A Trinidad... con i Duchi di Kent

A Trinidad... con i Duchi di Kent PERIPLO AEREO DEL SUDAMERICA A Trinidad... con i Duchi di Kent (Dal nostro Inviato speciale) PORT OF SPAIN, maggio. Il primo negro che incontro arrivando a Port of Spaiti è un vecchio amico; lo stesso che due anni fa, quando sbarcai la prima volta a Trinidad, voleva vendermi un serpente a sonagli mbalsamato, un bastone di vertebra di pescecane, una frusta di caucciù e altre coserelle del genere che di solito piacciono molto ai turisti. Per chi viene dall'Europa, Trinidad è la prima terra tropicale che s'incontra e ci vogliono subito dei souvenirs che possano far colpo. Il mio negro dunque mi ha riconosciuto appena mi ha visto Scendere dal pontile dell'idroscalo; balbetta qualche cosa in italiano, poi fa schioccare le fruste di caucciù e mi mette davanti la sua mercanzia; la stessa di due anni fa. Vorrebbe anche accompagnarmi lui all'albergo, farmi vedere tutte le delizie dell'isola, comprese quelle notturne; c'è una festicciola al villaggio degli Indù stasera e ini promette meraviglie; se invece volessi qualche cosa di più poetico potrebbe condurmi a fare una passeggiata fino al lago d'asfalto; la luna sull'asfalto è meglio ancora che sull'acqua. Niente? Allora, se non voglio nè serpenti, ne bastoni, né fruste, prenda almeno una bottiglia di wisky di quelle piatte da tenere in saccoccia, genuino, venuto fresco dalla Scozia con l'ultimo piroscafo; per chi viaggia in aeroplano è raccomandabilissima. Dove regnava Morgan Instancabile; anche se gli dico sempre di no o non rispondo, non si scoraggia; mi aspetterà giù, nel parco dell'albergo; ha trovato un compare che vende scimmie addomesticate e gabbiette di colibrì e s'è messo a sedere su una panchina con tutta la sua merce distesa davanti; dalla finestra, attraverso la rete metallica che mi difenderà stanotte dalle zanzare, lo vedo che fa un lungo discorso al suo compare; una scimmietta gli è saltata sulle spalle e gli fa solletico dietro un'orecchia; sono buoni amici. L'albergo è pieno di forestieri; oggi sono arrivati due piroscafi, uno dall'Europa e uno da Cuba, e tre aeroplani: quello dal Nord, il nostro dal Brasile e un anfibio dalle coste del Venezuela; non mancano che gli' evasi dalla Guiana; ■ ma scommetto che il mio amico saprebbe scovarmi anche quelli; questione di scellini e tutti i misteri dell'isola sono miei. Trinidad, che sulle guide è indicata soltanto come l'isola dei colibrì e dei pappagalli, è diventata invece una gran stazione di smistamento marina e aerea; primo traguardo delle linee atlantiche per il Centro America, punto d'incrocio delle linee aeree delle Antille e del mar dei Caraibi. Per l'Inghilterra poi è un ottimo osservatorio; a star qui, sull'orlo del gran ventaglio delle isole Sottovento, si tien d'occhio tutto; tanto vicina alle coste del Venezuela, che fa quasi da sbarramento alle foci dell'Orinoco; per questo i pirati una volta se la tenevano cara; andavano ad assalire Campano, La Guayra e Maracaibo, saccheggiavano i bastimenti carichi d'oro intorno a tTobago (la falsa isola di Robinson,Crusoè), Barbados e Curacao e poi tor-jnavano al sicuro a Trinidad; si crede ; a a e , a a e e e e ; e i l l i l e a i n e e e ; o o o ; a o a tanzi che Morgan avesse la sua reggia proprio qui a Port of Spaiti; di qui certo comandava e dirigeva tutte le sue spedizioni. « Mi farebbe comodo — diceva ai suoi bravi mettendosi a sedere fra barili di monete d'oro e boccali d'aguardiente — la figlia del governatore di Maracaibo; e se non trovate lei, portatemi una qualunque bella Jolanda; se poi incontrate per via gli Spagnoli o gl'Inglesi, sapete qual è il vostro dovere: che non ne resti uno vivo ». Quelli erano tempi eroici, per questi mari si accendevano le più fierebattaglie e gl'indigeni non vendevano ancora serpenti impagliati e bastoni di vertebra di pescecane. Un'ospite in carrozza — Mister... Senor... Monsieur... Fatti | i conti, ho pensato che forse le converrebbe una passeggiata in carrozza per la città e dintorni: dieci scellini; carrozza a due cavalli. Il mio amico ha lasciato tutta la sua mercanzia al compare delle scimmie e dei colibrì, si è tirato indietro la paglietta per scoprire un bel ciuffo di capelli crespi e ora mi guarda autoritario e deciso, noti più per persuadermi ma per giudicarmi; se non voglio neanche questo, san proprio un turista da buttar via. Accettato. Anche perchè io non condivido affatto l'antipatia che hanno di solito i viaggiatori per le guide, i rivenditori ambulanti, i dragomanni e tutta l'altra gente noiosa ma servizievole che s'incontra agli arrivi nei porti; conosco certuni che son capaci di tapparsi in albergo un'intera giornata pur di non cedere alle insistenze di unu guida, e di ripartire magari il giorno dopo senz'aver visto niente, ma contentoni di non essersi lasciati