Armali abissini attaccano un posto italiano

Armali abissini attaccano un posto italiano Armali abissini attaccano un posto italiano uccidendo trenta indigeni e razziando il bestiame Un'altra aggressione alla frontiera somala contro i nostri Dubat Le nuove provocazioni ROMA, 3 notte. Il giorno 31 maggio, un nucleo di armati abissini, nella regione dei Dancali, ha attaccato un piccolo posto di gendarmi indigeni, da noi messo a protezione di popolazioni dislocate ai confini eritrei. Sono stati uccisi 30 sudditi indigeni e sono state razziate alcune migliaia di capi di bestiame. Il Comando militare del settore ha preso le opportune misure di sicurezza per proteggere la zona. Lo stesso giorno, presso Mustallii (Somalia), un gruppo di circa 20 armati ha tentato di oltrepassare le nostre linee nelle vicinanze di Gublei. Gli armati etiopici, all'intimazione dei nostri dubat di non oltrepassare la linea, hanno aperto il fuoco. Da parte nostra si è risposto, infliggendo perdite agli attaccanti. (Stefani). Il Negus parla chiaro " Noi aspiriamo all' accesso al mare „ - " Bisognerebbe che le Potenze europee rinunciassero ai loro interessi in .Africa ,, Roma, 3 notte. Secondo quanto ci risulta, la Commissione di conciliazione italo-franco- americana, costituita per l'esame dell'incidente di Ual-Ual, in base all'art. 5 del trattato italo-etiopico del 1928, si riunirà a Milano giovedì prossimo 6 corrente. A proposito di questa convocazione, il Times crede di trovare una certa incompatibilità fra il tono della stampa italiana e la scelta a sede dei lavori della Commissione di conciliazione italo-etiopica di una città italiana. Alla Commissione mancherebbe, secondo gli inglesi, quell'ambiente di serenità che dovrebbe favorire la soluzione dell'incidente di Ual-Ual, e la eccezione che si vorrebbe sollevare in questo caso sarebbe quella che i giuristi chiamano di « legittima suspicione ». Capovolgimento di termini Siamo di fronte ancora una volta ad un capovolgimento dei veri termini della situazione. In realtà, il linguaggio dei giornali italiani^ — per altro non eccessivo — non è la causa, ma l'effetto di una anormale condizione di cose che si viene sempre più aggravando. La vera radice di tutto, sta nell'atteggiamento del governo etiopico, nelle sue intensificate provocazioni, nei suoi moltiplicati preparativi bellici. I giornali italiani si limitano a registrare questi fatti, che non sono certo tranquillizzanti; e a registrare, nello stesso ' tempo, i provvedimenti che il Governo italiano prende per fronteggiare le misure abissine, mettendo al riparo di ogni sorpresa la integrità dei nostri sudditi, siano essi cittadini indigeni, funzionari, soldati metropolitani, e l'onore della nostra bandiera. E' inutile ripetere che non è dall'Inghilterra, sempre gelosissima dei proprii diritti e risoluta nella difesa del proprio territorio, che possono venirci esortazioni ad una moderazione, che, spinta oltre certi limiti, sarebbe debolezza imperdonabile. L'Italia non, può certo aspettare la tutela dei propri interessi dalla opera della Commissione di conciliazione, quando l'Abissinia non abbandona il suo contegno provocatorio; ma è tuttavia degno di meditazione il fatto che, mentre da parte etiopica si continuano a suscitare incidenti di frontiera, non uno solo di tali episodi può essere attribuito ad iniziative di truppe o popolazioni italiane. Di fronte a tutto questo, suona ironico l'invito britannico di appoggiarsi sugli argomenti giuridici e a non predicare la virtuale inevitabilità della guerra. Un monito di questo genere dovrebbe essere piuttosto rivolto a queirAbissinia, che, non solo dimostra di credere alla inevitabilità della guerra, ma tale inevitabilità provoca con la sua forsennata azione antitaliana. « Gli argomenti giuridici — osserva giustamente questa sera il Giornate d'Italia — valgono per la interpretazione e la trattazione di alcuni incidenti, che sono solo degli episodi nel quadro generale dei rapporti italo-etiopici. « Ma oltre questi argomenti, ve ne sono altri più rilevanti. Vi sono i fucili, le mitragliatrici, le artiglierie, i carri armati, che l'Etiopia va accumulando contro i confini italiani. Vi sono le mobilitazioni in atto e gli ammassamenti di