VARIA LETTERATURA di Francesco Bernardelli

VARIA LETTERATURA VARIA LETTERATURA G. B. Angioletti : Amici di strada -- Adalberto Stifter : Lo scapolo ed altri racconti Nel bozzetto descrittivo e lirico, neliracconto poetico, Angioletti ha rag- giunto quell'equilibrio, quella bilanciata proporzione, che sono frutto di misura interiore. Respiro di stile e di paina che nasce spontaneamente dal itmo della visione e del sogno. Gli eieenti narrativi, quelli spiritualmente jUtobiografici, il tratteggio delle firine, la psicologia, il paesaggio, concorrono con la preziosa eleganza del discorso a formulare, a sfaccettare qualità e sostanza del componimento. E' con gusto squisitamente letterario che il lettore segue il progresso e gli sviluppi del tema prescelto, ricco sempre di sfumature e variazioni. Ed è in quell'opportunità stilistica, in quella congruenza, succinta, della parola, in quell'lntrecciarsi della fantasia e dell'osservazione che compiutamente si rivelano là ove la frase meglio sboccia, portando alla cima il suo fiore, è, insomma, nella perizia dello scrittore che ci si adagia, compiaciuti. Leggete nel suo nuovo volume {Amici di strada. - Carabba Ed.) — e scegliamo un po' a caso — leggete Piazza d'Armi, Arrivo di una donna, Domenica estiva, e vi renderete conto di questa armonia arguta dei particolari colti dal vivo e dell'interpretazione fantastica, e gusterete la grazia di un'arte narrativa che si affida tutta a un momento lirico, e in esso trova numerata ampiezza, meditato limite. Ciò vuol dire che l'Angioletti ha rintracciato in questo genere di racconto qualcosa che si confà assai bene al suo temperamento di artista affettuoso e controllatissimo. Abbiamo detto affettuoso; avrebbe torto chi, per certe screziature di umorismo e di ironia, per qualche intonazione un po' secca, per un che di va gamente cerebrale e smaliziato, non riconoscesse, in queste pagine, acre tenerezza, desiderio di abbandoni e di amorosi sfoghi. Cose che impediscono, poi, alla pagina, meditata a tavolino, di inaridirsi; ed anzi le conferiscono fuggevole e alata gentilezza. Si sente allora, tra i periodi raffinati, come una lieve trepidazione, si schiudono allora in questa prosa astutissima d'arte, dedotta con elaborata coscienza letteraria, le belle confessioni: « Vedevo il petto della donna sollevarsi affannoso, pieno, e questo mi dava un'impres sione acutissima di vita umana, di qualcosa di affettuoso e perduto, di dolce e disperato, come è sempre la vita di una donna ». Chi ha scritto con prezioso artificio : « la brezza corse sui campi ilare e sottile », scriverà poi an che le pagine delicate e malinconiche sulle donne in villeggiatura. Quelli che son rimasti in città, nella città domenicale, calda e deserta, possono sognarle con agio. « I loro occhi si fanno materni, il loro volto pallido, il loro incedere pietoso e soccorrevole, quando gli assenti le ricordano angosciati d'esse re lontani; ma sorridono vivaci, hanno gli occhi grandi e chiari, la voce dorata, se il cittadino solingo già pensa al loro ritorno, alle felici giornate dell'autunno ». Psicologia e fantasia si accordano in questi racconti entro termini di uno stile temperato e grazioso, e su una nota dolce e patetica. E' la storia del « povero spettro », ridotto dalla miseria e abbiezione della vita al tristo mestiere di metter paura alle ragazze restie all'amore; ma di quanto amore avrebbe bisogno egli stesso, di quanta malinconia si aggrava il suo cuore quando, nel buio, spia la bella fanciulla che si spoglia cantando. E' il « gigante innamorato », cosi lungo e grosso, cosi macchinoso e intimidito, che non c'è verso la gente si decida a considerarlo un uomo come tutti; ma una giovinetta gli pone un giorno la testina sul vasto petto, ed ecco, l'estasi lo porta, il gigante « s'è svegliato sotto il tocco leggero e tremante di una carezza di donna ». Sono richiami di sfuggente e disperata simpatia iNotte di gelo) ; sono le gioie non raggiunte e che non si raggiungeranno mai, per quanto fiducioso e aperto sia il cuore (La fidanzata dell'avaro); .