Una sosta nella lotta di Giuseppe Ambrosini

Una sosta nella lotta Una sosta nella lotta (DAL NOSTRO INVIATO) Lanciano, 25 notte. Guerra è tornato alla vittoria a Lanciano che, nel momento in cui mi accingo a stendere queste note, si può dire sia per i tre quarti adunata sotto le finestre \délValbergo che 10 ospita in attesa che) ripulito e ristorato, si affacci al balcone a concedere un sorriso e un saluto. Vittoria in volata tra le più facili alle quali è stato chiamato in questi ultimi tempi dopo una^iigtisa che è stata al di sotto del tono di estrema combattività al' quinte eravamo ormai abituati ma che non si poteva pretendere durasse senza interruzione dal. principio alla fine di questa eccezionale competizione. Con ciò non si può dire che oggi non si sia battagliato e che la gara sia stata vuota e fiacca. Il meno caldo elogio che la tappa si merita è in relazione a quello senza riserve che ci avevano strwppato le precedenti. E, se si vuol stare alla media, uno degli elementi che più avevano impressionato nei giorni scorsi, bisogna metterlo in rapporto alla natura tutta speciale del percorso e al fondo stradale che lasciava molto a desiderare. Si può dire che per 80 dei 144 chilometri che ci hanno condotto da Aquila a Lanciano storno rimasti in un nembo bianco di polverone e che la corsa l'abbiamo vista per gran parte attraverso un velo a poche decine di metri impenetrabile. Respirare e pedalare in questa atmosfera non era certo una delizia e gli sfortunati che erano costretti a lasciare 11 gruppo di testa hanno provato che cosa voleva dire sfondare, nella baraonda delle vetture, una simile parete. Difficoltà del percorso1 Inoltre i corridori hanno oggi fatto conoscenza con una specie di percorso al quale non ermoìassuefatti. Di veramente piani noti me ae_: ci saranno stati 30 chilometri; 'gli altrierano tutti a su e giù da stroncare le gambe: un alternarsi di salite brusche, se pure non eccessivamente lunghe, e di discese precipitose, di asfalto e di terra battuta. Questo continuo tormento, la mancanza di una difficoltà che si ergesse e si imponesse come vaglio selezionatore, come spunto di attacco decisivo, hanno fatto sì che la corsa non aves se un suo tema da svolgere, che gli uomini e le squadre non abbiano mai saputo decidersi alla lotta e generale fosse la preoccupazione più che la voglia di svolgere una offensiva preordinata. Scarsi così gli episodi del la fase preparatoria-, improvvisati e dettati dall'imprevisto quelli della parte conclusiva. Si può dire che l'unica trama si rintracci nell'inseguimento di Olmo che di se riempi la corsa per gli ultimi cinquanta chilometri, ma durante i quali, se si vide l'inseguitore prodigarsi fino allo etremo delle forze per ridurre al minimo il distacco, non mi pare si sia visto i fuggitivi fare altrettanto per lo scopo opposto..Così come non fu proprio accanito il lavoro di quelli che avrebbero avuto interesse a sfruttare la foratura di Bergama echi che potè riprendere con singo lare fari1' là. T a cronaca di ogqi non tara n : rvù colorata e piena co¬ me quella delle altre giornate precedenti. Abbiamo lasciato Aquila sei minuti dopo mezzogiorno e siamo subito scesi volando dal colle sul quale si erge la città. Il vento ci era favorevole; non altrettanto il cielo, che minacciava di scaricarci addosso abbondanti scrosci di acqua. Minaccia tutt'altro che paurosa, perchè poi l'avremmo desiderato un buon lavacro delle strade. Invece, dopo una rapida scarica a pochi chilometri dalla partenza, trovammo le strade più asciutte e polverose che mai. Nel primo quarto d'ora si marciò a più di 42, ma, poi, salendo verso Barisciano, sì scese a 26, per risveltire la marcia sull'ampio altipiano chiuso fra i monti che al fine si aperse affacciandosi alla conca ai margini della quale si adagia Popoli. Discendemmo a precipizio lasciando indietro, Bartali, che aveva forato, e Leducq, Guerra, Bergamaschi, Scacchetti, Team. Olmo, che avevano preso un piccolo vantaggio in discesa si videro raggiunti da tutti gli altri a un passaggio a livello chiuso. Avevamo percorso 47 chilometri a 30 all'ora; e sì che si era scesi quasi di 500 metri. Da questo inizio svogliato si potevano già arguire le caratteristiche della