Le responsabilità di Addis Abeba per l'eccidio in Dancalia

Le responsabilità di Addis Abeba per l'eccidio in Dancalia Le responsabilità di Addis Abeba per l'eccidio in Dancalia mentre si intensifica il contrabbando delle armi Una situazione cui bisogna porre fine Le provocazioni abissine continuano assumendo aspetti sempre più gravi; l'aggressione in Dancalia è molto significativa e getta viva luce sulle intenzioni e sui metodi dei capi del presunto impero. Infatti la regione dove è avvenuto il sanguinoso eccidio, che è costato la vita a trenta nostri fedeli sudditi e che non resterà invendicato, ha un carattere prettamente desertico; ivi non esistono posti di frontiera sì che gli incidenti possano attribuirsi ad animosità locali; no, siamo di fronte a formazioni che si sono mosse col preciso piano di attaccare nostre organizzazioni. Le responsabilità non possono essere limitate; nessuna abilità giuridica riuscirà a dimostrare la limitata casualità dell'avvenimento. In tal modo è confermato che la tensione della situazione ai confini dei nostri possedimenti africani non è un fatto improvviso; è il risultato logico, naturale di una preparazione materiale e morale che dura da anni e che ha quale obbiettivo finale lo sfruttamento di occasioni favorevoli per tentare un colpo decisivo contro le Colonie italiane. L'intervista del Negus da noi ieri riportata non lascia dubbi; gli abissini, o meglio, il clan di Addis Abeba vogliono uno sbocco al mare, naturalmente a spese dell'Italia; perciò lasciaron cadere la nostra generosa offerta del 1928 di una zona franca nel porto di Assab, nel cui retroterra è avvenuta la selvaggia aggressione. Il succedersi di simili episodi che acquistano un'ampiezza sempre più sistematica ed organica, convincerà finalmente quegli ambienti europei che si accaniscono nella difesa di tesi societarie svolte a proprio uso e consumo? Mentre in Francia, e lo constatiamo con soddisfazione, le voci di coloro che sono giustamente preoccupati dell'assurdità di compromettere una conquista così preziosa come l'amicizia dell'Italia per gli interessi degli schiavisti abissini o di qualche fabbrica di armi, si allargano sempre più, in Inghilterra persiste la campagna di diffamazione menzognera che è arrivata fino all'offesa dell'eroismo e del valore dell'esercito italiano. Tutte le insinuazioni più sciocche e volgari sono state messe in uso per sviare un problema da' suoi netti contorni; si è passati dalle notizie di malcontenti fra la popolazione italiana per le partenze di truppe alle fantastiche esagerazioni sulle condizioni sanitarie in Eritrea e in Somalia. Mentre per il primo ordine di falsità basta dare uno sguardo ai porti donde salpano i nostri soldati e i nostri operai, per le fandonie della seconda serie, la risposta è nel comunicato che annuncia il rimpatrio di qualche centinaio di operai colpiti da malaria. Non è nello stile fascista nascondere alcuna verità, anche se spiacevole; nessuno nega che nelle colonie dell'Africa Orientale vi possano essere delle zone malariche, ma le esagerazioni avventate e in mala fede non arresteranno il corso certo, infallibile degli avvenimenti. L'unico risultato di questa velenosa campagna sarà quello di alimentare le illusioni del Negus, diminuendo le probabilità di soluzioni pacifiche del conflitto; gli inglesi, che si dicono realisti, dovrebbero osservare la situazione sotto questo angolo visuale; allora tutti gli ostacoli, tutte le obbiezioni si troverebbero scartate e l'amicizia coll'Italia risplenderebbe sotto la luce di una comune civiltà da tutelare e in Europa e in Africa. L'assistenza dei Fasci dell'Eritrea agli operai che vengono dall'Italia Asinara, 4 notte. La Federazione dei Fasci di Combattimento dell'Eritrea, sotto l'alta guida di S. E. Gabelli segretario federale e vice-governatore della Colonia, svolge con le Opere Assistenziali e col Dopolavoro, attiva opera di assistenza e di propaganda fra i mille e mille operai che sbarcano in Eritrea e che disciplinatamente lavorano già da mesi nei vari cantieri alla costruzione di nuove strade che prossimamente, aperte al transito, allacceranno i vari centri della colonia. Una sottoscrizione aperta a favore delle Opere Assistenziali ha riscosso cifre non indifferenti e continua giornalmente a ricevere nuove offerte: commercianti, industriali, agricoltori, impresari, fanno a gara a offrire il loro contributo, ripetendo le