La Madonna del Buon Viaggio di Corrado Alvaro

La Madonna del Buon Viaggio PASSEGGIATE LIGURI La Madonna del Buon Viaggio C A MOGLI, giugno. C'è da credere che, stringendosi il mondo come fa, tornino ad aver valore le civiltà originali ed esclusive: s'è capito alla fine che è il miglior modo d'essere universali. La civiltà non dovrebbe portare altro che pulizia e comodità, insomma agiatezza e ricchezza per il maggior numero d'uomini possibile. Vorrei vivere abbastanza per vedere l'Italia ricca, poiché la civiltà è benessere generale, buoni traffici, credito, influenza. Dove la ricchezza è di pochi la più sventurata barbarie è alle porte. Una contrada dove queste cose si sentono è la Liguria.-La sua civiltà è fondata sulla ricchezza al modo antico che è il migliore; da questo vennero fuori i suoi apostoli, tra i maggiori dell'umanità, Garibaldi e Mazzini, quelli che diedero un senso universale a un movimento nazionale, il cui insegnamento durò un pezzo, dura ancora. La differenza che corre fra un Mazzini e un Marx sta in questo, che il primo veniva fuori da una civiltà che considerava la ricchezza bene di tutti, la prima che abbia fondato una Mutua di assistenza fra lavoratori, l'unica che provvedesse a rifare una nave naufragata e a ridonarla a chi l'aveva perduta; il secondo appartenne a una civiltà fatta di privilegiati e che si sentiva già povera, dove per distribuire meglio la ricchezza non rimaneva che distruggerla dando una povertà a ognuno; del primo rimane tuttora una dottrina morale, del secondo una critica dei fenomeni sempre esatta ma senza rimedio. Il motto della solidarietà marinara in Liguria è questo: Tutti per uno, uno per tutti. L'esiguità della terra, la brevità della nave, danno una dimensione e assegnano un'uni tà; il pericolo comune una solidarie tà; l'aiuto e il salvataggio sono ; .concetti dominanti. Questa forma di collettivismo l'abbiamo veduta poi tradotta in tutti i modi. E' chiaro intanto che il collettivismo nasce dalle forme più schiettamente indù striali e commerciali, che presuppone una società ricca, che se questa società ricca non esiste bisogna pri ma pensare a crearla: è quello che accade in Russia. Vien fuori il va lore del contributo personale e della personalità umana, la gerarchia, il valore umano e vitale della ricchez za non come scopo ma come mezzo ed ecco alla fine l'assetto della vecchia corporazione italiana. Rendersi conto della vita e dell'animo dei liguri è come vedere un argomento vasto e difficile svolto nella regola più stretta e col minor numero di mezzi. Su una contrada angusta tra monte e mare, difficile, rocciosa, gli uomini hanno lavorato una trama di vita complessa e folta come un dramma bene stretto in un'unità di tempo di luogo e di azione. Questa è la classicità della Liguria. Il porto di Camogli è appena un rifugio; potrà ospitare alla meglio trecento imbarcazioni; Camogli ne ha avuto settecento e mille, lanciate fra l'Australia, il Capo di Buona Speranza, il Capo Horn. Chi vuol leggere la storia di questo porticciuolo glorioso, che è poi la storia di ogni rada della Liguria, si procuri un libro recente di Gio Bono Ferrari, La città dei mille bianchi velieri Camogli (presso l'autore, via Boschetto 3, Camogli). Il libro ha un tono rammemorativo, pur dicen do cose anche di ieri e recenti ; scritto da uno che lasciò la sua terra a tredici anni, vi tornò a trentasei, figlio di lupi di mare, vuol radunare le memorie di questa breve valle dai santi ai marinai ai parroci ai soldati; rivela tutto un modo d'essere, e con tanta semplicità da raggiungere effetti che l'autore stesso non s'era forse proposto. Alla fine, la lista dei nomi di centinaia di capitani di mare camoglini, i nomi delle loro imbarcazioni, i mari di tutto il mondo dove essi navigarono, e dove caddero, e come tornarono, è d'un patetico grandioso soltanto nella lunga fila di questi nomi. Non avevo mai capito così bene prima di questo libro perchè mai i poeti antichi, a cominciare da Omero, dedicassero quasi un canto intero a nomi di persone, di luoghi, di