truppe abissine contro l'Eritrea e la Somalia. Vi è la propaganda svolta contro l'Italia fra le genti etiopiche, e sostenuta anche con la distribuzione di manifesti di intonazione guerriera. Vi è il sempre più frequente ripetersi di incidenti provocati sul territorio etiopico contro uomini e interessi italiani, ai' quali fanno riscontro solo la perfetta calma e la continuata correttezza dell'Italia nei riguardi dell'Abissinia, che non può la mentare un solo incidente provocato dall'iniziativa italiana. «Vi è infine l'incorai»*, amento dato da talune attitudir straniere, programmatiche o no ■■ questa politica aggressiva dell'E'. spia, tifila quale abbiamo già Illustrato i gravi risul tati. Con questi fatti positivi e attuali, o o a e gli argomenti giuridici non possono i avere alcun evidente rapporto. « Al cannone si risponde con il can- none. L'Inghilterra, giustamente fiera !delle sue posizioni, ha risposto all'ar-i'mamento aereo germanico, che pur non ha una precisa attualità antibritannica, non già con argomenti giuridici, ma con la maschia decisione di raddoppiare le sue forze aeree in tempo accelerato. « L'Inghilterra ha fatto di più. Quando ha creduto che il Sudafrica, non privo di oro e di diamanti, potesse utilmente completare il vasto sistema del suo Impero, ha mosso contro la gente di questo territorio, assai più civile dell'Etiopia, non gli avvocati, ma le navi da guerra con numerose truppe da sbarco ». Il sogno del Negus Fin qui il Giornale d'Italia. Si potrebbe aggiungere che l'ultima, in ordine di tempo, delle indubbie manifestazioni della volontà che anima l'Abissinia, è di oggi stesso. Alludiamo all'intervista che Hailè Seìlassiè ha concesso all'inviato del giornale danese BerlingsJce Tidende, che ha fatto all'imperatore l'altissimo onore di intervistarlo. Noi aspiriamo ardentemente all'accesso al mare — ha detto l'imperatore — ma ciò può ottenersi anche con trattative. Intanto desideriamocene l'Italia si ritiri dalle località cìie ha occupato ». Insomma l'Abissinia vuole arrivare al mare o con le buone (trattative) o con le cattive. Con chi voglia intraprendere queste trattative non lo ha detto, come non ha detto perchè l'Abissinia aneli a questo sbocco sul mare, tanto più che Hailè Seìlassiè si è scordato di ricordare come l'Abissinia abbia praticamente lasciato lettera morta la convenzione con l'Italia, che offrì Assab come porto franco per i traffici abissini insieme ad una camionale, che doveva servire'per fare affluire al mare questi traffici. Ma probabilmente il Negus vuole avere mano libera sul mare per altre ragioni. E se si pensasse che i traffici vagheggiati sono quelli di munizioni, non si direbbe cosa troppo azzardata. Questo non è però il solo fiore della singolare intervista. « Bisognerebbe — ha continuato l'imperatore — che le Potenze europee rinunciassero ai loro interessi politici e economici in Africa. Il conseguente rafforzarsi di popoli africani semi indipendenti, mediante la creazione di istituzioni moderne, capaci di assicurare loro l'indipendenza assoluta e la loro adesione alla Società delle Nazioni come membri responsabili, garantirebbe una pacifica e vigorosa collaborazione dell'Africa ». Ottimamente! Ecco che spunta la confederazione dei popoli africani. L'Africa agli africani e gli europei in Europa. Tutti poi, assisi intorno al tavolo della Lega delle Nazioni ad abbracciare pacifiche e vigorose collaborazioni. Quindi via l'Italia dalla Somalia, Eritrea e dalla Libia ; via la Francia dal Marocco, dall'Algeria e da ogni altra terra africana; via l'Inghilterra dal Sudan, dalla Somalia, dal Kenya, dal Tanganica, dall'Africa del Sud, perchè le cose d'Africa ce le vediamo noi africani. Che bel sogno si è fatto il Negus ! E che accoglienze faranno ad esso gli inglesi, amici dell'Abissinia, i quali, al pensiero di lasciare quella metà d'Africa che possiedono saranno capaci di riparlare di ragioni di civiltà, di prestigio europeo, di missioni da svolgere in nome dell'umanità e di tutte quelle egregie cose, che sono sempre servite a pretesto di ogni conquista coloniale da parte dell'Inghilterra. Un pericolo per l'Europa Ora è il Negus stesso che conferma la situazione denunciata dall'Italia, dicendo che l'Abissinia vuole l'accesso al mare e che le Potenze europee dovrebbero rinunciare ai loro interessi politici ed economici in Africa. L'Etiopia vuole buttare a mare , gli europei. Questa e la sostanza del i movimento xenofobo e nazionalista dei giovani etiopici di cui è augusto t° n Np„Y,„ T'FIHonia sne-na !