giornata. Dopo venti minuti di nessun interesse, al bivio di Bolognano Bertoni su di una breve rampa tentò di andar via con Giacobbe e Dellalatta, ma dovettero rientrare quasi subito nel gruppo, mentre Bartali forò una seconda volta, rientrando quasi aubito. Altra zona vuota fu quella del Quadrivio ai piedi della salita di Chieti, la prima delle tre maggiori della tappa. Quando vedemmo che il compito di guidare era lasciato al modesto Dalgallo, un ragazzo di Pescara che ci teneva a farsi vedere in quella posizione dai suoi corregionali, avemmo la conferma che oggi gli « assi » avevano voglia di stare alla finestra. Forzò invece Clerici, poi Buttafuochi, mentre Scachetti, Guerra e Giacobbe, che presero il loro posto al comando, fecero il contrario. Nessuno perdeva contatto e si sarebbe forse giunti in cima senza che la fila subisse alcuna interruzione se Buttafuochi non avesse dato un altro strappane, Merlini non avesse tenuto alto il tono di marcia e infine Bartali non avesse voluto collaudare la sua arma in vista della seconda salita ufficiale, quella valevole per il premio della montagna e quello « Colombino-Stampa ». Il collaudo non gli fu del tutto favorevole perchè in cima fu preceduto di pochi metri da Bertoni e Scacchetti. È' vero, però, che Bartali non andava alla caccia del premio di traguardo, ma degli altri due ben più vistosi. Olmo fora e insegue Nella discesa al ponte sull'Aliento forarono Archambaud, che poi dovette cambiare anche una ruota, Legoff e Olmo. Era questo il segnale della fase saliente del giorno. Lasciati i due francesi che impiegarono un tempo eccezionale a riparare, teni dietro a Olmo che inseguiva con Debenne e Marchisio. I suoi ancora non si erano accorti di quello che gli era capitato e solo dopo gli vennero in aiuto, ma tutti si sfiancarono nel darglielo, meno Demuysère, che gli fu utile non meno di ieri. Poi lo lasciai per andare a vedere quello che avveniva sulla salita di Colle Spaccato che gli altri avevano già iniziato. Risalendo su per la catena frantumata, trovai in ritardo, fra gli altri, Negrini, Di Paco e Cloarech, un gruppetto con Level e Gabard. un altro con Piemontesi e Demuysère, poi se ne formò un altro ancora, con Gotti, Bernard, Pesenti, Leducq, Piùbellini, Montesi, Folco, Vietto e Cecchi. Infine raggiunsi l'avanguardia che era rimasta formata di soli venti uomini, fra i quali c'era la « maglia rosa » e quella « bianca », Binda, Guerra, Martano. Uno scatto di Binda, che suscitò la sorpresa generale non ridusse la formazione; ripresero anzi poco dopo il plotoncino Folco e Vietto. La salita di Casacanditella, in vetta alla quale c'era il traguardo ufficialet fu attaccata da venticinque unita, giacchè alcuni si erano di nuovo sperduti nella discesa. Non mi sembrò che i pezzi grossi volessero venire qui ai ferri corti. Martano, Giacoube, Camusso, Bergamaschi, Guerra, verranno calando anziché^ aumentare il Hro. R solo Vietto, che ■para veglia confermarsi sempre più ffapcvptcpttCPnpces«dcbbmvpgpcssaSmnsdp l'ombra del Vietto delle Alpi e dei Pirenei, sentì troppo duro il comando e stentava a seguire in coda. Si giunse in questo modo al telone bianco dell'ultimo chilometro e solo in vista di quello rosso del traguardo Bartali scattò e, dopo breve baruffa con Bertoni e Camusso, guadagnò sul nastro un secondo sull'uno e due sull'altro. Così egli rimane primo nella classifica dei premi per gli arrampicatori con 10 punti per quello della montagna ; con l'38" per quello « Colombino-Stampa ». Attendemmo un minuto prima che arrivasse Leducq, due e mezzo prima che si facesse^ vedere Piemontesi e tre precisi prima che ci passasse davanti Olmo, insieme a Demuysère, Zanzi e Di Paco. La situazione dello sfortunato « bianco-celeste » andava dunque aggravandosi e già si poteva dire non completamente rimediabile perchè all'arrivo non mancavano che 32 chilometri. Ma nella disgrazia Olmo potè dirsi fortunato e potè anche recitare il « mal comune mezzo gaudio », perchè nella successiva breve discesa forò anche Bergamaschi. A fianco della « maglia rosa » si trovarono subilo Giacobbe e Scacchetti, ma più dell'aiuto che essi potevano dargli, che però fu tutt'altro che disprezzabile, contò per lui la rinuncia da parte di Guerra