città, con una cantilena tra popolare e infantile: mi accorgo che anche questo enumerare è poesia e vita, è anch'esso canto, forse il più semplice e intimo. Con la guida di questo libro si capiscono meglio i pochi palmi di terra del porto di Camogli; per lo meno si trova in esso una ragione e una testimonianza di quello che lo spirito intuisce. Ma intanto alcuni secoli di frequentazione umana hanno scritto in quel breve spazio una storia chiara. La struttura dell'abitato è sempre quella di Genova; questa riproduzione continua d'una forma madre è un carattere di naturale fedeltà di tutta la Liguria. Qui è come una di quelle chiese di paese dove a lungo andare i sospiri, le preghiere, l'incenso, le candele, la fedeltà comune, hanno formato tutto un ambiente, una patina, una risonanza: ricordi, storie, pensieri, tutto quello che l'uomo infonde alle cose con la sua presenza. Migliaia di capitani di mare, generazioni di marinai hanno pensato nei mari più lontani a que sta poca terra. Il mare forte si rom pe agli scogli sotto il Castello: due donne da una finestra piena del rumore dei frangenti guardano la distesa azzurra e grigia; là vicino la chiesa coi santi dei navigatori, sant'Erasmo, san Prospero, san Fortunato, san Giovanni Bono (Zane Bun), tra i marmi e i diasprifiortati di lontano coi buoni affari, 'oro fuso col sesto del reddito dei naviganti e con le monete più nuove messe da parte, e i putti, nel l'ombra delle navate, con le chiome dense e femminili, adulte, (le fidanzate, le spose). Più oltre, per un portichetto basso che il mare riempie col suo rombo, già si vedono i bareni, il porticciuolo, le navi di tutte le forme in fila, le forme im-Itarate navigando nell'internazionae del mare : sciabecchi, _ bombarde, polacche, scune, navicelli, scip, leudi, barche bestie, brigantini, pinchie le golette magre di Viareggio che dove arrivano col loro scafo basso e grigio fanno paesaggio, ricordano il mare disteso e i lunghi viaggi. Gli - , e e l i scip ricordano gl'inglesi, i leùdi gli spagnuoli: sono tondi, con l'albero corto inclinato a poppa, stanno a galla sempre come botti. Più in là, dove si stende poca spiaggia, qualcuno con la sua forgia ripara un navicello, e i ragazzi aiutano. Sulla roccia a picco, a una certa altezza, qualcuno ha messo il suo pollaio in una grotta. Poi la banchina, odore di magazzino, uno scagno; la banchina non si riesce a misurarla abbastanza con l'occhio tanto è densa. Le case lunghe rosa e gialle, il portichetto, un panorama di terrazze, bettole, scale che portano in alto sulle case altissime e magre, fin dove lo scenario si apre a volta sotto le case e una scalinata con la sua ombra grigia e azzurra lascia intravedere la strada che passa più sopra, nel sole. Tutto v'è anticamente animato e prezioso, con una patina rara. Talvolta, levando gli occhi, si scopre una montagna imminente, la valle verdeggiante, il cocuzzolo alberato di un magro colle sul mare, la natura con la sua perpetua novità e freschezza. Ma quaggiù tutto parla della volontà, dell'ardimento e della nostalgia degli uomini. E' un mondo chiuso, originale ; e la fucina segreta di un altro mondo vasto, ma ugualmente familiare, dietro alla gittata su cui si accanisce l'onda. Tutto è ridotto qua dentro, distanza, avventura, buona e cattiva stella, rischio, coraggio, partire e tornare. Una meridiana segna l'ora, e semplicemente, accanto all'ora locale, quella di Lima e della Crimea. L'immagine della Madonna del Buon Viaggio è chiusa in un castone di conchiglie portate dai mari più lontani, dalla Malesia e dall'Atlantico, che ricordano le teste a punta di qualche acconciatura siamese, il rosa vizzo e violaceo di una bocca affricana, la grana della pelle di una maori. Su un edifizio basso una lapide ricorda la prima società mutua marinara e il nome di quella grande discendenza che furono gli Schiaffino, fino a Simone Schiaffino che piangeva a Genova quando pareva che Garibaldi non dovesse più partire per Marsala, che poi trattenne a pena le lacrime a sapere che si partiva, non per sè, ma il cuore gli