LE ARTI

LE ARTI LE ARTI Sicilia settecentesca A commemorare in Torino Filippo Juvara in occasione delle celebrazioni piemontesi del prossimo autunno è stato scelto l'architetto catanese Francesco Fichera. Se il povero Augusto Telluccini non fosse prematuratamente sparito, corto il bellissimo incarico di parlarci del grande architetto messinese che Vittorio Amedeo II conduceva dalla Sicilia nella sua capitale a costruire le più fantastiche fabbriche, chiese e palazzi, che sian sorte nel Settecento in Piemonte, gli sarebbe toccato di diritto per quella sua limpida monografia su L'arte dell'architetto Filippo Juvara in Piemonte (Torino, Crudo ed. 1926), che resta finora il miglior contributo alla conoscenza del costruttore della Basilica di Soperga. Ma è augurabile che la commemorazione del Fichera, il quale con tanto fuoco ed entusiasmo ci intrattiene ora sugli spiriti e le forme del Barocco siciliano per esaltarne in Giovanni Battista Vaccarini il massimo e più geniale esponente, possa esser la base di un più ampio studio sul delizioso ideatore della Reale Palazzina di Caccia di Stupinigi, ultima delle opere juvariane piemontesi. Tra le due sponde — Bernini e Borromini — in cui si incanalò 11 grandioso movimento artistico preparato da Giacomo della Porta, Domenico Fontana, Carlo Maderna, Girolamo Rainaldi, stanno tanto Filippo Juvara quanto Giovan Battista Vaccarini; se non che, mentre il primo si tenne sempre accosto alla sponda borrominiana (è il Fichera che si vale di quest'immagine fluviale), il secondo costeggiò di preferenza quella berniana, « ed il suo spirito, piuttosto che un processo di esaltazione, subì un processo di concentrazione, alla conclusione del quale contribuirono vari fattori precipui: egli, piuttosto che nella capitale di un regno, nel fasto di una corte, visse e operò lungamente premuto dall'ansia di ina città risorgente dalle fondamenta, dominata da vicino dalla ombra tragica di un cataclisma, e da lontano da un secolare passato glorioso: egli parti dalla Sicilia e nella Sicilia ritornò e rimase sino alla morte; approfondì perciò le radici del suo spirito nella sua terra natia; fiori entro un clima costante ». Così il Fichera ci presenta, nella sua opera G. B. Vaccarini e liarchitettnra del Settecento in Sicilia (con prefazione di Marcello Piacentini. 2 volumi, 352 ili., L. 100) edita a cura della Reale Accademia d'Italia, il ricostruttore della maggior parte di Catania dopo il terremoto del gennaio 1693 nel quale dei ventisettemila abitanti che allora Catania contava sedicimila rimasero sepolti dalle rovine, e delle sue cinquanta chiese, dei suol venti monasteri e conventi, dei suoi edifici pubblici e privati non restarono intatte che le absidi della cattedrale, le chiese della Rotonda e del Salvatore, e tre case private. Nove anni dopo questo cataclisma nasceva in Palermo il Vaccarini, che appena trentenne veniva nominato architetto della città in via di ricostruzione; ed ara il Fichera deduce dall'appassionato esame delle fabbriche vaccariniane inquadrate nella più vasta visione del Barocco siciliano, che Catania sta al Barocco, appunto, italiano come Firenze sta al Rinascimento. Conclusione ardita, forse azzardata, se si pensa a Roma, a Ferdinando Fuga, ad Alessandro Galilei, per non nominare che i creatori della facciata di S. Maria Maggiore e di San Giovanni dei Fiorentini, ed alla scalinata di Trinità dei Monti, del De Sanctis e dello Specchi. Ma arditissimo poi — ed anche troppo — è il Fichera nell'accostare lo schema vaccariniano della Biblioteca dei Benedettini a quello della scuola elementare di Hilversum costruita dai Dudok per convenire «che duecento anni fa un grande architetto centro-latino sapeva fare, per istinto e buon senso, dell'architettura funzionale: un razionalismo a tempo e a luogo, intimamente sano e classico, non fatto di apriorismi, di costrizioni e di rinunzie ». Son paragoni che non reggono. Come dire .allora, che il volumetrismo di Piero della Francesca è il volumetrismo di Picasso nel suo periodo cubista. Che si voglia giustificare l'uno con l'altro è affar di polemica: non è nè storia nè cultura, quando queste s'intendano nella loro realtà, cioè nella loro serietà, e non come scatole cinesi nelle mani d'un prestigiatore — ciò che oggi è assai di moda. Trascinato poi dalla sua giusta ammirazione pel Vaccarini, talvolta il Fichera eccede nell'intento di rivendicazione. Così non è esatto che « nessun trattato, nessuna monografia, nessuna bibliografia, onori di un sol cenno » l'architetto siciliano, che « nessuna pubblicazione d'arte ne citi il nome », che « nessun .atlante di architettura ne riproduca un'opera ». Apra il Fichera L'arte italiana di D'Ancona, Cattaneo, Wittgens, che è poi un manuale ad uso dei licei, e troverà citato il suo eroe nel terzo volume; apra l'Atlante di 'storia dell'arte italiana di Ojetti e Dami, e troverà quattro riproduzioni d'opere vaccariniane con questa postilla: « il più grandioso architetto del secolo in Sicilia ». Ciò malgrado il libro del Fichera resta un utile contributo alla storia dell'architettura barocca siciliana ed un nobile omaggio all'attività di un artista insigne. *** Tra le numerose riviste di architettura che oggi si pubblicano in Italia ci piace segnalare, come un titolo d'onore di Torino riguardo la cultura architettonica, il periodico mensile L'architettura italiana che festeggia quest'anno il suo primo trentennio di vita, ed è passato da poco dall'editore Crudo all'editore Lattes. Ne è direttore il Melis, ne son redattori il Dezzuti e il Midana. In quest'ultimo numero d'aprile sono commentati con abbondanti illustrazioni alcuni nuovi padiglioni della Fiera di Milano, tutti improntati a un carattere di schietta modernità. *** Affettuosamente, e con l'acutezza che gli viene dalla sua competenza in materia, Carlo Alberto Petrucci ci parla nel fascicolo d'agosto di Pan degli Silografi sardi, rilevando che gli incisori sardi, malgrado i loro temperamenti diversissimi, hanno tutti in comune « l'amore grande alla loro terra, il desiderio vivo di renderne la bellezza e la poesia, diffondendole al di là del mare con linguaggio semplice, chiaro, umanissimo ». mar. ber.