Il paese in cui tutti sono schiavi

Il paese in cui tutti sono schiavi Il paese in cui tutti sono schiavi La formula basilare dell'organizzazione abissina "tutto è del Negus,,: e sotto tale formula prospera la tirannide e covano odi e rivolte i | l l i a a a i o o o o i i o . o a e n o a a o e a a i e l e à a l o o l Roma, 24 notte. La stampa filoetiopica e in genere la stampa filoginevrina è ancora tutta in calorose faccende per salvare la povera Etiopia dall'assalto italiano e per invocare dai Numi un evento qualsiasi il quale consenta al Negus Neghesti di riprendere e portare a compimento la sua leale appassionata fatica di riformatore. A parte tutte lo discussioni che si potrebbero fare su questa lealtà — cioè sull'effettivo buon volere dell'imperatore di uscire lui e il suo popolo dalla cristallizzazione medioevale ora comica ora selvaggia, che da qualche tempo al richiamo appunto dell'Italia è riapparsa davanti al mondo stupito — è da vedere quali siano veramente le probabilità di successo che a quelle fatiche potrebbero essere riservate. Anche su tal punto la polemica è in pieno calore da parecchie settimane, ma nulla forse potrebbe meglio servire ai fini dimostrativi che l'Italia persegue della illustrazione pura e semplice di quello che è in pratica il meccanismo statale abissino. Una distinzióne formale In teoria quando si parla dei milioni di schiavi — intorno a cui ancora oggi in piena luce di sole continuano a svolgersi nel regno del salomonidi i più innocenti e cioè i piti istintivi contratti- di compra-vendita — si fa una distinzione che sotto un punto di vista più altamente morale non ha ragione di essere. Tutti sono schiavi in Abissinia perchè alla base della vita sociale c'è la formula che dice: « Tutto è del Negus ». Tutto: cioè la terra che costituisce l'impero fino all'ultima zolla e le vite fino all'ultima che su quella terra nascono e in qualche modo vivono. Questa è la più vera e pesante catena abissina, il ceppo che imprigiona in un grado di sottospecie zoologica l'intera popolazione su cui ruggisce o bela a seconda dei casi il leone vincitore di Giuda. E' ben vero che quella sottospecie ha a sua volta altre classificazioni ancora più avvilenti e penose, ma se si esamina la situazione dal più elevato osservatorio ideale di cui si parlava, il ras vale lo « sciangalla ». La differenza consiste solo in questo: che il ras può scuotersi di dosso l'umiliazio-1ne del suo vassallaggio infierendo !più che mai sullo sciangalla che è « merce » stia, mentre lo sciangalla o qualunque altro schiavo ufficialmente definito non ha altra risorsa che quella di morire. Ma è una differenza formale. La sostanza rimane all'incirca la stessa. Da Ligg Yasu, che era certamente un degenerato, a ras Alù del Goggiam, uomo anche lui assai poco raccomandabile, ci sarebbe da poter mettere insieme tutta una catena di negus, ras e degiacc e così via fino all'ultimo grado o,, d.della gerarchia militare e politica abissina, i quali potrebbero molto bene fare da contrappeso alle tra- giche colonne di schiavi che continuano a segnare di lamenti e di cadaveri i nove decimi delle contrade comprese fra il Mar Rosso. l'Eritrea, il Sudan, il Kenia e le tre Somalie. D'altronde non è detto che i « poveri schiavi » siano davvero sempre degli agnellini pasquali: va da sè che la schiavitù è scuola d'odio e che l'odio imparato durante dieci, venti e trent'anni per tutta una vita e lasciato in eredità ai figli perchè lo mettano insieme a quello che nascerà loro spontaneamente nel cuore, non può che dare frutti velenosi. Il dilemma La chiave di questa sinistra tregenda è tutta nella formula che si è citata e solo il giorno in cui ad essa venisse Sostituito un più umano patto di convivenza tra governati e governanti si potrebbe dire che l'Etiopia si è davvero messa in cammino per raggiungere sulla strada della civiltà tutti gli altri paesi del mondo. Ogni diverso tentativo non è e non potrebbe mai essere che trucco. Qualcuno ha creduto di dover ammonire l'Italia sul pericolo che potrebbe esserci a liberare dai legami attuali il popolo abissino per così