diceva che non avrebbe più riveduto nè sua madre nè la Madonna del Buon Viaggio. E' un'insenatura che si può ripensare di lontano con nostalgia; figuriamoci chi c' è nato. Poiché, che cosa è la nostalgia se non il ricordo di aspetti familiari, posti in un certo ordine, in cui noi leggiamo quasi un'armonia di pensieri della nostra natura e del nostro sangue? Qui è il segreto di quella vita, e di quel carattere fondamentale dei popoli sani e semplici: le cose hanno un valore affettivo, la conquista dei beni necessari è una parte gelosa e sacra dell'uomo, il segno del suo valore vitale. Si trovano ancora in queste case le vecchie fotografie dei nonni navigatori coi nomi di Taganrog e di Cipro, di Anversa e di Fallmouth Il vecchio lupo di mare è giovane i capelli romantici gli incorniciano la fronte e le tempie quadrate, il viso solido e volontario; ha posato il cappello a cilindro su un tavoli netto la mano ferma ancora nel gesto di tirar sul ginocchio i cai zoni chiari punteggiati di scuro, la giacca abbondante zaganata e a co da. Siamo verso la metà dell'Otto cento, quando Camogli possedeva il terzo del naviglio mercantile italiano e la Riviera di Levante più che la metà. Noi siamo soliti considerare l'emigrazione italiana quale fu nelle province meridionali, un'emigrazione di massa con le tragedie e ì trionfi delle masse povere; la co noscenza della Liguria dice dell'altro. In genere i liguri furono emigranti temporanei in ogni parte del mondo dove tennero aziende e commerci onorati e prosperi. Alcuni rimasero nella Francia meridionale al tempo della conquista algerina di cui furono i migliori approvvigionatori ; altri nell'America del sud, mercanti e colonizzatori, ebbero sempre un prestigio particolare. Altri poi cercarono terre lontanissime, attratti dall'avventura e fermati dalle nozze. C'è sempre un poco della storia di Ulisse in tutti loro. Forse non si sa che a Piatigorsk, nel Caucaso, vivono da cento anni, dal tempo dei più prosperi affari di Genova con la Russia meridionale, coloni che parlano ancora italiano. Quando i primi navigatori genovesi, passata Gibilterra, prima di Colombo, approdarono alla Costa d'Oro, trovarono dei genovesi che avevano rotto da anni su quella costa. Molti si spinsero poi nell'interno dell'America del sud e, come gente di pòca terra, vi tentarono la colonizzazione lottando con la natura e con gli uomini. Furono noti a tutte le marine del mondo come navigatori e piloti. Immaginate il camoglino Filippo Avegno, a entrare primo a Gulf Port nel Canada riconoscendo i banchi di sabbia e servendo poi da pilota ad altri legni: la gente del luogo stava a guardare il veliero che spiegava la sua bandiera italiana, e da quell'ingresso dipendeva la sorte più o meno rapida del commercio del legno di quella regione. Lo stesso fece Gio Batta divari a New Port. In segno di onore ebbero la carrozza e i valletti del municipio. E poi tornare, raccontare, sedersi in chiesa attorno all'altare di Sant'Erasmo, ch'era il privilegio dei capitani. Una vita folta, profonda appunto come il mare. E tra tante avventure, traversie, tragedie e ritorni felici, una scena m'è rimasta in mente. I ragazzi di certi equipaggi che andavano alla Gorgona — era questa la prima scuola del marinaio tra i dieci e gli undici anni, tanto che i genovesi avevano in quest'isola una chiesa loro — sbarcarono ad attingere acqua; furono assaliti dalle' capre selvatiche. E' niente, ma queste cose si raccontano col colore di un'avventura marina all'antica: ragazzi naviganti, l'acqua, le capre selvatiche: tre elementi della natura primordiale; su questo tema si può ricostruire un paesaggio, il colore del mare, la chiarezza del sole, un quadro della gioventù della terra, qualcosa di antico e immortale, composto come in un poema. Corrado Alvaro TEATRO MENELIK accoglie il fiore del mondo elegante di Addis Abeba. Giovanotti della società vi si danno convegno avvolti nei soliti lenzuoll.

Persone citate: Camogli, Filippo Avegno, Gio Bono Ferrari, Horn, Marx, Mazzini, Schiaffino, Simone Schiaffino, Zane Bun