offerte non appena lo consentano le loro disponibilità. I funzionari, gli ufficiali, i civili, tutti hanno versato a favore delle Opere Assistenziali una giornata dei loro stipendi. Questo fondo saggiamente amministrato e alimentato dei contributi diretti del Governo e della Federazione, sono distribuiti sotto forma di sussidio agli operai bisognosi o che per ragioni di salute siano costretti ad abbandonare temporaneamente il lavoro o anche a rimpatriare. Spirito di disciplina L'Ufficio del Lavoro, creato per volontà dell'Alto Commissario, funziona già da molti mesi e dirime tutte le divergenze che possono sorgere fra datori di lavoro e operai. Una commissione si riunisce settimanalmente per esaminare le diverse questioni che finiscono quasi sempre con l'accordo delle parti, con soddisfazione di tutti e pratica dimostrazione di quell'alto spirito di disciplina e di comprensione che il Fascio ha saputo Infondere nelle masse. Membri del Direttorio, della Federazione fascista, e alcuni fra 1 più volonterosi fascisti, dedicano le loro ore libere della domenica alla visita di un cantiere con automobili e autocarri messi a disposizione dal Fascio. Essi partono per strade difficili non ancora perfettamente transitabili per recare agli operai, oltre il conforto di una buona parola di incoraggiamento, un pensiero tangibile della cura paterna e affettuosa che il Regime ha sempre dimostrato avere particolarmente per la classe dei lavoratori. Un pacchetto di sigarette, una cartolina affrancata, qualche giornale, delle riviste distribuite a ogni operaio, sono piccole cose ma riescono graditissime a chi strenuamente quanto umilmente lavora alla realizzazione di un vasto piano che inizia l'espansione economica e civilizzatrice della nostra forte razza in queste lontane terre africane. Strade di otto metri di larghezza, asfaltate, con belle curve che si arrampicano arditamente per pittoresche vallate fra impervie montagne verso l'altipiano. Questa è la grande necessità attuale e sarà in breve risolta dalle braccia di circa 20 mila operai connazionali. Si sfaldano le montagne sotto i picconi, ferve ovunque l'opera dei terrazzieri venuti da tutte le regioni d'Italia a provare in terra africana la nostra potenza costruttiva. I progetti sono già pronti, le massicciate quasi complete. Stridono centinaia di compressori; sulle massicciate in formazione formicolano gli operai in casco sotto il sole rovente delle ore meridiane avvicendandosi nell' aspra fatica. Poi stanchi nei cantieri la baracca li attende. Scende la sera e dopo il pasto di tipo rancio militare — cucinato quasi all'aperto sotto la tettoia di lamiera — gli operai parlano nei loro dialetti e il pensiero vola alle famiglie lontane, ai figlioli, alle mamme. Poi viene il meritato riposo'. La domenica nei cantieri La domenica è giorno di riposo in tutti i cantieri. Gli operai sono sparsi qua e là. Alcuni sono giù nel torrente a bagnarsi, altri lavano vicino al pozzo gli effetti di lavoro, altri gironzolano sulla montagna. Vicino alle barac- j che all'ombra molti riposano, altri scrivono su improvvisati sgabelli costruiti con casse vuote di benzina; un operaio barbiere si affatica a servire numerosi clienti. L'arrivo dell'automobile del Fascio è salutato con entusiasmo da tutti. E' un accorrere di ope-J nnt J rai dai punti più lontani del quartiere. Tutti hanno qualche cosa da dire, qualche desiderio da esternare e circondano rinviato. Fra tante richieste e lamentele, a volte poco giustificate, bisogna indagare e riconoscere le necessità vere della massa. Gli inviati del Fascio, al ritorno dalle loro gite, presentano dei lunghi verbali proponendo i miglioramenti che ritengono oppor tuni. I verbali sono letti accuratamente e vagliati dalle superiori gerarchi!» e dal Governo che immediatamente dispone perchè sia riparato alle deficienze naturali in cui possono incorrere lo grandi società cui seno affidati i lavori e la organizzazione. Sorge così, attraverso la collaborazione di tutti, operai, fascisti, tecnici e dirigenti, quella intesa unanime che è necessaria al compimento delle grandi opere iniziate. I cantieri, che funzionano già da qualche mese, sono ormai perfettamen te organizzati con soddisfazione di tutti. C'è uno spaccio di generi alimentari, una cantina che distribuisce razioni di vino e generi diversi di prima necessità. I cantieri di nuova formazione avranno anche loro prossimamente tutto