§• Negus. L JUiopia sogna idl avere una grande missione: quel- 'la di mettersi alla testa dei popoli africani contro l'Europa civilizzatrice e colonizzatrice. La poca e improvvisata cultura dei suoi « intellettuali » — che hanno prezioso alleato l'elemento militare — fa credere all'Etiopia di poter giuocare in Africa il ruolo che gli Stati Uniti hanno ricoperto in America e che il Giappone aspira esercitare in Asia. La guerra contro l'Italia è dunque il preludio di una più vasta azione che dovrebbe avere per teatro tutto il Continente Nero. Il rullo dei tamburi etiopici dovrebbe segnare la diana per il risveglio di tutti i popoli africani, dal Mediterraneo al Capo, dall'Oceano Atlantico all'Indiano. Questo singolare stato d'animo è anche il frutto dell'incoraggiamento diretto e indiretto di cui molte Potenze europee sono state larghe verso l'Etiopia. Purtroppo non si 'tratta solo di incoraggiamento e di assistenza morali. Il Giornale d'Italia osserva stasera che sarà certo, intenzione della lealtà britannica di serbare piena neutralità nel conflitto aperto tra l'Italia e l'Etiopia; ma ciò che avviene oggi in Etiopia, certo solo per iniziativa di minori autorità locali e di agenti meno responsabili britannici, vale a creare nel Governo di Addis Abeba la persuasione di una solidarietà britannica contro l'Italia e a portare dimostrazione di tale solidarietà al rozzo pensiero delle genti etiopiche. Subito dopo l'incidente di Ual-Ual le truppe abissine hanno scavato grosse buche attorno a tutti i loro posti avanzati verso le Colonie italiane. Queste buche dovrebbero impedire l'avanzata degli autocarri italiani. La gente abissina non ha nascosto che questo accorgimento è stato suggerito da consiglieri stranieri Quando l'Italia ha cominciato a provvedere con forze alla difesa, e stata attribuita al tenente colonnello Clifford, capo del gruppo britan^ nico della commissione anglo-etiopica di delimitazione dei confini, la dichiarazione che l'Etiopia, pur di non cedere all'Italia, avrebbe chiesto all'Inghilterra un protettorato di 25 anni. La dichiarazione, vogliamo essere precisi, sarebbe stata fatta a Giggica ed è stata rapidamente diffusa in tutte le zone confinanti con la Somalia italiana. Non c'è bisogno di aggiungere che essa è apparsa una prova di piena solidarietà fra Addis Abeba e Londra. Il Governo etiopico l'ha poi smentita. Ma la voce continua a circolare. Circola anche la notizia che i primi feriti abissini respinti dagli italiani nell'aggressione di Ual-Ual siano stati curati da un medico britannico. Nessuna obbiezione a questa opera umanitaria. Ma come mai un medico britannico si trovava sul posto? Bandiere sui bidoni D'altra parte, dopo l'incidente di Ual Ual e la successiva preparazione militare italiana, si va notando in queste regioni un aumentato libero movimento di funzionari e agenti britannici. L'Etiopia non può mancare di sfruttare ciò per la sua propaganda. Spesso inglesi arrivano con autocarri dal Somaliland e piantano la loro bandiera, ben visibile, su bidoni di benzina ricolmi di terra della Somalia britannica, per simulare, con una rozza finzione, la extra territorialità. Attivo, come abbiamo già detto, è sopratutto questo traffico di uomini e cose a Giggica, che è oggi divenuto centro etiopico di arrivo e smistamento di tutti i materiali provenienti dai porti della Somalia britannica. Negli ultimi tempi vi sono, per esempio, arrivati cento autocarri Chevrolet, , provenienti da Aden e sbarcati a Berbera, dove le autorità doganali britanniche, un tempo as- sai severe, non hanno opposto notevoli difficoltà per il transito. Anche la cordialità di rapporti fra il Kenya e l'Etiopia, nell'interpretazione di Addis Abeba, viene considerata come favorevole alla sua causa. Nel Kenya, dalla parte del lago Rodolfo, si sono venuti concentrando autocarri armati di uno o due mitragliatrici, attrezzati per il trasporto di truppe, e si vanno reclutando truppe