grande sua maggioranza incapace di apprezzare i benefici di una convivenza sociale basata su criteri più veramente cristiani. Ma la replica è facile ed. è nei fatti. Si guardi l'Eritrea. Sono cinquant'anni che l'Italia è là con le sue premure amorose non meno che con le suo dure leggi e non c'è mai stato bisogno nemmeno una sola volta di compiere qualsiasi atto di forza contro nessuno. E se in Eritrea, come si sa, ci sono due terzi di abissini puri cioè di amhara, un terzo è costituito dalle più varie e primitive tribù. Fra queste le tribù dei cunama nudi e pagani, che fino al 1908, sino quando cioè il territorio dove i cunama vivono non passò a far parte della colonia Eritrea, l'Etiopia considerava il più ricco fra tutti i suoi « vivai di schiavi »; era infatti lì che si andava preferibilmente a caccia. Dunque quello che si dice non è vero. Non c'è carne umana sotto il sole che non sappia rispondere al richiamo di una solidarietà umana e cristiana. Lo schiavo per costituzione organica non esiste. Iddio non poteva farlo e non lo ha fatto. Tirannide e odio Il regime statale politico consiste dunque tutto in una faccenda personale del negus. Menelik fu il primo che tentò negli ultimi anni del suo regno la riforma costituzionale nominando a suoi coadiutori alcuni uomini di sua fiducia, cui dette il nome di ministri i quali dovevano provvedere all'amministrazione ordinaria del paese. Menelik era già gravemente am | malato e il popolo vide nella ri-1 a forma più una necessità materiale \ del re che non una prova di aspirazione civile. Morto Menelik, Ligg Yasu suo successore non domandò di meglio che di avere intorno gente che lo alleggerisse delle cure quotidiane del governo. Nel cervello etiopico l'idea « costituzione » non andò al di là di questo segno. Dopo il colpo di Stato che portò al trono l'imperatrice Zaidutù assistita dal reggente Tafari (l'attuale Ailè SelassièJ il corpo dei ministri fu mantenuto ma per poco. Due anni dopo, in seguito a pronunciamento militare, i . membri del ministero finirono tutti o destituiti o arrestati. Là corruzione aveva- raggiunto limiti intollerabili per gli stessi abissini, che Dio sa se sono tolleranti in materia. Due sole cariche furono mantenute: cioè lo « afa negus » una specie di ministro di grazia e giustizia; e il comandante dell'esercito imperiale che crede di essere ministro della guerra. In realtà una vera e propria amministrazione dell'escercito non esiste; anche perchè, come è noto, i vari capi dell'armata etiopica sono istruttori stranieri. Per motti altri servizi si nominarono in seguito alcuni segretari ai quali pure più tardi fu dato il titolo di ministro, titolo che an¬ etpvnpfizcara conservano. Ma la sostanza i della loro funzione non è altro chel la cieca obbedienza agli ordini deli Negus Neghesti e di tutti gli or- meggioni laici e religiosi, magari stranieri, che periodicamente si al- ternano intorno al trono. Esiste ! anche un consiglio della Corona,1,c/te potrebbe essere definito il cai- !derone di tutte le asinate e di tut-l te le perfidie; vi convergono in- (t,tt> „ „;.„„„„«„w ' fatti teorie, progetti e pronostici, di ogni lega, non eschtsi quelli del-1 la magìa applicata ai sogni, sem- j pre in forma subdola e irrespon- I sabile. Il Negus ascolta e decide. E' superfluo dire che in un mon- | do di questa natura la ^tóeBa miri, nun Hell'uHtvtrtn o rt„t,lln rha maligna dell'intrigo è quella che più felicemente attecchisce e prospera. Amicizie personali, parentele, matrimoni fatti o da fare, divorzi, sono altrettanti elementi capaci di giocare per il successo o per la rovina di questo o di quello. « Tutto è pel Negus »; e in definitiva per via più o meno indi-1 retta sono del Negus anche le organizzazioni della vita familiare. Si riuscirebbe mai a concepire una forma di schiavitù per tutto un popolo più pesante e più assoluta di questa f Come potrebbe ve- r, ,„ rterst in Etiopia un reale or tenta- mento verso una qualsiasi forma ìdi convivenza civile sino a quando Ivi resti in atto un così cieco feu-\Attorno f Aria di tirannide da per \tutto Berciò dovunaue ariadi con. W2 