il necessario, e gli operai ragionevolmente accettano qualche momentanea privazione, consci del grave compito che è loro affidato, e che sapranno condurre a termine nel tempo più breve. Fino da Massaua, al loro sbarco, gli operai sono assistiti dal Fascio. Una baracca è sorta nelle adiacenze del porto, e degli addetti, a turno, ricevono gli operai più bisognosi ed offrono loro, oltre alla bibita rinfrescante, alla cartolina affrancata e alla sigaretta, una buona parola di incoraggiamento. Il richiamo di duemila sottocapi e comuni della Marina Roma, 4 notte. La « Gazzetta Ufficiale » pubblica il R. decreto entrato in vigore il l.o marzo, con il quale il Ministro della Marina ha avuto la facoltà di richiamare in servizio duemila sottocapi e comuni del Corpo Reali Equipaggi marittimi delle categorie e specialità che riterrà necessario, senza riguardo all'ordine progressivo delle classi alle quali essi appartengono. Le partenze per l'Africa Orientale Il Merano lascia Napoli alla volta di Cagliari Napoli, 4 notte, Il piroscafo Merano è partito oggi alle ore 13 da Napoli per Cagliari dove prenderà a bordo contingenti di truppa della Divisione « Sabauda » e proseguirà per l'Africa Orientale. Durante la sosta nelle nostre acque il Merano ha imbarcato materiali vari occorrenti all'equipaggiamento delle truppe e «in centinaio di soldati appartenenti a reparti complementari della Divisione « Gavinana ». I soldati mentre il piroscafo levava le ancore sono stati salutati dalle acclamazioni tiei lavoratori del porto. La posizione della Francia nel conflitto italo-abissino Parigi, 4 notte. Il redattore capo della Libertà, Raoul de Nolva, imposta stasera nettamente la questione della posizione della Francia nei riguardi del conflitto italo-abissino. « Abbiamo già attirato l'attenzione — egli scrive fra l'altro — sulle conseguenze dell'atteggiamento indeciso della Francia nei riguardi della questione italo-etioplca. La cordialità dei rapporti col Governo fascista finalmente ristabilita dopo il viaggio di Lavai a Roma non deve andar compromessa a causa delle esitazioni o di un silenzio che può facilmente essere considerato come riprovatore ». E più lungi il giornalista afferma: « Le misure prese dall'Italia contro qualsiasi aggressione nelle sue Colonie dell'Africa Orientale e il suo desiderio di vedere effettuarsi liberamente in piena sicurezza gli scambi commerciali nel territorio del Negus non possono essere che approvate in buona logica dalle due grandi Nazioni coloniali che sono la Francia e l'Inghilterra. Le idee di espansione manifestate dal Negus non possono invece che cozzare contro la disapprovazione completa del Governo francese il quale, d'altro canto, deve già — e ne siamo sicuri — aver dato al Governo di Roma le assicurazioni indispensabili per il caso di un conflitto che disgraziatamente sembra inevitabile ». Idee analoghe erano state esposte pure a Parigi in un'importante conferenza dal titolo « Il dramma etiopico » tenuta dal noto scrittore Henry de Monfreid per conto dell'Université des Annales. « Sin dal principio — egli ha detto — bisogna liberarsi da ogni concezione occidentale ed europea per giudicare quel paese, situato ai confini dell'Africa e dell'Asia là ove due mondi si riuniscono e si compenetrano. Bisogna vedere le cose come sono, e, in particolare l'Abissinia tale quale è. Questo paese infatti non è uno Stato unitario con un sistema governativo rispettato ed obbedito, una civiltà e una religione comuni. Gli abissini propriamente detti, non occupano che una piccola parte dell'impero di Etiopia, i paesi del Tigre e del Goggian, che non contano che tre milioni di abitanti di religione copta. Il resto del paese, immensa distesa di montagne e di altipiani, è abitato da popolazioni le più diverse, feticiste e maomettane e costituisce delle vere colonie per i grandi feudatari abissini che vi vivono come in un paese conquistato. Fu Menelik, il Sovrano etiopico del principio del secolo, che costituì questo impero per isolare il suo popolo dai desideri europei. Paese africano, l'Etiopia continua a vivere in pieno XX secolo su concezioni che datano da millenni. L'igiene non esiste, i lebbrosi passeggiano in libertà nelle strade stesse di Addis Abeba ». Il conferenziere ha evocato, tra gli applausi dell'uditorio, la nobile figura del frate francese Charles che con l'aiuto di un solo medico e coi redditi di una magra proprietà cura 