di ap profittare della sua disgrazia. Ciò non toglie che Bergamaschi abbia reagito con prontezza e sicurezza al colpo della sorte e che si possa dire che anche meglio reagì negli ultimi 30 chilometri ^mo, il quale ebbe un finale di insc; '.mento per nulla inferiore, come impeto e irresistibilità, a quelli che ieri lo salvarono da due pericolose situazioni. Cosicché si può concludere che chi marciò meno forte furono i fuggitivi, fra i quali non vedemmo quell'accordo e quel deciso proposito che solo avrebbero potuto tener fronte alla rabbiosa, disperata controffensiva del più sfortunato dei protagonisti del giro. Eppure Martano aveva con sè Altenburger, Bartali, Cipriani, Folco; Binda aveva Camusso, Bertoni, Piubellini, Medili, Puppo, Gotti; Guerra aveva, meno nel breve periodo che furono assenti per la foratura. Bergamaschi e Giacobbe. II facile successo in volata Bisogna dire che tutti costoro non ebbero la sensazione del colpo decisivo che avrebbero potuto inferire al « bianco celeste ». E non parlo di Leducq, il quale aveva compiuto per conto suo un inseguimento più che brillante, nè di Vietto, che aveva abbastanza da pensare a sè per non rimanere staccato. Fatto sta che Olmo venne riguadagnando terreno e alle porte di Lanciano era già in vista del gruppo di testa, tanto che entrò in pista che gli altri non avevano ancora finito la volata e decisa la corsa. Erano passati sotto una gigantesca effige del Duce sospesa per aria all'ingresso del campo sportivo,con Scacchetti in testa, seguito da Bergamaschi, Guerra e Binda. L'ordine non cambiò per il primo giro e alla seconda curva delrultimo si vide, al di sopra della siepe che cingeva un prato e lo separava dalla pista in terra, la maglia tricolore prendere la prima posizione; Bergamaschi tentò mettersi alla sua ruota, ma ne fu impedito da Binda. Accelerando progressivamente, Guerra non permise a Binda neppure di cominciare a rimontarlo e tanto meno a Altenbur, ger, che veniva ad attaccarlo al largo. Non credo ci sia bisogno di altri commenti per illustrare questa tappa. Bisognerebbe essere troppo esigenti per rimproverare a qualcuno la prudente riserva e la fiacca indecisione. Sapete che cosa hanno fatto questi atleti da otto giorni a questa parte e sappiamo che cosa li aspetta domani e martedì (per fermarci alle più prossime difficoltà) per giustificare il minor grado, di accanimento, la diversa tattica oggi adottata. Ep¬ l pure qualche indicazione interessante ce l'ha pur data questa tappa, e qualche conseguenza l'ha avuta. Il secondo posto di Binda ad esempio e un suo accenno di iniziativa confermano il progressivo miglioramento di questo atleta di gran classe che non farà più grandi cose ma neppure sfigurerà nella contesa. Bergamaschi tiene magnificamente e questa sua regolarità potrebbe anche portarlo al più strepitoso dei successi. Guerra vive sul « chi va là » e, raccoglier do vittorie di puro valore morale, a£-itende il momento di giocare la sitaicaria cercando di non rischiare ìnu- ■tilmente. Martano pare vada alta ricerca dell'occasione per il colpo maestro, e intanto fida che i chilometri si fac- ciano più sentire sugli altri che su lui. Vietto mi pare ormai suonato; se, non si metterà in sesto, non solo do-1 vrà rinunciare al sogno che gli ha fatto fare Trialoux, ma persino a terminare senza infamia il giro. Ar- chambaud ha ancora più compromes-I sa la sua posizione, ma neppure oggi per colpa sua. Certo egli e il migliore dei francesi per quanto Leducq oggi si sia fatto ammirare nell'inseguimento. I primi otto della classifica generale non cambiano posto; ma Olmo ha perduto 45 secondi che sono un sollievo per Bergamaschi e, lo fanno avvicinare a Guerra; Mo-\ reUi per il ritardo di Romanatti rafforza il possesso della maglia bianca. La tappa dì domani è una delle più lunghe: 300 chilometri infatti separano Lanciano da Bari, quasi tutti piani; rari e leggerissimi sono i dislivelli di Casal Bordino, Vasto e Serracapriola. Tappa da passista dunque, giornata di sorprese assyi probabili, a meno che non prenda 'a sonnolenza e l'inerzia generale, nel qual caso allo stadio barese del Littorio, assisteremo a un nuovo, e speriamo convincente, incontro GuerraOlmo in velocità. Giuseppe Ambrosini