La romana anima polacca di Italo Zingarelli

La romana anima polacca VARSAVIA E ROMA La romana anima polacca fi' VARSAVIA, giugno. Se un giorno vi sentite dire: «Noi non siamo polacchi ma romani», naturalmente restate un po' sorpresiquindi vi assale il dubbio che per ì polacchi le cose stiano come per i prussiani, i quali sono tutt'altro che tedeschi genuini, non potendosi dubitare della loro origine slava. Nossignore: i polacchi sono, sotto il punto di vista demografico, degli slavi autentici. Romana, latina, ne e la mentalità, la cultura. Insegna la storia che essi compaiono come popolo nel 966, col passaggio al cristianesimo: da quella data la romanizzazione allontana costantemente la Polonia dal mondo russo, il quale aveva ricevuto il cristianesimo da Bisanzio, e dal tedesco, che più tardi, nel XV secolo, si sarebbe ribellato a Roma, accettando la dottrina di Lutero. Più che alla riforma luterana, i polacchi - s'interessarono, nello storico periodo, al rinascimento italiano. Dai russi e dai tedeschi essi non volevano, in sostanza, prendere nulla a ragion veduta, er evitare che l'affinità di cultura i rendesse dipendenti dai vicini. Il primo vescovato, fondato nel 1000 a Gniesno, fu perciò sottratto alla dipendenza della chiesa tedesca. Se è vero che lo slavismo ha usato servirsi dell'ortodossia per le sue conquiste politiche, non è meno vero che il germanesimo s'è valso della propaganda cristiana per un uguale uso. Così i polacchi diressero in ogni tempo lo sguardo verso Roma e verso la Francia, e durante tutto il Medioevo i loro monasteri ebbero più rapporti coi francesi che coi tedeschi. Vogliamo un po' fare un riassunto dell'azione spirituale esercitata dall'Italia in Polonia, delle tracce che il nostro spirito ha qui lasciato delle molte grandi prove di ammirazione per l'Italia date da Re e poeti, aristocratici e studiosi?... Nel 1905, in un'epoca in cui la Polonia odierna, divisa fra tre Imperi, appariva tanto lontana dalla sua realizzazione, il signor F. F. de Daugnon pubblicava a Crema un'opera in due grossi volumi, dal titolo «Gli Italiani in Polonia dal IX secolo al XV ili », che per essere stata concepita e condotta a termine in un'atmosfera internazionale assai diversa dalla contemporanea, davvero non permette di dubitare della sincerità dell'espressione con la quale il de Daugnon inizia il suo dire: Salve o Polonia, io vengo a portarti il saluto dell'Italia che ti fu sempre amica e che mai cesserà di esserlo ». Nei due grossi volumi l'autore registra alfabeticamente 127 famiglie italiane naturalizzate polacche, e di sole 27 ignora quando la naturalizzazione sia avvenuta. L'affermazione della cultura italiana in Polonia si delineò nel XVI secolo, in larga parte grazie all'influenza del matrimonio di Re Sigismondo I con la principessa Bona Sforza. Scambi intellettuali fra i due Paesi ve n'erano precedentemente stati al tempo di Luigi d'Angiò, Re di Napoli e d'Ungheria, quindi grazie ai viaggi ed agli studii compiuti in Italia, soprattutto a Padova e a Bologna, da scienziati e da uomini politici. Paolo Wlodkovic, un ex-studente patavino, rettore dell'Università di Cracovia nel biennio 1414-1415, rappresentando la Polonia al Concilio di Costanza, combattè l'Ordine dei cavalieri tedeschi con fedeltà alla sua teoria che la Santa Sede fosse il sole e l'Impero tedesco la luna. Nello stesso secolo viaggiò per l'Italia lo storico Giovanni Dlugosz. Col matrimonio di Sigismondo I con Bona Sforza, celebrato nel 1518, arrivarono alla Corte di Polonia 280 italiani, uomini e donne, e la Corte da allora non parlò che italiano o latino, e perfino ai diplomatici stranieri toccò presentare le credenziali in una di queste due lingue. Si può dire che a partire dal XVI secolo il latino sia per la nobiltà polacca quasi la lingua materna e l'Italia la maestra di civiltà, tanto che lo storico Bielski, autore delle primissime cronache in polacco, sente il bisogno di scrivere : « Oggidì qualunque gentiluomo, anche a costo d'indebitarsi, si vede costretto a recarsi in Italia, per vedere il gran mondo ». Mentre regnando Sigismondo I si naturalizzarono polacche (a quanto risulta in modo sicuro) solo una famiglia del Campo e una famiglia Strozzi, sotto Sigismondo II le naturalizzazioni furono dieci, e fra esse troviamo cognomi italianissimi, Suali Barzi, Puccini, Provana, Baeni, Torelli, Guagnino. Nella stessa epoca un altro allievo di Padova — questo ateneo recentemente ha provveduto ad illustrare in una monografia gli stemmi degli studenti polacchi che l'hanno, nel corso dei secoli, frequentato — stampa a Venezia le opere di Cicerone in polacco: è il Nidecki. Il primo grande poeta della Polonia, Kochanowski, vuole anzitutto viaggiare per l'Italia; il prosatore Gornicki traduce il Cortegmno, adattandolo all'ambiente nazionale. Insomma, anche se nel XVH e nel XVIII secolo qui si delinea una sensibile influenza francese, non c'è personalità polacca che non visiti, studii e ammiri l'Italia, e nella nostra epoca la regola è confermata dai poeti Slowacki e Miskiewicz — traduttore di brani della Divina Commedia — e dal famoso autore del Quo Vadisf, Sienkcwicz il quale sentenzia avere ogni uomo due patrie, la propria e