200 di quei disgraziati malati ad Harrar. Ha ricordato poi che la schiavitù continua ad essere il principio fondamentale di tutta la economia del paese rilevando che, del resto, non può essere altrimenti. Ha sottolineato poi che 1 costumi sono più che rudi ed anche selvaggi, che gli Etiopi sono ancora retti dalla orribile legge del taglione. Egli ha concluso che bisogna guardarsi da qualsiasi illusione su tale paese. A suo parere la soluzione del dramma etiopico risiede nel dilemma seguente: «O l'Etiopia abbandonerà le sue « colonie », oppure dovrà accettare un protettorato ». L'Etiopia tratta col Canada per acquisto di materiale bellico Parigi, 4 notte. L'Agenzia Havas riceve da Toronto: « L'Etiopia avrebbe impegnato negoziati con ditte canadesi per ottenere forniture di materiale bellico. Si dice che l'industriale metallurgico Jean Mason, che partirà fra due settimane, si recherebbe ad aprire un ufficio commerciale in Etiopia ». Aeroplani Fokker a Gibuti destinati ad Addis Abeba Gibuti, 4 notte. Sotto giunti in questi giorni due aeroplani Fokker destinati al Governo di Addis Abeba. Essi sono smontati e si provvede ora al loro montaggio. Una serie di smentite a Londra sull'azione inglese in Etiopia Londra, 4 notte. Si smentisce stasera la notizia che i! colonnello Clifford, membro della commissione di delimitazione della frontiera anglo-etiopica abbia mai dichiarato che l'Abissinia aveva chiesto all'Inghilterra di costituire un protettorato su quel paese per la durata di venticinque anni. Al contempo si dichiara che nessun carro armato è stato concentrato nella regione fra il Kenja e l'Abissinia e che è falso asserire che truppe regolari siano state reclutate in quella regione. Circa poi l'affermazione che materiale ed agenti britannici passano ininterrottamente dal Kenja in Etiopia, si aggiunge che nessun incremento di importazione si è prodotto fra l'Abissinia ed il Kenja. Addis Abeba buona piazza per le spie e i mercanti di cannoni Vienna, 4 notte. Il Wiener Wcltbhttt reca delle impressioni di un suo collaboratore reduce dall'Abissinia il quale tratteggia con vivaci colori la vita attuale ad Addis Abeba. Egli nota l'afflusso di misteriosi stranieri che provengono via Kartum per affari contingenti o spionaggio, e dice che però le grandi organizzazioni internazionali di spionaggio hanno inviato in Abissinia solamente i loro agenti secondari perchè l'ambiente etiopico non si presta a segreti, giacché tutti parlano volentieri di quello che vedono o sanno. Aggiunge poi che l'Abissinia provvede da sè ad un ben organizzato servizio di spionaggio e, tranne che di qualche greco o armeno, non si serve di bianchi. Il giornalista rileva poi che altra caratteristica della vita di Addis Abeba sono i rappresentanti delle grandi fabbriche di armi, in genere gente di mezza taglia poco capace, e scrive che l'offerta di armi e munizioni continua molto attiva: ci sono farmacisti che offrono aeroplani, barbieri che dispongono di obici da montagna, giardinieri che vorrebbero esitare armi e munizioni. Un certo Nebenzahl tiene un negozio ad Addis Abeba dove viene offerto tutto: dagli spilli ai carri armati, ma finora ha fatto migliori affari con gli spilli; il cecoslovacco K. ed il signor S., di indubbia origine, nonché una società belga, hanno fatto, però, buoni affari con le armi. Senza ragioni apparenti sono capitati poi anche due francesi, il conte Oncien ed il fabbricante di tessuti Francesco Balsan di Orléans. Il primo era spesso ospite del Principe ereditario, ma poi tutti e due sono in fretta ripartiti, L'EQUIPAGGIO DI UN NOSTRO CARRO D'ASSALTO IN ERITREA LA «LEGGE CHE ABOLISCE LA SCHIAVITÙ' » dipinta a caratteri di scatola su un cartellone, viene portata in giro per le strade di Addis Abeba. Il Negus si è affrettato a far fotografare, nei giorni scorsi questo singolare corteo per dimostrare all'Europa che nulla ormai distingue l'Abissinia dai paesi civili. Non si può negare che la legge, se in Etiopia ci fosse qualcuno disposta ad applicarla, sarebbe una cosa bellissima. Il Negus ha solo dimenticato di far presente — e suppliamo noi all'omissione — che la doppia fila di negri accodata al cartellone è formata proprio da figli di schiavi che attendono probabilmente, per acquistare la libertà, una nuova legge di qualche successore della illuminata dinastia di Halle Sellassiè,

Persone citate: Halle Sellassiè, Henry De Monfreid, Jean Mason, Negus