Il Principe Umberto saluta alla partenza la sua bella e forte Legione Achille Starace reca ai giovani l'elogio del Duce

Il Principe Umberto saluta alla partenza la sua bella e forte Legione Achille Starace reca ai giovani l'elogio del Duce I &o li mirriti torinesi verso l'Africa Orientate Il Principe Umberto saluta alla partenza la sua bella e forte Legione Achille Starace reca ai giovani l'elogio del Duce L'ardente manifestazione delle Camicie Nere e del popolo Gli Universitari sono partiti. L'addio alla loro cara città han dato ieri sera fra le ventuna e le ventitré. Due ore indimenticabili nelle cronache della vita torinese. Son partiti nell'abbraccio di una moltitudine senza fine che li ha scortati come dei figli lungo le vie del centro, sino alla piazza Paleocapa. Han lasciato la città dei loro stadi, della loro felice giovinezza, come in un trionfo. Ogni parola diventa inadeguata a dire ciò che ieri sera abbiam visto. Ogni parola che non sia semplice come semplice fu l'incontenuto fervore della folla, che non sia schietta e disadorna e spontanea come furono i canti le grida, gli abbracci, il trasporto di popolo che adornarono d'una collana d'amore l'ora ultima che vivemmo coi fanciulli in grigioverde, tradisce l'avvenimento e ne falsa lo spirito. Superba quell'ora, sincera perchè nata dal cuore fervido della nostra gente in così rapida germinazione da escludere ogni artificio preparatorio: fu un convegno d'amore quello che ieri sera le folle delle nostre offici- ne, le folle di tutte le fatiche e di tutte le età, han dato ai giovinetti universitari che son partiti per l'Africa. E col popolo, in mezzo al popolo, avvinti in perfetta armonia all'anima collettiva, S. A. R. il Principe Umberto di Savoia, il Segretario del Partito Achille Starace. L'Augusto Principe ha voluto partecipare alla commossa manifestazione memore certo dei tanti vincoli spirituali che legano alla sua persona la Legione che porta il suo nome: il Segretario del Partito giunto nella nostra città ambasciatore d'un alto prezioso saluto, il saluto del Duce, che qui ha inviato il Suo fedele luogotenente affimhè i giovani sentissero, anche fisicamente, la Sua presenza. Il momento fu altissimo per questi tre motivi. La moltitudine ne sentì il significato, ne avvertì la portata, esplose col suo più formidabile grido che resterà certo nel cuore dei legionari d'Africa come l'ultimo inimitabile dono della loro terra e della loro gente. ' Com'è possibile scrivere di quell'ora la cronaca? Enumerare le gerarchie, le personalità, le rappresentanze presenti e partecipi del grandioso avvenimento? Tutto sfugge, mentre frettolosamente tracciamo queste righe, alla nostra memoria, Nulla rimane se non quel grido.incontenibile a ricantare nelAVanima, se non la visione delimoschetti infiorati levati in al-* to come bandiere ed agitati nell'aria come simboli; e le donne lanciate contro i cordoni spessi per giungere ai legionari e donarli d'un abbraccio, e i compagni portanti i com.pagni sulle spalle, qualcuno turbato da un rimpianto e rincuorato da una promessa tacita; e il nostro sguardo pare fermo a quel momento che vide il Principe fra le Camicie nere, lo scorse affettuosamente al loro fianco e inavvertite parole corsero dalle auguste labbra ài giovinetti immobili: risuona ancora al nostro orecchio la voce maschia di Starace che al battaglione volontario offrì la grande consolazione del saluto del Duce. Null'altro rimane in noi, con la commozione, con l'animo turbato, col cuore in tumulto. E null'altro ha importanza, nulla conta se non lo spirito di cui fu vivo l'avvenimento, se non l'atmosfera