1 1«M 1gmra. A questa legge inesorabile.nessuno può sottrarsi. La stessa \famiglia, lo stesso parentado del Negus sono avvelenati e divisi da cdii senaa nome, Le persecuzioni etiopiche contro i missionari cattolici Roma, 24 notte. Le vicende delle Missioni cattoliche in Etiopia sono descritte da un articolo pubblicato dal Giornale d'Italia, il quale rileva come la storia della religione in questo paese registri una lunga serie di feroci persecuzioni contro la Chiesa di Roma, che ha lasciato sul campo molti suoi militi. Dopo aver accennato al modo con cui funzionava, da quando nel VI Secolo la Chiesa copto-etiopica passò sotto il patriarca eretico i residente al Cairo, l'articolo si sof| ferma alla prima missione cattoI lica inviata in Etiopia. Essa rìsale al 1542: la componevano alcuni Fesuiti guidati da tre vescovi, ma missionari trovarono le porte chiuse e soltanto pochi di essi riuscirono ad entrare, ma caddero sul campo dell'apostolato, oppressi dalle dure fatiche. Nel 1625 Alfonzo Mendez. con il titolo di Patriarca, ritentò la prova con 20 gesuiti. Una congiura capeggiata dal principe ereditario minò il lavoro dei padri, che nel 1632 furono messi al bando e dovettero ritirarsi a Goa. Altre persecuzioni si hanno nel 1694, nel 1699, nel 1701. Sotto David m 1 missionari cattolici, che nel 1712 erano riusciti a stabilirsi in Abissinia furono condotti davanti ad un tribunale eti invitati ad abiurare la fede cattolica. Naturalmente essi rifiuta-1 rono di farlo e furono tutti lapi-1 dati dalla furia selvaggia del popolo. Nel 1725 un padre Antonio da Rivarolo e due suoi compagni vennero catturati e fatti schiavi. Altri episodi di violenza si hanno contro alcuni francescani nel 1790, finché nel 1797 il martirio di padre Ignazio Ballerini segna la fine dei vani tentativi di penetrazione cattolica in Abissinia. Soltanto nel 1830 le missioni cattoliche poterono mettere stabili basi in Abissinia in seguito alla vacanza della sede dell'Abuma copto, ma questi dopo pochi anni venne rieletto e la lotta spietata e feroce contro il cattolicesimo si riaccese, favorita dall'odio per i bianchi, che caratterizza la stirpe etiopica. La relazione di Lampson al Governo di Londra Alessandria (Egitto), 24 notte. L'atteggiamento della stampa araba, delineatosi da circa due settimane e coincidente col tentativo britannico di mescolare l'Egitto nella vertenza italo-etiopica influenzandone 1' orientamento, si mantiene generalmente immutato. Nella sua grande maggioranza la stampa egiziana ha reagito alla i manovra sia nei riguardi dei prol Memi .connessi al lago Tana sia di i quello per il passaggio del Canale * Suez> avvicinandosi cosi gra dualmente alla comprensione del Punto dl vista italiano. Riferendo! sl alle ^site dell'Alto Commissa1,rio alIe oasi occidentali all'al!tezza dl Asstut, il « Mokattam » l scrrve: « Abbiamo avuto notizia da im' portanti autorità militari che le , Jasl interne vengono considerate 1 una strada molto conveniente per j gli automezzi provenienti dalla I Libia diretti al Sudan. Sir Miles Lampson ha ispezionato le oasi | aPP.unto in base a queste conside 8^£jSS%£% & , . a j . ,. ■ , __ ° lazione delle sue visite al Governo di Londra ». L'« Ahram » scrive che l'Alto Commissario inglese ha riferito al Sovrano d'Egitto durante la udienza accordatagli il punto di vista britannico di fronte alla vertenza italo-abissina e riguardo al sr—C—iisrdaGnq1 l'atteggiamento del Governo egiccamdhzGriicdmlpPFptmloicmtCziano. « Da informazioni da noi assunte — prosegue il giornale — risulta che il Governo britannico ha comunicato alle autorità egiziane : di aver disposto i provvedimenti necessari nell evenienza di una| guerra italo-etiopica. Nel contem-| ì po l'Inghilterra prosegue la sua! I az)°ne^ Kess? .l Governi di Roma| \e dl Addls Abeba per evitare le i \2S^^^2S^J^^ We^r?t^^%^^Mli^TB^aH 1 de,e • e W^,»' '. Sono giunti domenica alle ore[ \ 16 al Cairo' tre velivoli italiani del : l'Ala Littoria che faranno servizio sulla linea per l'Asmara. Gli aeroplani hanno ripreso il volo per Kartum. L. j LA CASA FASCIO INAUGURATA DA S. E. STARACE INTRA