l'Italia. Architetti, pittori e scultori no stri hanno in cinque secoli contri buito a dare alla Polonia il volto ri spondente all'anima latina (se non fosse troppo modesta aggiunta, ci dilungheremmo a ricordare che nell'orticoltura polacca la terminologia è italiana; e se non fosse risaputo aggiungeremmo che fortemente romane furono le leggi). La cittadina di Zamosc, oggi piuttòsto abbandonata, è di carattere puramente ita-' liano. A Cracovia gl italiani hanno! costruito l'Università, la biblioteca, il castello di Wawel, dove adesso riposa Pilsudski, ed un artista italiano che lavorò a Cracovia è l'autore della famosa Madonna di Vilna, carissima al Maresciallo. Vi sono chiese di Cracovia le quali danno l'illusione di piazze o di vie di Roma; le chqunedecisoniTXsitaulriDzipindeMtascpifegnalLslgipetierqulacontuchsogadGsetavvinnmsoasmlapleimofrqaaslopcsctrtshzlipc(fssLCa62tvlnvsscitnfidagnddiglvlpmpcAsvasnd chiese di provincia le hanno fatte quasi tutte degl'italiani. Nel XVH e nel XVIH secolo vediamo le case dello Stare Miasto, la caratteristica città vecchia di Varsavia, in possesso delle famiglie Boccardi, Campioni, Giotti, Ghislanzoni, Bacigalupi, Tuppo, Fontana, del Campo... Nel XVIII secolo le famiglie italiane che si naturalizzano polacche sono trenta e Stanislao Augusto Poniatowski, ultimo Re, si circonda di consiglieri politici che rispondono ai nomi di Deboli, Alberti, Piattoli, di scienziati come lo storico Albertrandi, di pittori fra i quali primeggia Bernardo Belotto, detto il Canaletto, e degli architetti Corazzi, Chaiveri, Merlini. Fontana. Più tardi è la volta di Enrico Marconi, che costruisce 25 chiese, 5 ospedali, 7 municipi!, 11 tribunali, la prima stazione ferroviaria (anno 1844) e che insegna architettura, dal 1851 al 1858, alla Scuola di Belle Arti. Il figlio Leandro ed i nipoti Leone e Ladislao ne seguono le orme. I due maggiori alberghi di Varsavia, PEuropejski e il Bristol, li hanno costruiti i Marconi. L'Italia e la Polonia moderna si erano felicemente ritrovate nel 1915, quando, ai 22 di maggio, fu letta alla Camera la mozione Montresor che comprendeva fra le ragioni della nostra entrata in guerra la ricostituzione dello Stato polacco. L'ideale che aveva animato, dopo l'insuccesso della rivoluzione del '48, gli emigrati politici dei due paesi, gli adepti della Giovane Italia e della Giovane Polonia che videro in Giuseppe Mazzini il loro capo, ridiventava comune. Però dopo, un po' per volta, Italia e Polonia si erano nuovamente allontanate. Il loro nuovo incontro è recentissimo. Chi oserebbe da noi negare comunità di interessi con la Polonia, a motivo di una distanza geografica solo apparente, meiitre la Polonia è assieme a noi erede dell'Impero austro-ungarico e s'è accaparrate e mantiene le funzioni di ago della bi lancia politica e militare dell'Euro pa centrale e sud-orientale? Chi vo lesse negarlo tenga presente quale importanza abbia avuto nel 1934 la oscura attitudine polacca nei con fronti del problema dell'Anschluss < quanta ne abbia ovi la decisione di aderire al Patto danubiano ed agli accordi per l'indipendenza dell'Austria, decisione che risponde alla vo lontà di fare una -olitica europea. In fatto di riawicinamento italo polacco, si può tutt'al più rammaricarsi che la comunità spirituale non sia stata stabilita ancora prima. La cura dell'amicizia oggi è affidata, oltre che alle rappresentanze diploma tiche, a vari organismi con alla testa l'Istituto italian- di cultura che ha sede a Varsavia e vanta una sezione a Cracovia. A Varsavia gli al lievi sono 800, e sebbene quattro professori italiani insegnino per dieci ore al giorno, le aule non bastano (l'insegnamento dell'italiano, per ora facoltativo, avviene dall'anno scorso in tre scuole governative di Var savia, in una di Posnan, quindi s Leopoli, a Lodz ed a Cracovia). IComitato Polonia-Italia, costituito alla fine del gennaio del '34, conta 600 soci a Varsavia, 250 a Lodz200 a Posnan e sta formando comitati locali a Gdynia, Kielce, Cracovia e Leopoli: pubblica libri sull'Italia dovuti a scrittori polacchi, e nell'autunno darà alle stampe un volume sulla Tripolitania e sulle nostre colonie, al quale seguirà uno studio su Dante nella cultura polacca, mantiene contatti con la sezione italiana della locale Lega universitaria, indicendo quasi ogni settimana conferenze sull'Italia, presenta filma italiani e assegna borse di studio a chi in Italia voglia abilitarsall'insegnamento della nostra lingua; tre borse finora assegnate sono state offerte una dal Popolo d'Italia, l'altra dalla Fiat e la terza dalla Banca Commerciale Italiana. Infine il Comitato si adopera ad intensificare i rapporti turistici, organizzando carovane nelle quali dà la preferenza ai giovani: due carovane polacche sono già state in Italia, la terza, di 500 persone, girerà per la penisola nell'agosto. Però in materia turistica si notrebbe fare dpiù: ad esempio, concludere un accordo del tipo adottato fra Italia e Austria e Italia ed Ungheria. Nosiamo sicuri che i polacchi attiratverso la terra che fu culla della loro anima latina, al ritorno in patria sentirebbero come noi che fra Polonia e Italia non esiste neppure una distanza geografica. Italo Zingarelli