incomparabile entro cui si svolse la trionfale partenza. In piazza Carlo Alberto, gremita, riboccante, ardente, Starace consegnò ai Legionari la Fiamma dì combattimento dona- ta dalle Camicie Nere torinesi. Già l'aveva benedetta il sacerdote sul vespero, raccolti nel Sacrario dei Caduti per la Causa i familiari dei partenti: e già fanciulli avevan voluto che il drappo fosse baciato dall'aria della loro Università portandolo al convegno col Rettor Magnifico che salutò i discepoli ricevendoli nell'aula magna, loro porgendo l'affettuoso ricordo del Quadrumviro De Vecchi di Val Cismon. Ma davanti alla moltitudine fremente la consegna della bandiera ebbe sapore di rito sacro e chi l'accolse pensò di aver stretto un patto che nulla potrà distruggere. Il Segretario del Partito era a lato del Principe, nel gruppo delle gerarchie, col Prefetto, il Federale, i ge nerali, i consoli, i senatori, i de fiere che i Legionari unanimi vollero fosse Pallotta, volontario di Fiume, squadrista, fedele da sempre a Mussolini. „,,,„>; in, „„n0 sW" !i>rwH*\putati. uà, poco s eran taciuti titre squilli d attenti annuncian-ti l'arrivo del Principe: così le acclamazioni che avevan salu- tato l'Augusto Ospite, il Segre- tario del Partito, i gerarchi. Sulla piazza dominò quell'enorme pauroso silenzio che anticipa la bufera e sulla moltitudine immota balzò la parola di Starace. Il Principe, l'alta figura eretta, immobile, guardava alla piazza con sguardo fisso. Poi il centurione De La Forest prese dalle mani del Segretario del Partito la bandiera, e la porse all'ai- Il rito n a e o e o era compiuto. Il Principe allora scese dalla tribuna bassa e s'avvicinò ai militi schierati. Porse la mano agli ufficiali, parlò alle Camicie Nere. Starace gli era vicino con Piero' Gazzotti. Dalla folla proruppe il grido immane. Poi il corteo esci dalla piazza. Alla testa Starace, stretto dai legionari in un abbraccio così unanime che parve la sua persona come sommersa dalla acclamante marea umana. Via Po, piazza Castello, via Roma. Piovevano fiori sui giovani, ogni moschetto se ne adornò in una improvvisa meravigliosa fiorita, il popolo devastò i cordoni tesi sul passaggio, irruppe con ondate precipiti sulla moltitudine incolonnata, la formazione tsstssaeadcliAlfcs ternaria s'infranse e tutta la via si mutò in un immane corteo, senza spettatori. Partecipammo con un sol cuore a tanta gioia, tutti che fummo sull'itinerario segnato; e si sfollarono i caffè, scesero dalle case le fanciulle affacciate ai balconi, la città ebbe un solo tripudio, un solo accento, una sola voce. Piazza Paleocapa fu la tappa dell'addio. Cantammo ancora coi partenti la bella canzone della giovinezza, gridammo ancora il nostro amore per Mussolini. A tutti sul ciglio affiorava una lacrima tanto il momento era fervido. Poi rombarono i motori dei torpedoni, mossero le macchine il primo passo, via trascorsero fra la moltitudine ac¬ cbtnrzdsftzrrvtpcnv clamante. Starace salutò col braccio teso i fanciulli che partivano. Della sterminata Legione littoria, i migliori. Quelli che rimasero, i camerati dei Gruppi e i camerati senza tessera che popolano di fedeltà e di feconda fatica la nostra terra, le donne, i vecchi, i fanciulli, fecero scorta al Segretario del Partito sino alla stazione; poi vollero ancora seguire sino a Casa Littoria il Federale Piero Gazzotti e ancora levare nella notte stellata un canto di fede. Dei centosessantatrè giovani partiti ieri sera per l'Africa, centotrentasette li ha dati l'Università di Torino, ventisei provengono da altre Università.

Luoghi citati: Africa, Africa Orientate, Fiume, Torino