Fra rondini e rondoni

Fra rondini e rondoni Fra rondini e rondoni VENEZIA, maggio. Rispetterò l'incognito dei quattro Americani a cui ho dato ascolto, per due giorni e due notti, sulla laguna. Al silenzio sull'essere loro m'hanno impegnato con una promessa sulla parola, seguita da uno shake-kand così energico che ancora la spalla mi duole. Entusiasmo, o minaccia? Ora non potrei, con un'indiscrezione, nè mancare all'onor mio, nè sfidare la punizione di mani così potenti. Malgrado i suoi sessant'anni, il grande operatore cinematografico è forte come un toro, cui somiglia nella fronte cocciuta e nell'odio alle tinte vive. E' in Italia per girare dei passi di rondini sui campanili, e altre scene proprie del nostro clima e della nostra luce. In visita alle ville sul Brenta l'ho visto infatti, immobile tra i suoi due figli, e tutti e tre mutoli e attoniti nell'immancabile abito nero, seguire cogli occhi all'insù un «ordine sparso» di balestrucci, senza fine stridenti nel cielo di perla, sui palagi taciturni. Abito nero, e panciotto bianco: anche i tre transatlantici potevano, a distanza, essere scambiati per dei rondoni. Completava la brigata una star, della quale pure tacerò il nome: rondinella pellegrina che fa ogni anno il suo viaggio in Italia. Devotissima, soprattutto, a Venezia, allora che ricompare in San Marco è sempre con dei capelli bianco-platino, alla Jean Harlow. E' il suo modo di ricordarsi della parrucca incipriata, d'onorare Goldoni... — Sapete? L'anno venturo ci sarà un mio grande ritratto alla Biennale. L'anno scorso c'era, mi pare, la Davies. — Storia lunga, signora. Il ritratto di Marion Davies, rifutato alla Mostra, era stato retrocesso in un solaio. In gloria della diva, allora ch'essa fu a Venezia, lo rimisero in vista sul cavalletto. Ma il giorno che la diva fu fischiata, per colpa di quel noioso di Bing Crosby, in Verso Hollywood, essa fece sapere, corrucciatissima, che non avrebbe più gradito di mostrarsi ai Veneziani neppure in effigie: e il quadro rifece mestamente, definitivamente, la via dell'esilio. Per la verità, non valeva gran cosa. Anzi per l'occasione ne fu attribuita, a Marion, una buona : « Mi dipingo meglio da me... ». Tramontando il sole, il cielo s'era fatto rosso di fuoco : e il mio taurino americano aggrottava, infastidito, le ciglia. Fedele al bianco e nero, e appena tollerante verso le mezzetinte, egli sostiene che le colorazioni eccessive, nel creato non meno che nello schermo, sono delle offese ai sensi e degli errori di regìa. In questo, neanche Walt Disney è perfetto; e nemmeno Domeneddio. • — Scusate, sir, voi che avete tanto viaggiato pei mari del Sud, riportandone tante immagini stupende : non vi piacciono i pesci polinesiani ; non vi piacciono i cacatoa, le paradisee, i colibrì? — Preferisco le rondini. Una tinta sola; al massimo, due. Il nero dell'ombra; il bianco della luce. Gli altri colori, sono superflui. They are intruders. Mi diceva Griffith, un giorno... Un nuovo passo frastonoso d'uccelli ha interrotto la confidenza : nè mai più saprò l'opinione dell'illustre Griffith sui fasti o nefasti dell'iride. So che a quel punto la star s'è passata del rosso alle labbra; e che il mio taurino interlocutore, ancora una volta, ha fatto capire in uno sguardo che i colori dei tramonti non gli piacciono neppure sulle labbra delle signore. # * I due figli dell'ospite rappresentano essi pure un bell'effetto di bianco e nero : zoofilo e astemio l'uno; cioncatore e campione di rugby l'altroT Un giuvinottone tutto sangue, costui, che giunto da mezz'ora a Venezia, non veduta mai in vita sua, domandò al portiere dell'albergo, con somma urgenza, cosa che gli bisognava. Una guida? Un dizionario? No: una carte des vins. Non dimenticherò mai lo sguardo di sommo ribrezzo del portiere: spregiatore degli Americani al punto, che ebbe a dichiararmi un giorno, da arrossire accettandone le mancie. L'altro, fratello, pallido in viso, e con delle mani sempre afflittamente giunte in grembo, è pensoso, colto; e di Venezia conosce tutto : cominciando dai gatti che, come zoofilo, adora, per finire ai crepuscoli in laguna, che può proclamare i più belli del mondo, in quanto, operatore a fianco del padre, il mondo ormai l'ha visto tutto. « O Venezia grande; Venezia santa, immor tale ; Venezia bella, più bella ancora che nei sogni ! ». Ha tradotto nel suo boock questo grido d'amore, letto non so dove, se lo ripete ad ogni istante, e nel suo francese sdrucciolo, netto, così insolito in un cittadino della California, mi spiega come nelle proiezioni cinematografiche, sogni ad occhi aperti, la divina terra che ci accoglie non potrà mai risplendere come nella realtà. Quanto al giocatore di rugby, che di francese non sa una sillaba, tenta d'interpellarmi in un suo slang traversato da parole