irregolari. Ma questo è affare britannico. Dal Kenya affluiscono però in territorio etiopico materiali vari e agenti. Ciò che sorprende di questo traffico è la sua libertà e abbondanza, in contrasto con un regime passato di porta quasi chiusa e con la nuova severità che le autorità francesi vanno mostrando a Gibuti, all' imbocco della ferrovia di Addis Abeba. « Questi fatti — commenta il « Giornale d'Italia » — saranno certamente deplorati anche a Londra. Essi vanno riferiti certamente a iniziative e attitudini di funzionari e uffici locali; ma valgono, lo si comprenderà anche a Londra, a persuadere gli abissini che l'Inghilterra li aiuta e che, perciò, vale meglio tener duro nella loro resistenza aggressiva. Ed ecco perchè si crede sempre meno alla conciliazione ». Le accoglienze di Iglesias alla bandiera del 60° Fanteria Iglesias, 3 notte. Iglesias ha accolto in un tripudio di fiori e di bandiere il glorioso vessillo ùel 60° Reggimento Fanteria « Calabria », della Divisione « Sabauda » mobilitata. Erano alla stazione il generale Babbini, comandante la Divisione « Sabauda », il generale De Biasi, comandante la Brigata « Calabria », e l'aiutante maggiore in prima del Comando del 60" capitano Torriani. Ha reso gli onori una compagnia d'onore con musica che ha poi scortato la bandiera fino alla piazza Sella, dove era ammassato, su tre lati intorno al monumento a Quintino Sella, l'intero Reggimento in pieno assetto di guerra. Il vessillo è stato subito portato al centro della piazza, di fronte ai battaglioni schierati; quindi il tenente colonnello Damiani, comandante interinale del Reggimento, ha fatto rendere gli onori ed ha poi salutato con belle parole di soldato la bandiera e il nuovo comandante. Il colonnello Broglia ha contraccambiato il saluto ai fanti e li ha invitati a ripetere con lui il giuramento che egli aveva fatto sull'Altare della Patria, a Roma, nel ricevere dalle mani del Re il vessillo del suo Reggimento. La bandiera del 60" è stata quindi portata ai piedi del monumento ai Caduti, in piazza Oberdan, dove erano adunate tutte le autorità. Anche durante questo breve tragitto, come già lungo la via Garibaldi, una pioggia di fiori e di foglie di alloro è caduta in un tripudio di colori sul drappo glorioso. Le partenze per l'Africa Orientale Quattromila operai salpano a bordo del « Saturnia » Trieste, 3 notte. Oggi alle ore 18, salutati da S.A.R, il Duca d'Aosta, da tutte le autorità cittadine con alla testa il Federale, e da una folla immensa composta di circa 30 mila persone accalcate sulle rive e ani moli, sono partiti con il Saturnia per l'Africa Orientale oltre 4 mila operai delle diverse Provincie d'Italia, fra cui un forte contingente di italiani di Spalato. Il Duca d'Aosta è stato accolto al suo giungere, da vibranti entusiastiche manifestazioni da parte dei lavoratori partenti i quali hanno inneggiato all'Italia, a Casa Savoia e al Duce. Quando la Saturnia ha lasciato gli ormeggi, da tutte le navi in porto si è levato un festoso assordante urlio di sirene, mentre la folla sventolava migliaia di cappelli e di fazzoletti. Questa sera è partito il piroscafo. Celio dopo aver preso a bordo 500 Camicie Nere appartenenti al 58.0 Battaglione San Giusto di Trieste. Le Camicie Nere sono state passate in rivista dal generale Vernè, comandante del 4.o Raggruppamento Camicie Nere. Ai partenti la folla e le associazioni hanno tributato vive acclamazioni, alle quali essi hanno risposto con evviva al Re e al Duce. Novi Ligure, 3 notte. Ieri sera sono partiti per l'Africa Orientale alcuni reparti del l.o Genio minatori qui di stanza della classe 1911. Alla stazione sono stati salutati dalle autorità e da grande folla. CARRI ARMATI ITALIANI IN MARCIA NELL'AFRICA ORIENTALE IL NEGUS SI DIVERTE: eccolo all'allegro tè delle cinque con le mogli degli svedesi al suo servizio. Halle Seìlassiè, da quando gli hanno detto che è il più bell'uomo dell 'Abissi n ia, esibisce col gentil sesso una certa galanteria europeo-africana, una via di mezzo tra il «flirt» e la danza del ventre, contenuta entro limiti che, a suo parere, non compromettono la dignità imperiale. Gli svedesi — i mariti delle signore — chiudono un occhio. SERVIZIO PARTICOLARE FOTOGRAFICO DE LA STAMPA