imbrogliare. La carrozza è lì che aspetta e filiamo. Ma dopo cinque minuti, alt; non è un vigile che ci ha fermato; i vigili di Trinidad, statue nere vestite di bianco, non fermano mai i signori forestieri in carrozza; è una donnetta dal viso color del fango, tutta avvolta in uno scialle bianco, che dopo aver confabulato un poco col vetturino, prega il mio amico di lasciarla montare, magari a cassettu. Il negro mi guarda e sorride, come per dirmi che bisogna compatirla. — Forse è una sua parente? — domando. No, la conosce appena; è una che ccvsadrspfva dalla nostra stessa parte e trova : più comodo far la strada in carrozza ' che a piedi. Usanze; ed è inutile che ora venga io a protestare. La donna si è messa a sedere comodamente accanto al vetturino, con un cestello sulle ginocchia; ogni tanto tira fuori un grosso mango color zafferano e se lo succhia avidamente. Gentilezza pei- gentilezza, ha passato il cestello anche a noi perchè ci serviamo. Fuori del centro — i negozi degl'In- glesi sono tutti uguali — andiamo ver-l so una collina; la strada è bella e i,cavalli trottano; incontriamo signorine nere in bicicletta, automobilate d'Inglesi vestiti di bianco che tornano dal tennis, vecchi Indù con lunghe barbe da fachiri, carrette di frutta che ven n, gono dalla campagna: papaias, man-j gos, aguacate, ananas, banane. Il cielo | e è viola, il mare di sotto color del vino, \ j j come quello d'Omero: oinopa pontos. La mia guida mi domanda ogni tanto se quel che vedo mi piace; ci tiene che io sia soddisfatto, anche perchè è convinto che la sua isola sia la più bella del mondo; interessantissima ad ogni modo per i turisti che qui trovano insieme il tropico, l'Africa e l'India. Mi racconta poi, come se fosse un gran segreto, che in questi giorni sono arrivati a Trinidad anche i Duchi di Kent, simpaticissimi, molto belli tutt'e due. La festa degli Indù . Usciamo dalla città e arriviamo a un sobborgo di capanne nere; è li che I c'è la festicciola degl'Indù di cui mi parlava. Una dozzina di ragazze vestite di rosa con un gran fazzoletto bianco in testa ballano intorno a dei lumi rossi; quattro mammalucchi barbuti suonano il tamburo e uno col viso impiastricciato di bianco soffia in un corno rauco e profondo. Un centinaio fra uomini e donne stanno intorno a guardare accoccolati per terra e ogni tanto battono le mani a tempo per se- guire il ritmo della danza. Incredibile come sanno lavorar sul tamburo que- sii tipi; gli fanno dire quel che vo- ottono: borbottìi sottovoce, rulli preci- pitosì, picchietta patetici, grandinate a ^. ' ii.,* -7 m piene mani che uh miracolo se gh\strumenti non scoppiano; e tutti d'accordo; comincia uno, con un assolo come un tenore, e poi gli altri arr\- vano di rincalzo, prima con le nocche soltanto, leggere e appena sfioranti, poi | addirittura coi cazzotti, uno due, uno due, arrabbiati e frenetici. Le ballerine capiscono il linguaggio e ci fanno sk una danza tutta saltata e nervosa, piena di sgambetti e di curve; poi negli assolo del tamburo maggiore agitano i fazzoletti bianchi e le vesti rosa con passi di minuetto. Non vedo bene i volti fra tanti svolazzi, ma devono essere ragazzotte non brutte, se pure un po' troppo polpose come tutte le donne dei tropici. Più in là ci sono delle pentole fumanti con attorno delle vecchie; quelle non fanno gran caso al balletto; sono addette alla cucina, soffiano sul fuoco e mangiano, intingendo delle grosse fette di pagnotta nella broda. Intanto è andato giù il sole; verso l'alto della collina si sono accesi molti lumi; più in là s'intravede la foresta animata dai raggi vivi della luce: arrivano comitive di giovanotti in bicicletta; cosi neri e vestiti di bianco, con le mollette alle caviglie, sembrano in mutande; i tamburi continuano a- borbottare; altre fanciulle entrano nella danza: ma non ci sono numeri di canto. La mia guida mi avverte che questa è una festa bassa, diremo così i quattro salti in famiglia degli Indù; se poi vorrò vedere delle ballerine un po' più vistose, qualche quadretto con più colore, potrà condurmi lui sul tardi. A Trinidad non manca niente. Torniamo in città. Sulla via principale sono schierate due file di ragamzetti indigeni, con l'uniforme kaki dei giovani esploratori, che agitano centinaia di bandierine inglesi; dietro fanno ressa le mamme, ammantellate di bianco come suore; palloncini di carta colorata pendono dalle finestre. Passano i Duchi di Kent, sorridenti e felici; i poliziotti neri a cavallo trattengono la folla; tutti gridano evviva e buttano fiori; la banda degli Scozzesi canta sui pifferi un'allegra marcia militare. Questa è l'ultima sera del soggiorno dei Principi a Trinidad; domani riprenderanno il viaggio in aeroplano, su per le Antille, verso il paradiso di Haiti. Ettore De Zuani UN VIAGGIO DI NOZZE AUGUSTO ED AVIATORIO: I Duchi di Kent arrivano a Trinidad.