calabresi. Poiché non riesco a capire, getta un « Madonna santa ! » come ha sentito esclamare da Paul Munì nel film di Scarface, mandandosi knock-out col pugno destro il palmo sinistro ; indi fa l'atto d'afferrare una mosca a volo e di masticarsela: scherzo rituale che, tra San Francisco e Los Angeles, ha successo anche nella migliore società. ♦ — Mio fratello ama l'Italia: ma intende starci a modo suo. E' tutto il contrario di nostro padre, il quale non vede che nuvole e rondini, e ha sempre gli occhi rivolti al cielo. Rudy, i suoi occhi, non li distoglie dalla cantina. I musei non lo interessano. Perchè mi accompagnasse un giorno ai Giardini, ho dovuto dirgli che c'era una bella statua di calciatore, quella del nostro Moschi, in un prato ; e perchè si decidesse a visitare la pinacoteca dei Querini, ho dovuto spiegargli che c'era anche un quadro di foot-ball, com'era giocato trecento anni fa nella piazza di Sant'Alvise... — Mio caro piccolo, scusate: — ha interrotto a questo punto la star dai capelli incipriati — mi occorre un'informazione : porta fortuna o porta disgrazia, un ragno incontrato a mezzogiorno in punto? Old boy, vecchio ragazzo mio, voi che sapete tutto, me lo dovete dire. La diva vestiva, quel giorno, tutta di verde spento : un verde che doveva intonare con l'acqua lagunare. L'accompagnava, impettito nel solito abito da rondone, l'operatore famoso, in attesa del vaporetto per San Francesco. Rudy apparve, già brillo : e ancora non era il tocco ! Dichiarò a Robert, il fratello minore, che decisamente a Venezia c'è troppa acqua, e che in questa città regime proibizionista dovrebbe scorrere almeno della' birra. Stanotte, rincasando ubbriaco fradicio pel Canal Grande, voleva egli a tutto costo portarsi sotto al motoscafo per riparare un guasto; e s'era già messo, per ciò, in maglia da bagno, quando fu colto da una crisi di rimorso ; e si rivestì ; e pianse ; e vergognandosi di sè, preso ormai da un furore catartico, non appena approdato volle salire alle proprie stanze, anziché in ascensore, in montacarichi. Robert non capiva nè approvava queste cose : però le raccontava tranquillo senza troppa melanconia, così come m'avrebbe parlato di un estraneo, come m'avrebbe dato conto d'un film. * * Stravagante per la sua parte è però anche questo cadetto astemio e zoofilo, che ha girato in Malesia le più sanguinarie scene di caccia e -di sterminio, ma che non soffrirebbe di vedere la vispa Teresa inseguire una farfalla. Egli mi spiega, però, come in questo dualismo non sia nè contraddizione nè impostura. La strage fa parte della sua professione, e la pietà del suo sentimento. Ecco tutto. Il soldato al quale si comanda d'uccidere, perde per questo la sua misericordia cristiana? Comandato di testimoniare, con la sua macchina da presa, certe stragi di daini che hanno luogo in Sequoia — un dolce idillio boreale, tutto irradiato dagli occhi fanciulli di Jean Parker, che ancora gli italiani non conoscono — egli l'ha fatto senza batter ciglio, com'era suo dovere. Poi, a proiezione finita, ha scoppiato in lagrime : così come fa suo fratello Rudy, quando invece di daini ha distrutto delle bottiglie. Stanotte, nel giardino dell'albergo, la brigata gira un provino. E subito, nell'ombra, è un vasto aleggiare e ronzare. Il babbo, cogli occhi al cielo, cerca le rondini ; il figlio caritatevole, le lucciole. Ma le rondini passano rare a Venezia; e quanto alle lucciole, Max Reinhardt, nel Mercante di Venezia, ha dovuto fabbricarsene di elettriche. Sono invece moscerini, o zanzare; e torve farfalle che sfiorano i volti. Sotto le glicini violette stanno in agguato sfingi, vanesse. Vien fuori qualche testa da morto — « tate de mori!» : fa segno, quasi atterrito, il figlio pietoso — con la sua maschera macabra alla veneziana: e nel raggio dello schermo prende le proporzioni d'un vampiro. Una falena invisibile fa il rumore d'un ventaglio. Si pensa a uno spirito che si dia vento. Queste falene, a Venezia, non appena Maggio spalanchi i vetri, entrano nei palazzi abbandonati, danzano fra le lanterne, urtano negli specchi, orlati d'onice nera come loro. Convessi occhi, strani punti brillanti traspaiono tra lo sbattito e lo spolverìo delle ali ; e il fruscio che riempie l'aria è come di piume e di gonne: fremito di festa galante. Tutti e quattro gli Americani hanno distolto gli occhi dalla pellicola, e non fissano più che il vuoto, pieno di fantasime leggere e misteriose. La star ha un abito, scollatissimo, tutto di pizzi negri; il primogenito è in frak; il padre in palandrana, m'informa il pio Roberto, quasi con un singhiozzo nella voce : — Sapete? Ieri ho visto una colomba volare da San Marco verso il mare. Non muoiono mai in piazza, i colombi. Certo era il suo ultimo volo ; certo essa andava a morire... Marco Ramperò