prendeva l'aspetto anche fisico di nii santo e a chi gli chiese in quel 1 momento supremo di liquidare] certi presunti debiti rispose pru- dentemente che i suoi beni appartenevano ormai al Re e ch'egli non ci poteva far nulla. La sua ultima lettera al padre è di una semplicità e di una dignità commoventi: «Trionfò la rivalità», dice, «... e già che in questa disgrazia mi vedo privo della consola zione di V. S., potrò dire: Padre mio, perchè mi hai abbandonato? Il Signore che disse queste parole sull'Albero della Croce, mi conceda di vedere V. S. nella gloria, e n questa vita mi conservi V. S. molli anni, in somma grazia e libero da rivali, per la protezione dei suoi nipoti; e addio! Addio, padre mio! ». Dopo avere scritto, cenò frugaissimamente e domandò l'Estrema Unzione. Gli fu risposto che non era costume della Chiesa somministrarla a chi moriva cosi. Allora chiese che gli fossero lette le deprecazioni e le litanie sembrava si recasse ad una qio che accompagnano l'estremo sacramento; così fu fatto, ed egli rispondeva con tanta devozione e umiltà che i monaci esclamarono: — Quest'uomo si trasforma in angelo. Poi praticò un'ora di orazione mentale, dalle quattro alle cinque del mattino. Poi lesse un atto di fede che egli aveva redatto e che. fu vivamente elogiato. Stava per indossare l'abito usuale per recarsi al capestro, quando il confessore lo avverti che quell'abito non era più ammesso. — Siate benedetto, Signore! — escla mò. Quando, alle nove, vennero a cercarlo, Rodrigo montò sulla mula con tanta prestanza chestra. Fu. condotto per le vie di Madrid dove abitavano i suoi giudici e i suoi nemici, ma il popolo gli gridava: — Dio ti dia coraggio! Dio t'aiuti! — Iddio — gli susurrava il confessore — vi aspetta in Piazza Maggiore coi cieli spalancati. La sgozzeranno per davanti Le case dei giudici rimanevano con le persiane chiuse al passaggio del favorito, ma le donne del popolo gli gridavano: — Dio perdoni'i tuoi peccati! Giunto al capestro, don Rodrigosorrise con gioia nel ritrovare un frate amico, il Pedrosa, che loaiutò a salire; poi si sorprese perchè il capestro non fosse addobbato a lutto e domandò con inquietudine se ciò significasse ch'egli sarebbe stato sgozzato per di die-tro, come i traditori. J_ " ' , » „ , ' -„„.„,.„"„ V £*• ManonT7rgM, per rgoglioso, per-che il demonio è qui presso. Lunghe orazioni precedetterol'atto dl giustizia Don Rodrigo dopo essersi accertato che non a-vrebbe peccato d'ostentazione, si >".'os"'0 al ™oìot *«tPia**f Mad giore era gremita di popolo — Che fai? — disse al boia allorchè questi si mise a legargli i piedi. — E' un ordine, signore... E don Rodrigo gli raccomandòdi compiere l'ordine. — Mi perdoni — supplicò il boia trattenendo le lagrime; e fu per donato. Mentr'era bendato, Rodrigo sen ti che gli mettevano un pezzo di taffetà sulla nuca; e di nuovo, guardingo dell'onore dei figli, s'inquietò assai temendo che lo sgozzassero per di dietro; ma fu tranquillizzato. — Pensi V. S. che anche Gesù fu legato — gli disse il confessore, il quale prese cosi a fare una commemorazione della Pussione. A un certo punto il boia sollevò il viso di don Rodrigo, e il religioso presto: — Le sono vicino. Dica: Gesù! Il condannato disse: — Gesù! — e spirò sotto l'acciaio. Il popolo vegliò il cadavere. E quando, scesa la notte, il boia (indo a denudarlo disonestamente, con due prostitute, come prescriveva la legge, per l'ultima teletta, s'impietosì ancora nel vedere il corpo del marchese delle Sette Chiese tutto piagato dal cilicio. Oggi quel corpo viene mostrato a Valladolid, nel convento di Portacoeli, ove si conserva incorrotto. E ai forestieri, impazienti di lasciare la più noiosa e triste città di Castiglia, un frate indica il punto della gola dove penetrò il coltello. Riccardo Forte