è la solitudine tremenda dell'uomo di città (Solo nella città). La crudezza la malinconia del paesaggio cittadino, della vita moderna, hanno in Angioletti un interprete delicato e incisivo, con quella lirica apprensione del tragico quotidiano, con quella punta di fantastico, tra l'arbitrario e il simbolico, che a tratti, e di lontano, può ricordare certi racconti autobiografici e favolosi del Papini d'anteguerra o la lucidità immaginosa di Bontempelli. (E accenniamo con ciò a movimenti intimi, fuggevolissimi, della fantasia). Fantasia e favola approfondiscono, dunque, in questa bozzettistica raffinata, l'argomento psicologico, lo fanno più espressivo, lo liberano poeticamente. Psicologia che diventa' mito del cuore e leggenda spirituale; fantasia che è tutta intima e introspettiva. (Navigatore solitario; Galoppo in riva al mare; Scherzo di stagione). Tra i due termini di uno stato d'animo sottile, delicato, ma non eccezionale, e dell' evasione lirica e fantastica, V arte di Angioletti trova il suo punto di consistenza nella squisitezza letteraria. Talvolta indugia su qualche studiata ricercatezza; ma sensibilità, calore di sentimento traspaiono poi dalla pagina, e la levano a garbato, commosso fervore: l'umanità dello scrittore si manifesta con signorile moderazione. ,.*„ Lavinia Mazzucchetti ha tradotto con vigorosa bravura tre racconti di Adalberto Stifter e li ha raccolti in volume (Lo scapolo ed altri racconti) per la Biblioteca Romantica del Mondadori. In una breve nota la traduttrice ha poi tracciato un succoso, essenziale profilo dello scrittore austriaco, che, nato nel 1805, a Oberplan, nella Foresta Boema, quand'era in fiore il primo romanticismo tedesco, e morto nel 1868, quando di quella fioritura pareva spento anche il ricordo », del romanticismo ben può dirsi « figlio di eiezione », « discreto e squisito epigone». Ma, osserva la Mazzucchetti, solo in quanto il romanticismo « è poesia di vita, è colorazione religiosa della realtà, in quanto esso implica una visione spiritualizzata dell'amore e della donna, un'adesione reverente alla doviziosa meraviglia della natura ». Non troveremo quindi in Stifter romanticherie bizzarre o medievalistiche, non magniloquenza o eccesso, ma quel ritegno, i quel pudore spirituale che noi italiani vorremmo chiamare manzoniano ». Se suo < fratello segreto » è Jean Paul, suo maestro, suo specchio ideale è il Goethe di Guglielmo Met¬ ster e di Affinità Elettive. Cosi, con precisa finezza, Lavinia Mazzucchet- ti. Essa anche aggiunge che, pur credendo nella bontà, Adalberto Stifter non fu, non volle, non potè essere un dilliaco e un ottimista. E sia pure; nei tre racconti ora tradotti la tendenza all'idillio è tuttavia graziosamente visibile, diremo anzi caratteristica. Più o meno appariscente, o veata, l'aspirazione a una gentilezza espansiva e feconda, che serenamente propaghi il senso stesso, le ragioni della vita, che fluisca tra sponde fiorite — tranquilla e conscia felicità — ci pare uno dei motivi più commoventi, se non si vuol proprio dire il principale, del libro. Idillio che non Ignora il male, e la fatica e la tristezza delle cose e delle creature che passano, che vanno perse e confuse nel gran mare di ciò che non è riuscito a consistere, a prendere fisonomia, a toccare un approdo; idillio esperto di malinconie, sbocciato, o desiato, su una conoscenza pessimistica del mondo — e pur sempre tale da suscitarci in cuore dolcezza e grazia di sorrisi e di conforti, da sospingerci verso .una visione dell'esistenza conciliante e benigna. Con l'alta idea morale — dovere e utilità dell'agire, generoso altruismo, aperta umanità — va unito, in questa concezione, un naturalismo sano, pacato e casto, ispiratore di virtù e di gioie. Pare che Stifter dica che a seguire la natura non brutalmente, ma spiritualmente, da uomini che sanno i confini e i termini del lecito e del legittimo, a seguirla nella sua elementare magnanimità e delicatezza, non ci si può pentire; essa ci consiglia e ci consola, essa ci schiude la felicità predente e le vie dell'avvenire, essa ci immette nel moto misterioso del tutto. Così l'onesto, giovanile amore, le nozze liete e pudiche, i figli che ci continueranno nel tempo, sono mezzi offerti dalla natura perchè il nostro io si inserisca e si dilati nell'immenso accrescersi del mondo. Quegli che sfugge alla giusta legge, che per capriccio, o spensieratezza, od egoismo, si sottrae a questa funzione semplice e naturale, quegli si ritroverà un giorno secco e spoglio, come lo sterile fico dell'apologo. Le altre piante fioriscono, prosperano nella luce del sole, ma nessuna potrà dire di essere germogliata dai suoi semi. « Intanto il sole continua a irraggiare, il cielo passa col suo azzurro sorriso da un millennio all'altro, la terra si riveste dell'antica verzura e le generazioni procedono in lunga catena sino all'ultimo pargolo: ma quell'uomo è da tutte escluso, giacché la sua esistenza non ha lasciata alcuna impronta e i suoi germogli non st immergono nella fiumana del tempo. Se anche ha lasciato altre scie, queste si cancellano,-come tutto si cancella ciò che è terreno, e quando infine ogni cosa sprofonda nell'oceano dei sensi, anche la realtà più grande e più gioiosa, egli vien travolto prima degli altri, poiché per lui già tutto si inabissa mentre egli ancor respira e ancor vive .» Tutto questo discorso nasce da una sensibilità che non può dirsi in senso stretto ottimista; la Mazzucchetti ha ragione, ma che ispira poi allo Stifter pagine di una letizia esemplare, ariosa, di una tenerezza naturalistica e spirituale cosi ridente che non si può non parlare di idillio, che non si può non trarne cordiale incitamento alla vita. Cose che tanto meglio risaltano in queste pagine per la garbata virtù della traduttrice, per il ritmo ampio, un po' antico e pur fresco e vivace, che essa ha saputo conferir loro. Ti paesaggio, la natura, sono specialmente nel primo racconto — che è il migliore dei tre, il più armonioso e poetico —, sono con tanto precisa e affettuosa evidenza ritratti, che non è eccessivo parlare di incanto. Vero incanto di luoghi, di luci, di boschi, .di acque e di cieli, si spande a volte da questo stile, che ai primi approcci può apparire un po' pedantesco e remoto nell'impasto, un po' « ottocentesco » ; che è forse, come dice la Mazzucchetti un po' sovraccarico; ma che dispiega poi una cosi sensibile bellezza, un'aderenza di rappresentazione cosi vicina ai nostri gusti. L'osservazione famigliare, borghesuccia, qua e là quasi banale, della natura, si accorda a un sentimento poetico che, per essere ben determinato e minuzioso nei suoi motivi, non è meno lieve e commovente. Nel primo racconto anche ci piacciono certe aperture liriche, certi scorci delicati, effusi da quell'intimità, domestica e arcana, che è propria della poesia tedesca. Ecco lo spunto per un lied: « A quest'ora nessuno guarda dalla camera ove dormivo io, cercando di scorgere lo scintillio del mobile ruscello e gli alberi disseminati o i pendii sui quali si adagiano i campi », Nè vanno trascurate le figure che hanno spesso rilievo e gentilezza: il vecchio scapolo bisbetico e infelice, Vittorio, la deliziosa, buona mamma di Gianna, Brigitta, son persone vive e care. E su tutto, persone e paesi, scende la grazia austera e tenera di uno spirito che, sotto lievissimi veli di humour, contempla e sente la vita con religiosa serietà. Francesco Bernardelli.